Processo 60SA in Vaticano. La difesa di Raffaele Mincione: la Segreteria di Stato non era Cappuccetto Rosso

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.12.2023 – Ivo Pincara] – La difesa del finanziere Raffaele Mincione ha fatto la sua arringa il 4 e 5 dicembre 2023 nella settantanovesima e ottantesima udienza del processo al Tribunale vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato ([Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano).

“Siamo in uno Stato estero, che ha le sue regole”, ma “l’applicazione di queste regole ha provocato un ‘vulnus’ nel diritto alla difesa” e “dopo gli interventi iniziali del Papa che hanno cambiato le regole a seconda delle necessità, si tratta di un processo che non riacquisterà mai una verginità”. Con rilievi precisi e circostanziati all’operato dell’Ufficio del Promotore di Giustizia, la difesa del finanziere Raffaele Mincione ha messo in luce, nella sua requisitoria il 4 dicembre, le “profonde criticità della logica complessiva” del processo sui fondi vaticani, partito da un’inchiesta di “schietto sapore inquisitorio”.

“Ma non è questo il fatto più grave. Quello che è accaduto è che qui la verità è stata piegata a un determinato obiettivo. Il promotore di giustizia ha costruito una sorta di realtà parallela, una bolla in cui i fatti possono essere rappresentati in maniera funzionale alle tesi dell’accusa”, ha sottolineato l’Avv. Giandomenico Caiazza. Il difensore di Mincione ha contestato il modo in cui Mincione in una vera e propria “aggressione alla sua reputazione”, è stato dipinto dall’accusa “come una persona indegna moralmente, un mezzo farabutto”, come un autore di “scorribande finanziarie”, quando invece ha sempre agito nel “rigoroso rispetto della legalità” e non nascondendo mai la rischiosità degli investimenti.

L’Avv. Caiazza ha ricostruito il contatto iniziale con la Segreteria di Stato che, indicato da Enrico Crasso come esperto di investimenti in materie prime, gli chiese una “due diligence” sull’ipotesi di entrare nello sfruttamento di un giacimento petrolifero in Angola, investendo i 200 milioni ottenuti da un finanziamento Credit Suisse. Un’operazione, chiamata Falcon Oil e ritenuta impercorribile, tanto che quei fondi furono investiti – attraverso il fondo Athena di Mincione – nel palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra.

Per il difensore di Mincione sono dunque “assolute falsità” i punti fermi usati dall’accusa contro Mincione. Ha contestato anche l’idea del Promotore di Giustizia di una “presunta inadeguatezza della Segreteria di Stato, definita ‘un investitore non qualificato’, a comprendere la vera natura dell’investimento, quasi si trattasse di Cappuccetto Rosso in preda al lupo”. Non è vero, inoltre, ha sostenuto l’Avv. Caiazza, che in precedenza la Segreteria di Stato non avesse mai investito in strumenti di quella rischiosità, come ha dimostrato, carte alla mano, anche l’Avv. Andrea Zappalà.

Avvenire, in un articolo a firma Mimmo Muolo dedicato alla cronaca dell’Udienza che dà conto dell’arringa dell’Avv. Giandomenico Caiazza, riporta le parole del difensore di Mincione: «Il Promotore di Giustizia ha costruito una bolla in cui i fatti possono essere rappresentati in maniera funzionale alle tesi dell’accusa» ma «su tutti questi aspetti decisivi non c’è un’oncia di verità». L’Avv. Caiazza fino a poche settimane fa era il Presidente dei penalisti italiani, un avvocato dal profilo decisamente autorevole. Nello stesso articolo, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana osserva, senza sfumature, che «la settimana scorsa gli avvocati del Cardinal Becciu hanno smontato le varie accuse rivolte al loro assistito».

Nell’Udienza del 5 dicembre 2023 gli avvocati di Mincione hanno chiesto l’assoluzione per tutti i capi di accusa relativi al loro assistito. “È inoppugnabile che da decenni la Segreteria di Stato gestisce fondi per oltre 700 milioni di euro, tramite investimenti finanziari complessi”, ha detto l’Avv Claudio, commentando: “I mercanti del tempio c’erano già da molto tempo”. Quanto alle tesi del Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, il difensore di Mincione ha parlato di “difetto di prospettiva” e di “contraddittorietà della linea accusatoria”.

L’Avv. Ester Molinaro, soffermandosi in particolare sul reato di truffa contestato a Mincione, ha precisato che “non si trattava di fondi dell’Obolo di San Pietro” e ha contestato a sua volta la linea usata dal Promotore di Giustizia vaticano, che ha procurato “un danno di immagine” a Mincione, nei confronti del quale, ha affermato, c’è stato “un pregiudizio eccessivo”.
Di qui la richiesta di entrambi gli avvocati di assoluzione di Mincione, accusato dei reati di truffa aggravata, peculato e peculato aggravato, abuso d’ufficio aggravato, appropriazione indebita aggravata, autoriciclaggio e corruzione aggravata.

Domani in aula interverrà la difesa di Fabrizio Tirabassi e la difesa del Cardinale Angelo Becciu per la seconda parte della propria arringa.

Indice – Caso 60SA [QUI]

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