Il giorno della sentenza del “processo Becciu”, che coinvolge il Papa. In attesa della giustizia nella verità
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.12.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi 16 dicembre 2023 conosceremo, dopo oltre due anni e mezzo e più di ottanta Udienze del Tribunale di prima istanza vaticano, la sentenza del processo contro dieci imputati tra cui, per la prima volta nella storia davanti un tribunale laico, un cardinale, Angelo Giovanni Becciu.
Da sempre sono fiducioso, che la verità sull’innocenza del Cardinal Becciu e il complotto ai suoi danni si farà strada, che vincerà la legalità e che la giustizia sarà amministrata in modo giusto. E questo nonostante tutto, perché nel dibattimento sono stati smontati tutti i teoremi calunniosi del Promotore di Giustizia. Solo un arcano rimarrà irrisolto e dovrà trovare la sua risposta: chi ha montato il complotto e crocifisso per mezzo stampa il Cardinal Becciu? La risposta a questa domanda è cruciale, perché – come ha osservato ieri in un corsivo (che riporto di seguito) l’aggregatore para-vaticano Il Sismografo – «la sentenza è anche un verdetto the coinvolge Papa Francesco».
«Nel fragoroso silenzio delle testate giornalistiche che si sono prestate alla campagna di diffamazione – altrimenti detta macchina del fango, killeraggio mediatico, mascariamento o character assassination – più violenta della storia umana, io continuo a lavorare per la verità», ha scritto Andrea Paganini, il curatore della Rassegna stampa sul “caso Becciu” [QUI]. Segnalando l’articolo di Jean-Marie Guénois per Le Figaro di ieri (che riporto nella nostra traduzione italiana dal francese), Paganini ribadisce: «Dimmi tu se bisogna arrivare fino in Francia per trovare un giornale “di quelli importanti” che dice la verità. Sarà che i grandi giornali italiani hanno la coda di paglia, avendo promosso e sostenuto la più violenta e vergognosa campagna di diffamazione contro un essere umano mai vista nella storia?» Mi rimane solo fare come lui: «Seguirò in rispettoso silenzio la sentenza del processo imbastito contro il Cardinal Becciu. Spero e confido che la giustizia sia giusta».
Concludo con l’intervista per Il mix delle 23 su RAI Radio 1 del 15 dicembre 2023 di Giovanni Minoli all’autorevole vaticanista di lungo corso, Gian Franco Svidercoschi, sul caso Becciu.
Papa Francesco: “Andate in Tribunale e denunciate. Firmo anch’io”
Il Sismografo, 15 dicembre 2023
La sentenza coinvolgerà in prima persona Papa Bergoglio seppure, in quanto sovrano dello Stato Città del Vaticano, è il vertice assoluto del sistema giudiziario vaticano. Il pontefice però ha detto e fatto in questi oltre due anni molte cose che oggi, finito il processo, evidenziano che è entrato a far parte degli “imputati”.
Per capire meglio quest’affermazione che può apparire eccessivamente impegnativa, ricordiamo alcuni fatti del 1° settembre 2021 in occasione dell’intervista della catena spagnola COPE al Pontefice.
Gli accusatori del Cardinale Becciu sono tre
L’ormai famosa intervista della radio cattolica spagnola Cope [QUI e QUI] a Papa Francesco, diffusa e amplificata il 1° settembre 2021, si è rivelata gradualmente un Vaso di Pandora e più si legge il testo trascritto dall’audio – ci sono almeno cinque versioni con aggiustamenti diversi di parole e frasi – più saltano fuori cose insolite e sorprendenti. Sulla parte riguardante la cosiddetta vicenda “Becciu + 9”, il cui processo cominciò il 27 luglio 2021, è passato sottotraccia un momento molto importante.
Il Santo Padre rispondendo alla domanda sui problemi di corruzione in Vaticano e dopo aver spiegato ed elencato quanto lui ha fatto per migliorare la giustizia nella Sede Apostolica e nella piccolissima città-stato, aggiunse: “La struttura ha aiutato ad affrontare questa situazione che sembrava che non sarebbe mai esistita. E tutto è iniziato con due denunce di persone che lavoravano in Vaticano e che nelle loro funzioni hanno visto un’irregolarità. Hanno fatto una denuncia e mi hanno chiesto che cosa fare. Io ho detto loro: se volete andare avanti dovete presentare tutto al procuratore. La cosa era un po’ impegnativa, ma erano due persone per bene, erano un po’ timorosi e allora, come per dare loro coraggio ho messo la mia firma sotto la loro. Per dire: questo è il cammino, non ho paura della trasparenza e neppure della verità”.
La verità fa male a volte
“A volte fa male, e molto, ma è la verità a renderci liberi. Così è stato semplicemente. Ora, che da qui a qualche anno esca fuori altro. Spero che questi passi che stiamo compiendo nella giustizia vaticana aiutino a far sì che fatti del genere accadano sempre meno…. Sì, lei ha usato la parola corruzione e in questo caso ovviamente, almeno a prima vista, sembra che sia così” [QUI e QUI].
1. Le denunce e i denuncianti
Il Papa dice testualmente: “Tutto è iniziato con due denunce di persone che lavoravano in Vaticano e che nelle loro funzioni hanno visto un’irregolarità”.
Dunque, le denunce contro il Card. Becciu sono 2 e i denuncianti presumibilmente sono anche 2. Oggi queste persone sono ex dipendenti vaticani. Il Papa dice: “lavoravano in Vaticano” e nell’ambito del loro lavoro (“nelle loro funzioni” secondo le parole di Francesco), questioni economiche e finanziarie, “hanno visto un’irregolarità”.
2. I denuncianti sono “persone per bene, un po’ timorosi”
La narrazione del Papa prosegue precisando: “Hanno fatto una denuncia e mi hanno chiesto che cosa fare. Io ho detto loro: se volete andare avanti dovete presentare tutto al procuratore”.
Da queste parole si può evincere che “qualcuno” ha facilitato l’incontro del Santo Padre con i due denuncianti. Da soli questi due denuncianti non sarebbero arrivati mai a Santa Marta e neanche all’ascensore del Palazzo Apostolico. Quel “qualcuno” già conosceva quanto dicevano le 2 persone denuncianti ed è stato questo il fattore decisivo perché queste persone potessero incontrare Papa Bergoglio e chiedere “cosa fare”?
3. Andate in Tribunale
Il Santo Padre chiude questo passaggio dicendo di aver detto ai due denuncianti: “Se volete andare avanti dovete presentare tutto al procuratore”. Con questa frase il Papa ricorda di aver esortato i denuncianti, se lo volevano, a fare una denuncia regolare alla giustizia vaticana.
4. Francesco: firmo anch’io la denuncia
A questo punto, nella sua narrazione Papa Francesco dice che i denuncianti – “persone per bene… timorosi” – si trovano di fronte a una cosa “un po’ impegnativa” e quindi “come per dare loro coraggio ho messo la mia firma sotto la loro. Per dire: questo è il cammino, non ho paura della trasparenza e neppure della verità”.
In Vaticano l’esito atteso di uno scandalo giudiziario senza precedenti
di Jean-Marie Guénois
Le Figaro, 15 dicembre 2023
(Nostra traduzione dal francese)
Il Tribunale penale dello Stato Pontificio si pronuncia questo sabato sul caso di appropriazione indebita che coinvolge il Cardinale Angelo Becciu, ex consigliere del Papa.
Per accedere all’aula delle udienze del Tribunale vaticano, bisogna costeggiare le possenti mura della città fino ad una strana opera, la Fontana della Galera. Dal 1621, su un bacino fatto erigere da Paolo V, sembra navigare una nave da guerra finemente lavorata in rame e piombo. I suoi cannoni sputano acqua, simbolo di pace contro il fuoco della guerra. In fin dei conti, questa “galera” della fine del Rinascimento non è mai stata così all’altezza del suo nome. A due passi dalla nave, nel XXI secolo, si svolge una lotta interna al Vaticano quasi anacronistica.
La Corte ospita un processo clamoroso, modestamente chiamato “caso del palazzo di Londra”. Ma, per dirla in modo volgare, è una sorta di “guaio” per il Vaticano. Questo non è certamente il primo scandalo finanziario clericale; In sintesi, per la Santa Sede un investimento immobiliare a Londra è andato malissimo. Ma è la prima volta nella storia della Chiesa che un cardinale, Giovanni Angelo Becciu, ex numero tre della Santa Sede, viene messo al centro della giustizia vaticana. Non è solo. Sul banco degli imputati ci sono altri nove imputati, prelato minore, funzionari vaticani, finanzieri, imprenditori.
Il Cardinal Becciu smentisce categoricamente
Dopo 85 udienze e più di due anni di procedimenti, la sentenza verrà emessa questo sabato, 16 dicembre, nel tardo pomeriggio. Il Promotore di giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, ha chiesto contro Becciu una condanna a 7 anni e 3 mesi di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, una multa di 10.329 euro e la confisca di 15 milioni di euro. È accusato di abuso d’ufficio, peculato e subornazione di testimone.
Fin dall’inizio il Cardinal Becciu ha smentito categoricamente. Afferma di aver sempre agito con l’approvazione dei suoi due superiori, cioè il Segretario di Stato (Primo Ministro) e il Papa. Il “processo Becciu” – così viene chiamato intorno alla Basilica di San Pietro – viene quindi percepito come il processo al Vaticano, o addirittura al pontificato.
Tra il 2011 e il 2018, questo sardo, oggi 75enne, ha ricoperto l’alta responsabilità di Sostituto nella Curia romana. Dopo il Papa e il Segretario di Stato, il Sostituto è il fulcro del governo centrale della Chiesa. Tutto passa attraverso il suo ufficio. In linea diretta con il Papa, il Sostituto è il suo braccio operativo.
Nel 2011 Mons. Becciu era Nunzio Apostolico a Cuba quando Papa Benedetto XVI lo scelse per ricoprire questo prestigioso e faticoso incarico. Confermato in questa alta carica romana da Papa Francesco nel 2013, sarà creato cardinale nel 2018, segno di totale riconoscimento e fiducia. Nel settembre 2020, l’uomo definito “papabile” è caduto in disgrazia in meno di un’ora. Francesco aveva appena letto un articolo sulla rivista L’Espresso in cui si implicava il cardinale. Come un fusibile che si attiva per proteggerci, l’uomo ha perso tutti i suoi privilegi cardinalizi, compreso quello di eleggere il prossimo Papa. Gli resta solo il titolo.
Un verdetto molto atteso
Martedì scorso si è tenuta l’udienza finale del processo. Uno dei più grandi giudici antimafia italiani, Giuseppe Pignatone, ascoltava, educato ma visibilmente stanco, avvocati più o meno brillanti in toga nera ed epitoghi d’altri tempi, con ancora il cordone del nodo della spada su ciascuna spalla. A seconda del loro stile, sciabola o fioretto, hanno messo tutta la loro abilità retorica in questa giostra finale. Se la convinzione animava gli avvocati, sembrava investire anche i giudici. Dietro di loro era affisso alla parete Cristo in croce, con, alla sua destra, il ritratto di Francesco. Il Papa ha potere di giurisdizione assoluto su tutta la Chiesa… e quindi su questo giudizio! Durante le udienze hanno ripreso anche due misteriose telecamere ad alta definizione, che non erano semplici dispositivi di sicurezza.
Sabato in questa sala, Giuseppe Pignatone pronuncerà la tanta attesa sentenza. Papa Francesco, che voleva che questo processo dimostrasse la sua determinazione contro la corruzione, ha ritirato questo alto magistrato cattolico da una meritata pensione. Originario della Sicilia, il magistrato ha messo dietro le sbarre molti mafiosi. Questo magistrato 74enne, che vive ancora sotto scorta, deve in realtà pronunciarsi su tre casi.
Il primo è un complesso caso di investimenti immobiliari a Londra. In questo progetto, al quale Angelo Becciu ha dato il via libera, diversi intermediari – tutti italiani, un dipendente laico del Vaticano, consulenti finanziari esterni – sono accusati di aver manipolato valore e condizioni del contratto immobiliare per i loro interessi. Acquistata in parte con fondi della Segreteria di Stato nella primavera del 2014 per 200 milioni di euro, poi in piena proprietà dopo la scoperta della truffa nel novembre 2018, il bene è stato infine rivenduto nel luglio 2022 con una perdita netta stimata tra 139 e 189 milioni di euro.
Accuse di favoritismo
Il secondo caso riguarda accuse di favoritismo. Si tratta di bonifici effettuati dalla Segreteria di Stato – per un totale di 125.000 euro – a favore di una cooperativa di solidarietà della diocesi di Ozieri, in Sardegna, gestita da un certo Antonino Becciu, fratello del cardinale.
Il terzo caso è degno di un romanzo di spionaggio. Tocca Cecilia Marogna. Di origine sarda, è stata reclutata dal Cardinal Becciu come consulente di “diplomazia informale” per lavorare alla liberazione di una suora colombiana prigioniera degli islamisti nel Sahel. Dei 575.000 euro stanziati per questa missione, l’esperta avrebbe speso un quarto in spese personali, compresi abiti e accessori di lusso.
Il 22 novembre, l’Avv. Fabio Viglione e l’Avv. Maria Concetta Marzo in sei ore di arringa a difesa del Cardinal Becciu hanno sostenuto che le accuse contro di lui erano “prive di prove”, che si basavano su “presupposti errati” volti “a dipingere il cardinale come un mostro” e che meritava una “assoluzione”. Soprattutto perché non avrebbe ricevuto “un solo centesimo”, come riconoscono anche i suoi accusatori.
Sull’operazione immobiliare, gli avvocati hanno prodotto lettere interne dei Cardinali Segretari di Stato, Tarcisio Bertone, in carica dal 2006 al 2013, e Pietro Parolin, attualmente in carica, comprovanti che la decisione di acquisto veniva dall’alto e che Mons. Becciu era quindi non l’unico responsabile.
Il caso è esplosa nel giugno 2019
Per quanto riguarda l’appropriazione indebita di intermediari finanziari, la difesa del Cardinal Becciu ha coinvolto Mons. Alberto Perlasca. All’epoca dei fatti, quest’ultimo era il Capo dell’Ufficio amministrativo e responsabile degli investimenti presso la Segreteria di Stato. Secondo i legali avrebbe quindi “la responsabilità delle scelte di investimento e degli intermediari”. Mons. Becciu aveva “piena fiducia” in questo collaboratore, fino al giorno in cui le cose andarono male. Perlasca avrebbe poi accusato il suo capo di fargli prendere la colpa.
Alla Santa Sede la vicenda è esplosa nel giugno 2019, quando l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), detto la “banca del Vaticano”, ha rifiutato un prestito di 150 milioni di euro alla Segreteria di Stato per sostituire il rovinoso mutuo – 1 milione di euro al mese – che gravava sul palazzo londinese. Per gli avvocati di Becciu, Mons. Perlasca, il suo principale accusatore, avrebbe agito sotto l’influenza di due sue amiche, Genoveffa Ciferri Putigani e Francesca Immacolata Chaouqui. Consulente, quest’ultimo era stato imputato nel processo per il caso Vatileaks (fughe di documenti ai tempi di Benedetto XVI). Da allora è rimasta in aperto conflitto con Mons. Becciu.
Quanto al sussidio alla diocesi di origine del cardinale, esso sarebbe amministrativamente tracciato, non speso, ancora disponibile sul conto della diocesi e paragonabile, secondo la difesa, ad altri aiuti concessi a diocesi italiane in difficoltà.
Infine, riguardo ai 575.000 euro pagati a Cecilia Marogna, i legali hanno affermato che il pagamento era stato convalidato dal Papa. L’esperto avrebbe “ingannato” la fiducia di Mons. Becciu.
“Incongruenze” giuridiche
Questa saga giuridica vaticana ha dato origine anche ad una sorta di “processo del processo”. Diversi avvocati hanno sottolineato “incongruenze” giuridiche nella procedura penale vaticana, che si ispira al diritto canonico e a quella italiana. Un dispositivo giuridico vulnerabile. Alcuni di questi avvocati hanno così messo in dubbio la validità dei quattro decreti firmati da Francesco prima dell’apertura del processo nel luglio 2022. Il Papa è poi intervenuto personalmente per rafforzare l’accusa contro l’imputato – inclusa la possibilità di processare un cardinale –, mentre le indagini erano già in corso.
In Vaticano è consuetudine “non scoprire mai la corona”. Ma molti non capiscono perché il Papa si sia imbarcato su questa “galera”, anche se qui afferma una ripresa nelle mani della curia romana. Il processo al Sostituto getta tuttavia la Santa Sede nella sua stessa trappola, perché la disputa ha messo in luce molte delle sue debolezze.
Voci di corridoio dicono che Francesco, che domenica compirà 87 anni, potrebbe perdonare il Cardinale Becciu, che sarebbe punito leggermente. Altri scommettono sul contrario. “Tutto è possibile”, assicura un conoscitore. In italiano la parola galera designa anche il carcere. Ci sono anche celle della gendarmeria vaticana. Rimarranno vuoti? Una cosa è certa: gli imputati di questo processo non saranno gli unici naufraghi.
Indice – Caso 60SA [QUI]