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Il card. Eduardo Francisco Pironio è beato

Il card. Eduardo Francisco Pironio, morto nel 1998, sabato 16 dicembre è stato beatificato nella basilica di Nostra Signora di Luján, dove fu ordinato sacerdote nel dicembre del 1943, dal card. Fernando Vergez Alzaga, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, che per anni è stato segretario particolare del porporato argentino. La festa del nuovo beato sarà celebrata il 4 febbraio.

Papa Luciani beato: il ‘grazie’ del Triveneto

Come in un Santuario all’aperto 2.000 pellegrini hanno cantato il ‘Te Deum di ringraziamento’ per la beatificazione di Giovanni Paolo I, insieme al patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia ed i vescovi dove il papa aveva svolto il suo servizio da prete e da vescovo (mons. Renato Marangoni di Belluno-Feltre, e mons. Corrado Pizziolo di Vittorio Veneto), come ha detto mons. Marangoni:

“Desideriamo affidarci al nuovo beato perché in lui ci è stato donato il Vangelo di Gesù, luce nelle nostre vite, perché ci ha indicato l’amore intramontabile con cui Dio ci salva da paure e difficoltà, perché ha testimoniato lo stile di Dio, perché ha trasmesso la sua bontà. Per questo papa Francesco ha invitato a chiedere a papa Luciani il sorriso dell’anima, quello trasparente e che non inganna”.

Nell’omelia il patriarca di Venezia ha puntualizzato il concetto di umiltà secondo papa Luciani: “L’umiltà non è tirarsi indietro per mancanza di coraggio; la fortezza, infatti, è anch’essa virtù cristiana. L’umiltà è non imporsi, non mettersi in mostra, non autocandidarsi ed anche saper ammettere i propri limiti, accettare incarichi scomodi e assumere scelte difficili che non saranno capite, ma che sono vere e giuste. Umiltà è, poi, affidarsi al Signore”.

Ma umiltà va di pari passo con intelligenza: “E’ la stessa meraviglia, ricolma di gratitudine per le opere che Dio compie nella storia anche ‘minuta’ dei nostri paesi e della nostra gente, che oggi ci pervade nell’acclamare Albino Luciani tra i Beati della Chiesa! Sottolineare la sua umiltà, peraltro, non significa non riconoscerne l’intelligenza, la fortezza e il valore pastorale del suo ministero, nei diversi uffici ecclesiali che gli furono affidati, ed anche del suo magistero”.

Papa Luciani voleva parlare a tutti: “Luciani mai cercò di mettersi in mostra per la sua cultura o per il sapere teologico né, tantomeno, voleva dare l’immagine d’ ‘intellettuale’ o ‘accademico’, poiché non mirava ad essere apprezzato perché dotto o istruito; piuttosto, aveva a cuore il bene delle persone a cui si rivolgeva (nelle omelie, nei discorsi, nelle udienze) e sapeva essere efficace e parlare al cuore e all’anima con riferimenti comprensibili da tutti, presi dall’esistenza di ogni giorno e non per questo meno profondi. Ma questo, presso i sapienti del mondo, non paga mai”.

La sua umiltà era fedeltà a Dio: “La sua umiltà fu un cammino di fedeltà e obbedienza al Signore che lo ha voluto prete, vescovo e papa. Albino Luciani fu un grande catechista ed evangelizzatore, appassionato nel trasmettere il Vangelo, come già si vede nel suo saggio ‘Catechetica in pillole’ pubblicato nel 1949, ricco di consigli e indicazioni per vivere bene quel momento, consapevole della sua importanza…

L’umiltà di Albino Luciani non aveva come criterio il ‘politicamente corretto’ che, oggi come ieri, impone al catechista, al prete o al vescovo di autocensurarsi per non dire parole scomode o affrontare temi sgraditi, diventando così ‘afoni’ rispetto al Vangelo e finendo col proporre se stessi e non Gesù ‘via, verità e vita’. Questa e non altra è l’umiltà coraggiosa e autentica a cui Luciani si rifaceva e che viveva lui stesso prima di indicarla agli altri”.

Ed ha concluso l’omelia ricordando che la sua ‘umiltà’ era fondata sulle tre virtù teologali: “Tre ‘stelle’ guidarono l’umile e grande figlio di Canale d’Agordo lungo tutta la sua vita. Tre stelle che insieme alla parola “Humilitas” sono state presenti nel suo stemma episcopale: queste tre stelle sono proprio le tre virtù teologali…

Tutto ciò era talmente vivo e radicato in Lui al punto che umiltà, fede, speranza e carità furono il tema ricorrente e ripetuto con forza nel suo brevissimo ma intenso magistero di vescovo di Roma e Vicario di Cristo”.

(Foto: Patriarcato di Venezia)

Giovanni Paolo I ha mostrato una Chiesa lieta

Albino Luciani Giovanni Paolo I è beato: lo ha proclamato oggi papa Francesco all’inizio della solenne concelebrazione eucaristica in piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, provenienti specialmente da Venezia, Vittorio Veneto e Belluno-Feltre (diocesi legate al ministero sacerdote ed episcopale del nuovo beato, scegliendo la cui data per la sua memoria liturgica è il 26 agosto, giorno della sua elezione a papa nel 1978.

Bologna: don Fornasini è beato

Domenica 26 settembre è stata celebrata a Bologna la messa di canonizzazione di don Giovanni Fornasini, presieduta dal card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e Delegato Pontificio, e concelebrata dall’arcivescovo della città, card. Matteo Zuppi e mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e compagno di seminario di don Fornasini:

Il giudice Livatino è beato perché si è messo sotto la tutela di Dio

“Oggi, ad Agrigento, è stato beatificato Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia e della fede. Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre ‘sotto la tutela di Dio’; per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo Beato!”

Giustizia e misericordia nel beato Rosario Livatino

Oggi è il giorno della beatificazione, nella Cattedrale di Agrigento, del giudice Rosario Livatino, socio dell’Azione Cattolica, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990. Il 22 dicembre papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che ne riconosce il martirio ‘in odio alla fede’, come ha affermato il presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, prima della proiezione del docufilm sul ‘giudice ragazzino’ (‘Picciotti, che cosa vi ho fatto?’) alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella:

Gesù, confido in te! Domenica della divina Misericordia

suor faustina e gesù misericordioso

La prima Domenica dopo la Pasqua, il Papa san Giovanni Paolo II ha voluto che fosse detta: ‘la Domenica della Misericordia’. L’evangelista san Giovanni ci fa cogliere l’emozione provata dagli apostoli nell’incontro con Cristo risorto, in quel gesto divino con il quale il Maestro trasmette ai suoi Apostoli, timorosi e stupefatti, la missione di essere i ministri della divina Misericordia.

Egli mostra loro le mani e il costato con i segni impressi della passione e conferisce il mandato: ‘Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi’; poi alitò su di essi e disse: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi … “ . Gesù affida loro il dono di rimettere i peccati, dono che scaturisce dalle ferita delle mani, dei piedi e del costato trafitto. Da qui, scrive il papa, un’onda di misericordia si riversa sull’intera umanità.

Oggi come ieri, il Signore mostra a noi le piaghe gloriose e il suo cuore, fonte inesauribile di luce e verità, di amore e perdono. La realtà sconvolgente della Risurrezione di Gesù aveva trovato gli Apostoli del tutto impreparati ad accoglierlo.

E’ Gesù stesso che cerca subito di dissipare le difficoltà: così a Maria Maddalena, che piange perché hanno portato via il Maestro dal sepolcro, Gesù la chiama per nome, e lei lo riconosce, si prostra e l’adora; agli Apostoli riuniti nel cenacolo  che, al suo arrivo pensano di vedere un fantasma perché entrato a porte chiuse, Gesù li tranquillizza: sono proprio io,  avvicinatevi e mostra loro le mani e i piedi con i segni dei chiodi;

ai due discepoli che si recavano ad Emmaus, angosciati per la morte del Maestro, Gesù si fa loro compagno, spiega le sacre Scritture, poi si fa riconoscere nello spezzare il pane; a Tommaso, che da persona sapiente diceva agli altri Apostoli: siete stupidi, era un fantasma, nessuno di voi l’ha toccato; Gesù ritorna otto giorni dopo, chiama Tommaso: avvicinati, tocca tu le mie mani e i miei piedi, metti la mano nel mio costato e non essere incredulo ma credente.

Poi aggiunge: Tommaso, perché hai visto, hai creduto; beati  quelli che pur non avendo visto, crederanno: sono tutti episodi assai noti ma fondamentali per la nostra fede. Ma cosa significa: ‘credere nella risurrezione di Gesù’? Non significa certamente credere una verità come tutte le altre che noi professiamo, ma significa accogliere in noi la vita nuova portata da Cristo Gesù con la sua risurrezione.

La risurrezione, se abbiamo veramente fede, deve trasformare ciascuno di noi in ‘cristiani’, perché chiamati ad accogliere in noi la vita nuova istaurata da Cristo, a risorgere. Si tratta di una nuova nascita che fa di noi dei ‘veri figli di Dio’ testimoniandola con l’amore. Fede e Amore camminano con pari passo.

Con il Battesimo, mentre ci siamo innestati a Cristo e alla sua vita divina, lo Spirito Santo pone in noi tre semi: la Fede, la Speranza e la Carità, tre doni che con il nostro ‘sì’ generoso e responsabile devono crescere e dare senso nuovo alla nostra vita quotidiana. Ecco la risurrezione che trasforma l’individuo e con esso la società stessa.

Amare Dio e amare il prossimo, cioè prendere coscienza che gli altri non sono semplici individui, ma persona umane per la quali Cristo si è offerto in Croce; persone con pari dignità, chiamate a costituire quella comunità che si chiama Chiesa, popolo di Dio, membra dello stesso Corpo mistico di Cristo.

Ecco perché la Chiesa non può accettare né il liberalismo, che inneggia all’individuo, né il marxismo materialistico che inneggia allo lotta di classe. Siamo tutti una grande famiglia. L’uomo (ogni uomo) è un valore e i rapporti sociali non possono essere regolati né dall’arrivismo, né dall’odio, né dalla lotta di classe ma solo dall’amore. L’amore misericordioso è la prima preoccupazione del Signore risorto e dalla piaghe del Crocifisso esce un effluvio di grazie per gli smarriti nella fede.

E Gesù risorto dirà ai suoi discepoli: ‘Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi’. Consapevole della nuova realtà alla quale siamo chiamati, Gesù evidenzia: ‘Io sono la vite, voi i tralci’; l’apostolo Paolo in sintonia afferma: ‘Cristo è il capo, noi siamo le membra’, costituendo così quello che si chiama ‘Corpo mistico di Cristo’. Cosa significa allora ‘risorgere’: Paolo concepisce la risurrezione come un passaggio dalla vita secondo la carne alla vita secondo lo spirito; ed è proprio così.

Risorgere non è infatti uno scoperchiare la tomba, venire fuori possibilmente con una bandiera in mano, come spesso Gesù è rappresentato da pittori e scultori. Anche per noi risorgere è un passare, come insegnava l’apostolo Paolo, un camminare da una vita secondo la carne ad una vita secondo lo spirito, camminare in una vita nuova.

Questa nuova vita rinnovata è il frutto di due componenti: una divina e una umana; la componente divina è frutto dell’azione dello Spirito Santo che nel Battesimo ci inserisce a Cristo come il tralcio è legato alla vite e ci conferisce inoltre i carismi e le tre virtù teologali: (Fede, Speranza e Carità); perché questo si realizzi occorre la componente umana, il nostro ‘sì’ generoso che fa crescere questi semi e vivere ‘la vita secondo lo spirito’.

Da qui la gioia cristiana: come per Gesù il suo sepolcro fu una culla che lo portò alla gloria della risurrezione, così per il cristiano la morte non sarà un licenziamento ma una promozione ad una vita migliore; il cimitero per noi diventa un dormitorio  perché come Cristo è risorto anche noi risorgeremo; Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi; non ci ha creato per la sofferenza ma per la risurrezione e una vita beata. Maria, madre di Misericordia, aiutaci a mantenere viva questa fiducia nel tuo Figlio, nostro redentore.

Rosario Livatino sarà beato

Al termine dell’anno papa Francesco ha riconosciuto il martirio del magistrato Rosario Angelo Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 in odio alla fede; era nato il 3 ottobre 1952 a Canicattì ed è stato ucciso da un commando mafioso sulla strada tra Canicattì ed Agrigento il 21 settembre 1990.

P. Messa: la fraternità è una tensione feconda

“Fratelli tutti, scriveva san Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro ‘quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui’. Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”: così inizia l’enciclica di papa Francesco, ‘Fratres omnes’, dedicata alla fraternità ed all’amicizia sociale.

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