Ogni domenica Dio ci ritrova e fa festa: L’omelia dell’arcivescovo Gänswein ad Urbisaglia

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Domenica 15 settembre il Prefetto della Casa Pontificia l’ arcivescovo Georg Gaenswein ha preso possesso del titolo di Urbisaglia. Vi proponiamo una nostra trascrizione della omelia della Messa celebrata nella Collegiata di San Lorenzo della cittadina delle Marche. 

L’uomo può perdere molto. Chiavi, soldi, carta d’identità. Possiamo perdere la salute, possiamo perdere la fiducia e l’uomo può perdere anche sé stesso. L’uomo può perdere sé stesso nella fretta della vita quotidiana o in una decadenza morale. Ma tuttavia non c’è un uomo del tutto perduto fin quando vive. Perché Dio lo cerca, lo cerca come il pastore e la donna nel Vangelo di oggi e lo aspetta come il Padre nella parabola.

E questo è il lieto messaggio. Gesù annuncia la bontà incomprensibile e l’amore di Dio. Dio cerca ciò che è perduto o che sembra essere perduto . Non giudica, ma cerca. Per capirlo bastano le tra parabole del Vangelo di oggi.

Al centro si trova la ricerca e anche la gioia.  La gioia di quando di quando qualcuno viene trovato, la gioia di quando qualcuno trova, la gioia quando uno si converte.

Nel Vangelo appare prima un pastore con i suoi amici e dice loro: rallegratevi con me che ho trovato la pecora. La donna che va dalle sua amiche: rallegratevi perché ho ritrovato la dramma.

E infine un padre che chiama i servi e dice loro: facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita.

Sono tre modi per esprimere lo stesso stato d’animo , la gioia di Dio quando ritrova i suoi figli che si erano smarriti. E vorrei immaginare la gioia di Dio che esplode in ogni santa messa, ogni domenica. Si perché Dio ci ritrova e fa festa.

E possiamo paragonare il Signore a quel Padre della parabola che dall’alto della casa guarda verso le nostre strade e appena ci vede arrivare, come fece quel figlio che tornava,  scende di corsa verso la porta per venirci incontro e per abbracciarci.

La Santa Liturgia si apre con l’abbraccio di Dio. E’ il momento del perdono, subito siamo investiti di misericordia e si potrebbe dire che la domenica è tutta lì, la festa dell’abbraccio di Dio, la festa della grande misericordia. Una misericordia che è raro trovare nel mondo dove tanto spesso si incontra la assenza del perdono e ancor più della misericordia.

Piuttosto si trova l’affermazione di se stessi la rivendicazione dei propri diritti e l’insensibilità del perdono.

I due figli della parabola, sono ambedue gretti ed egoisti. Verrebbe da dire: povero padre con quei due figli.

Avevano tutto: il padre ricco una grande casa, servi che li accudivano, possedimenti di cui godere. Avevano tutto. Ma in comune. Preferiscono  la loro grettezza. Il giovane dice: dammi la parte del patrimonio che mi spetta.

Preferisce un parte al tutto. In quel giovane spesso come in tutti noi c’è fastidio per quanto è comune. Il fastidio di non essere padroni assoluti per sé stessi e delle proprie cose.

Dammi quello che mi spetta. È un ritornello quotidiano. Il giovane si allontanò da cosa e visse da dissoluto.

Nel contesto evangelico il termine dissoluto più che un comportamento immorale significa volere fare da se senza ascoltare nessuno. E senza dipendere da nessuno. Insomma vivere da solo lontano dal padre.

Ma comportandosi così quel giovane si ritrovò a fare il guardiano di porci.

Ugualmente egoista il fratello maggiore. Non appena i servi gli riferirono il motivo della festa si adirò con il padre e non volle andare. Rifiuta la festa, rifiuta anche la misericordia.

Preferisce un capretto per lui e qualche amico al vitello grasso e alla tavola imbandita con il fratello e tutti gli altri. Sembra strano che non si lasci prendere da quella festa, ma così accade ogni volta che si vuole la festa solo per se stessi. Il padre dice tutto ciò che è mio è tuo, ma qual figlio maggiore preferisce rimaner fuori, da solo e triste.  Sembra incredibile eppure è triste perché il padre ha organizzato una festa. Questi due figli non sono lontano da noi, convivono nel cuore di ciascuno di noi.

Accomunati dalla stessa voglia di avere tutto per sé. Esattamente il contrario di quello che desidera il padre, ma la voglia di possedere solo per sé non conduce alla gioia, ma alla tristezza.

Quello che però più conte è la capacità di rientrare in sé stessi, di accorgersi della tristezza della propria condizione di rialzarsi e ritornare alla casa del padre. E sufficiente solo ritrovare queste parole evangeliche sulla misericordia di Dio che ci appare infinitamente più grande del nostro peccato.

Non c’è quasi nessuna predica di Papa Francesco in cui non parli della misericordia di Dio. Dobbiamo aprire il nostro cuore a Dio cioè alla sua misericordia. Ed è proprio questo che ci da la forza di rialzarci e riprendere il cammino verso il Signore

Che non è un giudice, ma un padre che viene incontro un padre misericordioso che ci abbraccia.

La domenica, tutte le domeniche, la domenica è il giorno benedetto per tornare e la Santa Messa che celebriamo ci viene incontro e sconfigge ogni nostra tristezza, ogni nostro peccato e ogni nostra chiusura.

La domenica allarga il cuore, fa cadere i muri interni, fa aprire le porte della mente, fa vedere lontano verso il mondo, verso i poveri, la domenica è larga come larga è la misericordia di Dio.

E la domenica è ricca non gretta, è piena di sentimenti più bella dei nostri istinti banali e scontati

La domenica è il giorno santo in cui Dio ci rende uomini e donne più felici, più gioiosi.

L’antico inno composto dal santo vescovo Giovanni Crisostomo la cui memoria abbiamo celebrato due giorni fa, canta:

“Se uno è amico di Dio goda di questa festa bella e luminosa.

Chi ha lavorato e chi non l’ha fatto,

Chi è nella pace e chi è nel dolore,

chi si è smarrito e chi e stato a casa,

chi e’ appesantito e chi è sollevato.

Tutti vengano e saranno accolti,

saranno felici. La Santa Liturgia è festa, è perdono, ed è abbraccio di Dio per ognuno.”

 

Così sia,  Amen.

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