L’Istat presenta la situazione del Paese: pochissimi figli. Ma la tendenza si può invertire
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.07.2023 – Renato Farina] – L’Istat con i suoi numeri picchia pugni sul tavolo e forse sul nostro cranio annoiato. Parlo di natalità. Bisognerà pure che si inverta la tendenza. Deve scattare qualcosa di interiore, un recupero di cultura dell’abbraccio, una certa idea di dove stia la pentola con le medaglie d’oro della felicità. Pare che nessuno o quasi creda sia piena di bambini. Occorre però quello che la gente implorava durante i quiz con premio da Raffaella Carrà: un aiutino.
Politiche familiari che premino il fare figli. II fatto è che bisogna mettersi d’accordo su un punto non proprio secondario: un figlio che nasce è un guaio per la natura, e la famiglia numerosa è una associazione a delinquere che uccide l’ecosistema, dunque meno ne vengono al mondo, meglio è per il futuro del pianeta; oppure benefica la società, è una promessa di futuro prospero, e la denatalità è come un’anemia mortale dell’organismo nazionale.
In Francia si scontrano sul punto in modo più esplicito i due pensieri. Anche in Gran Bretagna. In Italia prevale l’ipocrisia. I messaggi iniettati da quella forma di educazione popolare che sono i serial televisivi e la pubblicità trasmettono un’altra idea: anzitutto il diritto dell’individuo, la fluidità sessuale, dove generare creature è un accidente, quietamente suscettibile di aborto. Molto meglio e più simpatiche le coppie omosex che non alterano i bilanci ecologici e non danneggiano quelli della coppia.
Alt. Un passo indietro. Ieri è stato presentato in 200 pagine il compendio della realtà italiana curato dall’Istat con il titolo La situazione del Paese. 2023. L’obiezione è facile: non esiste solo la quantità e la presenza o meno di senso della vita si sottrae al calcolo metrico-decimale non sono misurabili, eppure lo spirituale è reale, e non c’è materialismo che tenga. Alzi la mano chi ha il coraggio di sostenere che il dolore non è reale, anche se i sassi non soffrono, esiste qualcosa che non è riducibile alle componenti chimico-fisiche. Però i numeri dicono molte cose di noi, e le statistiche al di là della loro impersonalità (vedi Trilussa con il suo apologo del pollo: se tu divori un pollo intero e io non ne pilucco neanche una cartilagine, per la statistica ne abbiamo mangiato metà ciascuno) identificano molto bene il carattere di una nazione. Se davvero non di solo pane vivono i suoi uomini e le sue donne, ma, oltre che di manna, anche di cammino su sentieri sassosi verso la terra promessa. Con i piedi piagati ma non fermarsi, dicono che la cometa si sia posata dov’è nato il Bambino. Va be’, poetizzo. Certo c’è di tutto nel gran bigoncio dei numeri d’Italia. Ciascuno po’ scegliere quel che si accorda di più con l’animo suo, e a parte pubblichiamo una tabella variegata, dove ciascuna percentuale, con il + o con il -, si fa cameriera del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Per tirarci su il morale possiamo partire dall’arzilla notizia del record di centenari del 2023 che nella Penisola, grazie soprattutto alla Sardegna, superano i 22mila, con un incremento in dodici mesi di 2mila vegliardi, triplicando così la cifra di inizio millennio. E dividendo per sesso i 22mila si scopre che di essi 1’80 per cento sono donne, cioè 17.600 contro 4.400. (Ma non dovrebbe esistere la par condicio?).
Ho anticipato quale sia il dato da marcare con l’evidenziatore, somigliante a un meteorite gigante che si sta abbattendo sull’Italia: la denatalità crescente e il tasso di fertilità calante, quel che altrove chiamano baby-krach. Ci sono però due gruppi di numeri in lotta tra loro. L’economia nel nostro Paese ha registrato nel 2022 e sta registrando nel primo trimestre del 2023 una crescita che ci fa essere la locomotiva d’Europa, sia pur non proprio ad alta velocità. Per lo meno ci pone nel gruppo di testa affiancati alla Spagna, trainata soprattutto dal settore servizi. Poi però ci impoveriamo ulteriormente quanto a nuovi nati. Nel 2022 i neonati erano stati 393mila, il minimo storico dall’unità d’Italia, i defunti 713mila, con un saldo naturale quindi di – 320mila.
Nel primo quadrimestre del 2023 va peggio (o meglio se si è fautori del meno si è meglio si sta): 118mila nati. Meno 1,1 per cento sullo stesso periodo del 2022, meno 10,7 per cento sul 2019. Altro che fiocchi rosa o azzurri, siamo maglia nera di noi stessi, oltre che del continente. Mi rendo conto. Che barba. Questa storia dell’inverno demografico che ha il suo luogo di massima aridità mondiale in Italia, in competizione per la medaglia d’oro, o forse di zinco, con il Giappone, è una questione su cui bisogna decidersi. Gli studi confermano.
Le politiche di sostegno alle famiglie nella storia della nostra Europa hanno creato negli anni 90 un boom di nascite in Francia, che sorpassò l’Irlanda. Noi invece abbia vissuto di miti. La mamma italiana e l’illusione che per noi Italiani, come diceva Filomena Marturano, «’E figlie so’ piezz’ ‘e core». Figuriamoci: a teatro senz’ altro. In politica no. Fu decisiva la scelta politica dei primi anni ’70, quando si introdusse l’Irpef che non contemplava l’idea del quoziente familiare, punendo di fatto chi aveva due e più figli. Il governo Meloni – benedetto nello specifico da Papa Francesco – sta provando a suonare un’altra campana. Più figli, meno tasse.
Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.