Papa Francesco invita a seguire l’esempio di Armida Barelli

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“Beatissimo Padre, carissimo papa Francesco, è davvero grande la gioia di poterLa incontrare in questa giornata di ringraziamento per la beatificazione di Armida Barelli. Ed è con enorme emozione che Le porgo il saluto di tutti i presenti, giunti in migliaia da tutte le parti d’Italia (e non solo), segno dell’affetto e della devozione che ci lega alla beata, e che supera i confini nazionali.

Qui davanti a lei sono presenti i ragazzi, i giovani, gli adulti, gli adultissimi e gli assistenti dell’Azione cattolica italiana, insieme a una rappresentanza del Forum internazionale di Azione cattolica; sono presenti le missionarie e gli assistenti dell’Istituto secolare delle Missionarie della regalità di Cristo; sono presenti, le studentesse e gli studenti, i docenti, il personale tecnico amministrativo e gli assistenti dell’Università cattolica del Sacro cuore”.

Così Emanuela Gitto, vice presidente per i giovani dell’Azione Cattolica Italiani, ha salutato papa Francesco in piazza san Pietro alla presenza di 12.000 aderenti per ringraziarlo di una beatificazione che il popolo di Azione Cattolica Italiana, insieme all’Università cattolica del Sacro cuore e l’Istituto Missionarie della regalità di Cristo, sentono davvero molto.

Volti giovani, bei ragazzi e belle ragazze in festa per la ‘Sorella maggiore’ (com’è ricordata affettuosamente in Azione Cattolica) che ha avuto un momento iniziale di animazione e di testimonianza nella preghiera, con le parole dell’assistente ecclesiastico generale di Azione Cattolica Italiana ed Università cattolica, mons. Claudio Giuliodori, e poi a seguire l’incontro con Francesco. Ha concluso il momento di festa e ringraziamento la messa presieduta dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini.

Insomma, una lettura a più voci, che hanno tracciato l’attualità della sua figura per la Chiesa ma anche per la società di oggi, insistendo sui temi della vocazione laicale, di una spiritualità in grado di tenere insieme fede e vita e di una scommessa su formazione e cultura in grado di rispondere alle sfide poste dai tempi presenti, come ha ricordato nella conclusione Emanuela Gitto:

“Le opere che durante la sua vita contribuì a realizzare dimostrano la sua fede incrollabile, il suo amore alla Chiesa, al Papa e al tempo difficile in cui ha vissuto: la Gioventù femminile di Azione cattolica, l’Istituto secolare delle Missionarie della regalità e l’Università cattolica del Sacro cuore, la cura per la partecipazione alla liturgia, il sostegno delle missioni, sono il frutto della vocazione laicale che maturò in Armida lungo tutta la vita, consacrata al Signore.

La beata ha sempre lavorato in un costante dialogo personale con il papa, collaborando con vescovi e sacerdoti fondamentale la forte amicizia con padre Agostino Gemelli, e soprattutto ha lavorato insieme a tante giovani donne con cui condivise la responsabilità, aprendo vie nuove, anticipando il Concilio Ecumenico Vaticano II, sempre mossa dall’Amore di Dio, docile all’azione dello Spirito”.

Nel discorso papa Francesco ha definito Armida Barelli donna della generatività: “La donna è custode privilegiato della generatività (lo sappiamo) che si può realizzare grazie al dialogo di reciprocità con l’uomo. La Barelli è stata tessitrice di grandi opere e lo ha fatto realizzando una trama formidabile di relazioni, girando in lungo e in largo l’Italia e tenendo contatti con tutti. Lo documentano le sue numerose e appassionate lettere.

Oggi non mancano, purtroppo, spinte di segno contrario, ossia de-generative. Sono molto dannose per la vita familiare, ma si possono osservare anche a livello sociale, nelle polarizzazioni e negli estremismi che non lasciano spazio al dialogo e hanno un effetto disumanizzante. Non lasciare spazio al dialogo: pensiamo un po’ a questo”.

E non ha dimenticato lo spirito con cui ha dato vita all’Università Cattolica: “Anche rispetto al tema della leadership femminile in ambito ecclesiale e sociale, di cui la Barelli può essere considerata formidabile anticipatrice, abbiamo bisogno di un modello integrato, che unisca la competenza e la prestazione, spesso associate al ruolo maschile, con la cura dei legami, l’ascolto, la capacità di mediare, di mettere in rete e di far crescere le relazioni, a lungo ritenute appannaggio del genere femminile e spesso sottovalutate nel loro valore produttivo. Insomma, anche in questo caso è l’integrazione, la reciprocità delle differenze a garantire generatività anche in campo sociale e lavorativo…

In particolare la Barelli, attraverso l’Ateneo, ha contribuito a formare la coscienza civile in centinaia di migliaia di giovani, tra cui molte donne. Un’opera che diventerà particolarmente visibile nel momento in cui, terminata la guerra, si tratterà di ricostruire il Paese avviando un processo democratico. Ancora oggi abbiamo bisogno di donne che, guidate dalla fede, siano capaci di lasciare il segno nella vita spirituale, nell’educazione e nella formazione professionale”.

Mentre  rivolgendosi ai giovani dell’Azione Cattolica Italiana ha messo in evidenza il suo apostolato: “Sappiamo che il Regno di Dio germoglia, cresce e fruttifica continuamente dappertutto: la vita di Armida Barelli esprime questa dinamica e ci permette di contemplare come il Signore compia cose grandi quando le persone si rendono disponibili e docili alla sua volontà, impegnandosi con umiltà, creatività e intraprendenza.

La sua biografia narra di una grande perseveranza nel cercare di rimanere con il Signore, come un tralcio nella vite, e mostra il suo desiderio di condividere questa esperienza con tanti altri. Rimanere nel Signore come un tralcio nella vite”.

E’ un invito a non vivere in maniera comoda: “Armida scrive che, dopo aver accolto la proposta del Papa di fondare la Gioventù Femminile in Italia, sente ‘di non appartenersi più’, di dover fare della propria esistenza un dono per gli altri, di essere lei stessa ‘una missione’, al di là dei suoi limiti e delle sue imperfezioni…

Risuona così ancora oggi l’invito della Beata a non accontentarsi di vivere in modo accomodante, adagiandosi tra compromessi e auto-assoluzioni (‘non ce la faccio’, ‘non sono all’altezza’, ‘non ho tempo’ e così via), ma a vivere piuttosto da apostoli della e nella gioia”.

E’ un invito ad essere apostoli: “Essere apostole e apostoli vuol dire essere laiche e laici con passione, appassionati del Vangelo e della vita, prendendosi cura della vita buona di tutti e costruendo percorsi di fraternità per dare anima a una società più giusta, più inclusiva, più solidale.

Ed è importante fare tutto questo insieme, nella bellezza di un’esperienza associativa che, da un lato, allena a saper ascoltare e dialogare con tutti e, dall’altro, esprime quel ‘noi più grande’ che educa alla vita ecclesiale, vita di popolo che cammina insieme”.

Infine ha chiesto  alle Missionarie della Regalità di Cristo di non tradire la ‘profezia’ di Armida Barelli: “La consacrazione secolare è paradigma di un nuovo modo di vivere da laici nel mondo: laici capaci di scorgere i semi del Verbo dentro le pieghe della storia, impegnati ad animarla dall’interno come lievito, capaci di valorizzare i germi di bene presenti nelle realtà terrene come preludio del Regno che viene, promotori dei valori umani, tessitori di relazioni, testimoni silenziosi e fattivi della radicalità evangelica…

Armida è stata capace di leggere i segni dei suoi tempi e i bisogni più urgenti: pensiamo al bisogno di una rinnovata cura della spiritualità; pensiamo alla formazione e alla chiamata all’impegno per le giovani donne; pensiamo alla sfida educativa e al sogno di una università cattolica in Italia; pensiamo alla passione per il mondo, a partire dalla certezza dell’universalità del messaggio di Cristo. Questi bisogni furono per Armida Barelli terreno di impegno e di missione”.

Quello tracciato da Armida Barelli è un nuovo stile di Chiesa: “Così lei anticipò i tempi del Concilio Vaticano II, mettendo in pratica uno stile comunitario in cui donne e uomini, giovani e adulti, laici e sacerdoti, collaborano insieme per il fine apostolico della Chiesa, tutti insieme protagonisti della stessa missione in virtù del Battesimo.

Spesso facciamo fatica a intraprendere una strada di impegno, perché pensiamo di non essere mai all’altezza, nelle scelte personali e in quelle del servizio alla comunità. Se Armida fosse qui a parlare oggi, ci direbbe ancora che se ci affidiamo al Signore nulla è impossibile. Affidarsi a Lui non è una delega, è un atto di fede che dà vigore e dà slancio alla speranza e all’azione”.

(Foto: Santa Sede)

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