Per il presidente Mattarella la Resistenza fu moto di popolo

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In mattinata a Roma il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella ha deposto una corona al Milite ignoto ed al termine della cerimonia, affiancato dal ministro della Difesa Crosetto, ha ricevuto nuovamente gli onori militari ed ha ascoltato l’inno nazionale.

Successivamente il presidente Mattarella ha salutato con una stretta di mano la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il presidente della Camera Lorenzo Fontana e la presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, trattenendosi per un breve scambio di battute ai piedi dell’Altare della Patria.

Nel pomeriggio si è recato in Piemonte per le celebrazioni del 78^ anniversario della Liberazione a Cuneo e a Boves, dove ha ricordato che la Resistenza fu un ‘moto di popolo’, una ‘rivolta morale di patrioti contro il fascismo per il riscatto nazionale’, citando Piero Calamandrei in discorso pronunciato agli studenti nel 1955:

“Ed è qui allora, a Cuneo, nella terra delle 34 Medaglie d’oro al Valor militare e dei 174 insigniti di Medaglia d’argento, delle 228 Medaglie di bronzo per la Resistenza. La terra dei 12.000 partigiani, dei 2.000 caduti in combattimento e delle 2.600 vittime delle stragi nazifasciste.

E’ qui che la Repubblica oggi celebra le sue radici, celebra la Festa della Liberazione. Su queste montagne, in queste valli, ricche di virtù di patriottismo sin dal Risorgimento. In questa terra che espresse, con Luigi Einaudi, il primo Presidente dell’Italia rinnovata nella Repubblica”.

Ha ricordato il gesto compiuto nella mattinata: “Stamane, con le altre autorità costituzionali, ho deposto all’Altare della Patria una corona in memoria di quanti hanno perso la vita per ridare indipendenza, unità nazionale, libertà, dignità, a un Paese dilaniato dalle guerre del fascismo, diviso e occupato dal regime sanguinario del nazismo, per ricostruire sulle macerie materiali e morali della dittatura una nuova comunità”.

Ricordando il discorso pronunciato il 26 luglio 1943 da Duccio Galimberti, il presidente della Repubblica ha sottolineato che la Resistenza fu un ‘moto’ di popolo contro il rinnegamento dei valori risorgimentali: “Dopo l’8 settembre il tema fu quello della riconquista della Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d’ordine del fascismo:

il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali che animavano, invece, il Risorgimento dei moti europei dell’800; il mito della violenza e della guerra; il mito dell’Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno d’Africa e nei Balcani.

Combattere non per difendere la propria gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere libertà ad altri. La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale. Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti”.

La Resistenza coinvolse tutti gli italiani: “Chiamò a raccolta i giovani della generazione del viaggio attraverso il fascismo, che ne scoprivano la natura e maturavano la scelta di opporvisi. La generazione, “sbagliata” perché tradita. Giovani ai quali Concetto Marchesi, rettore dell’Ateneo di Padova si rivolse per esortarli, dopo essere stati appunto ‘traditi’, a ‘rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano’.

Fu un moto che mobilitò gli operai delle fabbriche. Coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le più dure rappresaglie (nel Cuneese quasi 5.000 i patrioti e oltre 4.000 i benemeriti della Resistenza riconosciuti)”.

Ed ha ricordato Boves, città martire: “Lì si scatenò quella che fu la prima strage operata dai nazisti in Italia.Una strage che colpì la popolazione inerme e coloro che avevano tentato di evitarla: Antonio Vassallo, don Giuseppe Bernardi, ai quali è stata tributata dalla Repubblica la Medaglia d’oro al Valor civile; don Mario Ghibaudo. I due sacerdoti, recentemente proclamati beati dalla Chiesa cattolica, testimoni di fede che non vollero abbandonare il popolo loro affidato, restarono accanto alla loro gente in pericolo”.

Ma da lì è ripartita la speranza: “E da Boves vengono segni di un futuro ricco di speranza: la Scuola di pace fortissimamente voluta dall’Amministrazione comunale quasi quarant’anni or sono e il gemellaggio con la cittadina bavarese di Schondorf am Ammersee, luogo dove giacciono i resti del comandante del battaglione SS responsabile della feroce strage del 19 settembre 1943”.

Dopo Boves ha ricordato Borgo San Dalmazzo, che richiama il dramma degli ebrei: “Borgo San Dalmazzo, dove il binario alla stazione ferroviaria è richiamo quotidiano alla tragedia della Shoah. Cuneo, dopo Roma e Trieste, è la terza provincia italiana per numero di deportati nei campi di sterminio in ragione dell’origine ebraica.

Accanto agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire alla cattura, la più parte di loro era di nazionalità polacca, francese, ungherese e tedesca. Si trattava di ebrei che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio dalla Francia in Italia ma dovettero fare i conti con la Repubblica di Salò. Profughi alla ricerca di salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti”.

Dalla Resistenza è nata una ‘nuova’ Italia: “La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio della prevalenza sullo Stato della persona e delle comunità, guardando alle autonomie locali e sociali dell’Italia come a un patrimonio prezioso da preservare e sviluppare.

Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il principio della sovranità e della dignità di ogni essere umano, sulla pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al servizio di uno Stato in cui l’uomo appare soltanto un ingranaggio. Il frutto del 25 aprile è la Costituzione. Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo”.

Da questa visione ‘costituzionale’ nacque l’Italia: “Sulla scia di quei ‘visionari’ che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l’Italia che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo la coesione sociale su cui si regge la nostra comunità nazionale.

Rendono onore alla Resistenza i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti. Le rendono onore le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana.

Le rendono onore quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva. Il popolo del volontariato che spende parte del proprio tempo per aiutare chi ne ha bisogno. I giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente. Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni rendono onore alla liberazione della Resistenza”.

(Foto: Quirinale)

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