Il “processo Becciu” in Vaticano. La sentenza: macchia indelebile nella storia della Chiesa. Uno schifo: né giustizia, né verità
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.12.2023 – Vik van Brantegem] – È terminato oggi al Tribunale di prima istanza dello Stato della Città Vaticano, dopo quasi due anni e mezzo di dibattimento, il processo 60SA sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Nell’ultima Udienza di oggi [*] nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani, questa mattina prima del ritiro in Camera di Consiglio con i Giudici a latere, Venerando Marano e Carlo Bonzano, il Presidente Giuseppe Pignatone aveva annunciato per le ore 15.45 la lettura del dispositivo della sentenza, del quale – affermando con una battuta – «non credo che sarete tutti contenti… È un’ipotesi altamente improbabile».
Il Cardinale Giovanni Angelo Becciu è stato condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a 8.000 euro di multa.
Legali del Cardinal Becciu: “Amarezza ma accuse ridimensionate. Pronti per l’appello”
“C’è profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che la totale innocenza del Cardinal Becciu non è stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”, è quanto dichiarano l’Avv. Fabio Viglione e l’Avv. Maria Concetta Marzo, i legali del Cardinale Giovanni Angelo Becciu.
“Nonostante la pronuncia ci amareggi profondamente, abbiamo una solida certezza: il Cardinal Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio”, proseguono gli avvocati.
“Rispettiamo la sentenza, leggeremo le motivazioni, ma rimaniamo certi che verrà prima o poi riconosciuta l’assurdità delle accuse contro il Cardinale e dunque la verità: Sua Eminenza Becciu è innocente”.
Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 896, 16 dicembre 2023
Comunicato del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano
Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue.
In ordine a questa, il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto Mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione.
Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato Mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso.
Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.).
Ha invece escluso la responsabilità di Mons. Becciu, Crasso Enrico e Tirabassi Fabrizio in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo.
È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione.
In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto.
Il Torzi, il Tirabassi, il Crasso e il Mincione sono stati invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita.
Il Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dall’UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale però, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta.
Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brülhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di Giustizia di un’operazione sospetta.
Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, Mons. Becciu e Marogna Cecilia sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all’art. 416-ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.
Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.
I sopranominati imputati Mincione Raffaele, Torzi Gianluigi, Tirabassi Fabrizio, Becciu Giovanni Angelo, Squillace Nicola, Crasso Enrico, Di Ruzza Tommaso e Brülhart Renè sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, Mons. Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.
Conclusivamente, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ad ognuno degli imputati, gli stessi sono stati condannati, rispettivamente:
BRÜHLART René e DI RUZZA Tommaso alla pena della multa di euro millesettecentocinquanta;
CRASSO Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;
MINCIONE Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;
BECCIU Giovanni Angelo alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;
TIRABASSI Fabrizio alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici;
SQUILLACE Nicola, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di anni uno e mesi dieci di reclusione;
TORZI Gianluigi alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno;
MAROGNA Cecilia alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo;
LOGSIC HUMANITARNE DEJAVNOSTI D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro quarantamila ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due.
Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi.
Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000,00 di euro.
La sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, 16 dicembre 2023 [QUI]
La condanna di Becciu, colpevole di nulla, provoca amarezza e mette in discussione l’esistenza stessa della giustizia vaticana
di Salvatore Izzo
Faro di Roma, 16 dicembre 2023
(…) “Credo che l’impostazione abbia tenuto e questa per me è la cosa più importante, credo che in questi processi non bisogna mai esultare per il risultato, un pubblico ministero non può essere mai felice per le condanne, quello di cui sono soddisfatto è che il lavoro lungo e meticoloso ha retto nonostante le contestazioni che ci sono state mosse in questi anni, ci è stato detto che siamo degli incompetenti, degli ignoranti, in realtà il risultato ci dà ragione, adesso sono sereno, dormo tranquillo”, ha dichiarato il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, dopo la lettura del dispositivo in Vaticano.
A noi invece le ingiustizie contro gli innocenti tolgono il sonno. Tanto che ci fanno dubitare dell’opportunità che la Città del Vaticano continui ad avere un suo tribunale, non essendo in effetti in grado di garantirne il funzionamento equo, come si è visto oggi. Esiste nel Trattato Lateranense la possibilità di ricorrere alla giustizia italiana per i processi penali, siamo infatti davanti ad un evidente caso di errore giudiziario che, tuttavia, poteva essere evitato. Sarebbe bastato che davanti alle risultanze processuali sull’esistenza di una congiura ai danni di Becciu il Tribunale preseduto da Pignatone chiedesse di indagare a fondo sulla genesi della dichiarazione dell’ex Capo ufficio della Segreteria di Stato Mons. Alberto Perlasca, il cosiddetto memoriale, che si è scoperto essere stato “dettato”, attraverso Genoveffa Ciferri, da Francesca Immacolata Chaouqui, la pr che spacciandosi per un “anziano magistrato”, aveva pubblicamente promesso di vendicarsi sull’ex sostituto della Segreteria di Stato dopo la propria condanna nel processo Vatileaks.
Una bruttissima pagina (Salvatore Izzo).
La Postilla della giornata: un Tribunale inaffidabile
Non è la condanna del Cardinal Becciu la questione vera e centrale. Il problema è il Tribunale sottomesso al sovrano
di Luis Badilla
Il Sismografo, 16 dicembre 2023
Il Tribunale del Vaticano che ha processato e condannato in prima istanza il Cardinale Angelo Becciu è inaffidabile. Questo marchingegno è uno sceneggiato del sovrano e null’altro. Tutto è di cartapesta e ogni singolo ingranaggio è stato partorito ad arte, anche con effetto retroattivo, per un solo scopo: essere funzionale alla narrativa di Papa Francesco sulla lotta alla corruzione.
Se il Cardinale Angelo Becciu è colpevole di qualche reato, “ragion” per cui Papa Bergoglio ordinò di sottoporlo a processo con una defenestrazione clamorosa, qualsiasi altra Eminenza o prelato di Curia avrebbe potuto sedere al posto suo sul banco degli imputati. Al posto del Cardinal Becciu, in questi due anni e mezzo avremmo potuto scrivere altri cognomi importanti, italiani e non, tutti membri dell’attuale nomenklatura vaticana. È da sperare che nessuno abbia il coraggio di dire ora – dopo questa prima conclusione processuale – che la condanna a Becciu separa “onesti e buoni” da “corrotti e cattivi”. In Vaticano, lo sanno tutti all’interno e fuori le mura, queste analisi vanno fatte con estrema cautela non solo perché occorre severità di fronte alla dignità di chiunque ma anche perché il sistema giudiziario della Santa Sede è inaffidabile.
Lo stesso processo che si è chiuso oggi è completamente inaffidabile. Lo si è visto nel corso del dibattimento in moltissimi momenti. Ciò che è venuto fuori non è altro che uno sceneggiato scritto con le rivelazioni di un pentito in cambio di restare fuori dal processo. È proprio così: Mons. Alberto Perlasca, ex capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, personaggio centrale dell’intera vicenda, è stato fatto sparire dalla circolazione come se niente fosse.
Non è la condanna del Cardinal Becciu la questione vera e centrale. Il problema è il Tribunale sottomesso al sovrano (Luis Badilla).
Il commento
di Silere non possum, 16 dicembre 2023
Tribunale Speciale
(…) Il processo è stato reso possibile grazie ad alcuni interventi che il Papa ha fatto modificando, in corso di causa, la normativa procedural penale. Silere non possum ha messo in risalto la gravità e la pericolosità di questo sistema aldilà della penale responsabilità dei singoli imputati.
In primo luogo sono state numerose le violazioni delle norme commesse dall’Ufficio del Promotore di Giustizia. (…)
D’altro canto bisogna anche soffermarsi sulla scelta che Papa Francesco ha fatto di affidare questo “caso” ad un tribunale composto completamente da soggetti laici.
Scelta assolutamente inopportuna anche per quanto riguarda la sede: un tribunale. È chiaro che il tribunale ha il dovere della pubblicità (…) ed ha anche un iter che deve seguire con regole ben precise. Questo ha permesse che laici, giornalisti avvoltoi ed anche alcuni degli imputati potessero mettere mano su documentazione riservatissima che riguarda l’organi di governo della Santa Sede: la Segreteria di Stato. Più volte è stato consigliato a Bergoglio di procedere, proprio come i suoi predecessori, con una Commissione cardinalizia d’inchiesta. Questa avrebbe permesso l’accertamento della Verità ed avrebbe fornito al Pontefice tutti gli elementi per poter adottare decisioni ben più incisive e gravi di quelle che vengono offerte dal Tribunale Vaticano. (…)
Evidentemente, però, qualcuno ha preferito giocare a questo gioco perché gli faceva comodo e il motto: “Io buono, Chiesa cattiva” avrebbe avuto la meglio ancora una volta. È chiaro, però, che il fine di questo processo non è mai stato l’accertamento della Verità ma solo la demonizzazione di un sistema. (…)
Non è possibile neppure dimenticare il coinvolgimento di donne pregiudicate che hanno arrecato solo grande danno alla Chiesa ed anche alla figura di Papa Francesco: Francesca Immacolata Chaouqui. Un esempio lampante di come determinati soggetti andavano tenuti fuori da questo Stato, proprio come venne consigliato a Bergoglio alla vigilia della sua nomina.
Proprio come lei vi è anche Alberto Perlasca, (…) Un uomo che ha firmato e controfirmato documenti che hanno arrecato un danno enorme alla Santa Sede ma che oggi dorme sonni tranquilli e in questo procedimento penale ha avuto solo il ruolo dell’accusatore, ma a lui non è stata mossa nessuna contestazione.
La sentenza
Oggi è stata emessa una sentenza che è stata chiaramente decisa a tavolino dal Pontefice il quale aveva già emesso un verdetto nei confronti del Cardinale Becciu la sera del 24 settembre 2020. In questi anni ha permesso che un avvocato laico agisse contro un cardinale di Santa Romana Chiesa con una insolenza ed una protervia mai viste. (…)
Nel frattempo anche l’opinione pubblica ha iniziato a dubitare di tutto perché continua a vedere un agire, da parte del Promotore e del Tribunale, che è senza alcuna regola. Anche la sentenza odierna viene recepita dagli imputati e dall’opinione pubblica con non poca perplessità. Le difese hanno già annunciato appello (S.I.).
L’ultima udienza del processo 60SA per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato di oggi è iniziata con un significativo discorso di saluto del Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, che ha sottolineato come «il dibattimento ha fatto emergere non pochi nuovi elementi di valutazione» e che «il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale» e «per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi».
Il discorso del Presidente Giuseppe Pignatone
«Prima che il Tribunale si ritiri in camera di consiglio vorrei esprimere, anche a nome dei Colleghi, la nostra gratitudine a quanti hanno reso possibile la celebrazione di questo processo, certamente inusuale, per complessità quantitativa e qualitativa, per lo Stato della Città del Vaticano.
Quindi, in primo luogo, grazie ai Presidenti del Governatorato, S. Em. il Card. Bertello prima e S. Em. il Card. Vergéz poi, nonché alla Direttrice dei Musei e ai loro collaboratori che hanno tempestivamente allestito, in periodi di emergenza COVID, quest’Aula che ha consentito a tutti noi, credo, di svolgere il nostro lavoro nelle migliori condizioni possibili.
Grazie poi al personale di Cancelleria, in particolare al Cancelliere Ottaviano e all’ufficiale giudiziario Pesce, che ci hanno assistito in tutte queste udienze, 86 [*], spesso fino a tarda sera e al personale della Gendarmeria che ne ha garantito il regolare svolgimento.
Grazie ai giornalisti e agli operatori dell’informazione, che – nelle legittime diversità di posizioni – hanno puntualmente dato conto all’opinione pubblica di quanto avveniva in udienza.
Un grazie particolare alla Collega Prof. Bozzi, la quale non parteciperà alla camera di consiglio, ma in tutti questi mesi ha dato il suo contributo di professionalità.
Non posso fare a meno, in questa occasione, di ricordare il Prof. Gian Piero Milano, il quale per ragioni di salute ha potuto partecipare solo alla prima udienza, quella del 27 luglio 2021, di un processo che aveva contribuito a istruire fin dall’inizio. Ho avuto l’onore e il privilegio negli anni precedenti di conoscere e diventare amico del Prof. Milano e di apprezzarne la raffinata conoscenza del diritto canonico e di quello vaticano e, prima ancora, la sapienza giuridica e umana.
Last but not least, voglio ringraziare tutti voi, Promotori di giustizia, difensori delle parti civili e degli imputati, per l’impegno, lo studio, la passione e la professionalità con cui avete svolto – ovviamente da posizioni e con prospettive diverse – il vostro compito dando un eccezionale contributo all’attività che il Collegio ha svolto e che deve ancora svolgere.
Come molti di voi hanno rilevato, il dibattimento ha fatto emergere non pochi nuovi elementi di valutazione, non importa qui se a conferma o smentita dell’impostazione iniziale dell’Accusa.
Se così è, e il Collegio ne è convinto, risulta confermato che il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale e, mi permetto di aggiungere, per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi.
Per questo il Collegio ha sempre cercato, nei limiti consentiti all’interprete dal quadro normativo vigente, di adottare interpretazioni e prassi operative che garantissero l’effettività del contraddittorio, assicurando il più ampio spazio alle parti, e in specie alle Difese.
In tal senso, abbiamo registrato con piacere il riconoscimento da parte di molti difensori della sensibilità e dell’impegno del Tribunale su questa questione cruciale.
Questo processo giunge così oggi a conclusione a distanza di appena un anno e mezzo dal concreto inizio del dibattimento, tenuto conto di due sospensioni feriali e delle difficoltà legate alla pandemia da Covid-19: non mi sembra davvero un risultato marginale, né scontato».
Il processo 60SA
Il processo di prima istanza del “Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano” è il più complesso che sia mai stato celebrato dalla giustizia dello Stato della Città del Vaticano e il più lungo, complessivamente 4 anni. Il rinvio a giudizio è avvenuto il 3 luglio 2021, dopo una lunga inchiesta. La prima Udienza è stata celebrata il 27 luglio 2021 ma che solo dopo sette mesi e un giorno, con la 9ª Udienza del 1° marzo 2022, il processo è entrato realmente nel vivo, lasciando prima ampio margine alle istanze preliminari che hanno tenuto banco per tutte le prime otto udienze per volontà dello stesso Presidente del Tribunale vaticano che ha lasciato tempo a schermaglie procedurali, repliche, eccezioni di nullità (In Vaticano è prevalsa la ragione di Stato a dispetto totale dei diritti della difesa e dei principi del giusto processo. Respinte tutte le eccezioni e negato che si tratta di “processo speciale” – 1° marzo 2022 [QUI]).
I numeri illustrano l’ampiezza e la complessità del processo
- 14 imputati: 10 persone fisiche (il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, Monsignor Mauro Carlino, Enrico Crasso, Raffaele Mincione, Fabrizio Tirabassi, Cecilia Marogna, Gianluigi Torzi, Nicola Squillace, Renè Brülhart, Tommaso Di Ruzza) e 4 società (Logsic Humitarne Dejavnosti, Prestige Family Office Sa, Sogenel Capital Investment e HP Finance LLC);
- 5 le parti civili (Segreteria di Stato, IOR, APSA, ASIF e Monsignor Perlasca, ex Responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, definito “teste chiave” del processo);
- 487 pagine di rinvio a giudizio;
- i capi d’accusa inizialmente erano 37, poi saliti a 41 il 25 gennaio 2022 e a 49 il 30 marzo 2023;
- le ipotesi di reato sono truffa aggravata al peculato, abuso d’ufficio aggravato all’appropriazione indebita, corruzione aggravata, riciclaggio, autoriciclaggio, estorsione, subornazione di testimone, falso materiale in atto pubblico commesso dal privato;
- oltre 600 ore di dibattimento in aula;
- 69 testimoni ascoltati;
- 124.563 pagine cartacee e in dispositivi informatici, 2.479.062 files analizzati presentati dall’accusa, 20.150 pagine comprensive di allegati depositate dalla difesa, 48.731 dalle parti civili;
- richiesta complessivamente 73 anni e un mese di reclusione, più pene interdittive e pecuniarie di vario tipo, tra cui 387 milioni di euro di confische.
Processo Becciu, curiosità e anomalie
«(…) Si è ascoltato praticamente di tutto: rivelazioni sconcertanti per la Santa Sede, l’uso allegro di intercettazioni, spionaggi interni con retroscena internazionali degni di una serie di Netflix. (…) Dalle udienze è affiorato però anche il ruolo che Papa Francesco ha avuto dietro le quinte, visto che era a conoscenza di ogni passaggio, compreso quello relativo alla liquidazione data a Torzi (15 milioni di euro). Sullo sfondo di questa storia piena di cose bizzarre (preti che si fanno raggirare, contratti firmati senza essere rivisti, una catena di comando basata sulla fiducia e ben poco sulla competenza finanziaria) si muovono le grandi e storiche riforme amministrative che Francesco porta avanti con una certa fatica e con l’obiettivo evidente di concentrarne il controllo in un unico centro, l’APSA, il forziere finanziario della Santa Sede, sottraendo così la gestione secolare dei fondi sovrani (circa 600 milioni) alla Segreteria di Stato (ormai drasticamente ridotta e depotenziata). Praticamente uno scontro di poteri tra il vecchio e il nuovo e la sfida di un nuovo cammino internazionale intrapreso dal Vaticano con Moneyvall al fine di entrare nella white-list dei Paesi virtuosi e togliersi finalmente di dosso la fama di Paese off shore. (…) Molte le anomalie sollevate da tutte le difese in questi due anni, fino al punto di denunciare l’assenza di un giusto processo, la presenza di un complotto e persino qualcosa simile al processo stato-mafia, soprattutto per il ruolo delicatissimo e cruciale avuto dal grande accusatore del Cardinal Becciu, l’ex Capo ufficio finanziario della Santa Sede, Monsignor Alberto Perlasca che amministrava i fondi sovrani. È infatti lui ad aver rafforzato la tesi accusatoria con un memoriale (che poi gli è valso lo stralcio della sua posizione, passando da accusato a testimone e parte civile). Il documento appare ricchissimo di circostanze, dati e nomi anche se – come è affiorato in aula – in realtà gli sarebbe stato insufflato da una sua amica, Genoveffa Ciferri, ex collaboratrice esterna dei servizi (come è emerso in aula), la quale a sua volta era in contatto con la pr Francesca Chaouqui. Chaouqui, per sua ammissione, sarebbe una nemica acerrima di Becciu (al quale reputa la responsabilità di averla coinvolta nel processo Vatileaks). In pratica Perlasca avrebbe scritto il memoriale su dettatura, accogliendo i suggerimenti di Chaouqui attraverso Ciferri. Perlasca credeva che dietro i preziosi suggerimenti ci fosse “un anziano magistrato” desideroso di aiutare Papa Francesco a fare pulizia in Vaticano, e non Chaouqui. Il Promotore di Giustizia, tuttavia, ha chiarito che quel memoriale non rappresenta la affatto parte centrale delle sue indagini e dei suoi rilievi, visto che ha altri documenti, tuttavia questo passaggio è bastato per sollevare parecchi interrogativi. Dopo 2 anni e mezzo di udienze nessuna vera pistola fumante è emersa per sostenere l’ipotesi dell’accusa di una grande cospirazione per frodare il Papa di milioni di euro. I numerosi crimini finanziari tra cui frode, appropriazione indebita, corruzione, riciclaggio, abuso d’ufficio di cui sono accusati i dieci imputati sono contenuti in una accusa di 487 pagine. Il Promotore di Giustizia è partito dall’investimento di 350 milioni di euro per comprare il palazzo ricostruendo che i mediatori avrebbero frodato il Vaticano nei vari passaggi di proprietà, fino all’estorsione di 15 milioni di euro per cedere il controllo della proprietà. In quel periodo Becciu però non era già più alla Segreteria di Stato, e tutto venne deciso dal Papa e dall’attuale Sostituto Peña Parra il quale, a sua volta, ha ricostruito la vicenda con un altro memoriale monstre. La cornice di riferimento e l’impressione generale è che tante perdite siano state determinate soprattutto da una generale incompetenza che ha causato un enorme danno reputazionale al Vaticano. (,,,)» (Franca Giansoldati – Il Messaggero, 16 dicembre 2023).
[*] Come ho già osservato in passato, per un errore di conteggio nel corso dello svolgimento del processo, abbiamo perso il corretto conteggio delle Udienze, che secondo il Tribunale vaticano sono 86.
Indice – Caso 60SA [QUI]