La fine della parresia
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.12.2023 – Andrea Gagliarducci] – La notizia che circola su possibili sanzioni contro il Cardinale Raymond Leo Burke [1], colpevole di essere un “nemico” del Papa, deve ancora ricevere una conferma ufficiale. Le fonti – più di una, tra cui il biografo papale Austen Ivereigh – dicono che sia stato lo stesso Papa Francesco ad annunciarli, a partire dal taglio dello stipendio (più probabilmente il cosiddetto piatto cardinalizio perché Burke non ha più incarichi alla Santa Sede, e da tempo non ha più un vero ufficio) e anche la revoca dell’appartamento vaticano a titolo gratuito in cui viveva, a meno che il cardinale non paghi per esso un affitto a prezzo di mercato.
Lo ha detto il Papa al termine dell’incontro ordinario del 20 novembre dei capi dei dicasteri della Curia romana. Se le cose fossero legate solo al nuovo status del cardinale (ha compiuto 75 anni il 28 giugno, quindi è considerato in pensione e non più in attività), le misure non costituirebbero una punizione, ma un adeguamento al nuovo status del cardinale. Ma il fatto che il Papa abbia voluto parlarne in un evento pubblico le ha fatte sembrare una punizione, il che fa la differenza. Se la notizia iniziale fosse confermata, allora, si tratterebbe in sostanza di una condanna all’esilio e di una punizione esemplare per un cardinale, che ha sempre cercato di riportare al centro i temi della fede e della dottrina, senza mai venir meno alla lealtà al Papa.
Il problema non è se questa notizia sia vera, ma il fatto che tutti abbiano ritenuto plausibili le voci, fin dall’inizio. Ciò la dice lunga su come viene percepito il pontificato di Francesco [2]. Dialogo, trasparenza e parresia – parole franche – sono le parole d’ordine e i potenziali tratti distintivi di questo pontificato. Punire i cardinali al di fuori dell’ambito della giustizia, semplicemente per aver espresso la propria opinione, è difficile da conciliare con questo.
Anche quando Papa Francesco usa la legge, è disposto a mettere le mani sulla bilancia della giustizia. Si pensi al processo che papa Francesco ha ordinato contro il Cardinale Angelo Becciu e altri imputati [3]. Il Papa ha chiesto al Cardinal Becciu di dimettersi e di rinunciare alle sue prerogative cardinalizie, perché – secondo il punto di vista del Papa – si era dimostrato inaffidabile. La decisione del Papa è stata comunicata con un secco comunicato prima ancora che Becciu potesse varcare la porta di casa sua, di ritorno dal colloquio con il Papa. Non c’è stato alcun processo canonico e il Papa non ha imposto formalmente la punizione. Ha chiesto al cardinale di obbedire e di dimettersi. Ora Becciu si trova ad affrontare il giudizio di un tribunale penale dello Stato della Città del Vaticano.
Qualcosa di simile è accaduto con l’Arcivescovo Georg Gänswein, ex Segretario particolare di Papa Benedetto XVI. Papa Francesco chiese a Mons. Gänswein di lasciare Roma e di tornare a risiedere nella Diocesi di Freiburg. Ci sono solo due casi in cui il Papa può chiedere ad un vescovo di abitare in un determinato luogo: se questo vescovo ha un ufficio o se c’è una sanzione canonica. Nel caso di Gänswein il Papa ha sostanzialmente applicato una sanzione senza processo canonico.
Anche nel caso dei vescovi cileni, Papa Francesco ha chiesto che tutti si dimettessero dopo che la crisi degli abusi nel loro Paese è esplosa in uno scandalo mondiale. Il Papa convocò a Roma i vescovi del Cile solo dopo aver constatato l’enorme impatto mediatico della sua decisione di trasferire Mons. Juan Barros nella Diocesi di Osorno. Barros era stato uno studente di Fernando Karadima, il prete-abusatore più noto del Cile, che fu giudicato colpevole di molteplici atti e condannato da un tribunale canonico ad una vita di preghiera e penitenza. Le vittime che hanno denunciato Karadima hanno affermato che Barros era a conoscenza dei crimini di Karadima contro di loro e contro altri, e hanno detto che Barros proteggeva Karadima. Papa Francesco ha accusato quelle vittime di calunnia. Solo dopo una protesta globale e un’intensa pressione mediatica, ha ordinato un’indagine [4].
Più recentemente c’è stato il caso del Vescovo di Tyler, Mons. Joseph Strickland [5]. In questo caso, però, c’era stata una visita apostolica, e forse questa aveva gettato le premesse per un allontanamento, che appare comunque esagerato e molto duro. In questo contesto appare particolarmente probabile una sanzione che potrebbe essere comminata al Cardinal Burke. Il clima è diventato incandescente.
Dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco si è avvalso molto del lavoro di commissioni, a costo di trovare all’interno della Curia romana personalità che poi si sono trovate invischiate in almeno due processi. Anche oggi, quando c’è il passaggio da un dicastero all’altro o da un’amministrazione all’altra, Papa Francesco invia un commissario. Quando il commissariamento si fa più esteso, o quando il Papa vuole dare maggiore autorità al commissario, nomina il commissario arcivescovo, come è successo con Monsignor Rolandas Mackrickas, chiamato a commissario della Basilica di Santa Maria Maggiore.
Gli arcivescovi sono, quindi, i colonnelli di Papa Francesco, mentre i cardinali sono i generali, chiamati a mettere in pratica la sua visione sulla Chiesa. Altrimenti – e il caso del Cardinal Burke lo dimostra – il Papa può togliere loro alcuni o tutti i diritti, privilegi e dignità per “aver operato contro l’unità della Chiesa”, definita in quest’ultimo periodo, soprattutto, da una sintonia di intenti con il Santo Padre.
Tutte queste decisioni sono sintomatiche di un pontificato che ha eliminato i corpi intermedi, emarginato la Segreteria di Stato e, infine, creato una serie di cortigiani informali che parlano direttamente all’orecchio del Papa, suggerendo decisioni, alimentando pettegolezzi, impedendo che alcune informazioni arrivino al Papa. Tutto questo, per ironia della sorte, sulla base del desiderio di sradicare la cosiddetta corte papale.
C’è poi la personalità del Papa, che ha amplificato la sua presenza mediatica con interviste, prefazioni di libri e perfino un libro sulla sua vita e su come ha vissuto i segni dei tempi che ha dovuto affrontare. Papa Francesco alla fine si è ritrovato al centro della scena e ha riaperto il dibattito sulla successione ora che è malato. Il dibattito, non la corsa, perché quasi nessuno vuole diventare Papa dopo questo pontificato. Il prossimo Papa sarà chiamato ad affrontare un’enorme pressione mediatica: se Papa Francesco è stato aperto, perché non si è aperto su alcune questioni? Se desiderava il decentramento, perché non lo ha fatto? – e la necessità di dare ordine a una serie di decisioni del Papa rimaste sospese.
La Costituzione apostolica di riforma della Curia romana, Praedicate Evangelium, che era il primo obiettivo del pontificato, è stata pubblicata nel 2021 dopo anni di discussioni. Nel 2023 era già stato superato da una serie di provvedimenti ad hoc, Motu proprio e Lettere apostoliche, che hanno ridefinito importanti ruoli e leggi.
Si dovrà lavorare molto sul diritto canonico, sull’armonizzazione della dottrina sociale e su una nuova dottrina diplomatica che non sia legata all’estemporaneità del Papa, ma sia alimentata da una visione chiara e non del tutto dipendente dalla persona e dalla personalità del Papa. Tutto questo non piace ai media, che vogliono risultati e slogan e una Chiesa “povera per i poveri”, non nel senso di Papa Francesco, ma nella mente degli istituzionalmente deboli.
Il prossimo Papa dovrà sanare tante situazioni e, allo stesso tempo, dovrà preservare l’unità della Chiesa cercando di non fare scelte che appaiano come una rottura e un ripudio del suo predecessore. Soprattutto, il prossimo Papa dovrà essere garante dell’unità. Nell’era della parresia, il pontificato di Papa Francesco ha creato profonde divisioni e spaccature. È facile dire che è colpa dei conservatori o dei progressisti. Più complesso è analizzare le ragioni profonde di entrambi. È ancora più complicato rendersi conto che è proprio questa divisione che ha indebolito la Chiesa.
L’antidoto alla divisione non sono le sanzioni. È invece comunione. Questo sembra mancare al pontificato di oggi. E così, quella che può sembrare una prova di forza potrebbe presto trasformarsi in un segno di debolezza.
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].
[1] The Associated Press: “Il Papa punisce il critico Cardinal Burke nella seconda azione contro i prelati conservatori americani” [QUI]
[2] “Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia”. Altroché scatti umorali. Retaggio del peronismo [QUI]
[3] Indice – Caso 60SA [QUI]
[4] “La Rete dei Sopravvissuti del Cile” – CRIN report 2021: la responsabilità dell’indifferenza per la morte di 1.313 bambini cileni [QUI]
[5] La rimozione del Vescovo Strickland pare legata, per la maggior parte, al suo parlare della Verità e delle minacce alla Verità della Fede Cattolica [QUI]