Card. Zuppi: la Chiesa sulla strada della Pentecoste
Dopo l’incontro di apertura con papa Francesco oggi il presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, ha aperto la seconda giornata della 77.ma assemblea generale della Cei in corso nell’aula nuova del Sinodo in Vaticano, con un pensiero alla Romagna alluvionata e alla necessità della pace, con un ringraziamento al papa:
“Ieri abbiamo vissuto con lui un momento di dialogo franco e largo e giovedì avremo l’opportunità di ascoltare nuovamente le sue parole insieme ai referenti del Cammino sinodale. La sua parola e la sua presenza sono un dono per ogni Assemblea Generale della CEI, perché mostrano il suo affetto per la nostra Chiesa e l’Italia tutta. Gli esprimiamo profonda gratitudine, anche per i dieci anni di Pontificato, per i grandi doni alla Chiesa, le preziose indicazioni offerteci e le Visite Apostoliche in tanti luoghi del Paese”.
Sono parole di solidarietà e vicinanza agli ‘alluvionati’ dell’Emilia-Romagna, ringraziando coloro che hanno offerto aiuto in questi giorni: “In questo momento il nostro pensiero va all’Emilia Romagna, piegata dalla furia delle alluvioni, dalle esondazioni dei fiumi e dalle tante frane. L’acqua e il fango hanno mietuto vittime, devastato territori, distrutto abitazioni e aziende, cancellato ricordi e sacrifici. Anche questa volta piangiamo per esserci presi troppa poca cura della nostra Casa comune.
Nell’abbracciare la gente dell’Emilia-Romagna, che ha rivelato tanta solidarietà e laboriosità, ringrazio quanti (istituzioni, Forze dell’Ordine, Protezione Civile, volontari) si stanno prodigando per portare aiuto concreto e consolazione, fino ai luoghi più isolati. Un grazie anche ai sacerdoti, alle parrocchie e agli Istituti religiosi, ai tanti volontari che generosamente e spontaneamente si sono organizzati per aiutare in questo vero e proprio ‘ospedale da campo’.
Tra di loro vi sono molti ragazzi e giovani che hanno deciso di dare una mano in modo concreto, per alleviare le sofferenze con la loro forza e la loro speranza. L’impegno è mantenere lo stesso spirito di solidarietà e di comunità nei prossimi mesi e forse anni per riparare quanto la furia delle acque ha rovinato”.
Ricordando san Giovanni XXIII ha dato una definizione al popolo della pace: “Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest.
Lo siamo per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo… Preghino tutte le nostre comunità intensamente per la pace! L’impegno di intercessione cambia la storia, come diceva Giorgio La Pira”.
Ed anche la solidarietà è azione di pace: “C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare. Tante volte l’informazione così complessa spinge all’indifferenza, a essere spettatori della guerra ridotta a gioco. La solidarietà con i rifugiati (quelli ucraini, ma non solo) è un’azione di pace. I conflitti si moltiplicano.
Penso al Sudan e al suo dramma umanitario. In un mondo come il nostro non possiamo prescindere da una visione globale. Seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità. Del resto la cultura della pace è un capitolo decisivo della cultura della vita, che trae ispirazione dalla fede”.
Ed ha chiesto la sapienza come discernimento come Salomone: “Il discernimento non consiste nell’applicazione di regole o in un infinito campionario di interpretazioni, ma inizia con la fede, con uno stile di vita personale forgiato dalla Parola di Dio. Non ci sarà vero discernimento se non sapremo continuare ad ascoltare cosa lo Spirito continua a chiederci anche in questa seconda fase del nostro percorso.
Salomone si trova a fronteggiare un problema concreto. E’ il celebre episodio delle due donne che rivendicano lo stesso figlio: una situazione tragica, che richiede un giudizio giusto, perché è in gioco non solo la verità delle cose ma soprattutto la vita delle persone. La preghiera si misura subito con la realtà, esercitando il dono ricevuto”.
Ed ha ricordato l’incontro con le vittime da abusi, sollecitando ad un incontro di approfondimento: “In questo senso l’incontro da poco vissuto con alcune vittime, familiari e sopravvissuti, è conferma della nostra scelta di continuare nel dialogo intrapreso con chi ha vissuto in prima persona questo dramma.
Siamo anche convinti che l’ascolto della sofferenza sia tappa essenziale del cammino per consolidare e rendere più efficaci le attività di formazione e prevenzione messe in atto dalle Chiese in Italia attraverso la rete territoriale dei Servizi per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili”.
Inoltre accoglienza si coniuga con natalità: “Secondo alcuni demografi, siamo un Paese in estinzione… Accoglienza e natalità, ha ricordato Papa Francesco, non solo non si oppongono ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro. La questione demografica e tutte le questioni sociali meritano attenzione e politiche lungimiranti.
E’ sbagliato contrapporre o separare valori etici e valori sociali: sono la stessa cultura della vita che sgorga dal Vangelo! La cultura della vita sa che essa nasce e cresce nella famiglia e che tutto non dipende dal proprio volere soggettivo che arriva a giustificare la cosiddetta maternità surrogata, che utilizza la donna, spesso povera, per realizzare il desiderio altrui di genitorialità”.
Però occorrono lavoro e casa: “Non c’è vita degna e non c’è famiglia senza casa. Il piano della costruzione di alloggi pubblici è rimasto abbandonato da anni. Non fu così nei primi decenni del Dopoguerra. Perché l’Italia, da anni, non si fa casa ospitale per le giovani coppie e per chi non ha casa? Può essere utile la riconversione di parte del patrimonio pubblico per l’edilizia popolare.
C’è un bisogno di casa a costi accessibili. La protesta degli studenti è una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso. C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri.
La solitudine è una povertà in più. Quella delle periferie urbane, delle aree interne, parte importante (non come numero di abitanti) per l’ecologia umana e ambientale dell’Italia di domani”.
Inoltre è stata ricordata anche la lotta alla mafia e la necessità dell’educazione alla legalità, proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, seguita da altri attentati: “Oggi ricordiamo l’anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E quest’anno si compie anche il trentesimo anniversario del discorso di San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento (9 maggio 1993)”.
E’ un invito a non abbassare ‘la guardia’: “Le mafie non sono scomparse oggi, anzi si sono estese nel Centro-Nord, dove prosperano largamente anche con metodi e volti in parte mutati. Dal 1991, la CEI, con la Nota pastorale ‘Educare alla legalità’, afferma che ‘il cristiano non può accontentarsi di enunciare l’ideale e affermare i principi generali.
Deve entrare nella storia e affrontala nella sua complessità’. C’è bisogno di una coscienza più ampia del pericolo. Dove il tessuto sociale è slabbrato, lo Stato lontano, la gente sola, disperata, povera, la scuola indebolita, c’è terreno di crescita per le mafie.
La Chiesa, comunità viva e generosa, resiste alla forza disgregativa. Non siamo il resto del passato, ma (con i nostri limiti) operiamo per la liberazione dal male e siamo nel cuore dello slancio dell’Italia verso il futuro”.
Quindi la Chiesa cammina sulla strada della Pentecoste: “La Pentecoste è il nostro programma… E’ l’orizzonte di ogni giorno, al di là di un anno. Tuttavia, tante volte le parrocchie e le comunità chiedono che fare e dire, insomma programmi per la propria vita e attività.
Tali programmi sono un necessario strumento di orientamento e di comunione, non cronogrammi rigidi. Con tanta libertà evangelica camminiamo sinodalmente con la nostra debolezza, fiduciosi nello Spirito del Signore, convinti della nostra missione, ma anche, con l’aiuto del Signore, di dover inaugurare una nuova stagione di comunicazione efficace della Parola che ci salva. Tanti segni ci confermano che questa è la strada per cui inoltrarci”.