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Mons. Battaglia: a Napoli è tempo di cambiare
Nei giorni scorsi un quindicenne, Emanuele Tufano, colpito alle spalle, mentre scappava, inseguito da killer ancora senza un volto, mentre due amici, rimasti feriti, si sono presentati, poco dopo l’accaduto, al pronto soccorso dell’ospedale Cto. Il più grande, 16 anni, aveva ferite da colpi di arma da fuoco. L’altro, appena 14enne, è stato accoltellato alla coscia e al gluteo, e ha anche riportato la lesione di un’arteria. Il 16enne è stato sottoposto a un intervento chirurgico d’urgenza, grazie al quale è stato estratto il proiettile che l’aveva colpito.
Il quindicenne assassinato era uno studente e lavorava anche come meccanico. La sua insegnante Oriana Portoghese ha dedicato al ragazzo un accorato post sulla sua pagina Facebook: “Oggi è una brutta giornata. Oggi abbiamo perso un po’ tutti. Oggi sento ancora più forte il peso del lavoro che faccio. Fuori piove ed io mi sento morire. Leggo la notizia ‘Napoli, 15 enne ucciso a Corso Umberto durante una sparatoria’. Ma lui non era un quindicenne, era un mio alunno… Ti chiedo scusa a nome di tutti, tesoro mio, perché non siamo stati capaci di garantirti un futuro”.
E dopo questo ennesimo omicidio è arrivato l’appello dell’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia con l’invito ai cittadini a reagire: “E’ con profondo dolore che apprendo dell’ennesima tragedia che ha colpito la nostra città: la morte di un giovane, appena quindicenne, strappato alla vita dalla violenza criminale. Il mio cuore si stringe attorno alla sua famiglia e a tutta la comunità che oggi piange un’altra vita spezzata. Ogni volta che un giovane viene ucciso, la nostra città perde una parte del suo futuro, e questo non può lasciarci indifferenti. Non possiamo più restare inermi. E’ tempo di un cambio di passo, e lo dico con tutta la forza e l’urgenza che richiede questo momento”.
Per attuare questo cambiamento è necessaria una sinergia tra i ‘corpi’ della società civile: “Prevenzione ed educazione devono essere al centro delle nostre azioni. Le istituzioni, le famiglie, le scuole, le parrocchie, tutti noi siamo chiamati a costruire una rete educativa solida, capace di offrire ai nostri ragazzi un’alternativa alla strada e alla criminalità. Non possiamo permettere che la disperazione e la mancanza di opportunità conducano i nostri giovani nelle mani della violenza.
Chiedo con forza un impegno concreto per creare percorsi educativi che partano dai primi anni di vita, che siano capaci di raggiungere soprattutto le famiglie più fragili. I nostri ragazzi devono poter vedere un futuro diverso, un futuro fatto di speranza e possibilità, e non di armi e violenza. Sono numerose le azioni che in questo tempo, grazie alla sinergia tra la Chiesa, la Prefettura e le Istituzioni comunali e regionali si stanno mettendo in campo: ma l’educazione da sola non basta”.
E’ un invito a condurre una lotta contro la criminalità: “Dobbiamo anche garantire sicurezza e controllo del territorio. Napoli non può essere ostaggio della criminalità e del commercio d’armi. Le nostre periferie, troppo spesso abbandonate a sé stesse, devono essere protette. Non possiamo accettare che le armi circolino con tale facilità, né che la vita umana sia trattata con tanta leggerezza. È necessario un intervento deciso delle autorità per fermare il traffico di armi e per garantire una presenza costante e visibile delle forze dell’ordine nei quartieri più a rischio”.
L’appello di mons. Battaglia è stato un invito a salvare la città: “La nostra città ha bisogno di risorgere. Non possiamo arrenderci a questa spirale di violenza e morte. Napoli ha una storia grande, fatta di bellezza, cultura e solidarietà, ma tutto questo sembra allontanarsi ogni volta che perdiamo un giovane. Oggi più che mai, dobbiamo unirci per salvare la nostra città e soprattutto i nostri figli.
Preghiamo per questo giovane e per la sua famiglia, ma preghiamo anche per Napoli, affinché possa trovare la forza di rialzarsi e di diventare un luogo dove la vita venga rispettata, protetta e valorizzata”.
Route Nazionale Agesci: educare alla bellezza della vita
“Siete capi! E questo termine è libero da confronti, competizioni, perché come deve essere è di solo Servizio. Senza di voi non cammina il popolo scout… per poter dare la possibilità di conoscere e seguire il miglior Maestro della Vita, quel vero pellegrino che è Gesù che ama, che insegna ad amare se stessi e ad amare il prossimo e cammina nelle nostre strade e apre quella del cielo”: con queste parole dell’omelia il presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, ha concluso a Verona la route nazionale di Arena24 per celebrare il 50^ dell’Agesci.
Il card. Zuppi ha richiamato la memoria all’assemblea di Sichem: “Viviamo a Verona quella grande assemblea di Sichem di cui abbiamo ascoltato, con motivi simili a quelli che avevano spinto Giosuè a convocare il popolo. Giosuè avvertiva il rischio che prevalessero l’identità di ogni tribù e di ogni clan familiare, di una frammentazione che enfatizzasse l’io ma relativizzasse il noi”.
Sichem è un richiamo all’esodo del popolo ebraico: “A Sichem fecero memoria di quanto avevano vissuto nei lunghi anni dell’esodo e dell’amore provvidente di Dio che li aveva accompagnati sempre, anche quando erano inconsapevoli. Il loro cuore era rivolto al futuro, al tempo e alla sfida che li attendeva”.
E’ stato un richiamo ad essere un popolo: “Non siamo turisti, ma esploratori! Ci accompagnano anche i tanti che in questi cinquanta anni hanno camminato con voi e adesso, magari, camminano con difficoltà con le gambe ma certamente lo fanno ancora di più col cuore, con la preghiera, con la solidarietà. Davvero ‘per sempre’. Siete un popolo. Solo l’io può scegliere, ma solo il noi può aiutare quell’io a camminare”.
Ed ha sottolineato il valore della parola ‘capo’: “Senza di voi il popolo scout non cammina. Siete tanti, ma quanti altri ne servirebbero per potere dare la possibilità di conoscere e seguire il miglior maestro della vita che è Gesù, che ama e insegna ad amare sé stessi e ad amare il prossimo, che cammina per strada e apre quella del cielo.
Tu hai parole di vita eterna, parole di vita e non di morte, parli di quello che non finisce e che la vita la rende piena di bellezza umana e spirituale già oggi, luce nel buio, giustizia nei disequilibri, pace nelle divisioni, mitezza in un mondo con cuori e menti armati. L’io isolato soffre, non sta bene! L’io in una vita ridotta a laboratorio diventa solo più fragile. Sappiamo quanti ragazzi e ragazze chiudono il mondo in una stanza (senza cielo però!), catturati e ingannati dallo schermo che confonde reale e virtuale e fa credere di essere quello che non si è”.
E’ stato un invito a ‘fare’ il meglio: “Fare il meglio perché abbiamo davvero capito che se non lasciamo il mondo migliore sarà peggiore, segnato da ingiustizie inaccettabili, alle quali non vogliamo abituarci. Siete diventati grandi facendo diventare grandi non perché sopra gli altri, ma insieme e nel servizio. Il più grande aiuta il più piccolo. Sempre. Quando ognuno finisce per essere regola a sé stesso si finisce per cercare una felicità individuale e non trovarla mai”.
In questo modo è possibile ‘vivere felice’, per cercare di cambiare il mondo: “Voi dimostrate che è possibile vivere una vita felice, non perché senza problemi, ma perché con un amore più forte delle avversità. Questo era il sogno di Baden-Powell (un uomo segnato dalla terribile esperienza della guerra) e questo rimane e si conferma il sogno che anche voi, qui a Verona, volete rinnovare.
Non siete per niente ‘anime belle’, ma belle e forti anime in un mondo che la trova poco! Non siete ingenui, ma (proprio perché sapete come va il mondo) lo volete cambiare! Non siete diventati cinici osservatori, turisti, ma sempre esploratori. Generate tanta felicità”.
E’ stato un invito a vivere tenendo presente testimoni come don Peppe Diana: “Viviamo un tempo in cui nel nostro Paese è ancora forte e insidiosa la pratica dell’illegalità e delle scorciatoie compiacenti in nome della convenienza personale. In questo anno in cui celebriamo i trent’anni dell’omicidio di don Peppe Diana, parroco di Casal di Principe e Assistente ecclesiastico dell’Agesci, continuate ad essere testimoni e educatori di legalità e di giustizia, senza compromessi e senza impegni a spot o per i sondaggi, come condizione essenziale per costruire il bene comune e insegnare ad amarlo e difenderlo tutti i giorni”.
E non poteva mancare un richiamo a don Giovanni Minzoni: “Viviamo in un tempo in cui si evitano le scelte perché sembra intollerabile rinunciare a qualcuna delle infinite esperienze volatili e a poco prezzo che ci vengono offerte. Seguendo la testimonianza di don Giovanni Minzoni, sappiate scegliere e educare alla vera libertà, affrontando ogni fascismo, totalitarismo e violenza come le Aquile Randagie, senza paura di rinunciare per scegliere e trovare ciò che è buono e bello, ciò che Cristo e la coscienza ci indicano come giusto”.
Insomma, è stato un invito a vivere la bellezza cristiana della vita: “Viviamo in un tempo in cui l’esperienza religiosa e la fede sono relegate al privato e sono ritenute lontane dalla vita, restrittive della coscienza personale e limitative dell’io: siate testimoni di una vita cristiana che favorisce la bellezza di ogni espressione dell’umano, che non ha paura di legarsi per amore e non per possedere, sentendosi a casa nella Chiesa e amandola non perché sia una realtà perfetta, ma perché famiglia di peccatori perdonati che seguono colui che insegna ad amare, parola di vita eterna”.
Anche papa Francesco nel messaggio ha messo in evidenza la sfida educativa dell’accompagnamento: “Le pagine del Vangelo ci permettono di vedere come Gesù sapeva rendersi presente o assente, sapeva qual era il momento di correggere o quello di elogiare, di accompagnare o l’occasione per inviare e lasciare che gli Apostoli affrontassero la sfida missionaria. E’ in mezzo a questi, che potremmo chiamare, ‘interventi formativi’ di Cristo che Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e il resto dei chiamati, configurarono, poco a poco, la loro vita a quella del Signore”.
Ed ha sottolineato che si educa con la vita: “I formatori educano in primis con la loro vita, più che con le parole. La vita del formatore, la sua costante crescita umana e spirituale come discepolo di Cristo, sostenuto dalla grazia di Dio, è un fattore fondamentale di cui dispone per conferire efficienza al suo servizio alle giovani generazioni. Di fatto, la sua stessa vita testimonia quello che le sue parole e i suoi gesti cercano di trasmettere nel dialogo e nell’accompagnamento formativo”.
Ma come si fa ad educare alla pace in un mondo pieno di conflitti? Lo ha spiegato Shinkuba Sharizan, psicologa sociale e insegnante nella scuola ‘World House’, cuore dell’organizzazione Rondine Cittadella della Pace: ‘L’importante è seminare’, raccontando la sua esperienza di incontro con altri ragazzi di paesi in conflitto con il suo e della difficoltà di accogliere il dolore che insieme provano per trasformarlo in un frutto di pace in entrambi. Kakalashvili Tornike, giornalista e studente della stessa scuola, ha invece ricordato che i modi per arrivare alla pace sono non aver paura di fare un passo avanti, dialogare, ‘esplorare le persone’ ed ascoltarle attivamente.
Rosario Valastro, presidente di Croce Rossa Italiana, impegnata in prima linea nei paesi in conflitto, ha proseguito la riflessione sottolineando che educare alla pace significa educare al fatto che la dignità umana non sopporta eccezioni, nemmeno in tempo di guerra e che aiutare chi ha bisogno, stando dalla parte di chi soffre è un mezzo per costruire la pace.
Marialuisa De Pietro, già incaricata Nazionale – Branca E/G, ha invece raccontato la sua esperienza personale di educazione alla pace, nella vita di tutti i giorni da insegnante, parlando di alcuni bambini nelle sue classi e di come, coinvolgendo i compagni di classe, abbia visto un cambiamento in tutti, un miglioramento basato sul rispetto di chi è in difficoltà, perché diverso non è inferiore; educare alla pace significa anche capire che non è necessario essere d’accordo, ma con il rispetto, anche il conflitto può diventare qualcosa di costruttivo e nel disaccordo si può stare bene insieme.
(Foto: Agesci)
Il matrimonio: croce luminosa
Il Matrimonio celebrato in chiesa ha un valore diverso rispetto a quello in Comune o al semplice convivere; è qualcosa di molto più profondo e grande, due persone si dichiarano amore per tutta la vita nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, consapevoli che ciò è possibile solo unendosi in sodalizio con Gesù Cristo.
Si suggella un rapporto che durerà per sempre, un amore a tre consistente nell’amare Gesù e con quell’amore perfetto e trinitario amare il coniuge. Io e Barbara abbiamo risposto ad una chiamata speciale: dedicare la nostra vita a chi è in difficoltà, con la consapevolezza che senza Gesù non si può fare niente (GV 15, 5: ‘Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla’).
Agli inizi della nostra relazione lavoravo in politica, seguivo vari organi istituzionali, ma quando ho sentito la chiamata ho cambiato vita. Barbara invece lavorava in un negozio di arredo casa e quando possibile faceva volontariato; ha sentito di seguirmi in questa nuova vita per gli altri ed ora da sposi, dopo aver lasciato prima io, poi lei, i nostri rispettivi lavori, viviamo di sola provvidenza.
Ma bisogna sempre tenere presente che, indipendentemente dalla nostra occupazione o vocazione, la prima chiamata che abbiamo quando ci sposiamo è al matrimonio, al dono verso il proprio coniuge, ai figli; ciò però non significa che dobbiamo chiuderci nella nostra famiglia, ma dedicarci anche con tanto impegno al nostro prossimo.
Il periodo storico che stiamo vivendo non è facile, possiamo dire senza dubbio che siamo in piena Apocalisse e le famiglie ne sono state sommerse, sono sempre più nell’occhio del ciclone; qui al sud circa il 50% di chi si sposa, si separa, a Verona, città dove vive la mia famiglia di origine, addirittura in pochissimi si sposano in chiesa e la maggior parte di queste poi si separano.
Nel matrimonio abbiamo tre grandi nemici: il nostro io, l’idea che abbiamo del matrimonio, e il demonio, in questi tempi è sempre più presente. Noi, come cristiani, nella nostra vita – e quindi anche nel matrimonio – vogliamo cercare di porre al centro il Vangelo, mettendolo in pratica; ciò significa amare in maniera incondizionata, piena e non aspettandoci nulla in cambio. Perdonando.
Col tempo nasceranno tante prove da superare: malattie, crisi, differenze di carattere, lutti familiari, incidenti etc. La nostra misura per affrontare tutto deve essere una sola, l’amore, che può sfociare anche nel sacrificio. Il nostro riferimento vuole essere la Croce, in cui crocifiggere il nostro io. La Croce fonde le volontà di entrambi, spesso diverse e la fa scorrere in una volontà nuova, perché dalla morte di quelle due volontà nella Croce, uscirà la Volontà Divina luminosa, gloriosa: quella croce di Luce attraverso cui regnerà l’armonia, la pace, la concordia, la lealtà, l’altruismo, il rinnegamento di sé stesso per l’esaltazione dell’altro, in una sola parola l’Avvento del Regno di Dio.
In sintesi, vogliamo cercare di rendere felice il nostro coniuge! Dobbiamo fare noi il primo passo e diventare noi, fusi in Gesù e Maria, il cambiamento che vogliamo nell’altro, solo diventando amore donato tutto diventa nuovo! Anche noi ogni giorno lottiamo con i nostri limiti, miserie, fragilità, tante sono state le cadute, le incomprensioni. Siamo in cammino, e cerchiamo di abbandonarci totalmente alla Divina Volontà, in modo da diventare un matrimonio di Luce e quella Luce donarla a tutti!
Altro ostacolo da non sottovalutare è il demonio che interviene nei matrimoni in maniera devastante; bisogna conoscere i suoi attacchi (lettura che consiglio – Fra Benigno: ‘Diavolo e i suoi attacchi al Matrimonio’ – Edizioni Amen), e reagire nell’unico modo possibile, indossando le armi della fede e meditando la Passione di Cristo. A tal proposito Gesù ci dice: “Il mondo si è squilibrato perché ha perduto il pensiero della mia Passione; Sicché, se si ricorda venti, cento, mille volte della mia Passione, tante volte di più godrà gli effetti di essa. Tutti i rimedi che ci vogliono a tutta l’umanità, nella mia Vita e Passione ci sono”.
Per meditare la Passione di Cristo e per fondersi in Gesù ho letto un prezioso libro che mi ha regalato tanto e che consiglio: ‘Le 24 Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo’, di Luisa Piccarreta, Piccola Figlia della Divina Volontà.
Per proseguire in questo meraviglioso cammino di fede bisogna approcciare anche alla lettura dei Libri di Cielo, della stessa autrice. Si tratta di numerosi volumi, in cui vengono riportate nuove esagerazioni di amore di Gesù, verità rivelate all’autrice da Gesù stesso, che ci danno gli strumenti per prendere il “posto” che nella notte dei tempi Dio ha pensato per noi.
Posso dirvi che ho già avuto vari doni: una più profonda adesione alla Parola di Dio, la capacità di leggere i segni, maggiore pazienza, più collaborazione nelle faccende domestiche, il dono di leggere insieme a Barbara i Libri di Cielo; questi scritti ci danno la consapevolezza che ogni avversità è una predilezione d’amore di Cristo, per mondarci e camminare verso la fusione con Gesù e Maria.
In Missione, grazie a queste letture, ho provato gioia quando è morto Fratel Biagio, e non dolore: avevo la certezza che era in Cielo e potevo solo essere felice per lui; perdevo un amico ma trovavo la Speranza di una vita eterna. Sono convinto che le esortazioni che ricevevo da Fratel Biagio, mentre si curava dal cancro, a fidarmi solo di Dio, mi abbiano aiutato a ricevere il dono della conoscenza della Divina Volontà. Gesù ci vuole felici e di nuovo uniti a Lui per sempre, come ci pensò in principio!
(Tratto da Matrimonio Cristiano)
Da Assisi una lettura interreligiosa del Cantico di san Francesco d’Assisi
“Prendiamo in esame un testo chiave di san Francesco d’Assisi, il ‘Cantico di frate sole’ (o ‘Cantico delle Creature’) ed alcune delle sue tante possibili riletture, sul versante interreligioso. Francesco d’Assisi è un simbolo del dialogo interreligioso, fra l’altro per l’incontro in Egitto con il Sultano mussulmano al-Malik al-Kamil durante la quinta Crociata (1219)… L’obiettivo del corso macroecumenico per la ‘casa comune’,nel quadro della denominazione della Cittadella di Assisi, ‘Cittadella Laudato Sì’, è di favorire occasioni di incontro, di dialogo, riflessione tra esponenti ed esperti di tutte le religioni del mondo sull’ecologia integrale, nella convinzione che dal patrimonio di fede di ogni confessione religiosa si possano trarre insegnamenti e percorsi inediti. Ed il ‘Cantico di frate Sole’ offre molte suggestioni al riguardo”.
Il corso ‘Il Cantico delle fedi’, che si svolge online, inizia oggi pomeriggio con la scrittrice di racconti d’infanzia e vincitrice del Premio Andersen, Giusi Quarenghi, che propone una lettura laica del cantico del santo assisate; proseguirà giovedì 2 maggio con il missionario saveriano, Tiziano Tosolini, direttore del Centro Studi Asiatico di Osaka e docente di filosofia al Centro Studi Interreligiosi all’Università Gregoriana di Roma, che illustrerà la lettura buddhista del Cantico; giovedì 12 settembre il teologo. Adnane Mokrani, docente di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane, offrirà una lettura mussulmana del Cantico; infine, giovedì 7 novembre la registra teatrale e studiosa di ebraismo, Miriam Camerini, proporrà ne lettura ebraica.
Al presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, don Tonio Dell’Olio, chiediamo di spiegarci in cosa consiste ‘il Cantico delle fedi’: “E’ la ricerca sapiente delle tracce e delle ispirazioni che permeano il ‘Cantico di Frate Sole’ di Francesco d’Assisi nella spiritualità e nel patrimonio di fede delle religioni. Il cantico delle fedi è un ‘laboratorio macroecumenico per la casa comune” composto da ricercatori appartenenti a diverse religioni e da esperti. A breve inizierà un Corso di formazione online che, organizzato dal Laboratorio, si rivolge primariamente agli insegnanti ma anche a tutte le donne e gli uomini che desiderano far crescere la propria conoscenza (e la propria esperienza) di fede e di vita in relazione con l’ambiente alla luce del Cantico delle creature”.
Quante ‘letture’ può offrire il ‘Cantico delle Creature’?
“Il ‘Cantico delle creature’ è un portone spalancato verso il cielo e verso la terra, verso Dio e verso tutte le sue creature. C’è una lettura teologica ma c’è una parola affidata al creato che si rivolge a Dio con i suoni del vento e dell’acqua, col crepitìo del fuoco e con il calore dei raggi del sole. Oggi si direbbe che si tratta di una lettura immersiva in cui nessuno può pretendere la delega di parlare a nome di altri ma tutti gli elementi del creato hanno dignità di parola perché fratelli e sorelle, talvolta anche madri. Poi il ‘Cantico delle Creature’ propone una rilettura del perdono e della morte con cui ci si confronta come donne e uomini in cammino sulla terra e nella storia”.
Come leggere oggi il ‘Cantico delle Creature’?
“Prima che leggerlo bisognerebbe ascoltarlo. Papa Francesco l’ha fatto pulsare in quell’enciclica stupenda che porta il nome del Cantico e tocca i nodi nevralgici del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Ci insegna a rileggere il Cantico non solo come un inno della natura ma come una lente che ci educa a guardarci dentro intimamente, personalmente e come umanità”.
Per quale motivo lodare Dio per tutte le sue creature?
“Maturiamo quella lode come un’esigenza prima che come un dovere. Quando ci immergiamo nel creato non possiamo che aprirci al sentimento della gratitudine e della lode perché scopriamo che tutto è dono, anzi espressione gratuita dell’amore del Creatore”.
Perché la nuova denominazione ‘Cittadella Laudato Sì’?
“Innanzitutto per la collocazione assisana che è tutt’altro che una mera coincidenza: è la scelta di una spiritualità e uno stile di vita. Inoltre per rafforzare un’attenzione che la Pro Civitate Christiana, che è l’associazione che anima le iniziative e le attività di ‘Cittadella Laudato sì’, ha sempre riservato alla cura della casa comune. Basterebbe scorrere i titoli e i relatori dei convegni e dei Corsi di studio che da più di 80 anni vengono proposti, per rendersene conto. Infine ci sembra che in questo modo riusciamo a offrire un contributo specifico alla richiesta che ci viene formulata dal magistero di Papa Francesco”.
Eppoi ad agosto il corso ‘Cum tucte le creature: natura e contronatura’: in quale modo rapportarci con il creato?
“L’attenzione all’ecologia integrale non può prescindere dalla denuncia dei danni che vengono arrecati quotidianamente all’ambiente e alle persone vittime di sfruttamento, guerre e privazione di diritti. C’è un greenwashing diffuso e pervasivo che non può essere assecondato e va smascherato a 360 gradi. Inoltre crediamo che uno dei punti fermi del cammino verso una nuova coscienza ecologica consista nel sentirsi parte del creato: né superiori dominatori, nè dirimpettai”.
Impostori di sabbia
Eppure il cambiamento era dietro l’angolo. Il mondo vecchio stava scomparendo e bastava una spallata per buttarlo giù. Erano gli anni operai delle assemblée, delle 150 ore retribuite in fabbrica per la licenza media e il testo faro di don Milani ‘Lettera a una professoressa’. Il terrorismo e le manipolazioni della sedicente rivoluzione proletaria. Il sospetto, col tempo, che tutto fosse giocato d’avanzo e che l’italico Paese, colonia degli Stati Uniti Vaticani, divenne preda scelta di manovre eversive delle stragi che avrebbero insanguinato banche, piazze, treni e stazioni. Credevamo che il cambiamento fosse una questione di stagioni.
Mons. Lorefice: salire al monte per cambiare la città
Un invito alla speranza nel tempo del ‘cambiamento climatico’
Nelle settimane scorse ai Greci e agli Italiani, colpiti dalle calamità naturali, papa Francesco ha inviato due telegrammi a firma del card. Parolin, in quanto “è profondamente preoccupato per la minaccia alla vita e per i danni causati dagli incendi diffusi in varie parti della Grecia, e non solo”, causati dall’ondata di caldo che sta colpendo diversi Paesi europei, sottolineando che “i rischi per la nostra Casa comune, esacerbati dall’attuale crisi climatica, spronino tutte le persone a rinnovare i loro sforzi per prendersi cura del dono della creazione, per il bene delle generazioni future”.
Papa Francesco: Dio invita al cambiamento
Nella festività di san Paolo papa Francesco ha concluso la settimana di preghiera per l’unità tra i cristiani celebrando i vespri nella basilica a lui dedicata con la parola profetica di Isaia, che invita al cambiamento attraverso un ammonimento di Dio, affinchè non si finisca nella strada della sopraffazione:
Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo (e nella tua coppia)!
Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo! Recita una famosa frase di Gandhi. Ebbene da diversi anni ho preso alla lettera questo prezioso pensiero. Anche per questa frase sono diventato un missionario e mi occupo dei poveri nella Missione di Speranza e Carità che ospita in gratuità 600 persone fragili.