Papa Francesco ai referenti sinodali italiani: il Sinodo è un’esperienza unica

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Papa Francesco, ricevendo in udienza i partecipanti all’incontro nazionale dei referenti diocesani del Cammino Sinodale Italiano, ha consegnato loro alcune parole ‘essenziali’ per la Chiesa, invitando a ‘continuate a camminare’, a ‘fare Chiesa insieme’ ed ad ‘essere una Chiesa aperta ed inquieta’:

“Questo incontro si colloca nel vivo di un processo di Sinodo che sta interessando tutta la Chiesa e, in essa, le Chiese locali, nelle quali i Cantieri sinodali si sono costituiti come una bella esperienza di ascolto dello Spirito e di confronto tra le diverse voci delle comunità cristiane. Ora si fa un Sinodo per dire cosa sia la Sinodalità, non è cercare opinioni della gente, è un’altra cosa”.

Il Sinodo infatti è un’esperienza particolare, iniziato da san Paolo VI: “Si tratta di un’esperienza spirituale unica, di conversione e di rinnovamento, che potrà rendere le vostre comunità ecclesiali più missionarie e più preparate all’evangelizzazione nel mondo attuale…

In questi anni è stato fatto ogni quattro anni un Sinodo; nel 50° anni è stato fatto un documento sulla sinodalità, è importante quel documento; e poi in questi ultimi dieci anni si è andati avanti e adesso si fa un Sinodo per dire cosa sia la sinodalità, che come sappiamo non è cercare le opinioni della gente e neppure un mettersi d’accordo, è un’altra cosa”.

Ed ecco l’invito a continuare a camminare: “Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito. Al Convegno ecclesiale di Firenze indicavo nell’umiltà, nel disinteresse e nella beatitudine tre tratti che devono caratterizzare il volto della Chiesa, il volto delle vostre comunità. Umiltà, disinteresse e beatitudine.

Una Chiesa sinodale è tale perché ha viva consapevolezza di camminare nella storia in compagnia del Risorto, preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale”.

Ed attraverso il cammino si fa Chiesa insieme: “E’ un’esigenza che sentiamo di urgente, oggi, sessant’anni dopo la conclusione del Vaticano II. Infatti, è sempre in agguato la tentazione di separare alcuni ‘attori qualificati’ che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto del popolo fedele rimane ‘solamente recettivo delle loro azioni’…

Questa consapevolezza deve far crescere sempre più uno stile di corresponsabilità ecclesiale: ogni battezzato è chiamato a partecipare attivamente alla vita e alla missione della Chiesa, a partire dallo specifico della propria vocazione, in relazione con le altre e con gli altri carismi, donati dallo Spirito per il bene di tutti.

Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di sentirsi corresponsabili”.

Quindi occorre una Chiesa aperta: “Riscoprirsi corresponsabili nella Chiesa non equivale a mettere in atto logiche mondane di distribuzione dei poteri, ma significa coltivare il desiderio di riconoscere l’altro nella ricchezza dei suoi carismi e della sua singolarità.

Così, possono trovare posto quanti ancora faticano a vedere riconosciuta la loro presenza nella Chiesa, quanti non hanno voce, coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate, coloro che si sentono inadeguati, magari perché hanno percorsi di vita difficili o complessi”.

E’ un appello a chiamare tutti: “Dovremmo domandarci quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito ed è arrabbiato con la Chiesa.

Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi. Ricordate questo, chiamate tutti: giusti, peccatori, sani, malati, tutti, tutti, tutti”.

Il Sinodo è un appello a vivere la gioia della Chiesa, come diceva don Primo Mazzolari: “Il Sinodo ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri.

E a me piacerebbe che in un percorso sinodale si prendesse sul serio questa parola ‘vulnerabilità’ e si parlasse di questo, con senso di comunità, sulla vulnerabilità della Chiesa. E aggiungo: camminare cercando di generare vita, di moltiplicare la gioia, di non spegnere i fuochi che lo Spirito accende nei cuori”.

In conclusione è un invito a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: “Cari fratelli e sorelle, proseguiamo insieme questo percorso, con grande fiducia nell’opera che lo Spirito Santo va realizzando. E’ Lui il protagonista del processo sinodale, Lui, non noi!

E’ Lui che apre i singoli e le comunità all’ascolto; è Lui che rende autentico e fecondo il dialogo; è Lui che illumina il discernimento; è Lui che orienta le scelte e le decisioni. E’ Lui soprattutto che crea l’armonia, la comunione nella Chiesa.

Mi piace come lo definisce san Basilio: Lui è l’armonia. Non ci facciamo l’illusione che il Sinodo lo facciamo noi, no. Il Sinodo andrà avanti se noi saremo aperti a Lui che è il protagonista”.

(Foto: Santa Sede)

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