138° giorno del #ArtsakhBlockade. «Le cause perse sono le uniche per cui valga la pena combattere»

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 28.04.2023 – Vik van Brantegem] – «Lost causes are the only ones worth fighting for» (Ethel Lina White, The Wheel Spins, 1936). «Point n’est besoin d’espérer pour entreprendre, ni de réussir pour persévérer» (Willem I de Zwijger, Prins van Oranje Nassau, Burggraaf van Antwerpen, Stadhouder der Nederlanden). Il motto del nostro Principe Guglielmo il Taciturno (1533-1584): «Non c’è bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per perseverare». L’ho citato già più volte in particolare il 24 marzo 2020, all’inizio di un cambio di epoca: Un manifesto per i tempi della conta… “Non chi comincia ma quel che persevera” Lo ricordo oggi, ma lo tengo in mente da quando mi sto occupando della “questione armena”, da domenica 27 settembre 2020, all’inizio della sciagura della guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian contro l’Artsakh, che oggi prosegue in modo strisciante.

Oggi è il 138° giorni dell’illegale #ArtsakhBlockade ad opera del regime autocratico dell’Azerbajgian. Oggi finisce la farsa degli “eco-attivisti” azeri nel Corridoio di Berdzor (Lachin), che alle ore 18.00 hanno interrotto il blocco dell’Artsakh sull’autostradale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert all’altezza del bivio di Shushi. dopo l’attivazione del posto di blocco azero sul ponte Hakari, all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin). Quindi, non c’è più bisogno del circo dei falsi “eco-attivisti”. In poche parole: la strada che collega l’Armenia e l’Artsakh è comunque bloccata dalle autorità azere e quindi Baku ha ordinato gli auto-dichiarati “eco-attivisti” di terminare lo spettacolo della finta “eco-protesta” che Baku ha organizzato per 138 giorni. Ora che l’Azerbajgian ha installato illegalmente un vero posto di blocco sul ponte Hakari con l’esercito, i finti “eco-attivisti” non servono più, a dimostrare che questo era ben pianificato dal regime autocatico di Aliyev. Non è sorprendente, poiché gli “eco-attivisti” avevano immediatamente definito una vittoria l’istituzione del posto di blocco da parte dell’Azerbaijan sul ponte Hakari.

Fino ad oggi, per 138 giorni, al posto di blocco degli “eco-attivisti” le forze armate e la polizia dell’Azerbajgian non avevano ufficialmente varcato il cosiddetto recinto “divisorio” del Corridoio di Lachin ed erano rimasti dall’altra parte. Tuttavia, oggi gli Azeri armati sono entrati nell’area di responsabilità delle forze di mantenimento della pace russe, affrontandole, bloccando di fatto la strada in quella zona. Questa non è più un’azione ” ecologica” o “pacifica”. È possibile che stiano coprendo la ritirata dei loro “ecologisti” o si stiano impegnando in qualche nuova provocazione.

Secondo quanto riferiscono media azeri, una delegazione di “eco-attivisti” è stata ricevuta presso un ufficio presidenziale a Shushi e ha avuto indicazioni di interrompere l’azione non più necessaria. Continua però il blocco dell’Artsakh con il checkpoint attivato pochi giorni fa, che ha conseguenze ben più gravi per la popolazione armena dell’Artsakh. Le forze armate azeri, violando l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 e la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia hanno occupato un’area nel Corridoio di Lachin nella quale non dovevano trovarsi, bloccando l’ingresso dall’Armenia. Gli Azeri decideranno loro chi far passare, quali merci ammettere, chi e quanto tassare con imposte doganali o diritti di ingresso. Tutto studiato minuziosamente, tutto avvenuto sotto gli occhi della forza di mantenimento della pace russa. Tempi sempre più duri per l’Artsakh.

Intanto, l’installazione da parte dell’Azerbajgian del posto di blocco al ponte di Hakari, all’inizio sull’unica strada per il Nagorno-Karabakh è iniziata in modo caotico. Il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian nega che la strada sia chiusa, ma non ha aggiornato l’ordinanza che chiude tutti i confini del Paese. Non ha presentato il regime doganale e ora non risponde alle richieste di commento.

Di seguito riportiamo nella nostra traduzione italiana un articolo dell’agenzia statale azera APA, che documento come la farsa prosegue.

Sospesa momentaneamente la protesta degli ecoattivisti sulla strada Lachin-Khankendi
APA, 28 aprile 2023

Ore 18:04

La protesta degli ecoattivisti sulla strada Lachin-Khankendi è stata temporaneamente sospesa dalle 18:00.
L’ufficio del Karabakh dell’APA riferisce che gli eco-attivisti, che stanno conducendo un’azione sulla strada Lachin-Khankendi, lasceranno l’area parte per parte entro pochi giorni. La loro sicurezza è assicurata dalla polizia. Nei prossimi giorni verranno piantati alberi nella zona.

Ore 16.08

Un altro incontro si è tenuto con un gruppo di partecipanti all’azione ambientale di 138 giorni organizzata sulla strada Lachin-Khankendi nella prima metà della giornata del 28 aprile su invito dei rappresentanti statali dell’Azerbajgian.
L’APA riferisce che 10 eco-attivisti che rappresentano i partecipanti all’azione hanno preso parte all’incontro tenutosi nell’edificio amministrativo della rappresentanza speciale del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian nel distretto di Shusha.
Durante l’incontro, il rappresentante speciale del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian nel distretto di Shusha, Aydin Karimov, ha osservato che si è verificata una nuova situazione a causa dell’istituzione di un posto di blocco il 23 aprile da parte delle unità del Servizio di frontiera statale sul territorio sovrano dell’Azerbajgian, al confine con l’Armenia, all’inizio della strada Lachin-Khankendi. Pertanto, ai partecipanti è stato nuovamente offerto di interrompere l’azione.
Gli eco-attivisti hanno affermato di essere molto soddisfatti dell’istituzione di un meccanismo di controllo delle frontiere da parte delle nostre guardie di frontiera all’inizio della strada Lachin-Khankendi, garantendo così la trasparenza, lo stato di diritto e la sicurezza del traffico sulla strada.
Tuttavia, gli eco-attivisti hanno notato che l’azione non ha raggiunto completamente l’obiettivo. Ancora una volta hanno sottolineato di aver chiesto al comando del contingente di mantenimento della pace russo di fermare lo sfruttamento illegale delle nostre risorse naturali nei territori dell’Azerbajgian sotto il controllo temporaneo delle forze di mantenimento della pace russe e di consentire il monitoraggio delle istituzioni competenti dell’Azerbajgian in quei territori.
In risposta alle ripetute chiamate dei rappresentanti statali, i rappresentanti degli eco-attivisti hanno affermato che è necessario condurre consultazioni generali con i partecipanti all’azione al fine di considerare la questione dell’interruzione dell’azione.
Dopo l’incontro svoltosi nella prima metà della giornata, gli ecoattivisti sono tornati nell’area dove si è svolta l’azione umanitaria per consultarsi sui temi discussi.
Dopo la consultazione e la discussione dei partecipanti all’azione, poco prima è stata annunciata la decisione presa dagli ecoattivisti e la dichiarazione dei rappresentanti delle organizzazioni non governative, degli ecoattivisti e dei giovani volontari che hanno partecipato all’iniziativa l’azione è stata letta.
La dichiarazione affermava:
“Rappresentanti di organizzazioni non governative, eco-attivisti e giovani volontari hanno protestato contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali nei territori del contingente russo di mantenimento della pace della Repubblica dell’Azerbajgian, iniziato il 12 dicembre 2022, della strade Lachin-Khankendi che attraversa il territorio di Shusha, per 138 giorni.
In passato, abbiamo lanciato slogan sul saccheggio delle nostre risorse naturali durante l’azione diurna e notturna e abbiamo chiesto alla comunità e alle organizzazioni internazionali di porre fine ai crimini ambientali commessi nei territori dell’Azerbajgian. Come giovani volontari ed eco-attivisti, siamo onorati di trasmettere la richiesta dell’Azerbajgian in questo campo alla comunità mondiale e di condurre la nostra giusta lotta!
Abbiamo sempre sentito il sostegno di nostri concittadini nell’azione ambientale, a cui hanno partecipato migliaia di partecipanti per 138 giorni, e questo supporto ci ha ispirato ancora di più. L’istituzione di un posto di blocco il 23 aprile 2023 da parte delle unità del Servizio di frontiera statale dell’Azerbajgian sul nostro territorio sovrano, al confine con l’Armenia, all’inizio della strada Lachin-Khankendi, ci rende orgogliosi e felici come ogni cittadino di Azerbajgian. Perché la creazione del meccanismo di controllo delle frontiere mira a prevenire qualsiasi provocazione garantendo la trasparenza del traffico su strada, lo stato di diritto e la sicurezza del traffico. Questo passo decisivo volto a prevenire l’illegalità nei territori dell’Azerbajgian significa anche che i partecipanti all’azione hanno parzialmente raggiunto i loro obiettivi.
Vogliamo annunciare che noi, eco-attivisti e giovani volontari, abbiamo parzialmente realizzato le nostre richieste, oltre che tenendo conto dei ripetuti appelli rivoltici dai rappresentanti dello Stato, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente la nostra protesta il 28 aprile 2023 dalle ore 18.00.
Dichiariamo che le nostre richieste al comando del contingente di mantenimento della pace per fermare lo sfruttamento illegale dei giacimenti minerari nei territori dell’Azerbaigian, dove si trova temporaneamente il contingente di mantenimento della pace russo, e per garantire il monitoraggio delle conseguenze ambientali e di altro tipo, rimangono valide, e se queste richieste non vengono soddisfatte, ci riserviamo il diritto di riprendere l’azione!
Esprimiamo la nostra profonda gratitudine ai cittadini dell’Azerbajgian che ci hanno sostenuto per 138 giorni, a coloro che hanno contribuito a garantire la nostra sicurezza nell’area, agli operatori sanitari volontari che tutelano la nostra salute e ai mass media locali e stranieri che hanno trasmesso le esigenze della nostra azione alla comunità mondiale!
Dichiariamo ancora una volta:
Stop all’eco-criminalità!
L’Azerbajgian è sveglio, sostiene la sua ricchezza!
L’Azerbajgian è unito, ha la sua ricchezza!
28 aprile 2023″.

Metz Yeghern, il Cardinal Koch: il genocidio armeno fu un martirio ecumenico
A Roma la preghiera per i martiri del “Grande Male”, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di armeni. Nella sua omelia, il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900
di Marco Guerra
Vatican News, 27 aprile 2023


“Con l’intercessione, il ricordo e le preghiere dei Santi martiri del Genocidio Armeno che commemoriamo oggi, i quali hanno sacrificato la vita per la loro fede ed eredità. O Signore, concedici la tua pace e grande misericordia”. È stato questo uno dei passaggi più significativi della preghiera ecumenica per i martiri del genocidio armeno, che nel pomeriggio di giovedì 27 aprile è risuonata tra le mura della Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma.

Il contesto della cerimonia e il genocidio

La celebrazione ecumenica organizzata dalla Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, il Pontificio Collegio Armeno in Roma e le ambasciate della Repubblica d’Armenia in Italia e presso la Santa Sede rientra nella cornice delle commemorazioni del 108.mo anniversario del “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, ovvero l’olocausto di un milione e mezzo di armeni per mano del governo ottomano dell’epoca. Ebbe inizio il 24 aprile 1915, data in cui furono arrestate tutte le personalità di spicco della comunità armena di Istanbul – intellettuali, studiosi, politici – che poi furono successivamente portate fuori dalla metropoli sul bosforo per essere massacrate. Questa data è diventata così la giornata della memoria, molto sentita sia in Armenia sia fra le comunità di esuli in tutto il mondo.

Il cardinale Koch: “L’armenicidio” fu l’inizio di tante persecuzioni

Momento centrale della cerimonia tenutasi nella Basilica dedicata alla memoria dei martiri è stata l’omelia del Cardinale Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha presieduto l’intera cerimonia ecumenica. Il porporato ha messo subito in evidenza che i cristiani che hanno dato la loro vita per la fede non sono caduti nel nulla e che il genocidio armeno è stato la prima grande persecuzione anti cristiana del Novecento, un secolo in cui “la cristianità è diventata ancora una volta una Chiesa martire, principalmente a causa delle dittature anticristiane e neopagane del nazionalsocialismo e del comunismo sovietico”. “La tragica storia del martirio di tanti cristiani è iniziata con ‘l’armenocidio’ – ha spiegato il cardinale -, il genocidio del popolo armeno all’inizio del XX secolo. Questo terribile evento ci ricorda quello che nella fede cristiana merita di essere chiamato martirio”.

L’ecumenismo del martirio

Il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato quindi che il martirio del cristiano non è contraddistinto dal disprezzo per la vita e dal desiderio di morte ma dall’amore. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici, in queste parole di Gesù si riassume tutto il mistero del martirio cristiano”, ha sottolineato il porporato attingendo dal Vangelo. “La croce di Gesù Cristo è l’amore nella sua forma più radicale; e Gesù si pone davanti ai nostri occhi come il primo martire”, sottolinea poi il Cardinal Koch, “il martirio cristiano è la libera accettazione della morte per amore della fede”. In quest’ottica il prefetto ha riconosciuto “il grande debito di gratitudine verso i cristiani armeni per aver testimoniato con la loro vita cosa significa il martirio”. Ma la lezione più importante che arriva dai martiri armeni è di aver mostrato “che tutte le Chiese cristiane, la Chiesa Apostolica Armena come pure la Chiesa Cattolica Armena, hanno i loro martiri della fede e, di conseguenza, che il martirio è ecumenico”. “L’ecumenismo dei martiri, o come dice Papa Francesco, l’ecumenismo del sangue – ha aggiunto – è dunque senza dubbio il segno più convincente dell’ecumenismo odierno”.

Tanti cristiani subiscono ancora il martirio

Il Cardinal Koch ha osservato inoltre che i cristiani armeni hanno anche mostrato che un simile martirio può essere sopportato solo se è sostenuto dalla fiducia nella promessa della fede cristiana, che si esprime nel Vangelo di oggi con la bella immagine delle dimore: “La triste ipotesi che ai persecutori, ai carnefici e agli assassini sia permesso di trionfare sulle loro vittime nell’eternità è del tutto in contrasto con la promessa cristiana delle dimore celesti”. Infine il Prefetto si è rivolto ai martiri armeni come intercessori e per chiedere loro, nella loro dimora celeste, “di accompagnarci oggi nella nostra testimonianza di fede con la loro preghiera e, soprattutto, di sostenere i tanti cristiani che nel mondo odierno sono perseguitati e devono subire il martirio”.

L’impegno dell’Armenia per evitare nuovi genocidi

In apertura della cerimonia hanno espresso i loro saluti Garen Nazarian, Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede, e Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia. I due diplomatici hanno ricordato i pericoli che ancora corre la popolazione dell’Armenia a causa degli attacchi nei confronti della popolazione del Nagorno-Karabakh e della retorica anti-armena presente in alcune aree del Caucaso. Gli ambasciatori hanno quindi ribadito lo sforzo del governo armeno “per la giustizia, il conoscimento della verità, la prevenzione di nuovi genocidi e crimini contro l’umanità, e la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza per motivi etnici, religiosi e razziali”.

“L’Armenia si impegna per raggiungere la pace e la stabilità nella regione del Caucaso”: la risposta dell’Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede al suo omologo azero pubblicato oggi 28 aprile 2023 sul Faro di Roma:
«Sono innanzitutto grato per avere, come già in passato, l’opportunità di presentare il punto di vista dell’Armenia in merito alla soluzione di questioni esistenti e che rivestono un’importanza vitale, tra cui i diritti e la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh per raggiungere una pace globale e sostenibile nella regione. Purtroppo, il neo ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede Mukhtarov continua a diffondere sulla stampa locale narrazioni prive di fondamento, esponendo chiaramente quanto il suo Paese sia lontano dalla pace e quali, invece, siano le reali intenzioni dei suoi leader.
Più di una volta l’Armenia ha ribadito il suo impegno nel processo di pace, sottolineando l’importanza che l’Azerbajgian abbandoni le sue aspirazioni massimaliste, la sua politica aggressiva e la sua retorica bellicosa nei confronti della popolazione del Nagorno-Karabakh e dell’integrità territoriale della Repubblica di Armenia.
Nel contesto del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian in corso ormai da quattro mesi, l’Armenia si aspetta iniziative concrete da parte dell’Azerbajgian verso l’attuazione degli impegni assunti e, in particolare, il rispetto della decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023 di ripristinare la libera circolazione lungo il Corridoio di Lachin, rigorosamente in linea con le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 firmata dai leader di Azerbajgian, Russia e Armenia.
A oggi le continue aggressioni militari dell’Azerbajgian, come la recente provocazione dell’11 aprile scorso nel territorio della Repubblica d’Armenia, nell’area del villaggio di Tegh nella regione di Syunik, compromettono i nostri sforzi e quelli dei partner internazionali per raggiungere una pace sostenibile.
E le violazioni di altre disposizioni della citata Dichiarazione trilaterale non finiscono qui. Vorrei ricordare a Ilgar Mukhtarov che, in barba ai numerosi appelli della comunità internazionale e di rinomate organizzazioni per i diritti umani che hanno presentato casi di trattamenti inumani, l’Azerbajgian continua a detenere illegalmente in ostaggio prigionieri di guerra e civili armeni contro cui vengono orchestrati processi farsa.
Nonostante tutte le difficoltà, la parte armena si impegna ed è pronta a compiere ogni tentativo necessario per raggiungere la pace e la stabilità nella nostra regione».

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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