La tragedia dei desaparecidos in Argentina: l’essere e il nulla, la vita e la morte. “La verità vi farà liberi”. L’estradizione di un prete italo-argentino

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.08.2023 – Vik van Brantegem] – L’Italia ha detto sì all’estradizione in Argentina del sacerdote italo-argentino Don Franco Reverberi, per rispondere nel processo sui desaparecidos, a seguito delle accuse di crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura del Generale Jorge Jose Videla. La pronuncia arriva dopo che la perizia stilata da un collegio medico-legale ha accertato che le sue condizioni di salute sono compatibili con il trasferimento. La Curia vescovile di Parma lo difende. Sul tema della Chiesa cattolica in Argentina di fronte alla violenza politica e alla dittatura militare tra il 1966 e il 1983, facciamo riferimento alla presentazione venerdì 16 giugno 2023, nella Sala Marconi di Palazzo Pio, dei primi due volumi di un’opera storica che si intitola La verdad los hará libres, a cura di Carlos Galli, Juan Durán, Luis Liberti e Federico Tavelli, pubblicata con la casa editrice Planeta [QUI e QUI].

«Nel 1979, dopo le parole forti di Giovanni Paolo II all’Angelus domenicale, il giornalista cattolico José Ignacio López chiese all’allora Presidente argentino Jorge Videla cosa rispondesse al Papa. Videla eluse la domanda e disse: “Finché uno è scomparso non può avere alcun trattamento speciale, è un’incognita, è una persona scomparsa, non ha entità, non è, né morto né vivo, è scomparso”. La massima autorità della Repubblica definì “senza entità” una persona scomparsa: non aveva entità, era un “non essere”. Lo pose tra l’essere e il nulla» (Carlos María Galli).

La verità vi farà liberi è un’opera monumentale e inedita che, a partire dallo studio di una vastissima documentazione d’archivio, approfondisce il comportamento tenuto dalla Chiesa Cattolica in Argentina durante la spirale di violenza negli anni dal 1966 al 1983 e quello della Conferenza Episcopale Argentina e della Santa Sede di fronte al terrorismo di Stato argentino fra il 1976 e il 1983. Il lavoro, su richiesta dell’episcopato argentina, è stato diretto dalla Facoltà di teologia dell’Università Cattolica Argentina (UCA).

«La verità vi farà liberi è un lavoro collettivo e interdisciplinare per comprendere la storia della Chiesa argentina e aprire nuovi orizzonti di ricerca, riflessione e discussione. Questo servizio alla verità può contribuire a liberare il passato per migliorare il presente e immaginare il futuro della Chiesa e del nostro Paese. Costruire la pace “è un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta” (Fratelli tutti, 226)» (Carlos María Galli).

Riportiamo da L’Osservatore Romano l’intervento di uno degli autori, il Decano della Facoltà di Teologia dell’UCA, Prof. Don Carlos María Galli, pronunciato durante la presentazione.

L’Italia dice sì all’estradizione in Argentina del sacerdote italo-argentino per i crimini sui «desaparecidos», ma la Curia vescovile di Parma lo difende

La Corte di Appello di Bologna, in un’udienza che si è tenuta il 10 luglio 2023 a porte chiuse, ha accolto la richiesta di estradizione nei confronti dell’ex Cappellano militare italo-argentino, Don Franco Reverberi, Parroco della parrocchia Sant’Andrea Apostolo di Enzano, frazione del comune di Sorbolo Mezzani in provincia e Diocesi di Parma (La justicia de Italia concedió la extradición del ex capellán militar de San Rafael Franco Reverberi Boschi [QUI]).

Il sacerdote italo-argentino dovrà quindi essere trasferito in Argentina per rispondere nel processo alle accuse di crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura del Generale Jorge Jose Videla, tra i quali l’omicidio del giovane peronista José Beron, desaparecido sul finire del 1976 in seguito a un periodo di prigionia nel centro clandestino noto come Casa Departamental nel quale, secondo diverse testimonianze di sopravvissuti, operava Reverberi in qualità di cappellano militare, assistendo alle sessioni di tortura inflitte ai prigionieri.

La richiesta di estradizione di Don Franco Reverberi è stata promossa dall’Argentina su istanza della Segreteria dei diritti umani argentina (Mendoza: la Secretaría de Derechos Humanos de la Nación se presentó como querellante en la causa que investiga al ex capellán Franco Reverberi [QUI]).
Nato a Sorbolo nel 1937, da bambino Reverberi migra al seguito della famiglia in Argentina. Per oltre quarant’anni vive a San Rafael, cittadina a sud di Mendoza in cui era operativo, negli anni bui della dittatura militare, il centro clandestino di tortura e sterminio, cellula di quel sistema massivo di “desaparición forzada” che ha portato, entro il Piano Condor, alla morte di trentamila persone, per lo più giovani tra i 16 e i 35 anni.

Nel corso del processo che si aprì a Mendoza nel 2010 per accertare le responsabilità dei crimini contro l’umanità commessi nel corso della “guerra sporca” di Videla, alcuni sopravvissuti riferirono che, mentre venivano torturati, ad assistere era presente il “cura tano”, il prete italiano Franco Reverberi che, con la Bibbia in mano, avrebbe invitato i prigionieri a collaborare con i loro aguzzini.

Ma quando nel giugno del 2011 Don Reverberi viene convocato dal procuratore federale, il sacerdote ha già lasciato il Paese: un mese prima, un volo lo ha portato a Sorbolo Mezzani, dove l’ex cappellano militare trova ospitalità presso la Chiesa locale. Alla Procura argentina viene recapitata una cartella clinica certificante problemi cardiaci incompatibili con un nuovo volo.

Nel 2012 viene diramato un mandato di ricerca internazionale dall’Interpol e l’Argentina avanza una prima richiesta di estradizione, negata poiché che in Italia il reato di tortura non esisteva ancora nel codice penale, venendo introdotto solo nel 2017.

La svolta arriva quando il procuratore di Mendoza, Dante Vega, invia nell’ottobre 2021 una nuova richiesta di estradizione motivata da altre acquisizioni tra le quali quelle riguardanti il caso del giovane peronista Beròn, scomparso nel periodo in cui, secondo le testimonianze, Reverberi operava nel centro di detenzione illegale di San Rafael.

La difesa di Don Riverberi fa quindi ricorso contro l’estradizione adducendo impedimenti di ordine medico al trasferimento aereo.

Ora, la pronuncia della Corte di Appello arriva dopo che, il 27 aprile scorso, la perizia stilata da un collegio medico-legale ha accertato che “le attuali condizioni di salute di Don Franco Reverberi sono compatibili con il trasferimento in Argentina”.

Raggiunto al telefono, subito dopo la sentenza, l’avvocato Arturo Salerni, che nel processo rappresenta la Repubblica argentina, osserva che “contro gli argomenti portati dalla difesa di Reverberi, la Corte di Appello ha emesso alle 12.30 il dispositivo che dà ragione alla Repubblica argentina. Adesso la Corte ha a disposizione 15 giorni per depositare le motivazioni della sentenza, quindi si dovrà vedere se ci sarà un ricorso da parte dell’estradando”. Soddisfazione viene espressa dall’avvocato che, tra il 2015 e il 2019, nel corso del processo Condor è stato uno dei principali avvocati di parte civile delle vittime: “Naturalmente siamo soddisfatti della pronunzia della Corte di Appello ma già la Cassazione si era espressa in modo molto chiaro e successivamente la perizia medica su Reverberi aveva evidenziato che non c’erano impedimenti per il suo trasferimento in Argentina dove finalmente sarà processato”.

Comunque, la decisione della Corte d’appello di Bologna non è ancora definitivo e l’imputato ha ancora la possibilità di ricorrere davanti alla Corte costituzionale, come ha sottolineato anche l’Ambasciatore dell’Argentina in Italia, Roberto Carlés.

Il parroco di Sorbolo Mezzani, Don Aldino Arcari ha commentato: «Sicuramente faremo ricorso entro i 30 giorni previsti. Già da tempo la Curia vescovile di Parma nel difendere Don Franco ha pubblicato due documenti molto chiari: uno della Curia di San Rafael, l’altro del Ministero della Difesa argentino che attestano “stranamente” che Don Reverberi è stato nominato cappellano militare nel settembre 1980, mentre i quattro accusatori argentini parlano del 1976».

Fonti: la Repubblica [QUI] e Corriere della Sera [QUI].

Per approfondire:

  • Le Iene – Un prete accusato di tortura [QUI].
  • Spotlight di RaiNews24La fuga del Condor. I torturatori dei desaparecidos nascosti in Italia [QUI]: un’inchiesta sulle tracce dei torturatori, che ha ricostruito crimini di guerra e ha raccolto le testimonianze inedite delle vittime e dei loro familiari. Le tracce degli omicidi, torture, detenzioni illegali e sparizioni forzate della dittatura militare che ha dominato l’Argentina dal 1976 al 1983 portano in Italia, a piccoli comuni della bassa emiliana dove si nascondono criminali accusati di essere stati parte attiva dell’apparato repressivo di Jorge Rafael Videla, gestori di centri clandestini di tortura e sterminio, dove un’intera generazione di studenti, sindacalisti, oppositori politici è stata detenuta e interrogata per poi scomparire nel nulla.

La verità vi farà liberi
La Chiesa Cattolica nella storia argentina contemporanea
di Carlos María Galli
L’Osservatore Romano, 17 giugno 2023

La Chiesa, nella sua dimensione storica, esiste nel mondo. La Costituzione pastorale Gaudium et spes considera la Chiesa “nel” mondo contemporaneo. Non parliamo di Chiesa e mondo ma di Chiesa nel mondo, nel nostro caso nella società argentina. Una visione storica e teologica include il rapporto tra il Popolo di Dio e i popoli. Il nostro studio si concentra sulle azioni degli esponenti della Chiesa, ma il suo sguardo è ampio e si rivolge anche agli eventi civili e ad altri attori istituzionali.

Il primo volume si concentra su «La Chiesa cattolica nella spirale della violenza in Argentina 1966-1983». Il secondo si intitola «La Conferenza Episcopale Argentina e la Santa Sede di fronte al terrorismo di Stato 1976-1983». Entrambi sono il risultato di cinque anni di lavoro collettivo. Nella seconda metà del XX secolo, l’Argentina ha subito violenze che hanno causato morte e dolore. Ricordiamo le ingiustizie strutturali, la polarizzazione violenta, le persecuzioni e le proscrizioni, i colpi di Stato che hanno sovvertito l’ordine costituzionale, i movimenti guerriglieri, la violenza politica, le bande paramilitari, il terrorismo di Stato con tutte le sue vittime. Non si tratta di uno, due o tre demoni, ma di una spirale demoniaca culminata nelle sistematiche quanto segrete violazioni dei diritti umani da parte del governo militare dal 1976. Una strategia illegale e immorale che ha seminato l’orrore, basata su sequestri, torture e sparizioni forzate, la tragedia appunto dei desaparecidos.

Questo lavoro si occupa dell’azione della Chiesa cattolica al tempo dell’ultima dittatura militare. È un argomento molto difficile, ma andava affrontato, come hanno fatto, in modo parziale, studi di altri autori. La nostra è un’indagine necessaria e ancora in atto. Essa costituisce una novità nella storiografia argentina ed ecclesiale. Non esiste uno studio così ampio la cui fonte principale siano archivi della Chiesa, insieme a buona parte della bibliografia e a molte testimonianze. Questo lavoro cerca di articolare i differenti ricordi della memoria e i dati verificati della storia in una narrazione interpretativa. La scienza storica è documentazione e narrazione, riflessione e giudizio. La conoscenza richiede di essere compresa, giudicata e rappresentata per sé e per gli altri. L’opera analizza la realtà con il rigore della scienza storica, illuminata dalla luce della fede cristiana. Offre una panoramica nell’arco di due decenni. Comprende temi in cui si legano diversi livelli di azione e analisi, dall’immaginario all’azione e alla sofferenza. Cerchiamo di trovare e raccontare la verità storica, evitando narrazioni ideologiche e giustificazioni corporative. Il dramma vissuto ci ispira un atteggiamento intellettuale onesto, umile e audace per contribuire alla ricostruzione della verità.

Origine ecclesiale e finalità accademica di questa ricerca

La Conferenza Episcopale Argentina (CEA) ha riflettuto molto su quanto accaduto nel Paese. Ha riconosciuto di non essere stata all’altezza degli eventi e di non aver fatto abbastanza per limitare la spirale di violenza e le azioni terroristiche dello Stato. Ciò non cancella le azioni intraprese a livello individuale o collettivo né le denunce contenute nei documenti emanati già nel 1976, nel testo Riflessione cristiana per il popolo della Patria del 1977 e, soprattutto, nel documento Chiesa e comunità nazionale del 1981, in cui la Chiesa fa una chiara opzione per la democrazia. Nel 2000, nel contesto del Grande Giubileo, i vescovi hanno proferito la preghiera Confessione di colpa, pentimento e richiesta di perdono della Chiesa in Argentina, in cui venivano menzionate le violazioni dei diritti umani. Tuttavia, questa ammissione non ha avuto tono ed eco sufficienti. All’inizio del XXI secolo, i presidenti dell’episcopato hanno iniziato a ordinare il materiale contenuto nell’archivio ’76-’83, oggi denominato Fondo per i diritti umani. Nel 2012 la Conferenza Episcopale ha pubblicato la lettera La fede in Gesù Cristo ci muove alla verità, alla giustizia e alla pace, ha deciso di mettere la documentazione a disposizione di vittime e familiari e ha promosso uno studio più completo sull’azione della Chiesa in quel periodo. Nel 2013 Papa Francesco ha dato istruzioni per digitalizzare gli archivi. Nel 2016 è stato annunciato l’avvio del Protocollo per la consultazione del materiale archivistico relativo alle vicende argentine (1976-1983) per dare informazione agli interessati.

Nel dicembre 2017, il nuovo Presidente della CEA, Monsignor Óscar Vicente Ojea, mi ha chiesto formalmente, in qualità di Decano della Facoltà di Teologia, di occuparmi del passo successivo: svolgere una ricerca che aiutasse a ricostruire una memoria storica con il fine di contribuire alla verità. L’episcopato ha riposto la sua fiducia nella serietà accademica di questa facoltà. Fin dagli anni Sessanta, l’istituzione ha privilegiato lo studio della storia della Chiesa latinoamericana e argentina. Dopo un discernimento collegiale la facoltà si è assunta la piena responsabilità della ricerca e della pubblicazione. Ho formato il comitato direttivo. Nel 2018 ci siamo dati l’obiettivo del lavoro in base alla competenza accademica della nostra facoltà. Questo si distingue dalla missione pastorale dell’episcopato, che include il servizio per la pace. Nella prefazione, la Commissione esecutiva della CEA afferma che questo lavoro si inquadra in una finalità che è centrale come Conferenza Episcopale: lavorare per la fraternità del popolo argentino che non si realizzerà senza conoscere la verità storica e senza promuovere la giustizia autentica. In una società in cui le istituzioni non facevano e non fanno autocritica, la stessa prefazione dichiara: «Senza la pretesa di giudicare le persone, che eccede la nostra competenza, vogliamo conoscere la verità storica e chiedere perdono a Dio, alla comunità argentina e alle vittime della violenza, come pastori della nostra Chiesa pellegrina in Argentina».

L’opera si situa nella disciplina scientifica chiamata Storia della Chiesa. L’abbiamo strutturata in tre volumi, dedicati, successivamente, ai fondamenti della conoscenza della Chiesa nella storia, allo studio storico-narrativo dell’epoca e ai saggi ermeneutico-interdisciplinari. Per i primi due volumi abbiamo incaricato più di venti ricercatori che, oltre all’interesse per la materia, rispondevano a tre requisiti: saper lavorare in gruppo, conoscere il metodo storico, avere studi di teologia. Per la parte di interpretazione, oggetto del terzo volume (in preparazione), ci siamo rivolti a personalità accademiche argentine e straniere. Abbiamo lavorato insieme perché non volevamo realizzare una raccolta di saggi isolati. I singoli articoli sono firmati dai loro autori. Ci siamo così riuniti online in piena pandemia.

I primi due volumi della nostra opera

Abbiamo cercato di “ascoltare la voce” degli archivi con attenzione critica alle fonti inedite ed edite. Abbiamo avuto accesso, in modo eccezionale, sia alla documentazione inedita dell’Archivio della Conferenza Episcopale Argentina sia a quello della Segreteria di Stato, inclusi quelli del Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa e della Nunziatura Apostolica in Argentina. Ciò è evidente, soprattutto, nel secondo volume. Il Vaticano apre abitualmente gli archivi molti decenni dopo i fatti. Noi abbiamo ricevuto l’autorizzazione per la declassificazione della documentazione del periodo 1976-1983. Per il primo volume ci siamo basati soprattutto sugli archivi delle diocesi e delle congregazioni maschili e femminili, di alcune organizzazioni per i diritti umani e di altre istituzioni nazionali e provinciali. Ci siamo proposti di ascoltare le voci dei testimoni. Vengono condivise testimonianze e analisi dei protagonisti, molte delle quali fornite da altri studiosi. Abbiamo fatto interviste uniche. La comprensione dei fatti si arricchisce quando essi vengono letti da diverse prospettive, con un ragionamento plurale. La luce della fede cristiana, che si fa teologia, non indebolisce, anzi rispetta e rafforza l’acutezza critica della razionalità storica. Il terzo volume offre diverse letture.

La tragedia dei desaparecidos porta alla luce questioni esistenziali, metafisiche e religiose: l’essere e il nulla, la vita e la morte. Nel 1979, dopo le parole forti di Giovanni Paolo II all’Angelus domenicale, il giornalista cattolico José Ignacio López chiese all’allora Presidente Jorge Videla cosa rispondesse al Papa. Videla eluse la domanda e disse: «Finché uno è scomparso non può avere alcun trattamento speciale, è un’incognita, è una persona scomparsa, non ha entità, non è, né morto né vivo, è scomparso». La massima autorità della Repubblica definì “senza entità” una persona scomparsa: non aveva entità, era un “non essere”. Lo pose tra l’essere e il nulla.

Viene da chiedersi se, seppellendolo come anonimo, i militari non abbiano voluto lasciare resti che consentissero di ricostruire la barbarie e la memoria. Per questo, nei saggi del terzo volume solleviamo la questione del lutto senza corpo, dramma vissuto da tante famiglie che non hanno ritrovato i loro cari. Il periodo scelto va dal 1966 al 1983. È stato scelto il 1966 perché in quell’anno c’è stato il colpo militare passato alla storia come “Rivoluzione argentina”, durata fino al 1973. Avremmo potuto andare più indietro ma abbiamo dovuto limitare l’analisi. Solo nel capitolo sulla violenza politica, cominciamo dal 1930, quando sono iniziati i golpe militari ripetuti nel 1943, 1955, 1962, 1966 e 1976. Ripercorrere gli eventi a partire dal 1966 consente di comprendere le origini di quanto avvenuto nella parentesi democratica tra il 1973 e il 1976 e durante il cosiddetto “processo di riorganizzazione nazionale” ovvero l’ultima dittatura militare 1976-1983. Nel 1966 la Chiesa in Argentina ha iniziato a recepire gli orientamenti rinnovatori del Concilio Vaticano II (1962-1965). In quell’anno è stato firmato l’accordo tra la Repubblica argentina e la Santa Sede, che ha dato un nuovo quadro normativo ai rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato nazionale. Dal 1966 al 1973 sono nate nel nostro Paese varie organizzazioni politiche, di tipo peronista o marxista, che hanno optato per la lotta armata come strategia per conquistare il potere.

Il primo volume presenta l’introduzione generale nei primi tre capitoli, che ho preparato. È un saggio storico, filosofico e teologico. Ragiona sulla storia e sulla fede, riassume la storiografia sulla Chiesa argentina, ne discerne lo status scientifico sotto il profilo storico e teologico. Dopo analizziamo la ricezione del Vaticano II e l’azione pastorale in quegli anni, insieme all’esperienza e al pensiero, all’azione e alla passione dei membri della Chiesa laicale, vita consacrata e sacerdotale collocati nel contesto del cambiamento ecclesiale, dell’immaginario culturale e del tessuto politico degli anni Sessanta e Settanta. Il testo contiene la testimonianza di vescovi di diverse generazioni, singolarmente considerati, e le loro differenti prospettive nella Conferenza episcopale. Si sofferma sul pensiero di parecchi vescovi che hanno cercato di esaminare l’azione pubblica della Chiesa. Abbiamo studiato anche l’impegno dei cattolici che hanno condiviso con altri argentini la difesa dei diritti umani.

Il secondo volume si concentra sull’azione dell’episcopato argentino e della Santa Sede durante il terrorismo di Stato dal 1976 al 1983 e utilizza quasi esclusivamente documentazione declassificata proveniente dagli archivi della Chiesa. Questo ha consentito di trovare molte novità. A esempio, ci sono le lettere tra i presidenti dell’episcopato e i leader del Paese, tutti gli incontri della commissione di collegamento CEA con i rappresentanti delle forze armate, la compilazione degli elenchi delle vittime per le quali sono state richieste informazioni da parte della Chiesa (in particolare il capitolo 17 sui bambini scomparsi e il 24 che contiene le liste delle vittime). Alcuni documenti studiati sono stati trasmessi alla CEA che, contestualmente, li ha consegnati alla giustizia. Oltre agli eventi locali, vengono esaminati i conflitti internazionali dovuti alle denunce riguardo agli scomparsi: la disputa sul Canale di Beagle esacerbata dalle dittature in Argentina e in Cile; la mediazione papale per arginare l’escalation; la guerra tra la Repubblica argentina e il Regno Unito per le Isole Malvinas, nel mezzo della quale ci fu il Viaggio Apostolico di Giovanni Paolo II nel 1982; la fine del regime militare.

La costruzione della pace e la cultura dell’incontro

La verità vi farà liberi è un lavoro collettivo e interdisciplinare per comprendere la storia della Chiesa in Argentina e aprire nuovi orizzonti di ricerca, riflessione e discussione. Questo servizio alla verità può contribuire a liberare il passato per migliorare il presente e immaginare il futuro della Chiesa e del nostro Paese. Costruire la pace «è un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta» (Fratelli tutti, 226). Nell’enciclica Papa Francesco distingue tra l’architettura della pace, che riguarda alcuni, e l’artigianato della pace, che impegna tutti. (cfr. Fratelli tutti, 228-232). Come ricercatori della verità, vogliamo essere artigiani di una pace costruita con giustizia e amore sulla cultura dell’incontro. Sessant’anni fa Giovanni XXIII ha pubblicato la sua ultima enciclica, Pacem in Terris. Al centro della prospettiva c’è il concetto che la pace sociale, tanto nazionale come internazionale, si costruisce attraverso quattro pilastri: verità, libertà, giustizia e amore. La convivenza si fonda sulla conoscenza della verità, deve essere praticata secondo i precetti della giustizia, esige di essere vivificata dall’amicizia sociale, rispettando integralmente le libertà. Costruire la pace in terra argentina richiede gli stessi requisiti. Guardando al passato di violenza politica e terrorismo di Stato, la pacificazione deve fondarsi sulla verità e sulla giustizia, a partire dai ricordi dei testimoni e i dati storici, come diciamo ne La verità vi farà liberi. La pace è frutto della verità e della libertà, della giustizia e dell’amore.

Foto di copertina: desaparecidos. Persone sequestrate e detenute in forme non legali e clandestine da forze di repressione di Paesi a regime dittatoriale (per lo più militare) e sulla cui sorte le autorità si rifiutano di fornire informazioni. Lo stato di detenzione clandestina permette infatti il più largo impiego di brutali, e in genere mortali, torture sui sequestrati, e assai spesso anche la loro eliminazione fisica senza formale condanna e senza pubblicità alcuna. Al tempo stesso ingenera un clima di diffuso terrore nella popolazione, volto a scoraggiare ogni possibile attività di resistenza. In particolare, si parla di desaparecidos nel caso delle persone sequestrate, e molto spesso torturate e uccise, dai regimi militari al potere in Argentina e Cile negli anni Settanta del XX secolo, nel quadro della «guerra sporca» e dell’operazione Condor avviate in quegli anni. In gran parte i desaparecidos erano oppositori e attivisti politici o sindacali, giudicati sovversivi; moltissimi tra loro i giovani, talora anche minorenni. In Cile il fenomeno iniziò all’indomani del golpe di Pinochet che rovesciò il governo di Allende (11 settembre 1973), dando avvio a un duro regime para-fascista, con arresti e sparizioni di massa. Il fenomeno dei desaparecidos si manifestò poi in modo ancor più rilevante in Argentina, dove durante la dittatura di Videla, dei militari e dell’Alleanza anticomunista argentina (1976-82) fu molto frequente la pratica dei sequestri da parte di squadre non ufficiali della polizia o dell’esercito. Molti degli attivisti rapiti venivano sedati e poi lanciati da aeroplani nell’oceano o nel Rio della Plata, nei cosiddetti «voli della morte»; altri inviati in campi di concentramento. Lo scandalo dei desaparecidos emerse anche a seguito della coraggiosa battaglia delle madri di molti di loro che, organizzandosi nel movimento delle Madres de Plaza de mayo, ogni settimana scendevano in piazza per chiedere la verità sulla sorte dei loro figli. Si calcola che in Argentina, durante la dittatura, siano scomparsi circa 30.000 oppositori politici; circa 9.000 sono stati censiti dalla commissione istituita dal presidente argentino Alfonsín nel 1983, allorché nel Paese fu ripristinata la democrazia parlamentare.

151.11.48.50