Il nuovo comandamento del Sinodo: “Ascolta il tuo prossimo”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.10.2023 – Vik van Brantegem] – A seguito dell’articolo Un Sinodo sconvolgente [QUI], riportiamo di seguito il testo integrale della Lettera al popolo di Dio, indirizzata a tutta la Chiesa dalla XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi a conclusione dei lavori della prima sessione: il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Segue l’articolo del vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guénois, Francesco non riesce ad allentare le tensioni innescate dalle sue riforme: questo dibattito del Sinodo sul futuro della Chiesa, la cui prima parte si conclude domenica, non convince tutti i presuli.

La Chiesa ha bisogno di ascoltare tutti
La Lettera al popolo di Dio


Care sorelle, cari fratelli,

mentre si avviano alla conclusione i lavori della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, vogliamo, con tutti voi, rendere grazie a Dio per la bella e ricca esperienza che abbiamo appena vissuto. Questo tempo benedetto lo abbiamo vissuto in profonda comunione con tutti voi. Siamo stati sostenuti dalle vostre preghiere, portando con noi le vostre aspettative, le vostre domande e anche le vostre paure. Sono già trascorsi due anni da quando, su richiesta di Papa Francesco, è iniziato un lungo processo di ascolto e discernimento, aperto a tutto il popolo di Dio, nessuno escluso, per “camminare insieme”, sotto la guida dello Spirito Santo, discepoli missionari alla sequela di Cristo Gesù.

La sessione che ci ha riuniti a Roma dal 30 settembre costituisce una tappa importante in questo processo. Per molti versi, è stata un’esperienza senza precedenti. Per la prima volta, su invito di Papa Francesco, uomini e donne sono stati invitati, in virtù del loro battesimo, a sedersi allo stesso tavolo per prendere parte non solo alle discussioni ma anche alle votazioni di questa Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Insieme, nella complementarità delle nostre vocazioni, dei nostri carismi e dei nostri ministeri, abbiamo ascoltato intensamente la Parola di Dio e l’esperienza degli altri. Utilizzando il metodo della conversazione nello Spirito, abbiamo condiviso con umiltà le ricchezze e le povertà delle nostre comunità in tutti i continenti, cercando di discernere ciò che lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa oggi. Abbiamo così sperimentato anche l’importanza di favorire scambi reciproci tra la tradizione latina e le tradizioni dell’Oriente cristiano. La partecipazione di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità ecclesiali ha arricchito profondamente i nostri dibattiti.

La nostra assemblea si è svolta nel contesto di un mondo in crisi, le cui ferite e scandalose disuguaglianze hanno risuonato dolorosamente nei nostri cuori e hanno dato ai nostri lavori una peculiare gravità, tanto più che alcuni di noi venivano da paesi dove la guerra infuria. Abbiamo pregato per le vittime della violenza omicida, senza dimenticare tutti coloro che la miseria e la corruzione hanno gettato sulle strade pericolose della migrazione. Abbiamo assicurato la nostra solidarietà e il nostro impegno a fianco delle donne e degli uomini che in ogni luogo del mondo si adoperano come artigiani di giustizia e di pace.

Su invito del Santo Padre, abbiamo dato uno spazio importante al silenzio, per favorire tra noi l’ascolto rispettoso e il desiderio di comunione nello Spirito. Durante la veglia ecumenica di apertura, abbiamo sperimentato come la sete di unità cresca nella contemplazione silenziosa di Cristo crocifisso. “La croce è, infatti, l’unica cattedra di Colui che, dando la vita per la salvezza del mondo, ha affidato i suoi discepoli al Padre, perché ‘tutti siano una sola cosa’ (Gv 17,21). Saldamente uniti nella speranza che ci dona la Sua risurrezione, Gli abbiamo affidato la nostra Casa comune dove risuonano sempre più urgenti il clamore della terra e il clamore dei poveri: ‘Laudate Deum!’”, ha ricordato Papa Francesco proprio all’inizio dei nostri lavori.

Giorno dopo giorno, abbiamo sentito pressante l’appello alla conversione pastorale e missionaria. Perché la vocazione della Chiesa è annunciare il Vangelo non concentrandosi su se stessa, ma ponendosi al servizio dell’amore infinito con cui Dio ama il mondo (cfr Gv 3,16). Di fronte alla domanda fatta a loro, su ciò che essi si aspettano dalla Chiesa in occasione di questo sinodo, alcune persone senzatetto che vivono nei pressi di Piazza San Pietro hanno risposto: “Amore!”. Questo amore deve rimanere sempre il cuore ardente della Chiesa, amore trinitario ed eucaristico, come ha ricordato il Papa evocando il 15 ottobre, a metà del cammino della nostra assemblea, il messaggio di Santa Teresa di Gesù Bambino. È la “fiducia” che ci dà l’audacia e la libertà interiore che abbiamo sperimentato, non esitando a esprimere le nostre convergenze e le nostre differenze, i nostri desideri e le nostre domande, liberamente e umilmente.

E adesso? Ci auguriamo che i mesi che ci separano dalla seconda sessione, nell’ottobre 2024, permettano a ognuno di partecipare concretamente al dinamismo della comunione missionaria indicata dalla parola “sinodo”. Non si tratta di un’ideologia ma di un’esperienza radicata nella Tradizione Apostolica. Come ci ha ricordato il Papa all’inizio di questo processo: «Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità (…), promuovendo il reale coinvolgimento di tutti» (9 ottobre 2021). Le sfide sono molteplici e le domande numerose: la relazione di sintesi della prima sessione chiarirà i punti di accordo raggiunti, evidenzierà le questioni aperte e indicherà come proseguire il lavoro.

Per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti, a cominciare dai più poveri. Ciò richiede da parte sua un cammino di conversione, che è anche cammino di lode: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» ( Lc 10,21)! Si tratta di ascoltare coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi, anche dalla Chiesa. Ascoltare le persone vittime del razzismo in tutte le sue forme, in particolare, in alcune regioni, dei popoli indigeni le cui culture sono state schernite. Soprattutto, la Chiesa del nostro tempo ha il dovere di ascoltare, in spirito di conversione, coloro che sono stati vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e di impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché ciò non accada più.

La Chiesa ha anche bisogno di ascoltare i laici, donne e uomini, tutti chiamati alla santità in virtù della loro vocazione battesimale: la testimonianza dei catechisti, che in molte situazioni sono i primi ad annunciare il Vangelo; la semplicità e la vivacità dei bambini, l’entusiasmo dei giovani, le loro domande e i loro richiami; i sogni degli anziani, la loro saggezza e la loro memoria. La Chiesa ha bisogno di mettersi in ascolto delle famiglie, delle loro preoccupazioni educative, della testimonianza cristiana che offrono nel mondo di oggi. Ha bisogno di accogliere le voci di coloro che desiderano essere coinvolti in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e di decisione.

La Chiesa ha particolarmente bisogno, per progredire nel discernimento sinodale, di raccogliere ancora di più le parole e l’esperienza dei ministri ordinati: i sacerdoti, primi collaboratori dei vescovi, il cui ministero sacramentale è indispensabile alla vita di tutto il corpo; i diaconi, che attraverso il loro ministero significano la sollecitudine di tutta la Chiesa al servizio dei più vulnerabili. Deve anche lasciarsi interpellare dalla voce profetica della vita consacrata, sentinella vigile delle chiamate dello Spirito. E deve anche essere attenta a coloro che non condividono la sua fede ma cercano la verità, e nei quali è presente e attivo lo Spirito, Lui che dà “a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale” (Gaudium et spes 22).

“Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio” (Papa Francesco, 17 ottobre 2015). Non dobbiamo avere paura di rispondere a questa chiamata. La Vergine Maria, prima nel cammino, ci accompagna nel nostro pellegrinaggio. Nelle gioie e nei dolori Ella ci mostra suo Figlio e ci invita alla fiducia. È Lui, Gesù, la nostra unica speranza!

Città del Vaticano, 25 ottobre 2023

Sinodo: Francesco non riesce ad allentare le tensioni innescate dalle sue riforme
Questo dibattito sul futuro della Chiesa, la cui prima parte si conclude domenica, non convince tutti i presuli
di Jean-Marie Guénois
Le Figaro, 28 ottobre 2023

(Nostra traduzione italiana dal francese)

La Chiesa Cattolica sembra aver inventato un nuovo comandamento: “Ascolta il tuo prossimo”. È questo il messaggio centrale della lettera inviata mercoledì sera a tutti i cattolici del mondo dal Sinodo sul futuro della Chiesa, riunito per un mese e fino a domenica in Vaticano.

Non si tratta quindi di ascoltare Dio, il Papa o i vescovi, ma di prestare orecchio soprattutto ai “più poveri”: “Per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti, a cominciare dai più poveri”, è scritto nel documento.

Concretamente? “Si tratta di ascoltare coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi, anche dalla Chiesa. Ascoltare le persone vittime del razzismo in tutte le sue forme, in particolare, in alcune regioni, dei popoli indigeni le cui culture sono state schernite. Soprattutto, la Chiesa del nostro tempo ha il dovere di ascoltare, in spirito di conversione, coloro che sono stati vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e di impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché ciò non accada più”.

Poi c’è l’“ascolto” dei “laici, donne e uomini”. Poi, quello delle “famiglie” e “coloro che desiderano essere coinvolti in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e di decisione”.

Così, il “discernimento sinodale” di questa nuova piramide ecclesiale rovesciata non menziona vescovi, cardinali e Papa ma chiede di “raccogliere ancora di più le parole e l’esperienza dei ministri ordinati: i sacerdoti, primi collaboratori dei vescovi, il cui ministero sacramentale è indispensabile alla vita di tutto il corpo” – un tardivo omaggio alla fedeltà di sacerdoti spesso vilipesi -, dei “diaconi” e delle persone che conducono una “vita consacrata”, e di coloro che “non condividono la fede della Chiesa”.
Cosa c’è in gioco in questo nuovo imperativo cattolico, in questo “ascolto” a 360 gradi, dal basso verso l’alto, anche fuori dalla Chiesa? È “la missione”, cioè l’annuncio del Vangelo, come lo interpreta il cattolicesimo ma che oggi incontra gravi difficoltà. La lettera indirizzata dal Sinodo al popolo di Dio afferma: i tempi attuali esigono “dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione”. L’asse della salvezza sarebbe “proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Si tratta di creare un “dinamismo della comunione missionaria” promuovendo in particolare questo “tra noi l’ascolto rispettoso e il desiderio di comunione nello Spirito”.

È questo l’obiettivo principale di questa assemblea di 364 membri, la maggior parte vescovi, che riunisce per la prima volta 54 donne, laiche e religiose, con un diritto di voto senza precedenti. È importante rilanciare una comunità ecclesiale cattolica di fronte al calo delle presenze dei fedeli, alla caduta delle vocazioni sacerdotali, nel contesto degli abusi sessuali commessi da una minoranza di sacerdoti e che ha innescato una formidabile crisi di credibilità per l’istituzione.

Il pontificato di Francesco, eletto dieci anni fa, non è riuscito a fermare questa tendenza che non riguarda solo i Paesi occidentali. L’Italia cattolica sta visibilmente invecchiando. La roccaforte polacca dubita. L’America Latina è a corto di forze. Resistono solo l’Africa e l’Asia, soprattutto Filippine, Vietnam e India.

Di fronte a questo declino, Francesco si aspetta quindi molto da questo Sinodo sulla sinodalità, coronamento del suo pontificato. E i dibattiti sono davvero molto ampi. In programma la benedizione delle coppie omosessuali, il diaconato femminile, l’ordinazione degli uomini sposati e il controllo del potere episcopale. Ma il cuore della riforma resta il governo della Chiesa, con l’obiettivo di integrare più laici e ridurre l’influenza dei chierici.

Questa prima sessione del Sinodo si concluderà domenica con una Messa solenne, dopo la pubblicazione, sabato sera, di una prima relazione di sintesi [QUI]. Se ne intende ridiscuterlo nelle diocesi e nelle parrocchie in vista di un secondo, decisivo incontro sinodale nell’ottobre 2024.
Papa Francesco riuscirà nella sua scommessa? Non possiamo cambiare in un mese le vecchie abitudini di governo della Chiesa Cattolica, dove il sacerdote e il vescovo hanno l’ultima parola e dove le donne, pur attive e ascoltate, raramente sono sedute al tavolo decisionale. Il Capo della Chiesa cattolica vorrebbe che tutti i battezzati, proprio in quanto battezzati, fossero d’ora in poi associati alla guida della barca ecclesiale.

Molti auspicano che Francesco abbia successo, ma l’esperienza di queste prime quattro settimane sinodali rivela un diffuso scetticismo sul metodo e una confusione su ciò che effettivamente ne viene fuori.

Sembra esserci un diffuso scetticismo riguardo al metodo e confusione su ciò che effettivamente ne deriva. Lo testimoniano i 1.500 emendamenti presentati per essere integrati nel documento di sintesi finale. Su questo si lavorerà fino all’ultimo sabato e il voto dell’assemblea.

Il Vaticano ha tuttavia promesso che tutte le questioni discusse durante questo mese compariranno in queste quaranta pagine e che, nonostante un “metodo sinodale consensuale”, i punti di accordo e di disaccordo saranno chiaramente menzionati. Compresi i quattro progetti di riforma più spettacolari e controversi: lo status diaconale per le donne, l’ordinazione degli uomini sposati, la benedizione delle coppie omosessuali, il potere del vescovo e i suoi limiti.

Nelle autorità vaticane è stato anche spiegato che non bisogna “aspettarsi troppo da questo testo transitorio” poiché questo Sinodo è spalmato su due anni e che le vere decisioni saranno prese alla fine del 2024 dal solo Papa, essendo il Sinodo soltanto un organo “consultivo”.

Questa dialettica, oliata fino alla noia, mirava infatti a calmare l’ardore di alcuni e le ansie di altri di fronte alle prospettive di riforma. Occorreva anche tenere a bada un “parlamentarismo” della Chiesa denunciato da Francesco che teme come “la peste” la formazione di gruppi o lobby “pro” o “contro”. Per lui la Chiesa deve “camminare insieme” – questo è il significato della parola greca “sinodo” – per decisioni mature e pregare “con lo Spirito Santo” a partire dall’ascolto dei più umili.

Anche Francesco ha dato l’esempio, durante la seconda settimana di dibattiti, scomparendo dall’aula del Sinodo senza spiegazioni. Successivamente abbiamo appreso che aveva invitato alcuni dei circa cento senzatetto che vivevano intorno a Piazza San Pietro per un “pranzo sinodale”. Il Papa ha chiesto loro cosa si aspettavano dal Sinodo. La risposta, secondo il servizio di comunicazione della Santa Sede, è stata: “Amore, amore, amore”.

Mercoledì pomeriggio Francesco ha ancora pronunciato un discorso vigoroso [QUI], trasmesso su sua richiesta, in cui ha improvvisato sul Sinodo criticando aspramente alcuni sacerdoti. Il che getta i brividi sulla realtà della pratica dell’“ascolto” e dello spirito sinodale, gettando anche nell’oblio mediatico la celebre “lettera” che il sinodo aveva appena inviato, con un quarto d’ora di anticipo, che tuttavia auspicava “ascoltare” gli altri.

“Quando i ministri oltrepassano il loro servizio e maltrattano il popolo di Dio, sfigurano il volto della Chiesa con atteggiamenti sessisti e dittatoriali”, ha detto il Papa nella sua lingua madre. Deplorava il “clericalismo” facendo questo esempio: “Basta andare alle sartorie ecclesiastiche di Roma per vedere lo scandalo dei giovani preti che si provano tonache e cappelli o camice con merletti! Il clericalismo è una piaga, è una forma di mondanità che sporca e danneggia”. Ha criticato “i maltrattamenti e l’emarginazione duratura commessi da questo clericalismo istituzionalizzato dove si parla naturalmente di principi della Chiesa, di promozioni episcopali così come di promozioni di carriera!” Tanti “orrori”, “mondanità” che “maltrattano il popolo santo e fedele di Dio”. Un “popolo di Dio” di cui ha elogiato “la pazienza, l’umiltà” nel suo ruolo di custode “infallibile” della fede e della sua trasmissione da parte delle “donne”, in particolare “madri e nonne”.

Un “autoritarismo” di Francesco che contrasta con lo spirito democratico che vuole infondere nella Chiesa attraverso questo Sinodo, un paradosso sentito dentro e fuori il Sinodo. E ora apertamente denunciato nelle fila della Chiesa italiana, a sinistra in particolare, con il clamoroso intervento di questa settimana dello storico della Chiesa Alberto Melloni sul Corriere della Sera [QUI].

Un altro limite di questo Sinodo segnalato da alcuni partecipanti: la sua reale rappresentatività. La questione è stata accentuata dalla voglia di porte chiuse imposta da Francesco, che ne ha fatto un evento a porte chiuse. Eletto Presidente dei vescovi degli Stati Uniti da un episcopato piuttosto distante da Papa Francesco, Mons. Thimothy Broglio ha così smorzato gli entusiasmi, stimando che non più dell’1% dei Cattolici americani si sentisse preoccupato dai dibattiti…

Al di là delle riforme che il Sinodo vuole portare e che saranno al centro delle discussioni nella prossima sessione, il fatto di aver volontariamente nascosto queste tensioni ai Cattolici ha indebolito l’interesse per questo evento mentre, secondo fonti interne, nulla è deciso ancora. Questa prima fase del Sinodo ha sofferto anche della contraddizione tra l’autoritarismo del Papa e il preteso spirito democratico sinodale. Quanto alla questione della rappresentatività dell’assemblea, e quindi della futura autorità delle decisioni che verranno eventualmente prese, resta del tutto aperta.