Mery del Val, i due elementi nella Chiesa e “Da mihi animas cætera tolle”
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.08.2023 – Vik van Brantegem] – Riporto di seguito la mia traduzione italiana di un breve testo che ho postato il 19 agosto 2012 in inglese sul mio diario Facebook (l’ho aperto il 10 luglio 2011 in inglese e nei primi tempi postavo principalmente in inglese). È tratto da un colloquio del Cardinale Raphael Merry del Val y Zulueta, alcuni giorni prima della sua morte, con il Cardinale Pedro Segura y Sáenz, citato in Leopoldo Duran, Graham Greene: Friend and Brother, 1994, p. 103).
«Sto per dirti una cosa, Pedro, che potrebbe sorprenderti, sebbene anche tu sia un cardinale, ed essendo un cardinale io stesso. Ho passato tutta la mia vita qui nella Curia Romana e credo di avere l’autorità per dirvelo. Dopo il tempo trascorso al Sant’Uffizio, ed essere stato Segretario di Stato durante un intero pontificato, sono giunto alla seguente conclusione. Ci sono due elementi nella Chiesa, il divino e l’umano. Quanto all’aspetto divino, ho cercato di fare quel poco che potevo; Darei la mia vita per questo mille volte. Ma quanto al suo lato umano, mio caro Pedro, com’è miserabile. Tuttavia, dobbiamo andare avanti se questa è la volontà di Dio» (Cardinale Raphael Merry del Val y Zulueta).
Pedro Segura y Sáenz (Carazo, 4 dicembre 1880 – Madrid, 8 aprile 1957) fu Papa Pio XI creato cardinale nel concistoro del 19 dicembre 1927. Alla morte del Cardinale Enrique Reig y Casananova, Arcivescovo di Toledo e Primate di Spagna il 25 agosto 1927, il Re Alfonso XIII ha nominato Segura per quella sede il 31 ottobre 1927, nonostante le riserve che il giovane Arcivescovo di Burgos aveva. Fu trasferito alla sede metropolitana e primaziale di Toledo il 19 dicembre 1927 e ne ha preso possesso il 23 gennaio 1928. La nascita della seconda repubblica spagnola, dopo la vittoria repubblicana e la partenza del Re, accese gli animi dei partiti e delle formazioni politiche radicali, socialiste, comuniste e anarchiche che fomentarono la popolazione contro gli aspetti più tradizionali, come la religione e la Chiesa Cattolica. Con una lettera pastorale del 7 maggio 1931 Segura espresse la propria opposizione al nuovo ordinamento istituzionale e il sostegno al Re Alfonso XIII.
Espulso dalla Spagna dal Ministro dell’Interno del governo repubblicano il 15 giugno 1931, Segura si è dimesso dal governo pastorale dell’Arcidiocesi di Toledo il 26 settembre 1931, mentre si trovava in Francia. Dal 20 dicembre 1931 ha vissuto per sei anni a Roma, dedicando il suo ministero ai poveri, specialmente nella regione di Trastevere. Trasferito alla sede metropolitana di Siviglia, il 14 settembre 1937, ne ha preso possesso il 2 ottobre 1937. Ha partecipato al conclave del 1939, che ha eletto Papa Pio XII.
È stato una delle poche voci, se non l’unica, discordanti della Chiesa Cattolica in Spagna che ha affrontato il regime del Generalissimo Francisco Franco. I suoi disaccordi, nei suoi ultimi anni, con il dittatore furono molti e per diverse ragioni. Deciso conservatore, si è opposto alla tolleranza religiosa, specialmente verso i protestanti e la limitata tolleranza religiosa di Franco. Allo stesso tempo, fu un oppositore molto influente della collaborazione con la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.
Raphael Merry del Val y Zulueta (Londra, 10 ottobre 1865 – Roma, 26 febbraio 1930) proveniva da una famiglia aristocratica spagnola. Il padre Raphael Carlos Merry del Val era diplomatico del Regno di Spagna a Londra, dove era nata la madre, Sofía Josefa de Zulueta y Wilcox. Gli anni di scuola e di studio portarono Merry del Val, a seguito di suo padre diplomatico a Slough, Namur, Brussel, Durham e infine a Roma, all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici. Oggi Pontificia Accademia Ecclesiastica, è un’istituzione della Curia romana, che cura la preparazione dei sacerdoti destinati al servizio diplomatico della Santa Sede presso le varie nunziature o presso la Segreteria di Stato.
Papa Leone XIII lo nominò Consigliere della Curia romana nelle questioni relative all’Index Librorum Prohibitorum, Direttore della Pontificia Accademia Ecclesiastica e il 19 aprile 1900 Arcivescovo titolare di Nicea.
Merry del Val funse da Segretario nel difficile Conclave del 1903, caratterizzato dal veto austriaco contro l’allora Segretario di Stato, il Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro. Il neoeletto Papa Pio X – avendo apprezzato le qualità di Merry del Val nel Conclave – lo nominò subito il suo Segretario particolare e, poi, Segretario di Stato e Prefetto del Palazzo Apostolico, ancora prima di crearlo cardinale nel Concistoro del 9 novembre 1903. Sostituì in tal modo proprio il Cardinal Rampolla (sostanzialmente messo a riposo e poi dal 1908 Segretario della Sacra Congregazione del Sant’Ufficio fino alla sua morte nel 1913), assumendo la carica di Segretario di Stato il 12 novembre 1903, ricoprendola fino al 20 agosto 1914. Dal 1911 Merry del Val fu pure Camerlengo di Santa Romana Chiesa.
Durante il suo incarico di Segretario di Stato, Merry del Val fu messo a confronto in particolar modo con tre grandi questioni: la separazione fra Stato e Chiesa in Francia, la partecipazione dei Cattolici alla vita politica in Italia con l’allentamento del non expedit e la lotta al modernismo sul piano teologico. Nella gestione della diplomazia della Santa Sede, Merry del Val ha in sostanza mano libera, visto che Pio X aveva alle sue spalle una carriera esclusivamente pastorale.
Però, rimane vivo in Merry del Val il desiderio di dedicarsi all’apostolato. Il suo motto episcopale “Da mihi animas cætera tolle” svela questa aspirazione di tutta la sua vita e la storia delle sue ambizioni e gioie.
All’elezione di Benedetto XV – i rapporti con il quale erano di grande amicizia, stante che Giacomo della Chiesa era stato suo Sostituto alla Segreteria di Stato per lungo tempo – a Merry del Val viene concesso di dedicarsi almeno in parte all’apostolato, lasciando la Segreteria di Stato. Ma Benedetto XV lo volle comunque particolarmente vicino, nominandolo Segretario della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, il più importante dei dicasteri della Santa Sede, il cui Prefetto era lo stesso Romano Pontefice. Nominato il 14 ottobre 1914, mantenne la carica fino alla sua morte. Mantenne, altresì, la carica di Arciprete della Basilica di San Pietro che Pio X gli aveva affidato e di Prefetto della Fabbrica della Basilica di San Pietro. Negli anni seguenti seguì come Legato apostolico vari affari sia in Italia sia all’estero.
“Da mihi animas cætera tolle” è anche il motto dei Salesiani, la Società salesiana di San Giovanni Bosco e questo ci aiuta a capire il senso della scelta del motto da parte di Merry del Val.
Al Capitolo Superiore della Pia Società Salesiana il 12 settembre 1894, quando si discuteva del motto da adottare, Don Giovanni Bosco (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888), risolse la questione dicendo: «Un motto fu già adottato fino dai primordi dell’Oratorio, ai tempi del Convitto, quando io andava alle prigioni: “Da mihi animas cætera tolle”. Il Capitolo acclamò Don Bosco e accettò lo storico motto».
Il motto prescelto, come i più antichi alunni dell’Oratorio (che Don Bosco dedicò a San Francesco di Sales, da cui poi il nome della congregazione) deposero nei processi, si vedeva ab antico, quand’essi erano ancora piccoli, scritto a grossi caratteri sulla porta della stanzetta di Don Bosco.
La fonte del motto è la Genesi: « Dixit autem rex Sodomorum ad Abram: Da mihi animas, cætera tolle tibi [Poi il re di Sodoma disse ad Abramo: «Dammi le persone; i beni prendili per te]» (Gen 14, 21).
Le fonti dicono che San Francesco di Sales, il patrono dei Salesiani, reinterpretò questa citazione biblica, che San Giovanni Bosco nella sua missione pastorale considerò come principio insostituibile. Questa frase non la si comprende appieno se non si va al cuore della passione educativa di Don Bosco.
La matrice dell’esperienza spirituale di Don Bosco che è riassunta nel motto “Da mihi animas cætera tolle”, è la desiderata salvezza delle anime e niente altro. La citazione di Gen 14,21 in lui assume caratteristiche proprie, dal momento che della espressione biblica fa una lettura accomodatizia, allegorica, giaculatoria. Il termine “animas” indica le persone ed in concreto i ragazzi con cui ha a che fare, visti nella prospettiva della loro salvezza definitiva. Il “cætera tolle” significa il distacco da tutto, che non si traduce nell’annientamento di sé e nella fusione in Dio, ma di un’ascesi apostolica. Per Don Bosco il distacco è lo stato d’animo necessario per la più assoluta libertà e disponibilità alle esigenze dell’apostolato.
Quindi, il “da mihi animas” per i Salesiani si traduce nell’impegno di evangelizzare i giovani, specialmente i più poveri. Il “cætera tolle” rende disponibili a lasciare tutto ciò che impedisce di andare là dove ci sono le più gravi necessità dei giovani:
“Da mihi animas” è una continua tensione a cogliere il vero bene, il valore autentico di ogni azione educativa, che sono proprio le persone. Un educatore con i ragazzi e i più giovani cerca innanzitutto un “punto di incontro” e una “costante comunicazione”, anche affettiva, sapendo che la relazione educativa è qualcosa di prezioso e di delicato e che ogni persona, soprattutto se piccola, è “un mondo» a cui accostarsi con rispetto. Per questo non si può improvvisare ma non si può nemmeno progettare tutto a tavolino, freddamente e senza “compromettere” la propria vita, anche a costo di perderci, “cætera tolle”.
Pare che la frase non compaia in nessuna opera di San Francesco di Sales. Però, a pagina 172 di Lo spirito di S. Francesco di Sales raccolta di diversi scritti, a cura di Mons. Pietro Camus, Vescovo di Bellay-Venezia, 1747 si legge: «Desiderava solo la conversione di quelle anime ribelle alla luce della verità che risplende nella vera Chiesa. Diceva sospirando: “Da mihi animas cætera tolle”».
Don Gioachino Berto, Segretario di Don Bosco tra il 1866 e 1886, nella Positio super virtutibus del processo per la beatificazione e canonizzazione di Don Bosco, dichiara: «A riguardo della sua orazione mentale ricordo che dopo la Messe molte volte io stesso portai il libro Regula Cleri di cui si serviva per la sua meditazione quotidiana. Ora, nel Regula Cleri (di Simon Salamo e Melchior Gelabert, Torino 1762) a pagina 198 se legge: “Domine qui amas animas, da mihi amorem tui, ut postea ferventer dicam: Da mihi animas, cætera tolle tibi” [Signore, che ami le persone, dammi il tuo amore, affinché dopo io possa dire con fervore: Dammi le persone; i beni prendili per te]».
Foto di copertina: Giuseppe Felici, ritratto fotografico del Cardinale Raphael Merry del Val, 1914.