Papa Francesco: imitate i missionari

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Ieri papa Francesco ha incontrato i pellegrini della diocesi di Crema, nel ricordo del martirio del beato p. Alfredo Cremonesi che ‘ha incarnato la pietà robusta, il lavoro generoso, la vita semplice e il fervore missionario, virtù solide della sua terra’, ucciso in Myanmar il 7 febbraio 1953 e della violenza che ancora oggi sconvolge la vita della popolazione birmana, dopochè era stato rimandato a causa della pandemia:

“Come sapete, è una terra tormentata, questa, che porto nel cuore e per la quale vi invito a pregare, implorando da Dio il dono della pace. Dunque la pandemia ci ha costretti a rimandare il nostro incontro ad oggi. Anche questo però è un anno speciale: infatti, proprio in questi mesi ricorrono i settant’anni dal martirio del beato Alfredo, avvenuto il 7 febbraio 1953 a Donoku.

In quel villaggio di montagna padre Cremonesi ha lavorato per gran parte della sua vita, e ci è tornato più volte, nonostante mille difficoltà e pericoli, per stare vicino alla sua gente e per costruire e ricostruire quello che la guerra e la violenza continuavano a distruggere.

Colpisce, di padre Alfredo, la tenacia con cui ha esercitato il suo ministero, donandosi senza calcoli e senza risparmio per il bene delle persone a lui affidate, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici. Un uomo universale, per tutti”.

Il papa ha sottolineato ai fedeli cremaschi le sue ‘virtù’ eroiche: “Ha certamente incarnato così, in modo esemplare, le virtù solide della sua terra cremasca: la pietà robusta, il lavoro generoso, la vita semplice e il fervore missionario. Ha seminato comunione, sapendosi adattare a un mondo completamente nuovo per lui e facendolo proprio, con amore. Ha esercitato la carità specialmente verso i più bisognosi, ritrovandosi più volte senza nulla, costretto lui stesso a mendicare”.

E non ha mancato di sottolineare il suo coraggio contro il regime per educare i giovani: “Si è speso per l’educazione dei giovani e non si è lasciato intimidire né scoraggiare da incomprensioni e opposizioni violente, fino alla raffica di mitra che lo ha stroncato. Ma anche questa estrema violenza non ha fermato il suo spirito e non ha zittito la sua voce”.

Il suo coraggio ha indotto altri missionari a seguire la sua azione: “Essa infatti ha continuato a parlare attraverso chi ha seguito le sue orme: tra questi missionari è presente oggi p. Andrea Mandonico e, anche se non ha potuto essere qui con noi, non dimentichiamo p. Pierluigi Maccalli, per due anni prigioniero in Niger e in Mali, per la cui liberazione avete pregato tanto! La voce missionaria di p. Alfredo, però, non è affidata solo a loro: è affidata a tutti noi, a tutti voi, alle vostre parole e soprattutto al vostro vissuto di comunità cristiana”.

Ha ricordato anche il suo ardore missionario nell’evangelizzare, riportando una sua frase: “In queste parole sono riassunte alcune caratteristiche importanti del missionario, su cui vi invito a riflettere e che vi invito a fare vostre: l’umile consapevolezza di essere un piccolo strumento nelle grandi mani di Dio;

la gioia di svolgere un ‘meraviglioso lavoro’ facendo incontrare fratelli e sorelle con Gesù; lo stupore davanti a quello che il Signore stesso opera in chi Lo incontra ed accoglie. Umiltà, gioia e stupore: tre bellissimi tratti del nostro apostolato, in ogni condizione e stato di vita”.

E’ stata, insomma, un’esortazione a comunicare il Vangelo con tutti gli strumenti a disposizione: “Vi esorto a coltivare la comunione, tra le persone e tra le comunità, nell’aiuto reciproco, nella collaborazione, anche nell’apertura a vie nuove, in un mondo che cambia sempre più velocemente. Non abbiate paura di tradurre valori antichi in linguaggi moderni, perché possano giungere a tutti, e perché tutti possano gustarne e goderne i benefici”.

In particolare ha chiesto una particolare attenzione verso giovani ed anziani: “Cercate di essere sempre accoglienti e inclusivi con chi bussa alla vostra porta; di curare in particolare l’educazione dei giovani, aiutandoli a ‘tirare fuori’ il meglio di sé e a trovare il progetto di Dio nella loro vita, facendone una missione, con passione.

Non dimenticate le persone anziane, i più deboli, specialmente i poveri e i malati; vi invito ad ascoltarli, perché c’è tanto da imparare da chi sa cosa sono la vita, la fatica e la sofferenza. Infine, in una terra ricca e bella come la vostra, possiate essere modelli di custodia rispettosa del creato, di sobrietà nell’utilizzarne i frutti e di generosità nel condividerli”.

Mentre ai membri della ‘Fundación Madre Esperanza de Talavera de la Reina’ di Toledo ha sottolineato l’importanza della Via Crucis: “La Via Crucis che organizzate ogni anno per accompagnare il Nazareno. Da un lato, devi preparare molte cose, ascoltare, imparare, sperimentare; aiutarsi a vicenda, avendo spesso l’umiltà di riconoscere che non possiamo farcela da soli.

Poi dobbiamo chiedere al Signore il coraggio di uscire in strada, portando la sua immagine perché tutti possano contemplarla. E così, voi portate Gesù agli altri, anche se non ve ne rendete conto, e lo portate con i vostri gesti, con i vostri canti, con le vostre preghiere.

Ed è bello che nella nostra piccolezza possiamo essere testimoni di Gesù, missionari della sua misericordia, missionari del suo amore”.

E la Via Crucis è un’indicazione per non smarrire la ‘via del cielo’: “Gesù è venuto nel mondo per insegnarci la via del cielo, per aprirci le sue porte, e questa è la grande gioia che celebriamo nella risurrezione: siamo liberi di fare il bene, di camminare insieme verso quella meta.

E la nostra croce (cioè fatica, pazienza, fatica) si traduce in un’opera d’arte bella, piena di colore e di speranza, che catturata nel nostro cuore ci dà forza e ci incoraggia ad andare avanti”.

(Foto: Santa Sede)

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