I Papi e i non credenti

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“Come sensibilizzare ai valori del messaggio evangelico un mondo dominato da un’atmosfera caratterizzata dall’assenza di Dio? Come far comprendere che la religione costituisce un fattore positivo per l’uomo e non una deviazione dello sforzo di instaurare dimensioni veramente umane nella costruzione della città terrena? Come risvegliare quegli stimoli spirituali, quella nostalgia di una fede, quei germi di religiosità che sono certamente latenti anche negli spiriti assenti da ogni fede religiosa?”. Venerdì 15 marzo 1974. A porsi queste domande è Papa Paolo VI ricevendo in udienza il Segretariato per i non credenti, da lui istituito nel 1965. Il dialogo tra il Papa e i non credenti – rilanciato con veemenza negli ultimi giorni dopo lo ‘scambio epistolare’ tra Jorge Mario Bergoglio ed Eugenio Scalfari – non è dunque una novità. Anzi. “L’umile Vicario di Cristo che vi parla – aggiungeva Papa Montini – sente profondamente le sue responsabilità in un campo così irto di difficoltà e così pieno di problemi ancora insoluti, ma dove è pur necessario intervenire” attraverso il dialogo con gli esponenti del mondo dei non credenti, ascoltando ”i loro problemi” e facendo ascoltare loro “la voce della Chiesa e il suo messaggio di speranza e di vita”.

La ricerca del dialogo tra fede e ragione è stata uno dei pilastri dei pontificati della Chiesa contemporanea, un dialogo portato avanti – non senza difficoltà – anche da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

“Deve essere chiaro agli occhi di tutti – scandiva Giovanni Paolo II nel 1980, ricevendo i partecipanti al congresso su evangelizzazione ed ateismo – che la Chiesa vuole essere in dialogo con tutti, ivi compresi coloro che si sono allontanati da essa e la rifiutano, tanto nelle loro convinzioni affermate e decise che nei loro comportamenti decisi e perfino militanti. Gli uni e gli altri del resto sono intimamente implicati. Le motivazioni suscitano l’azione. E l’agire, a sua volta, modella il pensiero”. Papa Wojtyla dedicò poi la sua penultima enciclica ‘Fides et Ratio’ a questo tema, sottolineando che fede e ragione non si escludono tra loro essendo invece complementari. Il pontificato wojtyliano, dunque, non ha mai chiuso le porte a coloro i quali non avevano il dono della fede. Nell’udienza generale del 6 dicembre 2000, ad esempio, Giovanni Paolo II ricordava che “tutti i giusti della terra, anche quelli che ignorano Cristo e la sua Chiesa e che, sotto l’influsso della grazia, cercano Dio con cuore sincero, sono, dunque, chiamati a edificare il Regno di Dio, collaborando col Signore che ne è l’artefice primo e decisivo”.

Anche Benedetto XVI non si è mai sottratto al dialogo con i non credenti. In moltemplici occasioni Papa Ratzinger ha ribadito l’apertura e la disponibilità della Chiesa al confronto non cedendo mai ovviamente, come i suoi predecessori del resto, sul fronte dei valori non negoziabili. Credo – diceva Benedetto inaugurando il Cortile dei Gentili – “profondamente che l’incontro tra la realtà della fede e quella della ragione permetta all’uomo di trovare se stesso”. ”Le religioni – aggiungeva – non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza. Se si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro”. Il ‘Papa teologo per eccellenza’ sosteneva inoltre – incontrando i partecipanti alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2010 – la vitale importanza di ogni studio “che si proponga di approfondire la conoscenza delle verità scoperte dalla ragione, nella certezza che non vi è competitività alcuna tra la ragione e la fede”.

Ora è la volta di Francesco. Anche Papa Bergoglio non si è tirato indietro al dialogo e la lettera a ‘La Repubblica’ ne è la conferma. Diretta. La novità in sè è che mai un Pontefice aveva preso carta e penna per replicare alle domande di un eminente giornalista non credente. E’ cambiata la forma, il modo, lo stile, ma non la sostanza che invece è e resta in continuità con la linea dei Papi: continuare a dialogare con chi non è credente.

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