Papa Francesco e le storie mai raccontate

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.05.2023 – Andrea Gagliarducci] – L’esistenza di un papato mediatico e di un papato reale si applica a qualsiasi pontificato. I media non conoscono le ragioni profonde delle decisioni di un Papa o perché sceglie alcuni collaboratori piuttosto che altri. Semplicemente osservano e poi riportano ciò che osservano. A volte è accurato; altre volte possono essere fuorviati nelle loro osservazioni da considerazioni ideologiche o simpatie personali. In ogni caso, però, vale sempre la pena considerare tutti i punti di vista, anche quelli più critici.

Il pontificato di Papa Francesco non è esente da questo problema. C’è un pontificato mediatico e un pontificato reale. E il pontificato mediatico ha facce diverse: le facce di coloro che guarda al Papa con sospetto e le facce di coloro che accettano e assecondano servilmente ogni decisione che prende. Forse la differenza in questo pontificato è che non ci sono vie di mezzo. Se critichi il Papa, sei automaticamente contro il Papato e il Papa stesso. È un clima non diverso da quello del passato, eppure più caldo, più polarizzato.

Tuttavia, la scorsa settimana, due eventi particolari ci hanno permesso di vedere l’altra faccia della medaglia del pontificato di Papa Francesco. Eventi che dimostrano come diverse storie sottoraccontate debbano essere comprese per riflettere sul pontificato.

Il primo evento è l’Assemblea Generale di Caritas Internationalis [QUI]. Papa Francesco aveva brutalmente preso il controllo di Caritas Internationalis dopo un’ispezione richiesta dalla persona che il Papa ha estromesso e sostituito. Non ci sono stati problemi finanziari, cattiva gestione o abusi; solo quello che viene vagamente definito come un clima di tensione che ha portato alla decisione del Papa. Di questa decisione conosciamo solo la versione ufficiale. La biografia del Commissario, Pier Francesco Pinelli, è stata evidenziata per mostrare la sua attività in ambito cattolico e la sua fedeltà alla dottrina. Nella sua biografia si vede che lavorava con la Bain Capital, la stessa società che rilevò, a prezzo vantaggioso perché la Santa Sede voleva/doveva vendere ad ogni costo, il palazzo di Londra[al numero 60 di Sloane Avenue] al centro di un intricato processo in Vaticano [QUI]. Ma non è questo il punto della storia.

Due lettere aperte ci permettono di vedere l’altro lato della storia. Provengono dagli ultimi due Segretari Generali, Aloysius John, improvvisamente estromesso con tutti i vertici di Caritas Internationalis lo scorso 22 novembre, e Michel Roy, che era stato chiamato a guidare la confederazione verso i nuovi statuti ed è stato Segretario Generale dal 2011 al 2019. I contenuti ampiamente diffusi delle due lettere evidenziano l’accentramento attuato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, una “presa di potere” nelle parole di Aloysius John, che era forse consentita dalle regole, ma che andava ben oltre lo spirito del regole.

Ma la parte più interessante della lettera di Aloysius John sta in ciò a cui i media hanno prestato meno attenzione, e che invece è fondamentale per capire il futuro di Caritas Internationalis. John evidenzia tre problemi: il fatto che il Commissario non abbia dato voce ai rappresentanti, una sorta di “atteggiamento colonialista” di alcuni membri con potere finanziario che vogliono imporre il loro modello di sviluppo, e la volontà del dicastero di controllare Caritas Internationalis. Quest’ultimo punto potrebbe rientrare nelle prerogative del dicastero, ma allo stesso tempo toglierebbe alla confederazione la necessaria autonomia per agire nel mondo.

La questione primordiale, tuttavia, dovrebbe essere l’identità cattolica di Caritas Internationalis, che sembra essere trattata come un servizio di assistenza, e non come parte della missione della Chiesa. Quel rischio esisteva nel 2012 quando Benedetto XVI ha stabilito nuovi statuti per evitare problemi preesistenti emersi quando il precedente Segretario Generale, Lesley Ann Knight, aveva consentito e difeso con forza l’inclusione di almeno un gruppo pro-aborto nella confederazione della Caritas [QUI].

Riassumendo, la situazione in Caritas Internationalis rappresenterebbe la situazione mondiale, con i ricchi che vogliono controllare i poveri, alcuni modelli imposti e una governance che lavora più sui temi concreti che sull’identità. Più pragmatismo, meno idealismo, sembra essere lo slogan.

Se il Papa parla, giustamente, di conversione pastorale, allora come questo quadra con situazioni come quella di Caritas Internationalis, dove le riforme fatte proprio per favorire una conversione e una nuova percezione di sé vengono annullate da decisioni prese rapidamente, senza avvertimento e da un potere centrale?

Il secondo evento è la pubblicazione della relazione annuale dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF), il cosiddetto “cane di guardia finanziario vaticano”. Fino al 2019, il rapporto è stato presentato in una conferenza stampa e la direzione è stata sottoposta ad una sessione di domande e risposte. Ora, la relazione viene consegnata insieme a un’intervista istituzionale che lascia solo il punto di vista dell’Autorità, senza possibilità di interlocuzione.

Così è stata creata una narrazione a senso unico, che ha, tra l’altro, l’unico effetto di diffondere punti di vista faziosi. Ad esempio, il Presidente Carmelo Barbagallo afferma che il Comitato del Consiglio d’Europa Moneyval ha piena fiducia nell’Autorità. Tuttavia, l’ultima relazione sullo stato di avanzamento, in realtà, mostra vari plus e meno e non una valutazione del tutto positiva [QUI].

In questo modo viene creata una narrazione, che mira a mostrare una discontinuità con qualsiasi cosa è accaduta prima, secondo un’ermeneutica della rottura, che non aiuta certo il giudizio del mondo sul pontificato.

C’è anche il rischio opposto, cioè quello di denunciare quanto fatto in modo eccessivamente critico fino ad apparire pregiudizievole. Ma, anche in quel caso, si tratta di un papato mediatico, che non svela il pontificato reale perché pende da una parte.

Ma allora, com’è veramente e di cosa tratta il papato di Papa Francesco? Lo si capisce nelle sue decisioni e nel suo modo di fare, che dà almeno un’idea del metodo di governo. Papa Francesco è formalmente favorevole al decentramento, ma allo stesso tempo non esita a prendere decisioni brutali, arrivando addirittura a ordinandole o a fare repentini cambi della guardia.

Come potrebbe accadere all’APSA lunedì prossimo, quando si dice che il suo Presidente, il Vescovo Nunzio Galantino, e il suo Segretario, Fabio Gasperini, saranno destituiti, e Mons. Giordano Piccinotti, salesiano e Sottosegretario, ne diventerà il Presidente. Sarebbe una decisione in linea con diverse altre preferenze del pontificato di Papa Francesco, abituato a rimpasti improvvisi. Aimè, sarebbe un modo per ottemperare all’improvvisa pubblicazione il 13 marzo della nuova Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, che ha cambiato la cosiddetta “Costituzione” dello Stato della Città del Vaticano e apparentemente ha cambiato il modo in cui lo Stato vaticano pensa a se stesso.

È il modo del Papa di rompere quelle che vede come reti di potere. Capire il papato significa cercare di capire pure questi meccanismi. E, forse, riconoscere che questi meccanismi rischiano di dare vita a rotture molto forti, sia nella storia che nelle relazioni. L’intensa polarizzazione, dopotutto, diventa la conseguenza più logica.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo sito Monday Vatican [QUI].

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