L’Italia della maternità difficile: più lavoro precario meno figli

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L’ottava edizione della pubblicazione dell’ong ‘Save the Children’, intitolato ‘Le equilibriste – La maternità in Italia’, approfondisce la condizione della maternità in Italia: divario di genere nel lavoro e nella cura familiare, il vissuto difficile delle mamme tra parto e conciliazione dei carichi di lavoro di cura: “Nel 2022 è stato raggiunto il nuovo record minimo di nascite che scendono per la prima volta sotto le 400.000.

La bassa fecondità nel nostro Paese è frutto di molte dinamiche, strettamente connesse al mercato del lavoro, la carenza dei servizi e la distribuzione dei carichi di cura familiare”.

Secondo Save the Children per sostenere la genitorialità occorre intervenire contemporaneamente su più livelli: “Occorre potenziare il sostegno economico alle famiglie con minori, a partire da tutte quelle che vivono in condizioni di difficoltà.

Allo stesso tempo, in un Paese dove il numero dei giovani fuori dai percorsi di formazione, studio e lavoro raggiunge una delle percentuali più alte in Europa, è indispensabile garantire ai più giovani l’autonomia abitativa e condizioni lavorative dignitose.

I pochi bambini che nascono oggi dovrebbero poi vedere assicurato l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Eppure sappiamo che questi diritti fondamentali non sono assicurati in tutto il Paese dove permangono, come dimostra l’Indice regionale, gravissime disuguaglianze territoriali”. 

Dal rapporto si evince che calano sia i nuovi nati che le neomamme, diminuiscono anche i primi figli, sono meno prolifiche le coppie straniere, e la natalità è condizionata dalla differenza di genere nel mondo del lavoro, contribuendo al rischio povertà di una famiglia su quattro con figli.

E se la gioia per la maternità prevale nelle madri, il 43% dice di non desiderare altri figli dopo il primo: per la fatica (40%), la difficile conciliazione lavoro/famiglia (33%), la mancanza di supporto (26%), la scarsità dei servizi (26%).

Nel 2022 è stato dunque raggiunto il nuovo record minimo di nascite, per la prima volta sotto 400.000: 392.598 bambini (meno 1,9%). Nel 2021 erano state 400.245. Diminuiscono nelle coppie italiane: 166 mila in meno rispetto al 2008. Calano all’interno del matrimonio, 223.000 in meno nel confronto con il 2008 (meno 48%), e quasi 20.000 in meno rispetto al 2020. Nel 2021 i nati fuori del matrimonio sono stati il 40% del totale, 47.000 in più del 2008.

Oltre al calo si è assistito anche ad un progressivo rinvio della natalità: le donne in Italia diventano madri sempre più tardi. Confrontando i dati di oggi con quelli del 1995 e del 2010 è cresciuta la fecondità nelle età superiori ai 30 anni e che la tendenza al recupero (ovvero le nascite che avvengono ad età più avanzate da parte di chi ha posticipato l’arrivo di figli), si ha solo a partire dai 35 anni.

L’età media al parto rispetto al 1995 è di due anni più alta, e oggi raggiunge i 32,4 anni. Nel 2021, inoltre, l’età al primo figlio si è spostata di tre anni rispetto a quanto succedeva nel 1995, posizionandosi ora a 31,6 anni, con età più avanzate specialmente al Centro Italia.

E se a inizio millennio la contrazione riguardava soprattutto i secondi (o più) figli, oggi si manifesta già dai primi: nel 2021 sono addirittura il 34,5% in meno di quelli che nascevano nel 2008. Istat stima che tra le donne nate negli anni ‘80, vicine alla fine della fase riproduttiva, una su quattro sia senza figli, e poco più della metà (51%) ne abbiano avuti due o più, mentre una su quattro ne ha solo uno, come ha spiegato Antonella Inverno, responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza dell’organizzazione:

“Dove le donne lavorano di più, nascono più bambini con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner. Ma la condizione lavorativa delle donne, in particolare madri, in Italia è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza di servizi per l’infanzia, a partire dagli asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare”.

Nel rapporto un’indagine Ipsos per Save the Children rivela che le mamme di bambini tra 0 e 2 anni testimoniano solitudine e fatica, dal parto alla ricerca di un nuovo equilibrio nella vita familiare e lavorativa. Se la qualità dell’assistenza sanitaria è considerata buona dall’81%, 1 donna su 2 non si è sentita accudita sul piano emotivo e psicologico, e al ritorno a casa in molte non si sono sentite supportate dai servizi pubblici. Sono ancora le madri a dedicare molto tempo al figlio, 16 ore contro le 7 del partner.

Ben 6 mamme su 10 infatti non hanno accesso al nido: in più di 1 caso su 4 per carenze del servizio pubblico. Le politiche più apprezzate dalle mamme sono l’assegno unico, di cui usufruisce il 63%, mentre solo il 15% beneficia del bonus nido.

Quasi la metà del campione non pensa ad altri figli: troppo faticoso (40%), difficoltà a conciliare lavoro e famiglia (33%), mancanza di supporto (26%), insufficienza dei servizi (26%). Potrebbe cambiare la propensione ad avere altri figli un assegno unico più consistente (23%), asili nido gratuiti (21%), un piano personalizzato sulle esigenze della famiglia (12%), un’assistenza domiciliare pubblica in caso di malattia del bambino per agevolare i genitori nel lavoro (7%).

Inoltre il 12,1% delle famiglie con minori in Italia (762.000 famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e una coppia con figli su 4 è a rischio. Un terzo delle famiglie monogenitoriali a rischio di povertà ed esclusione. Nel complesso sono aumentate da meno di 1.800.000 nel 2000 a circa 2.900.000 nel 2021, il 17% del totale.

Tra le regioni più ‘amiche delle mamme’, prima è la Provincia di Bolzano (118,8), seguita dall’Emilia-Romagna (112,1) e la Valle d’Aosta (110,3). Tutte sopra il valore nazionale di 100. Ultime Basilicata (84,3), Campania (87,7), Sicilia (88,7), Calabria (90) e Puglia (90,6).

Inoltre per le madri, più che per le altre donne, si pone il tema della conciliazione tra lavoro e organizzazione familiare: “Un indicatore importante in questo senso è il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età scolare e donne nella stessa fascia d’età e senza figli: nel 2021 questo rapporto è del 73%, ovvero per ogni 100 donne senza figli occupate ce ne sono 73 con figli in età scolare occupate.

Anche in questo caso il livello di istruzione gioca un ruolo importante: l’indicatore è pari al 93% per le donne con istruzione terziaria (in crescita del 3,1% rispetto al 2020), del 71%, e in calo, per le donne con diploma di scuola secondaria di secondo grado, mentre scende al di sotto del 50% (48,7%) per chi ha licenza media o titolo di studio inferiore.

Ciò conferma che avere figli è particolarmente penalizzante per la partecipazione al mondo del lavoro per le donne con un titolo di istruzione inferiore”.

Anche nel 2022 è evidente la disparità nell’occupazione per genere ed a seconda della presenza o meno di almeno un figlio (minore) nel nucleo familiare. Per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 54 anni il tasso di occupazione totale è dell’82,7%, e varia dal 76,1% dei senza figli, crescendo a 90,4% per chi ha un figlio minore, e al 90,8% per chi ne ha due. Per le donne la dinamica è inversa: il tasso di occupazione totale è più basso, 62%, con il picco massimo (67%) tra le donne senza figli, e il picco minimo 56,1% tra quelle con due figli minori. Nel mezzo le donne con un figlio minore al 63%.

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