Caritas abita il territorio nella relazione

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Ieri si è concluso a Salerno il 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, dal titolo ‘Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni’, che ha visto per quattro giorni incontrarsi, confrontarsi e riflettere insieme 660 tra direttori e membri di équipe di 173 Caritas diocesane di tutta Italia.

Ad aprire l’ultimo giorno la lectio di don Francesco Picone (vicario generale e moderatore della curia della diocesi di Aversa), e la testimonianza di Elisabetta Chiabolotti, che ha raccontato la sua storia di rinascita dopo un male che l’aveva tenuta in coma per un anno.

Il Convegno è stato chiuso dalla concelebrazione eucaristica presieduta da mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas Italiana e arcivescovo di Gorizia, Capitale europea della Cultura per il 2025 con Nova Gorica in Slovenia, che sarà sede del prossimo convegno nazionale delle Caritas diocesane.

Un ulteriore stimolo è arrivato poi dalla tavola rotonda, nella quale quattro giovani della delegazione regionale delle Caritas della Campania hanno portato le loro proposte per una Caritas che sia realmente ‘giovane’ e che ‘li aiuti a realizzare i loro sogni’, che li ‘coinvolga di più’, perché vogliono ‘essere allenati alla carità’.

Negli ‘orientamenti’ finali, presentati dal prof. Carmine Matarazzo (ordinario di Teologia pastorale alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale), si è fatta sintesi dei 41 tavoli di confronto del giorno prima, incentrati su 5 nuclei tematici: ‘prendersi cura’, l’educazione come ‘realtà dinamica’, sui giovani ‘capaci di sognare’, su ‘solidarietà e globalizzazione’ ed infine sul ‘costruire insieme futuro’.

Infine don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ha indicato le proposte per continuare il cammino nei prossimi mesi: “attuare un piano di corresponsabilità, che parta dalle scelte di rimuovere i ‘macigni’ e ricomporre le ‘fratture’ che ci impediscono di andare avanti, imparando a discernere insieme, a coprogettare e creare reti comunitarie…

Occorre passare dal fare il bene al volere bene, nella prospettiva dell’annuncio del Vangelo, perché gli altri ci stanno a cuore, ci interessano, e perché chi è amato bene, a partire dai poveri, si ricorda di questo amore e lo trasmette agli altri”.

Durante i giorni del convegno la testimonianza di riscatto di Blessing Okoedion, che ha raccontato la sua storia prima come vittima della tratta e costretta alla prostituzione, passando poi per la denuncia dei suoi aguzzini fino alla laurea in Italia e alla nuova famiglia. Con lei suor Rita Giaretta, che da oltre 20 anni accoglie e accompagna giovani donne vittime di tratta:

“Almeno per me posso dire che sono state proprio loro, queste giovani donne prostituite, nostre sorelle, a scuotere la mia vita di donna e di consacrata, a risvegliare la mia umanità e a tenere viva e appassionata la mia fede. Sono state proprio loro, queste giovani donne: Joy, Jumi, Racheal, Mirela, Blerina, Vera, Blessing… che mi hanno provocato a guardare e a ‘toccare’ le fragilità, le tante ferite che abitano la loro vita, ma anche a riconoscere le nostre, che spesso nascondiamo o non vogliamo vedere…

Sono loro che ci hanno insegnato a non sentirci noi le salvatrici, i salvatori, a non sentirci noi i buoni, i migliori, quelle e quelli che stanno dalla parte giusta, ….magari con la scusa di essere di Dio perché battezzati, o perché praticanti, magari religiose o operatori Caritas….illudendoci così di poter essere cristiani senza essere umani”.

Quindi è il tempo favorevole per ‘abitare il territorio’: “E’ oggi il tempo favorevole per osare come chiesa, come Caritas, nuovi cammini di umanità, percorrendoli, non da solitari, ma insieme, con audacia, creatività e fiducia…anche ‘sconfinando’ dai percorsi abituali, purché si realizzi il sogno di Dio: mai più schiave e schiave… ma sorelle e fratelli tutti”.

Il convegno è stato aperto dal vescovo di Acerra, mons. Antonio Di Donna, presidente della Conferenza episcopale campana, che ha sottolineato la voce profetica della Chiesa campana: “La Campania ha avuto il merito, o il demerito … dipende dall’ottica in cui ci si pone, di avere scoperchiato il pentolone del dramma dell’inquinamento ambientale, con malattie e morti, soprattutto di ragazzi, con le sofferenze della gente, che in parte ancora soffre, e che si è rivolta alla Chiesa, alle nostre Chiese.  

E’ cominciato tutto con qualche voce profetica, che ringraziamo, nella nostra regione, ma poi è continuato con un cammino di Chiesa, sia della Conferenza episcopale campana, come ho detto, sia delle dieci diocesi interessate più direttamente. Oggi non c’è più solo una voce isolata, grazie anche alle madri coraggio, ai medici per l’ambiente.

Oggi è un cammino di Chiesa, che noi offriamo a tutti voi, delegati e delegate dalle Caritas italiane. Un cammino che ha visto, e vede ancora, i vescovi che si incontrano su questo tema, con il coinvolgimento dei presbiteri e dei diaconi, perché nella predicazione, e soprattutto nella catechesi, entri l’educazione alla custodia del creato.

Ci ha accompagnato in questi anni, certo, la denuncia, ma soprattutto lo sforzo educativo, attraverso anche un sussidio catechistico apposito, che stiamo elaborando per i cammini di fede delle nostre comunità, per l’educazione alla custodia del creato alla luce della bellissima Laudato sì”.

Ed ha raccontato la ‘battaglia’ per la salvaguardia dell’ambiente: “E’ un cammino che la Cei in parte ha fatto suo. Ad Acerra tre anni fa si tenne il primo seminario su questo tema, e proprio il mese scorso, ne è testimone monsignor Redaelli, la stessa Cei, in particolare la Commissione per la carità e la salute, insieme a quella per i problemi sociali e la pastorale del lavoro, ha svolto a Vicenza il secondo seminario.

E perché a Vicenza? Perché si tratta di una terra segnata dal dramma di una sostanza velenosa, Pfas, che entra nel sangue, specialmente dei ragazzi. E grazie soprattutto alle madri di questi ragazzi è venuto fuori il tema. Sì, cari amici, lo dico in particolare a voi del Nord e del Centro soprattutto: non c’è la ‘Terra dei fuochi’, ma in Italia ci sono più ‘Terre dei fuochi’, e bisogna smetterla con l’attribuire soltanto al nostro territorio questo marchio, in parte infamante, come se si trattasse di un fatto solo nostro.

E lo dico ormai sulla base di dati scientifici, perché il ministero, una volta dell’Ambiente, oggi della Transizione ecologica, pubblica periodicamente, con la rivista «Sentieri», l’aggiornamento dei siti inquinati in Italia, e sono più di 50, equamente distribuiti al Nord, al Centro e al Sud. Per cui, il cammino che stiamo facendo noi può essere utile per le altre zone d’Italia e al loro impegno sul fronte dell’inquinamento ambientale”.

(Foto: Caritas)

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