Mons. Fernandez prefetto del dicastero per la Dottrina della fede: ecclesia semper reformanda
Sabato 1 luglio papa Francesco ha nominato mons. Víctor Manuel Fernández, arcivescovo di La Plata in Argentina, prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede e presidente della Pontificia Commissione biblica e della Commissione teologica internazionale, succedendo dal 1 ottobre al card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, in carica dal 2017, che il Pontefice ha ringraziato a conclusione del suo mandato.
Nei giorni scorsi il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato una lettera del papa al nuovo prefetto, in cui riconosce che “Il Dicastero che presiederai in altri tempi ha usato metodi immorali. Erano tempi in cui più che promuovere il sapere teologico si perseguivano possibili errori dottrinali. Quello che mi aspetto da voi è sicuramente qualcosa di molto diverso”.
Quindi il papa ha precisato che il Dicastero deve avere “la finalità centrale di custodire l’insegnamento che nasce dalla fede per dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano”, come ha scritto al n. 271 dell’esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’.
In particolare ha raccomandato come ‘criterio fondamentale’ la trasmissione della fede attraverso il sapiente uso della misericordia: “Per non limitare il significato di questo compito, bisogna aggiungere che si tratta di ‘accrescere l’intelligenza e la trasmissione della fede al servizio dell’evangelizzazione, affinché la sua luce sia un criterio per comprendere il senso dell’esistenza, soprattutto di fronte agli interrogativi sollevati dal progresso della scienza e dallo sviluppo della società’.
Questi interrogativi, ripresi in un rinnovato annuncio del messaggio evangelico, ‘diventano strumenti di evangelizzazione’, perché permettono di entrare in dialogo con ‘il contesto attuale in un contesto che non ha precedenti nella storia dell’umanità’.
Inoltre, sapete che la Chiesa ‘ha bisogno di crescere nell’interpretazione della Parola rivelata e nella comprensione della verità’ senza che questo implichi l’imposizione di un unico modo di esprimerla… Questa crescita armoniosa preserverà la dottrina cristiana più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo”.
La visione di papa Francesco quindi non si basa sulla condanna, ma sulla comprensione della ragione, come è stato scritto nel documento di Aparecida, che fu approvato anche da papa Benedetto XVI. Certo il pensiero latino-americano del papa è molto lontano dal pensiero europeo e ciò ha suscitato molte critiche riguardo la nomina.
A tal proposito è opportuno leggere l’articolo pubblicato dal prof. Andrea Grillo, pubblicato sul sito web della rivista ‘Munera’, che traccia la storia del Sant’Ufficio, divenuto nei secoli Congregazione della Dottrina della Fede, che avevano il compito quello di ‘custodire la fede’ da presumibili errori:
“Tale funzione indebita, assunta dalla Congregazione soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, doveva finire da tempo. Perché custodire la fede significa appunto, come ha insegnato il Vaticano II, farla camminare nella storia, farle elaborare nuove evidenze, permetterle di integrare nuove culture e di esprimere nuove sensibilità.
Una Congregazione che si era abituata a giudicare tutto con il prontuario del CCC forse è finita con la lettera di ieri. Abbiamo bisogno da decenni di una istituzione che permetta la crescita della fede, nel dialogo piuttosto che nella censura”.
E’ un percorso che è stato iniziato circa 60 anni fa da Joseph Ratzinger, che al Concilio Vaticano II era ‘assistente’ del card. Joseph Frings, arcivescovo di Colonia. In esso, egli criticò fortemente i metodi utilizzati dalla Congregazione Suprema del Sant’Uffizio (ex Inquisizione), che dopo il Concilio Vaticano II cambiò il nome in Congregazione per la Dottrina della Fede.
In un libro intitolato ‘Discussione sul Vaticano II’ il card. Henri de Lubac scrisse che l’autore dell’intervento non era il card. Frings, bensì Joseph Ratzinger, il suo segretario personale. In seguito, la scelta di Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (1981) gli avrebbe permesso di portare a compimento la distruzione dell’ex Sant’Uffizio iniziata con quell’intervento:
“Mi si permetta infine di evocare un ricordo. Joseph Ratzinger, esperto al Concilio, era anche il segretario intimo del Cardinale Frings, Arcivescovo di Colonia. Cieco, il vecchio Cardinale lo utilizzava largamente per la redazione dei suoi interventi. Ora, uno di questi rimase memorabile: fu una critica posata, ma radicale, dei metodi del Sant’Uffizio.
Malgrado una replica del Cardinale Ottaviani, Frings continuò a sostenere la sua critica. Non è esagerato dire che quel giorno l’ex Sant’Uffizio, così come si presentava a quel tempo, è stato distrutto da Joseph Ratzinger, in combutta con il suo Arcivescovo. Il Cardinale Seper, uomo pieno di bontà, ne iniziò il rinnovamento. Sarebbe meglio ricordare questo episodio”.