Processo 60SA in Vaticano. Ci siamo quasi! La fine è vicina. In realtà questo è solo l’inizio…

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.12.2023 – Ivo Pincara] – Come programmato, i difensori dei dieci imputati hanno fatto le loro controrepliche alle repliche del Promotore di Giustizia e delle parti civili, oggi 12 dicembre 2023 nell’ottantatreesima Udienza del processo al Tribunale vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato ([Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano). Le difese hanno confermato le richieste di assoluzione per i propri assistiti.

L’ultima udienza del processo 60SA di prima istanza si svolgerà sabato prossimo, 16 dicembre al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Inizierà alle ore 11.00 con una breve controreplica di uno dei legali di René Brüllhart, l’Avv. Filippo Dinacci, impossibilitato ad intervenire oggi per motivi di salute. Poi, la Corte si riunirà in camera di consiglio, per emettere la sentenza tra le ore 16.00 e 17.00, ha annunciato il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone.

Nella mattinata e nel pomeriggio di oggi, le difese hanno replicato per quasi otto ore alle affermazioni conclusive del Promotore di Giustizia e delle parti civili. Tutti gli avvocati hanno ribadito, con diversi accenti e contestazioni, la debolezza dell’impianto accusatorio del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi.

La difesa di Enrico Crasso, già consulente della Segreteria di Stato
L’Avv. Luigi Panella ha dichiarato che il Promotore di Giustizia, anche nella sua replica, “ha cercato di piegare la realtà alla sua idea investigativa, cancellando e trasformando le lettere di [dei Segretari di Stato, i Cardinali] Parolin e Bertone a Credit Suisse Age nel 2016, che chiarivano che sulle somme depositate nella banca svizzera non c’era alcun vincolo di destinazione, e quindi il Sostituto della Segreteria di Stato poteva disporne sempre come voleva”. Ha sottolineato che l’accusa di corruzione è basata unicamente sulle testimonianze di Perugia e Milanese, che riferiscono parole sentite da altri.

La difese di Renè Brüllhart e Tommaso Di Ruzza, ex vertice dell’AIF
L’Avv. Ugo Dinacci, difensore di Renè Brüllhart, ha ribadito la difficoltà a capire quali siano le condotte di abuso di ufficio del suo assistito, già Presidente dell’AIF. L’unica supposta prova portata dall’accusa sarebbe la lettera di Tommaso Di Ruzza, già Direttore dell’AIF che autorizza il broker Gianluigi Torzi a rappresentare la Santa Sede.
L’Avv. Angela Valente, difensore di Tommaso Di Ruzza, ha dichiarato che i vertici dell’AIF hanno rispettato la normativa di settore. E sarebbe quindi falso che l’AIF avrebbe imposto allo IOR la scelta dell’investimento nel palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra: “Hanno solo fatto presente allo IOR che si stava occupando di compiti non suoi”.

La difesa di Fabrizio Tirabassi, già funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato
L’Avv. Cataldo Intrieri ha parlato di “disperazione intellettuale” del Promotore di Giustizia, che nella requisitoria di luglio ha dichiarato che nell’ideazione della presunta truffa alla Segreteria di Stato delle mille azioni con diritto di voto del contratto per la gestione del palazzo di Londra “ha detto che non hanno partecipato né Enrico Crasso né Fabrizio Tirabassi, che si sarebbero fidati di Torzi, che aveva promesso di ricoprirli d’oro”. Ma il difensore di Tirabassi ha osservato che nella replica di ieri il Promotore di Giustizia ha detto, “che siccome lo statuto del fondo Gutt era stato mandato ad Andrea Crasso [figlio di Enrico] il 23 novembre 2018 lo ha sicuramente visto anche Tirabassi, ma a lui arriva il 27 novembre attraverso una mail di Nicola Squillace [legale di Torzi]”. In un processo “di capri espiatori, il più capro è il mio cliente – ha proseguito l’Avv. Cataldo – lo scemo di turno che viene mandato a Londra a firmare da monsignor Alberto Perlasca [già Responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, testimone non imputato], che era responsabile dell’accordo con il broker Raffaele Mincione e sapeva benissimo il prezzo dell’uscita di Mincione, 40 milioni di euro”.

La difesa di Nicola Squillace, avvocato della società di Gianluigi Torzi
L’Avv. Lorenzo Bertacco ha ribadito che quando la Segreteria di Stato ha pagato 15 milioni di euro a Torzi per recuperare il controllo del palazzo di Londra, “non c’è stata truffa, perché la Segreteria non era in condizione di errore. Sapeva benissimo cosa faceva”.

La difesa dal Cardinale Angelo Becciu, già Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato
L’Avv. Fabio Viglione, parlando di “pochezza delle argomentazioni avversarie” ha osservato di non aver trovato nella replica del Promotore di Giustizia “vere repliche o argomenti in risposta alle nostre osservazioni, ma solo caricature”. Ha spiegato che la difesa “ha provato come è entrato il cardinale nel processo, e invece il Promotore ha parlato di campagna stampa del cardinale contro il processo”, che non c’è mai stata, mentre in realtà “l’ha subita, e fortemente denigratoria”, è lui ad essere stato aggredito mediaticamente “a livello planetario”.
L’Avv. Viglione ha ribadito, che tutto è nato dall’interrogatorio di Mons. Alberto Perlasca, che da indagato è diventato testimone, il 31 agosto 2020, al quale “è stato fatto capire che la sua salvezza veniva solo dalla sottoscrizione del memoriale” nel quale accusa Becciu”. Se il memoriale di Perlasca non è la pietra angolare dell’accusa, come ha detto il Promotore di Giustizia Diddi, secondo l’Avv. Viglione è però “la pietra miliare da cui sono partite le linee di accusa a Becciu”. Inoltre, ha domandato l’Avv. Viglione, “come si fa a dire che noi dovevamo chiedere alle testimoni Ciferri o Chaouqui i contenuti delle chat coperte da omissis se è stato proprio il Pg a opporre il segreto istruttorio?”.
Rispondendo punto su punto alla replica del Promotore di Giustizia, l’Avv. Viglione ha ricordato che il Diddi, nel processo, continua ad invocare chat e registrazioni come prova, “ma in nessuna di queste c’è un accenno al Cardinal Becciu”. Anche il testimone Alessandro Noceti, “che non si è potuto ascoltare, non ha contatti col cardinale, lo conferma la Gendarmeria”.
Sui finanziamenti alla Diocesi di Ozieri, l’Avv. Viglione ha ricordato che il Promotore di Giustizia “dice che avremmo dovuto confrontarci col Vescovo della Diocesi di Ozieri, Sergio Pintor, che avrebbe denunciato la famiglia Becciu. Ma non esiste nessuna denuncia, e ora che è deceduto e non possiamo chiederglielo”. Dopo la sua rinuncia un altro vescovo, Sebastiano Sanguinetti, come amministratore apostolico, ha chiesto il finanziamento, e dopo di lui anche Corrado Melis, “ma il Promotore fa riferimento solo a Pintor”, che pure, a detta del successore, avrebbe lasciato la diocesi in grande disagio. Infine il conto sul quale la Segreteria di Stato ha versato i finanziamenti “lo conoscevano tutti, non era segreto. Se il cardinale voleva darli al fratello, li poteva versare sul suo conto direttamente, ma non c’è traccia. O su quello della cooperativa Spes. E si è arrivati a dire che l’amministratore della Spes era lo stesso cardinale”.
“È privo di ogni logica richiamarci al Vescovo Pintor – ha detto ancora l’Avv. Viglione – quando i contributi fatti mandare dal card. Becciu alla Caritas, tramite la cooperativa Spes, sono negli anni dei successivi vescovi, Sebastiano Sanguinetti e Corrado Melis. Noi questo abbiamo documentato, comprese tutte le spese fatte, proprie della gestione di un luogo dove si fa del bene. Del resto non ci può interessare nulla”.
L’Avv. Maria Concetta Marzo ha sottolineato che nell’allora Monsignor Becciu “non c’era consapevolezza di un vincolo di destinazione per quei fondi, e nemmeno Perlasca lo ha mai segnalato”.
In riferimento all’accusa di concorso per peculato con Cecilia Marogna, l’Avv. Marzo ha ribadito che secondo logica Becciu “per distrarre una somma a favore della Marogna avrebbe dovuto farlo quando era Sostituto, e non doveva chiedere autorizzazioni al suo successore”.

La difesa di Gianluigi Torzi, già gestore del palazzo di Londra
L’Avv. Marco Franco ha ricordato l’arresto del suo assistito durante la fase istruttoria, dopo otto ore di interrogatorio del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi: “Palese ingiustizia, senza nessun controllo giurisdizionale previsto dal sistema giudiziario vaticano”. L’Avv. Franco ha contestato all’accusa di aver citato come prova dell’estorsione di Torzi alla Segreteria di Stato una memoria di Tirabassi, “che pura considera complice dell’estorsore, e lo considera attendibile quando denuncia l’estorsione del broker”. Ha concluso sostenendo che “non ci sono dubbi sul fatto che la Segreteria di Stato aveva promesso a Torzi di fargli gestire il palazzo di Londra”.

La difesa di Mons. Mauro Carlino, già Segretario particolare dei Sostituti Angelo Becciu e Edgar Peña Parra
L’Avv. Salvino Mondello ha parlato di “repliche evanescenti. In nessun caso Carlino ha concorso all’estorsione di Torzi, non c’è nessun comportamento causale. Non è mai andato a cena con Torzi, anche se è stato invitato”. L’Avv. Mondello ha detto che Mons. Carlino è stato la vittima del reato di estorsione, perché ha agito per contrastare le pretese del broker.

La difesa di Raffaele Mincione, già gestore del palazzo di Londra
L’Avv. Giandomenico Caiazza ha sottolineato come “sia venuta meno la parabola dei mercanti nel tempio e l’assioma accusatorio della mancanza di precedenti di investimenti di questo tipo”. “Mincione ha proposto un finanziamento che la Segreteria già faceva”, il fondo Lombard, che “dall’accusa è stato considerato come lo ‘sterco del diavolo’, e invece è una normale fonte di finanziamento”. Se un investitore come la Segreteria di Stato vuole investire su un fondo con diritto estero e lussemburghese, come l’Athena di Mincione, “deve conoscere quel diritto. La profilatura del cliente è stata fatta da Credit Suisse, che scrive alla Deutsche Bank, e dà garanzie sul cliente. E Credit Suisse garantisce che i fondi provengono da fonti legittime. Cosa doveva verificare ancora Mincione?”. L’Avv. Caiazza ha concluso chiedendosi “come sia possibile pensare che un soggetto che gestisce un fondo di diritto lussemburghese, super controllato, che opera secondo clausole contrattuali, possa porre in essere una condotta illecita”.
L’Avv. Andrea Zappalà ha mostrato alcune slide con portafogli di investimenti che la Segreteria di Stato ha fatto su prodotti complessi e rischiosi. Ha detto: “Si diceva ieri, nella replica del Promotore che il problema era Goff, il fondo Athena di Mincione. E si diceva che in passato i fondi nei quali investiva la Segreteria erano solo bilanciati. No, nel 2009 erano anche fondi hedge, immobiliari e anche offshore”.

Indice – Caso 60SA [QUI]

151.11.48.50