Papa Francesco ricorda a Caritas la profezia della carità
In questi giorni di assemblea plenaria, i membri delle oltre 160 charities nel mondo che partecipano a Caritas Internationalis sono chiamati ad eleggere un nuovo presidente, un nuovo segretario generale e un nuovo tesoriere, superando possibilmente le tensioni createsi nelle scorse elezioni, con un cambio generazionale che è diventato difficile e che ha portato prima ad una ispezione esterna chiesta dallo stesso segretario generale uscente, e poi alla decisione del papa di resettare tutto, nonostante non ci siano stati né appropriazione indebita di fondi, né abusi.
Così papa Francesco ha tracciato la storia di questo percorso: “Dinanzi agli orrori e alle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, il Venerabile Pio XII volle mostrare la sollecitudine e la preoccupazione della Chiesa intera per la famiglia umana, per le tante circostanze in cui la vita di uomini, donne, bambini e anziani era minacciata e ostacolata, nel perseguimento di uno sviluppo umano integrale, dall’imperversare dei conflitti bellici”.
E l’intuizione di papa Pio XII è stata profetica: “Mosso da spirito profetico, si pronunciò a favore dell’istituzione di un organismo che sostenesse, coordinasse e incrementasse la collaborazione tra le già numerose organizzazioni caritative attraverso cui la Chiesa universale annunciava e testimoniava, con gesti e parole, l’amore di Dio e la predilezione di Cristo per i poveri, gli ultimi, gli scartati”.
Nel tempo anche san Giovanni Paolo II sottolineò il vincolo tra la Caritas ed i vescovi: “San Giovanni Paolo II volle evidenziare lo stretto vincolo che, sin dagli inizi, congiunse Caritas Internationalis ai Pastori della Chiesa e, in particolare, al Successore di Pietro che presiede all’universale carità. Lo fece, anzitutto, richiamando alla sorgente dell’amore per la Chiesa, alla consegna con cui Cristo ha fatto dono di sé ai suoi durante l’Ultima cena”.
E’ un invito a tornare alla fonte della vita della Chiesa, cioè all’Eucaristia: “E’ importante ritornare alla fonte, l’amore di Dio per noi, perché l’identità di Caritas Internationalis dipende direttamente dalla missione che ha ricevuto. Ciò che la distingue dalle altre agenzie che operano nell’ambito del sociale è la sua vocazione ecclesiale e, all’interno della Chiesa, ciò che ne specifica il servizio rispetto alle tante istituzioni e associazioni ecclesiali dedite alla carità è il compito di coadiuvare e agevolare i Vescovi nell’esercizio della carità pastorale, in comunione con la Sede Apostolica e in sintonia con il Magistero della Chiesa”.
Perciò ha consigliato di rileggere l’Esortazione post-sinodale ‘Amoris Letitia’: “Vi ringrazio per il lavoro che state svolgendo sul partenariato e la cooperazione fraterna, come pilastri dell’identità cattolica di Caritas, e vi esorto ad andare avanti in questo cammino.
Per incoraggiarvi a proseguire nel vostro impegno al servizio della carità, con larghezza di cuore e rinnovata speranza, desidero invitarvi a rileggere con attenzione l’Esortazione post-sinodale ‘Amoris Letitia’.
In particolare, il quarto capitolo, sebbene riferito alla vita familiare e matrimoniale, contiene degli spunti che possono tornare utili ad orientare il lavoro che vi attende in futuro e dare nuovo impulso alla vostra missione”.
E’ la carità che cambia la vita: “Quando accogliamo l’amore di Dio e amiamo in Lui, attingiamo alla verità di ciò che siamo, come individui e come Chiesa, e comprendiamo a fondo il senso della nostra esistenza. Non soltanto capiamo l’importanza della nostra vita, ma anche quanto sia preziosa quella degli altri. Distinguiamo chiaramente come ogni vita sia irrinunciabile e appaia come un prodigio agli occhi di Dio.
L’amore ci fa aprire gli occhi, allargare lo sguardo, ci permette di riconoscere nell’estraneo che incrociamo sul nostro cammino il volto di un fratello, con un nome, una storia, un dramma a cui non possiamo rimanere indifferenti. Alla luce dell’amore di Dio, la fisionomia dell’altro emerge dall’ombra, esce dall’insignificanza, e acquista valore, rilevanza”.
E’ un invito ad uscire dall’autoreferenzialità secondo l’inno alla carità di san Paolo apostolo: “Quando accogliamo l’amore di Dio e amiamo in Lui, attingiamo alla verità di ciò che siamo, come individui e come Chiesa, e comprendiamo a fondo il senso della nostra esistenza.
Non soltanto capiamo l’importanza della nostra vita, ma anche quanto sia preziosa quella degli altri. Distinguiamo chiaramente come ogni vita sia irrinunciabile e appaia come un prodigio agli occhi di Dio.
L’amore ci fa aprire gli occhi, allargare lo sguardo, ci permette di riconoscere nell’estraneo che incrociamo sul nostro cammino il volto di un fratello, con un nome, una storia, un dramma a cui non possiamo rimanere indifferenti. Alla luce dell’amore di Dio, la fisionomia dell’altro emerge dall’ombra, esce dall’insignificanza, e acquista valore, rilevanza. Le indigenze del prossimo ci interrogano, ci scomodano, ci provocano alla sfida della responsabilità.
Ed è sempre alla luce dell’amore che troviamo la forza e il coraggio di rispondere al male che opprime l’altro, di rispondere in prima persona, mettendoci la faccia, il cuore, rimboccandoci le maniche… Ci induce a sentire come nostre le ferite che scorgiamo sul suo corpo e ci sollecita a versare l’olio della fraternità sulle piaghe invisibili che leggiamo nella filigrana dell’altrui animo”.
Al termine ha delineato il compito delle Caritas: “Il vostro compito è, anzitutto, quello di cooperare nella semina della Chiesa universale, annunciando il Vangelo con le opere buone. Non si tratta soltanto di dare avvio a progetti e strategie che si rivelino vincenti, che perseguano l’efficacia, ma di pensarsi in un costante e continuo processo di conversione missionaria…
Per questo, non è secondario ricordare l’intimo legame tra il cammino di santità personale e la conversione missionaria ecclesiale: chi lavora per la Caritas è chiamato a rendere testimonianza di tale amore di fronte al mondo. Siate discepoli missionari, ponetevi alla sequela di Cristo!”
(Foto: Santa Sede)