Le opinioni

Il robot ‘SanTo’, un aiuto per pregare guardando al futuro

“L’umanità ha sempre sognato i robot, sin dai tempi antichi. Storicamente, i robot, originariamente chiamati automi, sono stati concepiti come prodotti della tecnologia insieme alla fede. Il connubio tra robot e religione si è consumato negli ultimi due secoli, quando scienza e religione si sono separate, e da allora in genere sono state viste in opposizione. Oggi, mentre i robot e l’IA iniziano a diffondersi nella società, nuove possibilità e nuove sfide etiche sono all’orizzonte”.

Dott. Pellai: educare i giovani al sogno

‘Dopo essere entrato al cambio dell’ora, alle 9,45, ero in cattedra, vedo correre un alunno verso di me: mi punta e spara. Sono rimasto scioccato, non sono riuscito a capire cosa fosse accaduto, è stata una questione di secondi. Ho chiamato subito la vicepreside, i colleghi sono venuti immediatamente ed hanno rimproverato i ragazzi. Dopo, alcuni tremavano e balbettavano; molti solo in un secondo momento hanno capito la gravità di quanto avvenuto, ma al momento, per loro, si trattava solo di una bravata. Ho deciso di non sporgere denuncia per non rovinarli penalmente ma di dare una pena severa dal punto di vista scolastico’.

I vescovi del Triveneto contro l’eutanasia

Svolta nel dibattito sul suicidio medicalmente assistito in Italia: nelle scorse settimane l’Azienda Sanitaria Regionale del Veneto ha dato il via libera senza ostacoli ad una richiesta di ‘fine vita’. Questa è la seconda volta che tale decisione viene presa nella regione, aprendo la strada a un’opzione di scelta per i pazienti che soffrono di gravi malattie terminali.

Cecilia Turbitosi: creato e missione richiedono pace e giustizia

“Per noi che lavoriamo per la Chiesa ‘nel terreno’, il Tempo del Creato è un’opportunità meravigliosa per promuovere e vivere l’ecologia integrale… Molto importante la collaborazione, da noi come in tantissime diocesi italiane, con gli uffici ‘ecumenismo e dialogo interreligioso’ e ‘problemi sociali e il lavoro’, coordinati dagli uffici nazionali della Conferenza Episcopale Italiana che promuovono il Tempo del Creato.

Il fondamento evangelico della giurisdizione ecclesiastica: distinzione fra foro interno e foro esterno’

Per Tommaso il forum poenitentiale non riguarda l’ambito giuridico ma solamente le relazioni che ciascun fedele ha coram Deo. Sebbene egli non negò che la potestas clavium attribuita da Cristo ai suoi apostoli contenesse la potestas iurisdictionis ( foro esterno), il suo pensiero contribuì a mettere in secondo piano il carattere giuridico proprio della potestas clavium quando esercitata nell’ambito del sacramento della penitenza. Viene evidenziato che il forum poenitentiale si poteva suddividere in due ambiti, un forum conscientiae, più ampio, che opera extra sacramentum poenitentiae ed un secondo, più ristretto, comprendente il forum sacramentalis iudicij poentientiae129.

Si viene così a determinare una distinzione nel foro interno tra il foro della coscienza ed il foro penitenziale, nel primo si concedono favori per il bene dei fedeli, mentre nel secondo si presuppone l’esistenza di una colpa che necessita di essere rimessa dal sacerdote nel sacramento della confessione per porre rimedio ad un vincolo contratto apud Deum.

Sarà solamente con il Concilio di Trento e con la nascita del concetto di foro interno extrasacramentale che si inizierà a riflettere sul fatto che il forum conscientiae non coincide perfettamente con il sacramento della confessione e dunque è in questo periodo che «Si affermò così l’idea che il f. internum (rispett. f. conscientiae) non si identifica con il f. poenitentiale, bensì designa un operato dell’autorità sia in sacramento che extra sacramentum; in tal modo la peculiarità di un atto posto nel campo interiore veniva ravvisata nel fatto che ad esso mancava l’efficacia pro foro externo».

Differenti sono anche i criteri che vengono utilizzati per il giudizio nel foro interno. Mentre infatti nel foro esterno la valutazione dovrà effettuarsi sulla base delle leggi, in quello interno il rigore delle leggi o della giustizia dovrà lasciare spazio all’aequitas, considerando le questioni nell’ottica del giudizio di Dio e secondo ciò che un uomo giudica buono ed equo.

A ciò si aggiunga che le indicazioni date nel foro interno non obbligano mai il fedele nel foro esterno1. Si comincia quindi a sviluppare una sorta di procedura peculiare per la trattazione dei casi di foro interno, in parte differente rispetto a quella utilizzata per il foro esterno, che contribuirà a fornire ulteriori elementi per distinguere i casi da trattarsi nell’uno piuttosto che nell’altro foro (perfezionati e codificati nel vigente sistema a cui ho già fatto cenno).

Pertanto, ribadisco le mie congratulazioni all’autore (con cui sono in contatto epistolare tramite mail dal 17/9/23) per le sue originali intuizioni e per la sua preziosa, ricostruttiva opera giuridico-teologica, da me già citata alla quale rinvio i lettori per acquisire altri aspetti storici della materia della quale l’ultimo Concilio concluso nel 1965 nei documenti prodotti (4 Costituzioni, 9 Decreti e 3 Dichiarazioni) ha sviluppato completi approfondimenti su importanti, ulteriori, collegate tematiche non ancora integralmente attuate oggi dagli organi ecclesiastici, come qui confermato (“Bisogna valorizzare la coscienza ed il metodo del discernimento e non ci sono soluzioni eterne ma bisogna mettersi in ascolto dei segni dei tempi per elaborare risposte sempre nuove e più adeguate.

L’esercizio della coscienza, retta e formata, non ha facilitato le cose ma richiede una possibilità di decidere da solo in modo maturo e non superficiale” cfr. Le Costituzioni del Concilio “https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2 ahUKEwjq5anU6KmBAxVMQ_EDHaw3D5U4HhAWegQIBBAB&url=https%3A%2F%2Fdiocesibg.it%2Fwp-content%2Fuploads%2Fsites%2F2%2F2019%2F01%2F3INCONTRO_EZIOBOLIS. doc&usg=AOvVaw0R6LcfcJBBVePWJdp245cI&opi=89978449 “).

Conclusivamente confermo che la coscienza debba essere considerata l’elemento fondante del foro interno e del foro esterno, a tal uopo ritengo utile riportare sinteticamente una delle tesine in Teologia morale da me elaborate sul tema.Com’ è noto, Il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo parla poco di morale, ma ha dato ledirettive metodologiche nel Decreto ‘Optatam Totius’ e nella Dichiarazione ‘Dignitatis Humanae’ ed i saggi nelle Costituzioni LG e GS.

Il Decreto, sulla formazione dei futuri sacerdoti (n. 16d), basandosi sui principi posti dalla Costituzione DV (n. 24) sull’uso della Scrittura in Teologia, dà le direttive per la elaborazione di una morale centrata sul mistero di Cristo e sulla storia della salvezza (p. 331 Libro di testo del Corso STB).

La Dichiarazione (n. 14c) mette in luce come la teologia morale, biblicamente vivificata,viene completata dalla filosofia morale perché il fondamento ultimo dei diritti della coscienza sta nella dignità della persona umana in quanto gli elementi razionali sono assunti nella fede.

La Costituzione (dogmatica) LG (39-42) presenta una morale della carità integrale invitando tutti, ognuno secondo i propri doni ed uffici, ad avanzare senza indugi verso la via della fede viva la quale accende la speranza ed opera per mezzo della carità. La Costituzione (pastorale) GS, superando un’etica individualistica, traccia i principi fondamentali di una morale sociale a livello planetario, proponendo (n. 16) in forma sistematica ed autorevole una riflessione sulla coscienza morale, la quale occupa un posto centrale nell’antropologia (i cui principi fondamentali in‘Antropologia criminale’ ho insegnato all’Università di Palermo e successivamente in altre 10 collegate discipline giuridiche, dal 1983 al 2013, elaborando 30 pubblicazioni, esercitando anche il ruolo di Dirigente c/o la Procura della Magistratura di controllo ex artt. 100 e 103 Cost. F.Trombettahttps://www.facebook.com/groups/1793231040908299/permalink/1816818285216241) e si pone in continuità con l’intelligenza, tesa alla ricerca del vero, e con la libertà, tesa alla ricerca del bene.

Pertanto, l’uomo ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore secondo la quale sarà giudicato in quanto la coscienza è il nucleo più segreto ed il sacrario dell’uomo dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria; tramite la coscienza si fa conoscere, in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Quanto più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali (abbiamo l’esempio del nostro gruppo “Il buon Pastore) si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità.

Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si cura di cercare la verità ed il bene e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato (e del reato), essa è pure portavoce della legge naturale che tende ad attuarsi come legge dell’amore verso Dio ed il prossimo. Il problema della ‘coscienza invincibilmente erronea’ (cioè non ancora in grado di superare l’errore) viene esaminato sotto 3 aspetti in quanto si colloca:

a)alla base di tutti i presupposti di natura sociale; b)a livello di ragionamento morale (per una sbagliata deduzione dei principi etici); c) sul piano pratico (l’uomo sbaglia per debolezza di carattere o per leggerezza o per consapevoli situazioni conflittuali, cioè opzione fra bene e male, fra comportamenti leciti ed illeciti).

In definitiva la coscienza, determinante in foro interno ed in foro esterno, ha 3 funzioni: -Intellettiva (quando realizza il processo che porta alla formulazione del giudizio morale); -Parenetica (quando assume il ruolo di spronare la volontà a fare sempre il bene potenziale); -Volitiva (quando è considerata come la facoltà che attua la scelta morale fondamentale che nel Diritto è riferita all ‘elemento psicologico degli illeciti).

Mi interessa la purezza di mio figlio, di mia figlia? Dal libro ‘Genitori sta a noi’

Don Alberto Ravagnani, noto sacerdote della diocesi di Milano, molto attivo sui social, afferma che la sessualità è diventata, per i nostri ragazzi, la forma di sofferenza più grande. Oggi, dunque, da mamma, da catechista, da scrittrice, da donna cristiana mi vorrei soffermare sull’importanza di aiutare i ragazzi a non perdere la purezza. Se perdi la purezza, infatti, perdi te stesso e la tua capacità di relazionarti. Sei non sei puro, pura, non riuscirai a donare davvero la tua vita. Rosicchierai quello che puoi dagli altri, ma non vivrai mai una comunione profonda.

Valentina Castiello chiede alla Chiesa di non trascurare i single cattolici

Il concetto di ‘Single Cattolico’ è divenuto un fenomeno demografico ed una realtà storica e culturale senza precedenti nella storia, perché prima si era single per una frazione della storia: oggi si può essere single a vita. Per questo in Italia esiste un progetto dedicato alla ‘singolitudine;’ un apostolato cattolico che riunisce i single d’Italia con un portale, www.singlecattoliciitalia.it, curato e ideato da Valentina Castiello, una giovane napoletana.

Nessuno può uccidere indisturbato, qualsiasi motivo lo animi: niente giustifica l’odio fratricida

La vita è un dono di Dio. E’ una verità che non può essere compresa dai terroristi, perché offuscati dalla ‘non verità’ rigida, schematica e perentoria, mai pronta al confronto. Assistiamo nuovamente allo sterminio di vite innocenti nei luoghi in cui è nato e vissuto Gesù, in cui Egli ha predicato l’Amore. Una nuova strage di vite innocenti. La storia si ripete?

Il fondamento evangelico della giurisdizione ecclesiastica: distinzione fra foro interno e foro esterno’

L’autore conferma che numerosi e pregevoli sono stati gli studi canonistici dedicati all’istituto del foro interno e alla potestà che la Chiesa esercita in tale ambito sebbene sia mancato, in tempi recenti, un lavoro approfondito sul tema specie alla luce della nuova codificazione del 1983. Il termine foro assume pertanto diversi significati: è anzitutto il luogo in cui si teneva il mercato (ad es. il foro boario); è poi il luogo dove si definivano le vertenze giudiziarie contenziose. Ma col tempo il termine viene ad indicare anche la potestà stessa del giudice in ordine alla definizione delle liti, come pure il territorio all’interno del quale un determinato giudice poteva esercitare la propria potestà di giudizio.

In questo senso già Isidoro di Siviglia intendeva il termine foro: «Forus est exercendarum litium locus […] Constat autem forus causa, lege et iudicio»3. Il foro è quindi il tribunale, il luogo dove le

controversie (causae) sono discusse nel rispetto della legge (operazione che prende il nome di

iudicium) e danno origine ad un pronunciamento autoritativo da parte del giudice (iustitia). In ulteriori e successivi sviluppi il termine foro va dunque associandosi ad altre specificazioni per cui si parla di foro ecclesiastico, di foro civile, di foro misto, a seconda della materia, della causa da dirimere e dell’organo giudiziario competente a giudicare. ( nota n. 5: Il termine foro ecclesiastico indica inizialmente la potestà riconosciuta ai vescovi, successivamente al 313 d.C., di «un vero potere giurisdizionale nelle cause mere ecclesiasticae»; nel suo sviluppo storico il termine verrà ad indicare il più ampio sistema delle relazioni tra Chiesa e Stato ( tematica oggi oggetto del Diritto ecclesiastico, distinto dal Diritto canonico), la prima costituzione è del 23 giugno 318, la successiva costituzione del 333 è più esplicita sulla natura della giurisdizione episcopale.

La nozione di foro interno si sviluppa da quella più generale di foro ed ha probabilmente origine in

ambito ebraico dal momento che si comincia a distinguere in questo contesto la giustizia terrena dalla giustizia divina sebbene nell’Antico Testamento non esista un termine specifico per indicare la

coscienza. Dio vede nel cuore degli uomini ed è dunque in grado di giudicare anche quelle questioni

che l’uomo non rende manifeste a terzi7; è dunque il cuore dell’uomo a svolgere il ruolo

corrispondente a quello che, a partire soprattutto da Paolo, verrà svolto dalla coscienza (alla

quale farò cenno in prosieguo) in quanto è nel cuore dell’uomo che la parola di Dio giunge come

un giudizio (ad es. in Gen 3, 7-10; 1Sam 24,6; 2Sam 24,10; Gb 27,68; Eccl 7,22).

Nella versione dei LXX il termine συνείδησις (syneidesis), che nel Nuovo Testamento designa la

coscienza, è rinvenibile solamente in pochi passaggi (ad es.: Sap 17,10 ed Eccl 10,20). Nel Nuovo

Testamento il termine conosce più ampia utilizzazione12. Se nei Vangeli esso non viene utilizzato è

invece soprattutto S. Paolo ad introdurre nei propri scritti il termine syneidesis, di derivazione stoica, ma con un significato in parte differente. Paolo infatti, a differenza dei greci, ritiene che la coscienza non debba essere completamente libera ma debba assoggettare il suo giudizio (1Cor 4,4) a quello di Dio (nota n. 13: Nei Vangeli, come avviene nell’Antico Testamento, è il termine cuore che indica la coscienza dell’uomo, cfr. mt 15,17-20).

Così ammonisce Agostino (354-430) quando esorta a tener presente che Dio vede direttamente nell’intimo della coscienza di ciascuno: ‘Torna all’intimo della tua coscienza, interrogala’.

S. Ambrogio (339/340-397) evidenzia il fatto che Dio giudica non tanto in base ai fatti esteriori, ma

soprattutto secondo le scelte che ciascuno compie secondo coscienza. È infatti nella coscienza che

ciascuno compie le scelte in grado di condurlo alla pienezza della vita eterna o, viceversa, alla

dannazione.

Tuttavia l’attenzione rivolta da Paolo, e confermata dagli scritti dei Padri nei confronti

della coscienza, ha indubbie ripercussioni sulla prassi penitenziale della Chiesa. Il nostro autore

evidenzia che nel noto episodio di Cesarèa di Filippo (da me specificato in premessa) allorquando

Pietro professa la sua fede in Gesù «Cristo, Figlio del Dio vivente» (mt 16, 16) e, in virtù di tale

professione di fede, Cristo gli conferisce non solo il primato sulla sua Chiesa ma contestualmente gli attribuisce la facoltà di rimettere i peccati proprio in vista del raggiungimento della salvezza (mt 16,19), analogo potere è attribuito pure agli apostoli (mt 18, 18; cfr. anche Gv 20, 21-23).

Si viene così a creare, tra le due realtà, un’articolazione problematica in cui si pone un problema di delimitazione tra la sfera della coscienza individuale e la sfera dell’intervento dell’autorità ecclesiastica; dicotomia che caratterizzerà tutta la successiva evoluzione della nozione di foro interno ed i suoi sviluppi in una continua tensione tra l’interno e l’esterno ‘che ho già esplicitato’.

Se il problema in senso teorico si proporrà solamente in un momento successivo è pur vero che sui citati passi biblici la Chiesa ha fondato, quanto meno a far data dal III secolo, la prassi penitenziale della concessione del perdono dei peccati attribuendo tale potere dapprima ai soli vescovi e, successivamente, anche agli altri presbiteri.

Per quanto concerne i primi secoli si può dunque affermare che in virtù della potestà di rimettere i

peccati la Chiesa inizia a svolgere un fondamentale ruolo salvifico che non si limita alle questioni

giuridiche attinenti esclusivamente le faccende, sia temporali che spirituali, che potevano essere risolte nel foro esterno, ma inizia ad occuparsi pure di quelle riguardanti direttamente la santificazione delle anime e dunque la sfera propria e personale di ciascun singolo fedele (foro interno).

Rimaneva però un problema che può essere posto nei seguenti termini: «le trasgressioni, fossero state esse solo peccati, o fossero state anche delitti (già ho citato il testo in merito elaborato dal Card. Palazzini), si rimettevano soltanto con questo genere di penitenza, con dipendenza dal foro esterno, oppure esisteva altro genere di penitenza, con la quale si rimettevano i peccati, almeno sacramentalmente, senza la dipendenza dal foro esterno?».

Come meglio vedremo sarà solamente il concilio Laternanense IV nel 1215 ad introdurre una più

dettagliata disciplina circa la confessione privata dei peccati e di conseguenza una embrionale

distinzione tra competenze di foro esterno ed interno (intervista: https://www.google.com/url?sa=t&r%2Fwww.letture.org%2Fforo-interno-genesi-ed-evoluzionedell-istituto-canonistico-costantino-m-fabris&usg=). Si può dunque affermare che non esiste una definizione di foro interno per tutto il primo millennio di storia della Chiesa, dal momento che in questa fase si è andato certamente definendo il sacramento della penitenza (forum poenitentiae) ma non si è elaborata alcuna distinzione relativamente agli ambiti di esercizio della potestà della Chiesa nel senso che noi oggi attribuiamo al termine potestas (alla quale ho fatto riferimento citando le attuali norme sancite dal CIC).

A seguito del concilio Lateranense IV e del perfezionamento della prassi penitenziale nella Chiesa, si va in ogni caso sviluppando sempre più il genere letterario delle Summae confessorum.Sebbene, inizialmente, si produce una sorta di giuridicizzazione della teologia in realtà gli sviluppi successivi fanno capire come, a partire da questo momento, si avvia un lento processo di separazione tra diritto e morale che si compirà in modo definitivo solamente con l’avvento dell’era contemporanea e, parallelamente, fioriscono i grandi trattati di teologia che affrontano in modo organico ogni aspetto riguardante il sacramento della confessione e i risvolti relativi al suo esercizio da parte degli ordinati in sacris.

(Fine seconda parte)

Alla Fondazione Oasis si ragiona sulle migrazioni

“Il dibattito politico sulle migrazioni ha un andamento altalenante, si anima nelle emergenze per poi eclissarsi. Occorre cambiare rotta considerando tutte le implicazioni del fenomeno che oggi non è più emergenziale”: così il card. Angelo Scola ha introdotto, giovedì 28 settembre, il convegno ‘Cambiare rotta. I migranti e l’Europa’, promosso dalla Fondazione Internazionale Oasis e svoltosi all’Università Cattolica a Milano.

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