Salute, ambiente e lavoro non possono escludersi a vicenda: l’impegno della CEI

Condividi su...

‘Era cosa molto buona’ è stato il titolo della seconda edizione del convegno ‘Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro’, promosso a Vicenza dalle Commissioni episcopali per il servizio della carità e la salute e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace in collaborazione con gli Uffici nazionali Cei per la pastorale della salute, e per i problemi sociali e il lavoro insieme a Caritas Italiana:

“Come garantire il lavoro per tutti? Come conciliare la necessità del lavoro a mantenere sano l’ambiente? Come preservare la salute di tutti, offrendo luoghi sicuri e cure adeguate? A questi interrogativi non è possibile rispondere in maniera semplicistica o attraverso slogan, occorrono serietà e impegno e, d’altra parte, è ferma convinzione che non si possa più tergiversare nel ricercare e trovare soluzioni”.

Aprendo il convegno il vescovo di Vicenza, mons. Giuliano Brugnotto, ha delineato chiaramente la situazione: “Questo è un territorio ferito dal disastro ambientale delle acque di superficie, di falda e pure degli acquedotti pubblici. L’acqua è inquinata da sostanze perfluoro-alchiliche”.

Mentre mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza Episcopale della Campania, ha proposto che come ‘avviene già in Campania’ le diocesi interessate da aree vastamente inquinate comincino a muoversi all’unisono, dando vita a percorsi comuni sul piano pastorale, ma anche in materia analisi dei problemi e delle possibili soluzioni: “Se vogliamo essere profetici dobbiamo studiare”.

Don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale della pastorale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, ha specificato l’obiettivo: “L’obiettivo è accompagnare i territori, senza soluzioni calate dall’alto, ma con uno sguardo di condivisione, vicinanza e cura pastorale, offrendo la testimonianza cristiana”.

Mentre don Massimo Angelelli, responsabile della pastorale della salute della Cei, ha ribadito l’interesse della Chiesa per la salute e l’ambiente: “Salute, ambiente e lavoro non possono escludersi a vicenda, devono camminare assieme. Non è ambientalismo né ecologismo, è interesse di tutti”.

Quindi a don Massimo Angelelli abbiamo chiesto di spiegarci il rapporto tra ambiente, salute e lavoro: “Quello realizzato a Vicenza è la seconda tappa di un cammino iniziato ad Acerra, nella ‘Terra dei Fuochi’, sotto il titolo ‘Custodire le nostre terre’: è l’idea di fondo che vogliamo fare emergere da questo percorso di conoscenza e di condivisione, cioè non abbiamo un problema solo nella ‘Terra dei Fuochi’, ma abbiamo tante terre da dover custodire e tra il trinomio ambiente, salute e lavoro abbiamo riscontrato che in alcuni casi ci sono squilibri ed in alcuni territori italiani ci sono ricatti riguardo al trinomio menzionato prima.

Consideriamo questi ricatti totalmente inaccettabili. Il nostro obiettivo è quello di sollevare l’attenzione della comunità civile, perché si ricrei un equo equilibrio tra queste tre dimensioni. E’ possibile avere un ambiente custodito, una salute difesa ed un lavoro dignitoso”.

Per quale motivo la Chiesa si occupa di questi temi?

“La Chiesa da sempre si occupa di questi temi in forza di un mandato di custodia del creato, ma più recentemente il papa stesso ci ha dato questo compito nell’enciclica ‘Laudato sì’, quando ha riproposto un concetto di ecologia integrale, che non è una forma di ecologismo, ma è la difesa insieme della dignità dell’uomo e del creato.

Quindi è un mandato esplicito, derivato dalla Dottrina Sociale della Chiesa e dal magistero del papa, in cui ci dice uno degli elementi fondamentali del vivere cristiano è quello di prenderci cura della casa comune”.

Allora per quale motivo è importante preservare l’ambiente?

“E’ importante preservare l’ambiente, perché siamo noi che ci viviamo. Se prendiamo l’esempio della casa in cui viviamo, si potrebbe dire perché conviene tenerla pulita. Dobbiamo tenerla pulita, perché è il luogo dove principalmente viviamo e tutto quello che non teniamo in ordine e pulito finisce sulla nostra tavola e nel nostro corpo. Tutto ciò che sporchiamo ricade direttamente sulla nostra salute”.

Ilva in Puglia, Terra dei Fuochi in Campania e Pfas in Veneto: tre casi di serio inquinamento territoriale. In quale modo è importante informare sui rischi?

“Prima di tutto dobbiamo conoscerli. Quando abbiamo avviato questo percorso come Ufficio della Salute della Cei, abbiamo incontrato tanta letteratura ed abbiamo dovuto studiare molto. Quindi ci siamo resi conto che in Italia sono stati censiti dal Ministero della Salute i cosiddetti ‘sin’, che sono i ‘siti di interesse nazionale’, luoghi certificati come inquinati.

Mettendoli in relazione con i territori delle diocesi italiane, ci siamo resi conto che ci sono oltre 75 diocesi che insistono su terreni inquinati. La nostra azione parte non solo da questi tre casi clamorosi e conosciuti; ma il nostro percorso nei prossimi anni proseguirà, andando a conoscere e a capire il motivo per cui questi territori sono stati inquinati.

Normalmente non sono mai situazioni colpose: in molti casi incontriamo situazioni dolose, cioè sono stati buttati deliberatamente nella terra o nell’acqua sostanze inquinanti sapendo che erano inquinanti. Ciò comporta responsabilità diretta. Averne coscienza insieme aiuta anche a far crescere una coscienza comune”.

E’ possibile tutelare contemporaneamente ambiente, salute e lavoro?

“Non solo è possibile, ma è doveroso. Non è più accettabile il ricatto di un lavoro a rischio salute o a rischio ambiente. Dobbiamo far crescere questa cultura, ma mi rendo perfettamente conto che quando questi due elementi sono messi in alternativa o in competizione generiamo un disagio generale enorme, perché ci sono famiglie che hanno bisogno di uno stipendio per vivere. Questo non può essere estorto in cambio della salute delle persone; sarebbe un ricatto assolutamente inaccettabile. Quindi dobbiamo tutelare contemporaneamente salute, ambiente e lavoro: le persone e la casa in cui vivono”.

Quali dinamiche può attivare l’enciclica ‘Laudato sì’?

“Tutti hanno detto che questa enciclica ha avuto una grande risonanza ben oltre i confini della Chiesa, raggiungendo molti Stati e coinvolgendo tutti gli attori della custodia del Creato. Le dinamiche attivate sono dinamiche di coscientizzazione e questo concetto di ecologia integrale, che tiene insieme tutte le componenti, si è potuto affermare nel mondo.

Credo che si sia creato un movimento di pensiero e di coscienza che è realmente possibile coniugare questi tre elementi. Occorre conoscere meglio ed applicare questa enciclica papale, soprattutto alle nuove generazioni, per creare una nuova cultura di ecologia integrale sia un investimento fantastico che possiamo fare come Chiesa”.   

Il messaggio della Cei ribadisce la tutela della salute e del lavoro con particolare riguardo ai giovani: cosa possono fare le comunità cristiane?

“Occorre ‘sognare’ un nuovo modo di economia, come insegnato dall’ ‘economia di Francesco’, favorendo opportunità lavorative per i giovani nella logica dell’ecologia integrale di ‘Laudato sì’. Abbiamo bisogno dell’alleanza tra l’economia, la finanza, la politica, la cultura per costruire reti di accompagnamento per i giovani. Vorremmo che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni, come anche delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare”.

(Tratto da Aci Stampa)

Free Webcam Girls
151.11.48.50