Papa Francesco alla ricerca di un metodo sinodale

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.10.2023 – Andrea Gagliarducci] – Al momento in cui scriviamo, il documento di sintesi della prima sessione del Sinodo sulla sinodalità non è stato ancora pubblicato [QUI]. La Lettera al popolo di Dio [QUI] è stata comunque spedita. Diverse conferenze stampa hanno evidenziato diverse posizioni. C’è stato qualche dibattito. Possiamo allora provare almeno a riassumere questa esperienza sinodale, cercando di comprendere cosa significhi essere alla ricerca di un metodo.
Se per metodo sinodale intendiamo la consultazione di tutto il popolo di Dio, o almeno di larghi segmenti rappresentativi di esso, questo metodo esisteva già.

Le congregazioni e i pontifici consigli della Santa Sede, come erano conosciuti, erano composti da membri, ufficiali e consultori, spesso laici che venivano consultati ogni volta che c’era un problema particolare da analizzare. I membri furono sempre cardinali e arcivescovi; gli ufficiali potevano essere anche laici, così come i consulenti, scelti tra i massimi esperti in materia.

Papa Francesco ha voluto che alcuni laici fossero selezionati come membri dei dicasteri, interpretando la loro appartenenza come se appartenessero a una sorta di “consiglio direttivo” e considerando la questione dell’inclusione dei laici come un “gender gap”. Ma non era questo il punto. I membri erano vescovi perché dovevano governare in comunione gerarchica con il Papa, anch’egli vescovo. I consulenti erano, infatti, il popolo di Dio che partecipava alle decisioni, che veniva coinvolto.

Se per metodo sinodale intendiamo questo nuovo modello assembleare, già sperimentato su piccola scala nel Concistoro dell’agosto 2022 sulla riforma della Curia, si tratta sì di un metodo nuovo, ma anche problematico.

Nessuno ha una visione generale degli argomenti. Tutti sono divisi in gruppi e affrontano un tema particolare. Lo fanno in profondità, questo è vero, ma non hanno una visione generale delle cose. È una sorta di riforma positivista della struttura della Chiesa.

La chiamo struttura positivista, perché il positivismo crea la differenziazione delle scienze, la frammentazione e il dettaglio invece del globale. È una riforma che si vede in molti dettagli. Ad esempio, nel modo in cui Papa Francesco ha riformato la Congregazione (oggi Dicastero) per la Dottrina della Fede, con quattro uffici indipendenti e uno disciplinare molto strutturato, ma che considera la disciplina come un obiettivo in sé. Prima anche i provvedimenti disciplinari dovevano scaturire da una visione globale e condivisa che includesse anche le questioni di fede. Ora, la sanzione viene prima della spiegazione della fede.

Il punto è che, nel desiderio di creare una Chiesa più aperta, la Chiesa viene equiparata a un’associazione, a una “ONG misericordiosa”, come dice Papa Francesco.

La sinodalità, quindi, diventa sinonimo di creazione di una para-democrazia in cui le maggioranze possono essere manipolate. Questa idea c’era anche al Concilio Vaticano II quando i partecipanti erano raggruppati in piccole lobby. Ma al Concilio tutto è stato superato con il principio della comunione e, soprattutto, con una chiara visione Cristiana. E poi ci sono stati i Papi, in particolare Paolo VI, che volevano che l’apertura del Sinodo si inserisse nella tradizione della Chiesa e non contro la tradizione della Chiesa.

Non è un caso che si parli spesso di comunione, e la ricerca di un metodo dovrebbe sfociare anche in un modello comunitario. Come potrebbe funzionare è da determinare. A volte si ha l’impressione che non ci sia una vera discussione. Ma è stato così anche in altre circostanze, come nel caso degli statuti interni presentati al Consiglio dei cardinali e già approvati dal Papa, senza la minima discussione. È necessario trovare un equilibrio tra le varie posizioni.

In cosa può consistere il metodo sinodale? Finora si è enfatizzato drammaticamente il discernimento personale, con la preghiera e spazi vuoti che servono a comprendere le ragioni dell’altro in una ricerca di correttezza politica e assenza di conflittualità, che non può generare buoni risultati. Per lo meno, non ci sono decisioni chiare.

Ad esempio, il Cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo metropolita di Vienna, ha affermato che il Papa deciderà sulle possibili benedizioni delle coppie omosessuali, ma che la Chiesa non può escludere nessuno in nessun caso. Mons. László Német, Arcivescovo metropolita di Belgrado, arriva addirittura a dire che si sarebbe dovuto parlare di più degli abusi. Altri temi che entrano nella discussione sono quelli del nostro tempo, dalla pace alle migrazioni.

È questo ciò di cui dovrebbe occuparsi il Sinodo? Oppure il Sinodo è chiamato a fornire strumenti dottrinali e pratici sull’orientamento da dare alla Chiesa affinché nessuno si senta escluso?

Guardare i segni dei tempi è un approccio legittimo, ed è diventato un modo di guardare se stessi. Non sorprende quindi che il Sinodo sul tema “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione” non abbia fatto molta notizia, se non su alcuni media cattolici, mentre tutto si è concentrato su ciò che era tangenziale al Sinodo, dalle richieste di pace alle questioni migratorie.

È un limite che è presente anche nella Lettera al popolo di Dio, che si indebolisce nella ricerca di inclusione e lascia emergere solo vagamente l’idea di strutturare un percorso per il prossimo Sinodo. Chissà se si tratti di una scelta ponderata, con l’idea di rinviare la discussione al prossimo anno, o invece si tratti di una decisione dettata dagli eventi.

Al termine della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi resta la grande domanda: cosa avrà portato alla Chiesa? Alcuni dicono che non devi ottenere nulla e che conversare è comunque bello. Il dialogo, però, era già stato fatto prima. Allora, è cambiato tutto? Nell’emozione di stare insieme? Nella possibilità di non indossare l’abito talare durante l’incontro sinodale? Oppure c’è qualcosa che sta cambiando nel modo di governare la Chiesa?

Queste domande restano e saranno domande scottanti durante tutto l’anno di preparazione alla seconda sessione sinodale.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

151.11.48.50