Papa Francesco: le Università contribuiscono all’educazione del dialogo

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Nella mattinata di oggi papa Francesco ha incontrato i partecipanti al convegno promosso dalla’Organizaciòn de Universidades Catòlicas de América Latina y El Caribe’, accompagnati dal card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e dal presidente di ODUCAL, ing. Rodolfo Gallo Cornejo, con i vicepresidenti delle Sub Regioni Andina, Messico, Centro America e Caraibi e il Cono Sud, per il 70^ anniversario della sua creazione:

“La ODUCAL, fondata in Cile da Mons. Alfredo Silva Santiago, Arcivescovo della Diocesi di Concepción, con il sostegno di altre università, è formata da 115 università, il che rappresenta attualmente 1.500.000 studenti, più di 110.00 docenti e più di 5000 programmi accademici di diversi livelli. E’ l’organizzazione più numerosa all’interno della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (la FIUC). Questo fa sì che l’Organizzazione goda di solidità nel lavoro accademico e, al tempo stesso, abbia nelle proprie mani una grande responsabilità, sia per il presente sia per il futuro dell’America Latina”.

Il papa ha ricordato gli ‘obiettivi’ di ODUCAL, che sono quelli di ‘contribuire alla formulazione di politiche pubbliche relative all’educazione’: “In tal senso, e guardando la realtà della nostra America Latina, la povertà e la disuguaglianza sono una piaga che si sta approfondendo invece di ridursi.

La pandemia e le sue conseguenze, il contesto mondiale aggravato in ambito politico, economico e militare, come pure la polarizzazione ideologica, sembrano chiudere le porte agli sforzi di sviluppo e agli aneliti di liberazione.

L’attuale crisi non è soltanto un’opportunità per constatare l’esaurimento di sistemi e modelli economici, ma spinge anche a superare soluzioni pregiudizievoli come quelle che alimentano gli schemi di polarizzazione ideologica, emotiva, politica, di genere e di esclusione culturale. In ogni caso, non spaventiamoci di fronte al ‘caos’, poiché è proprio da lì che Dio trae le sue opere più belle e creative”.

Per il papa le Università hanno il compito di creare armonia: “Vostro compito è contribuire a formare menti cattoliche, capaci di osservare non solo l’oggetto del loro interesse. Uno sguardo estremamente preciso e focalizzato può diventare fisso, fissato ed escludente.

Ha la precisione di un radar, ma perde il panorama. Invece essere ‘cattolico’ significa avere una visione panoramica sul mistero di Cristo e del mondo, sul mistero dell’uomo e della donna. Abbiamo bisogno di menti, cuori, mani all’altezza del panorama della realtà, non della ristrettezza delle ideologie”.

Gli universitari sono ‘cattolici’ perché hanno una visione ampia: “Se la gioia attrae a tal punto da far ammutolire la voce del dolore di vicini e lontani (e persino a volte la propria, la gioia che anestetizza), è solo euforia dal fiato corto. Non cura le ferite, questa gioia non cura, ma le copre e le ferite coperte si infettano.

Al contrario, se l’attenzione al dolore proprio e altrui esaurisce le energie della speranza, diventa la scusa per esimersi dal rischio, dal coraggio di investire nuovamente nella vita, anche se ci ha deluso. Il dolore si trasforma in pretesto per disprezzare il pane quotidiano della consolazione, che il Signore non fa mancare nemmeno nella giornata più dura.

Voi siete universitari, uomini e donne con ampiezza di vedute, perciò siate ‘cattolici’! In questo senso del termine, non ‘cattolici’ settari. Siete cattolici e per questo, perché siete cattolici, siate universitari!”

E’ questa la cattolicità della mente: “Sono convinto che la cattolicità della mente, del cuore e delle mani, promossa dalle vostre Università e dalla vostra Associazione, può contribuire in maniera decisiva alla guarigione delle ferite tanto dolorose che offendono oggi la nostra amata America Latina, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Alimentate il fuoco acceso da Dio in America Latina, alimentatelo così. E in questo vi aiuterà anche il Patto Educativo Globale, che ho affidato all’allora Congregazione per l’Educazione Cattolica e ora al nuovo Dicastero per la Cultura e l’Educazione”.

Ed il patto educativo è una missione: “E’ bello che le università abbiano missioni. Un’università cattolica deve essere missionaria, ossia con le porte aperte verso fuori, dato che la missione è l’ispirazione, la spinta, la fatica e il premio di tutta la Chiesa.

Forse la missione dell’università è quella di formare poeti sociali, uomini e donne che, imparando bene la grammatica e il vocabolario dell’umanità, hanno il guizzo, hanno la scintilla che consente di immaginare l’inedito.

Non dimenticate questa espressione: formare poeti sociali. Studiando la lingua, che ha una storia lunghissima, la loro anima panoramica li rende esploratori del futuro. Forse la missione dell’università è di preparare coreografi sociali, uomini e donne che scorgono nel popolo una danza, un ballo dove ciascuno contribuisce alla grazia del movimento totale e nessuno è escluso. Coreografi sociali, è audace dire ciò, ma questo è il senso”.

Ed il ricercatore ha mente e cuore missionari: “Non si accontenta di quello che ha, va a cercare. Il missionario conosce la gioia del Vangelo e non vede l’ora che altri la gustino. Perciò, esce dalla patria delle sue convinzioni e delle sue abitudini, andando verso luoghi inesplorati.

Conosce il Vangelo, ma non sa che frutti porterà in quel terreno straniero. E’ proprio la tensione tra sapere e non sapere a spingerlo in avanti e a proteggerlo dalla presunzione di conoscere tutto. Sa, e si lascia sorprendere da quanto conoscerà…

Possano i vostri Atenei, come singole istituzioni accademiche e come rete di università cattoliche, diventare centri di ricerca apprezzati in tutto il mondo. Anche così formeranno menti missionarie”.

Anche ai partecipanti al colloquio del ‘Royal Institute for Inter-Saith Studies’ il papa ha sottolineato il valore del dialogo: “Il dialogo che praticate e promuovete, per essere fruttuoso, richiede uno stile di sincerità e rispetto reciproco, nella consapevolezza sia delle convergenze sia delle divergenze. E’ sulle prime che bisogna soprattutto puntare, ossia su ciò che ci unisce, a livello religioso-spirituale come a livello etico-morale”.

Ed il dialogo richiede uno stile: “In questo senso, voi vi proponete di dare risalto a numerosi valori comuni, quali l’adorazione del Dio unico, la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio, la compassione, la condivisione, la cura per le persone svantaggiate e sofferenti: l’orfano, la vedova, l’ammalato, l’anziano, l’immigrato, il rifugiato.

Crediamo anche che non tutto finisce con la morte, ma che c’è un’altra vita, eterna, dove renderemo conto a Dio delle nostre azioni e riceveremo ricompensa o punizione. Pertanto il nostro comune impegno è per una vita buona, che dia gloria a Dio e gioia a quanti incontriamo nel nostro pellegrinaggio terreno”.

(Foto: Santa Sede)

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