Angelo di luce – diavolo – satana: tre nomi che ci svelano le strategie del male

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Molti negano l’esistenza del diavolo, cioè di una entità personale, non dell’esistenza generica del male. Ma 1Gv 3,8 è chiaro: “Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo”. Negando l’esistenza del diavolo neghiamo l’intero Vangelo!

Si semplifica il tutto vedendo come “culturale” ogni episodio di possessione o la si riconduce a malattie come l’epilessia. Diversi teologi spiegano le resurrezioni come “caso di morte apparente”. Purtroppo la teologia senza la fede dissacra tutto il Vangelo. La teologia presuppone la fede ed una fede forte, che se non si coltiva con preghiera ed umiltà, collassa. Il diavolo c’è e la sua prima tattica è proprio quella di farci credere non esista per agire indisturbato.

Gli appellativi con cui la Bibbia lo definisce sono molti (serpente antico, demonio, spirito immondo, …) ma ne ho scelti tre in particolare che mi sembrano svelarci il suo modo d’agire contro di noi. Lucifero – Angelo di luce: è innanzitutto un “angelo” decaduto, diventato il nemico di Dio e il creatore di ogni forma di male (cfr. Gv 8:44). Satana è l’istigatore della caduta originale (cfr.Ge 3,1-7, 13-15). Ma resta sempre un “angelo”, pertanto una creatura superiore a noi per natura, più astuta, più forte. Ma essendo specificatamente “Angelo di Luce”, Lucifero, ovvero “portatore di luce”, ci seduce facendoci apparire il male bene e il bene male. All’inizio di ogni peccato, con la “menzogna” ci attira abbassando le nostre difese e cercando di sedurci facendoci apparire le cose per quello che non sono.

Per questo Pietro ci dice: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare” (1Pt 5,8). L’umiltà e la vigilanza sono le prime armi da usare. Una vita intensa di preghiera ci dona occhi per discernere, una vita radicalmente evangelica ci protegge dalle sue insidie. Diavolo: dal verbo greco “dia ballo” che significa “dividere”. E’ colui che divide, separa. Una volta che è riuscito a sedurci, in modo più o meno incisivo in base a quanto il peccato sia stato da noi consumato nel cuore, nella mente o anche nelle azioni, coinvolge noi stessi – le persone – Dio. Innanzitutto ci separa dal nostro vero io, dalla coscienza che inizia ad assuefarsi al male e creando un senso di rifiuto e vergogna o di totale disinibizione andando di male in peggio. Successivamente ci separa dai fratelli, creando incomprensioni, fratture, alterando il carattere perché non si sta più bene con noi stessi. Ogni peccato ha una dimensione personale ed una comunitaria: siamo membra di un unico Corpo che viene impoverito nella sua totalità ed unità. Infine ci separa da Dio rompendo il ponte di comunione, chiudendo i rubinetti della “grazia2 che Dio sempre inonda dal Suo Cuore verso i nostri. Satana: letteralmente significa “l’accusatore”.

Dopo esser stato per noi il tentatore Mt 4,1-11, ecco l’accusatore Gb 1,9-11; Za 3,1-5; Ap 12,10. Il principe di questo mondo Gv 14:30, il maligno 1Gv 5,18-19 ci accusa perseguitandoci e cercando di tenerci lontani dal ritorno alla comunione con Dio. Sono miriadi i pensieri e i segni coi quali ci fa sentire uno “schifo”, indegni, incapaci di reagire, impossibilitati a rialzarci. Ci fa credere di non poter essere più amabili, perdonabili, quando invece è già stato sconfitto e nonostante tutti i suoi sforzi, se noi riapriamo il cuore a Dio in un istante la grazia ci viene ridonata. Il cristiano non è colui che sta sempre in piedi, quello è il santo per opera della grazia santificante accolta nel tempo continuamente, ma colui che cadendo è capace di rialzarsi. Nel tradimento tra Giuda e Pietro qui sta la grande differenza: l’uno per superbia limita l’azione di Dio pensando che il proprio peccato possa essere più grande di Dio, l’altro accoglie l’Amore di Dio ricevendo così una nuova missione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21,17). Qualsiasi cosa possiamo avere compiuta Dio ci perdona, ha già pagato tutto! Si tratta di accogliere e ripartire coscienti che nel sacramento della riconciliazione Dio ci libera dalla colpa, scordando tutto, ma non dalla pena, cioè dalle conseguenze del peccato, come una cicatrice dopo una ferita, evitando di morire per emorragia ma chiedendoci la memoria di quanto accaduto e la riparazione per crescere nel nostro cammino.

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