Un nuovo ruolo per il Dicastero per la Dottrina della Fede

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.11.2023 – Andrea Gagliarducci] – Da quando il Cardinale Víctor Manuel Fernández è Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il sito del Dicastero ha reso pubbliche diverse risposte date a nome di Papa Francesco a domande arrivate da tutto il mondo, dai dubia di cinque cardinali alla richiesta di un vescovo filippino sul da farsi di fronte alla crescente affiliazione dei fedeli alla Massoneria.

La novità non sta tanto nel fatto che queste domande giungono al Papa, ma nella frequenza con cui vengono pubblicate le risposte ad esse. Finora la prassi standard è stata quella di rispondere in privato, tranne nei casi in cui si trattavano argomenti di interesse generale.

Adesso, però, la pratica sembra quasi invertita. Almeno, la pubblicazione delle risposte sta diventando più frequente. Ciò potrebbe segnalare un cambiamento nel lavoro del Dicastero, che in definitiva riflette il modo di governare del Papa.

Dopo aver tentato di cambiare la percezione del Papato, Papa Francesco sta lavorando allo stesso modo sul Dicastero per la Dottrina della Fede. In definitiva, non è sorprendente. Al momento della nomina aveva scritto al Cardinale Fernández, allora arcivescovo, che “in passato” la Congregazione aveva operato in modo troppo rigido e perfino immorale [QUI]. La lettera papale accompagnata dall’incarico di Fernández era già una novità nella storia – nessun Prefetto prima di Fernández ne aveva ricevuto una – e l’applicazione della lettera è altrettanto singolare.

Papa Francesco ha sempre voluto togliere la patina di segretezza al Papato, tagliando via i corpi intermedi. Questo è uno dei motivi per cui ha scelto di rilasciare così tante interviste. Si è anche sottoposto alle domande dei giornalisti durante gli incontri a bordo. È quasi come se Papa Francesco vedesse se stesso come il principale motore della propria narrazione.

Non bisogna fraintendere: Francesco decide da solo. Non sempre motiva le sue scelte. Anzi. Ma il fatto che abbia mostrato trasparenza, apertura, perfino ingenuità – se così vogliamo chiamarla – nelle sue espressioni pubbliche è stato parte integrante di un genuino desiderio di rendere il Papato qualcosa di più vicino alla gente. La gente deve potersi sentire vicina al Papa, e il Papa deve essere vicino alla gente.

Lo stesso è chiamato a fare il Dicastero per la Dottrina della Fede. Già riformato da Papa Francesco e diviso in due sezioni con responsabilità specifiche, il Dicastero è ora chiamato ad essere aperto e trasparente nelle sue risposte. Soprattutto essere pastorale. La risposta ai dubia dei cinque cardinali ne è un classico esempio. Il Dicastero non risponde né sì né no; fa invece un esame approfondito della situazione, al punto, di fatto, da lasciare aperta un’interpretazione.

Ciò non significa che Papa Francesco voglia cambiare la dottrina. Significa invece che vuole cambiare il modo di vivere la dottrina della Chiesa. È un cambiamento pragmatico, che diventa anche paradigmatico. Alla fine, la pratica spesso riflette la vita, che è disordinata. Un esempio di come alcune basi dottrinali restano salde è la risposta alla domanda sull’affiliazione alla Massoneria per i Cattolici. È vietato, si dice chiaramente, facendo riferimento al documento del 1983 della Congregazione per la Dottrina della Fede, che chiariva che i Cattolici non potevano entrare in Massoneria. Ciò che si chiede, però, è un’azione pastorale e, tutt’al più, una dichiarazione pubblica. Si chiede soprattutto la catechesi perché la gente capisca.

Il tema della formazione è cruciale, ed è essenziale anche per Papa Francesco, che ha lanciato il patto globale per l’educazione. Il punto però è definire di che tipo di formazione si tratta. Papa Francesco lo ha spiegato chiaramente nella riforma della Pontificia Accademia di Teologia, ma prima ancora nella Veritatis gaudium [QUI]. Il mondo Cattolico, dice, deve saper prendere in prestito anche categorie di discipline diverse dalla teologia per spiegare la fede. L’argomento è spinoso. Si potrebbe obiettare che il mondo teologico dovrebbe invece trovare un linguaggio proprio, un linguaggio proprio della fede, per descrivere il mondo. Papa Francesco, però, pensa che questa sia la strada, insieme al tema dell’interdisciplinarietà (o transdisciplinarità), e quella centrale. È un approccio più pragmatico, ma è quello di Francesco.

Ancora una volta, Papa Francesco ha mostrato una certa disaffezione per le decisioni istituzionali. Spesso si è servito di Motu proprio e di documenti magisteriali “leggeri” per operare delle scelte, fuori dalle maglie del controllo teologico, nella convinzione che “le realtà sono più grandi delle idee” e che “il tempo è superiore allo spazio”. Il Papa avvia i processi e poi vede come si svolgeranno.

Il Dicastero per la Dottrina della Fede sembra agire in modo simile. È stata notata l’assenza dei numeri di protocollo sulle risposte, così come l’assenza della data a margine. C’è una certa disaffezione per le regole generiche con cui da anni vengono compilati i documenti nella Santa Sede. In precedenza, il solo numero di protocollo aiutava a definire l’autenticità o meno di un documento. Ora, l’autenticità è data dalla sua pubblicazione sul sito ufficiale – impossibile senza l’autorizzazione del superiore – ma non dalla sua forma.

Questo dettaglio porta ad un’altra questione e cioè che, senza regole specifiche, è il superiore che decide tutto. Così come Papa Francesco governa da solo, il Cardinale Fernández prende le decisioni, parlando direttamente con il Papa. Forse ci sarà una sessione della feria IV – cioè la riunione ordinaria del mercoledì del Dicastero per la Dottrina della Fede – per un confronto generale con tutti i funzionari del Dicastero, ma l’impressione è che questo incontro non sarà così decisivo.

Questo ci porta all’ultimo punto. La riforma del Dicastero per la Dottrina della Fede lo ha diviso in due sezioni. In precedenza, quattro uffici convergevano sul tema della fede, e gli incontri del mercoledì riunivano sotto un unico ombrello tutte le questioni più critiche.

La riforma invece, ha diviso il Dicastero in due Sezioni distinte, ciascuna con le sue competenze: una sezione dottrinale e una sezione disciplinare. La chiara divisione dei compiti dovrebbe garantire, nelle intenzioni di Papa Francesco, maggiore efficienza. Il rischio è quello di perdere la visione complessiva e ideale a favore di una migliore organizzazione.

È un equilibrio difficile da raggiungere. Ma è a questo che guarda Papa Francesco. Tanto che anche l’ultimo Concistoro che prevedeva una discussione (era il 2022), ha diviso i cardinali in gruppi, e il Sinodo ha subito diviso i partecipanti in circoli più piccoli, ciascuno con il suo sottotema da trattare.

Con Fernández alla guida, il Dicastero per la Dottrina della Fede è diventato in qualche modo lo specchio del pontificato di Francesco. Ha sostituito la Segreteria di Stato come dipartimento più critico, anche se non in modo funzionale, ma piuttosto per la vicinanza personale del suo Prefetto al Papa, il che è paradossale.

Quando Benedetto XVI divenne Papa, una parte della narrazione fu che egli diede poca importanza all’aspetto diplomatico delle cose a favore dell’ufficio di vigilanza dottrinale. Talvolta è stata definita una sorta di “vendetta” nei confronti dell’ex Sant’Uffizio, che ha ripreso il suo ruolo di Suprema a scapito dei diplomatici della Segreteria di Stato – una lettura esemplificata dalla nomina del Cardinale Tarcisio Bertone, ex Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, in qualità di Segretario di Stato. Francesco loda i diplomatici ad ogni passo, ma un cieco può vedere che Fernández nel Dicastero per la Dottrina della Fede è il braccio destro di Francesco. Anche questo è paradossale.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].