Messaggi di pace per la conclusione del Ramadan

L’educazione delle future generazioni, il rispetto della diversità nella consapevolezza che le differenze possono sembrare talvolta una minaccia, il comune obiettivo della cura della casa comune: sono stati alcuni dei passaggi del messaggio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso in occasione del mese di Ramadan e ʿīd al-fiṭr, conclusosi venerdì 21 aprile, a firma del prefetto, card. Miguel Ángel Ayuso Guixot, e del segretario, mons. Indunil Kodithuwakku Janakaratne Kankanamalage.
Il messaggio aveva sottolineato che il mese di Ramadan ‘è importante’ non solo per i fedeli musulmani, ma ‘anche per i vostri amici, vicini e credenti di altre religioni, in particolare per i cristiani’, perché in questo tempo ‘si rafforzano le amicizie esistenti e se ne costruiscono altre, aprendo la strada a una convivenza più pacifica, armoniosa e gioiosa, e tutto ciò corrisponde alla volontà divina per le nostre comunità, per tutti i membri e le comunità dell’unica famiglia umana’.
E per la conclusione del mese di Ramadan l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha inviato un messaggio ai fedeli e ai responsabili delle 150 comunità musulmane presenti a Milano e nel territorio della diocesi: “Come gli scorsi anni, siamo stati chiamati a celebrare i momenti fondamentali della nostra fede, per noi cristiani la Quaresima e le feste pasquali, per voi il mese sacro di Ramadan, quasi in sovrapposizione. Una circostanza temporale che è molto di più di una semplice coincidenza”.
Ricordando il pellegrinaggio dello scorso febbraio in Marocco con i sacerdoti diocesani del primo decennio di ordinazione, mons. Delpini ha sottolineato l’importanza del dialogo interreligioso non solo per ambire alla pace, ma perché, scrive citando il monaco Christian de Chergé, ‘Dio ci attende per rivelarsi a noi nel crogiolo della differenza’:
“L’esperienza vissuta in Marocco mi ha fatto comprendere che non si dialoga soltanto perché bisogna fare la pace: questo è il livello zero del dialogo. Si dialoga perché Dio ci attende per rivelarsi a noi nel crogiolo della differenza.
E sono sicuro che i tanti incontri avvenuti nelle terre ambrosiane tra le comunità cristiane e le comunità musulmane, generati proprio dal tempo di Quaresima e di Ramadan, ci hanno fatto crescere in questa esperienza di dialogo, che è prima di tutto un percorso spirituale, un itinerario di conversione a Dio. Rendiamo grazie a Dio per questo cammino”.
Anche da Torino mons. Roberto Repole ha scritto ai mussulmani, mettendo in relazione la fine del Ramadan con il termine della Quaresima, che contemplano il digiuno, la preghiera e l’elemosina: “Vi scrivo per porgevi gli auguri miei personali e della Chiesa cattolica di Torino mentre volge al termine il digiuno del mese del Ramadan e vi preparate a celebrare la festa di Eid al-fitr.
Mese importante di digiuno, non solo di astensione da cibi e bevande ma anche di autodisciplina, per rafforzare il vostro spirito a rigettare le abitudini e le azioni cattive contro il prossimo. Mese della preghiera, per adorare e lodare Dio e consolidare la fede. Mese dell’elemosina, per imparare la solidarietà verso i bisognosi.
Anche noi cristiani abbiamo concluso da pochi giorni la Quaresima e abbiamo celebrato la festa della Pasqua. In questo tempo anche noi siamo stati più assidui nell’adorazione e nella lode di Dio con la preghiera e abbiamo rinnovato la nostra volontà di servire il prossimo, qualunque persona bisognosa, senza distinzioni”.
Nel messaggio mons. Repole ha ricordato l’importanza del ‘documento sulla fratellanza umana’: “Sono trascorsi soltanto quattro anni da quando papa Francesco e il Grande Imàm di al-Azhar Ahmed al Tayyeb hanno firmato congiuntamente il ‘Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’…
Accogliamo dunque con mente pronta e cuore generoso la loro esortazione a perseverare nel dialogo fraterno tra credenti in Dio e a collaborare insieme, affinché tutti gli uomini davvero possano accogliere questo importante messaggio di fratellanza e di pace universale che Dio ci dona”.
E da Bologna il card. Matteo Zuppi ha rivolto un augurio di benessere ai mussulmani (kull ‘am wa-antum bi-khayr, cioè ‘vi auguro di stare bene per tutto l’anno che viene’): “Questa è una bella espressione, che possiamo scambiarci gli uni gli altri, cristiani e musulmani, credenti, non credenti, diversamente credenti.
E’ un augurio pieno di speranza, anche se siamo consapevoli che le nostre vite, individuali e collettive, sono segnate da tante difficoltà. Noi non siamo padroni assoluti del nostro destino, possiamo e dobbiamo sforzarci di costruire un futuro migliore, per noi e per i nostri figli, ma non abbiamo la proprietà del tempo, come se fosse un conto in banca”.
Ed ha sottolineato l’importanza di un ben augurio tra i vicini di casa: “Il vicino non è mai un estraneo: si deve gioire con lui, consolarlo se soffre, visitarlo se ammalato, dare un’occhiata alla casa quando lui non c’è, rispettarlo nella sua intimità famigliare.
Sono le buone pratiche della cultura islamica, che ritrovo in quella cristiana e nei principi laici di una sana cittadinanza. Vi esorto dunque non solo ad augurare il bene ma anche a fare il bene a tutti, partendo dai vostri vicini. Kull ‘am wa-antum bi-khayr!”