Card. Ladaria: Humanae vitae è testo profetico

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Una visione ‘antropologica integrale’ sull’amore e la sessualità umana, intesi secondo il piano di Dio, che a 55 anni dalla pubblicazione dell’enciclica ‘Humanae Vitae’ continua a proporre una verità alta negata invece da decenni di ‘antropologia contraccettiva’, che ha diviso quella visione unitaria: è

questo il valore dell’enciclica di san Paolo VI uscita nel luglio del 1968, messo in evidenza dal card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, intervenuto all’Istituto Patristico Augustinianum, in apertura delle giornate di studio dedicata al documento, organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune.

Ed anche per mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, il messaggio ed il valore dell’enciclica stanno nel ‘riconoscimento della connessione inscindibile tra amore coniugale e generazione’, tantoché in un’intervista a Vatican news ha invitato a proseguire nella riflessione teologica sulle questioni poste dal documento e anche a collocare la lettura del suo testo nel più ampio orizzonte del magistero di papa Francesco:

“Negli anni Sessanta la ‘pillola’ sembrava il male assoluto. Oggi abbiamo sfide ancora più forti: la vita dell’intera umanità è a rischio se non si ferma la spirale dei conflitti, delle armi, se non si disinnesca la distruzione dell’ambiente.

Vorrei ci fosse una lettura che integri ‘Humanae vitae’ con le encicliche di papa Francesco (e di Giovanni Paolo II) e con ‘Amoris laetitia’, per aprire una nuova epoca di umanesimo integrale. Abbandonando quindi letture parziali. Oggi, infatti, la sfida del proseguimento, tutela, sviluppo, della vita umana, va posta a tutto campo, come ci insegnano Laudato sì e Fratelli tutti”.

Il convegno ha ricevuto un messaggio del card. Matteo Zuppi, presidente della CEI, in cui ha invitato ad interrogarsi ‘seriamente sui problemi che pone la distanza tra le indicazioni del magistero della Chiesa circa la generazione della vita e il vissuto quotidiano della società in generale, ma anche dei cattolici stessi’:

“Gli interrogativi che riguardano l’etica sessuale e coniugale sono sentiti profondamente e le comunità ecclesiali continuano a porsi molte domande. E’ un dato che emerge anche da diverse relazioni che sono giunte dalle Conferenze episcopali di tutto il mondo in preparazione al Sinodo. Molte si interrogano su come le indicazioni su questa materia nella loro attuale formulazione siano corrispondenti al sensus fidei fidelium e come possano essere effettivamente di aiuto al cammino di fede delle persone”.

Il card. Zuppi ha incentrato l’intervento sulla necessità di interrogarsi sulla relazione tra genitori e figli: “Ecco perché è necessario interrogarsi su come la questione posta da Humanae vitae possa continuare ad alimentare la comprensione del nesso che intercorre tra sessualità, amore sponsale e generazione, che è emerso con maggiore chiarezza nella luce della prospettiva personalista.

E’ così necessario collegare le forme fondamentali attraverso cui la vita umana si affaccia nel mondo e la sintonia primordiale, la fonte originaria della vita. E’ questo che sta particolarmente a cuore alla Chiesa ed è il motivo per cui ci ritorna sopra di frequente: nel mistero della generazione è in gioco (anche se non sempre in modo esplicito) la concezione costitutivamente filiale dell’essere umano, che si trova in vita ricevendosi nel proprio corpo per iniziativa di altri.

E’ un’esperienza fondamentale che permette di percepire la vita come amabile e degna di fiducia, con tutte le implicazioni che questo comporta per ogni persona, ma anche per l’intera convivenza umana”.

Nell’intervento il card. Ladaria ha ricordato l’attualità dell’enciclica paolina: “L’enciclica ‘Humanae Vitae’ ha affrontato questioni relative alla sessualità, all’amore e alla vita, intimamente interconnesse tra di loro. Si tratta di questioni che coinvolgono ogni essere umano di qualunque epoca…

Lo stesso papa Francesco ci invitava, nella sua esortazione post-sinodale ‘Amoris Laetitia’, a tornare a riscoprire ‘il messaggio della enciclica Humanae Vitae di Paolo VI’, come una dottrina non solo da conservare, ma che ci viene proposta perché sia vissuta. Una norma che trascende l’ambito dell’amore coniugale e che è punto di riferimento per vivere la verità del linguaggio dell’amore in ogni relazione interpersonale”.

Ed ha sottolineato l’audacia dell’enciclica: “Nel rispondere al problema dell’uso degli anticoncezionali, l’enciclica situa il suo giudizio morale in un’ampia prospettiva antropologica, con una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione divina.

L’enciclica fonda la sua dottrina sulla verità dell’atto di amore coniugale nella ‘connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo ed il significato procreativo’… Su questo fondamento si oppone all’antropologia dominante che considera l’essere umano costruttore di senso in virtù delle sue azioni.

Nell’ambito della sessualità questo si traduce nella pretesa che l’uomo non può limitarsi a essere soggetto passivo delle leggi del suo corpo, ma che sia lui stesso a dare significato alla propria sessualità.

E’ l’antropologia che antepone la libertà alla natura, come se fossero due elementi inconciliabili. Paolo VI avverte, tuttavia, che prima della libertà esistono alcuni significati, che l’uomo può cogliere grazie alla ragione, e che non è stato lui a scegliere, i quali regolano e orientano il suo comportamento”.

L’enciclica pone la vita come dono e non come manipolazione: “Questa manipolazione del corpo, propria del relativismo morale e presente nell’antropologia anticoncezionale, si riscontra in due ideologie attuali: l’ideologia del gender e il transumanesimo. Entrambe partono dalla premessa che non esiste alcuna verità in grado di limitare l’impiantarsi dei suoi postulati ideologici.

Di nuovo la libertà è collocata in opposizione alla natura. Questa esaltazione della libertà, priva di relazione con la verità, fa sì che entrambe le ideologie presentino il desiderio e la volontà come garanti ultimi delle decisioni umane”.

E’ una visione opposta all’ideologia del gender: “Allo stesso modo, nel transumanesimo, la persona è ridotta alla sua mente, o meglio, alle sue connessioni neuronali quale fondamento della sua singolarità La singolarità è ora l’essenza della persona, senza il corpo, che la identifica e che si può trasferire a un altro corpo umano, a un corpo animale, a un cyborg o a un semplice file.

L’ideologia del gender e il transumanesimo sono manifestazioni di questa antropologia (rigettata dalla ‘Humanae Vitae’) che nega al corpo la sua dimensione personale, riducendolo a mero oggetto manipolabile. L’identità culturale, sociale e giuridica della persona non sarebbe intrinsecamente connessa alla sua mascolinità o femminilità. La sua identità personale si baserebbe ora sull’orientamento, cioè senza connessione con il  proprio corpo e senza relazione con il corpo dell’ ‘altro’, con il sesso opposto”.

Nella conclusione ha sottolineato la validità dell’enciclica: “L’enciclica continua ad essere valida perché è la risposta corretta del magistero alle antropologie dualiste che mirano a strumentalizzare il corpo e che non rappresentano nuovi umanesimi, post-moderni e secolari, bensì autentici anti-umanesimi. L’enciclica ci propone un’antropologia della totalità della persona, un’antropologia capace di coniugare libertà e natura”.

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