San Giovanni Paolo II vittima di attacchi e di accuse assurde e infamanti. Perché? In Polonia la difesa con le “marce papali”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.04.2023 – Vik van Brantegem] – Riportiamo di seguito innanzitutto l’Editoriale di Andrea Tornielli, Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, pubblicato oggi su Vatican News: «Nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta TV». Segue l’editoriale di Angelo Scelzo, già Vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede Il caso Orlandi e un rischio tossico. Cercare verità non con i “si dice” su Avvenire di oggi.

Alla questione abbiamo dedicato ieri un articolo-dossier Proporre, accogliere e diffondere patacche e fake news non è informazione seria, non è giustizia di verità [QUI].

Da tempo, San Giovanni Paolo II è oggetto di una campagna di denigrazione in Polonia, ma anche in altri Paesi, tra cui l’Italia. Ma una spiegazione c’è. Ne parla il Cardinale Konrad Krajewski, che lo ha conosciuto bene, nell’intervista a cura di Orazio La Rocca per Famiglia Cristiana, che riportiamo di seguito.

Ricordiamo che alle accuse a San Giovanni Paolo II, di aver coperto presunti casi di pedofilia abbiamo dedicato un articolo il 19 novembre 2022 La Conferenza Episcopale Polacca pubblica la “Posizione sulle attività di Giovanni Paolo II circa i reati sessuali con minori” [QUI] e successivamente, dal 6 al 9 dicembre 2022, un dossier Giovanni Paolo II contro la pedofilia in quattro parti (che avevano già ricordato con l’articolo del 9 marzo 2023 Sulle accuse a Karol Wojtyła in Polonia [QUI]):

  • Parte 1 – Le accuse sul operato del Cardinal Wojtyła antistoriche, non obiettive e interessate [QUI]
  • Parte 2 – Prof. Buttiglione sulla pedofilia nella Chiesa: non strumentalizziamo la storia [QUI]
  • Parte 3 – Mons. Oder: accusare Giovanni Paolo II di aver nascosto la pedofilia sotto il tappeto contraddice i fatti [QUI]
  • Parte 4 – Padre Żak chiede una discussione seria sulle azioni di Giovanni Paolo II [QUI]

Invece, la nostra copertura sul vile attacco contro Papa Benedetto XVI – a cui si fa accenno l’intervista al Cardinal Krajewski, si può consultare con l’ausilio dell’indice degli articoli Il missile contro Benedetto XVI [QUI].

Inoltre, riportiamo l’articolo I polacchi in strada per difendere la verità su Papa Wojtyła di Włodzimierz Rędzioch pubblicato ieri su La Nuova Bussola Quotidiana. Ne accenna anche il Cardinal Krajewski nell’intervista, osservando che «la stragrande maggioranza della popolazione conosce bene Karol Wojtyła, tanto è vero che in tutte le città polacche migliaia di cittadini sono scesi in piazza con cortei e manifestazioni di solidarietà per San Giovanni Paolo II e di condanna per i suoi detrattori».

Infine, segue un Comunicato a proposito delle recenti dichiarazioni sul caso di Emanuela Orlandi dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò di oggi.

L’editoriale
Accuse assurde e infamanti
A proposito delle presunte rivelazioni su Papa Wojtyła e il caso Orlandi
di Andrea Tornielli
Vatican News, 14 aprile 2023


Pensate che cosa sarebbe accaduto se qualcuno fosse andato in televisione ad affermare, sulla base di un “sentito dire” proveniente da una fonte anonima e senza lo straccio di un riscontro o testimonianza anche soltanto di terza mano, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche “compagno di merende” andava in giro a molestare ragazze minorenni. E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, ormai defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato, a motivo di qualche importante ruolo ricoperto. Non avremmo forse letto commenti ed editoriali indignati per il modo inqualificabile con cui è stata lesa la buona fama di questo grande uomo, amato da tanti?

È accaduto davvero, purtroppo, con San Giovanni Paolo II, Pontefice della Chiesa Cattolica dal 16 ottobre 1978 al 2 aprile 2005. L’accusa è stata lanciata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa nel centro di Roma in un pomeriggio di giugno del 1983. Pietro, in presenza del suo avvocato Laura Sgrò che annuiva, ha raccontato nel corso della trasmissione DiMartedì condotta su La7 in prima serata da Giovanni Floris, che Papa Wojtyła la notte usciva in compagnia di qualche monsignore per andare a cercare ragazzine. Il tutto è stato presentato come indiscrezione credibile, accompagnata da qualche sorrisino ammiccante, come si si parlasse di un segreto di Pulcinella. Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti.

Parole che Pietro Orlandi ha accompagnato all’audio attribuito ad un sedicente membro della Banda della Magliana il quale asserisce – anche lui senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze – che Giovanni Paolo II “pure insieme se le portava in Vaticano quelle”, intendendo Emanuela e altre ragazze: per porre fine a questa “schifezza” il Segretario di Stato di allora si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata per risolvere il problema. Una follia. E non lo diciamo perché Karol Wojtyła è santo o perché è stato Papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti, la diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, Papa, metalmeccanico o giovane disoccupato. È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi. È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta TV.

Il caso Orlandi e un rischio tossico. Cercare verità non con i “si dice”
di Angelo Scelzo
Avvenire, 14 aprile 2023


Il caso Orlandi, la ragazza residente in Vaticano, di cui non si hanno più notizie dal pomeriggio del 22 giugno 1983, è ritornato di grande attualità per una serie di eventi giudiziari e no. L’apertura di un’indagine da parte del Vaticano, annunciata ai primi di gennaio 2023, e la successiva istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare sono i due fatti che attengono alla ricerca della verità da parte vaticana e da parte italiana. Sono trascorsi 40 anni, ma il tempo per accertare che cosa è realmente accaduto a Emanuela Orlandi, non può mai venire a scadenza. Anzi, più il tempo passa e più stringente, oltre che moralmente impellente, diventa la ricerca della verità.

L’avvio delle due iniziative giudiziarie è stato comprensibilmente caratterizzato da una ripresa di tutti gli elementi – e sono tanti e di diversa natura – già entrati nel campo delle indagini svolte a suo tempo dalla magistratura italiana, e concluse con l’archiviazione. È sempre più evidente come tra questi elementi ne emerga ora uno nuovo, un tempo solo adombrato in qualche contorno generale, ma proposto a questo punto in una dimensione talmente forte e definita da richiedere una riflessione più ponderata e qualche immediato chiarimento.

Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che fin dal primo momento sta conducendo una sua ammirevole ricerca della verità, ha di fatto introdotto negli ultimi tempi – attraverso interventi e dichiarazioni di cadenzati appuntamenti televisivi, accompagnato dall’avvocato di fiducia – l’elemento di un diretto coinvolgimento di Papa Giovanni Paolo II in tutti i drammatici passaggi della vicenda Orlandi. Nei suoi interventi è stato via via sempre più esplicito, fino a dichiarare di aver sentito dire che «Wojtyła ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi» aggiungendo che «non andava certo a benedire le case». Non basta. È stata fatta riascoltare una registrazione audio in cui il coinvolgimento del Papa veniva “assicurato” da un componente della famigerata “banda della Magliana”.

Una registrazione choc, con un’interruzione dai «contenuti irriferibili», che Pietro Orlandi ha detto di aver consegnato al promotore di giustizia del Vaticano, in una lunghissima deposizione, nella sua forma integrale. A corredo di affermazioni così sconvolgenti e tutte incentrate sulle responsabilità di San Giovanni Paolo II, Pietro Orlandi ha anche sostenuto che, per ammissione comune, nel 1983 la pedofilia in Vaticano era praticamente accettata. Un gendarme, anzi, gli avrebbe confidato, subito dopo il rapimento, di aver sondato «quei tre o quattro cardinali» di cui si sapeva che avessero il “vizietto”, per attingere qualche informazione utile.

Forse proprio a causa della loro enormità, queste affermazioni hanno guadagnato una più che scontata ribalta. Ma a questo punto, quando la ricerca della verità sembra allungare il passo, si fa più urgente la necessità di una verifica a tutto campo anche sulle modalità in cui essa viene ricercata e allo stesso tempo “offerta”.

Pur di fronte all’ammirevole dedizione e all’incessante impegno del fratello di Emanuela e dei suoi collaboratori – e di tutti coloro ai quali sta a cuore la ricerca della verità –, non è possibile accettare che in questa fatica trovino posto i “si dice” o abbiano spazio affermazioni per non dire altro surreali, secondo cui «in Vaticano nel 1983 la pedofilia non era considerata reato».

Che senso può avere un’affermazione come questa? (per il poco che conta in 35 anni di frequentazione vaticana, mai sono stato sfiorato da una sensazione di questo tipo). Occorre essere chiari, e semmai avere il coraggio di dire che proprio per questa strada la verità può solo restare lontana. E poi: il rispetto che si deve a Pietro Orlandi, non può che comprendere anche il rammarico e il vero e proprio dolore che continuano a provocare alcune sue parole, fondate, appunto, sui “si dice” e su congetture senza il minimo dei riscontri.

Non è solo il fatto che sotto accusa sia messo un Papa, riconosciuto Santo (che non è affatto poco). Ma se le prove sono quelle esibite, è la memoria di Wojtyła ad essere ingiustamente infangata. I diritti che giustamente si riconoscono a un uomo provato per la misteriosa scomparsa della sorella, non possono essere in qualche modo sottratti al buon nome (non si dice alla santità) di una persona che non può difendersi da accuse così infamanti. Non occorre, anzi appare addirittura banale, ricordare la figura di un gigante della Chiesa e della storia, un Papa amatissimo per restare esterrefatti e sconcertati di fronte ad affermazioni di così grave portata.

Proprio nel momento in cui sia dal versante vaticano, con l’assicurazione di Papa Francesco di promuovere ogni sforzo verso la ricerca della verità, che da quello italiano il “caso Orlandi” riprende quota, appare necessaria una riflessione a tutto campo e da ogni lato. E stabilire innanzitutto che certi clamori non sono l’anticamera della verità.

L’intervista
Perché infangano la memoria di San Giovanni Paolo II
di Orazio La Rocca
Famiglia Cristiana, 14 aprile 2023


«Anche Gesù, ogni volta che parlava in pubblico per difendere poveri, deboli, malati, dai suoi avversari veniva criticato, perseguitato, costretto a cambiare continuamente città. Alla fine, da innocente, è stato crocifisso. Ma è risorto…». Non si fa scrupolo il Cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere pontificio di papa Francesco, a “scomodare” persino la figura di Cristo per difendere il suo connazionale, il polacco San Giovanni Paolo II, dai feroci attacchi che da qualche giorno gli vengono inferti dentro e fuori la Polonia con l’accusa di aver coperto presunti casi di pedofilia e di essere accostato in qualche modo alla sparizione di Emanuela Orlandi. Le stesse accuse che hanno colpito Benedetto XVI, pochi mesi prima della morte. E anche per il caso di Joseph Ratzinger, per circa 24 anni stretto collaboratore di Papa Wojtyła come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ad accusarlo di presunti omessi controlli sui preti pedofili sono stati i suoi connazionali tedeschi. «Figure come San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non hanno bisogno di difensori d’ufficio. È il servizio che hanno fatto alla Chiesa fino alla fine che parla per loro. Il resto sono solo ridicole chiacchiere che non vale nemmeno la pena di commentare», taglia corto il porporato.

Ci sarà comunque un perché, così, all’improvviso sui mass media internazionali rimbalzano accuse tanto infamanti.
«Dico solamente che in questi casi la fede non c’entra nulla. È la politica a sollevare polveroni simili contro figure amate da milioni e milioni di persone, non solo cattoliche».

Lei quindi punta il dito contro la politica del suo Paese, la Polonia?
«Certamente. Sappiamo tutti che in Polonia da tempo ormai è in corso un duro scontro tra i vari partiti su tematiche delicate come l’aborto, i matrimoni tra gay, coppie di fatto, difesa della famiglia tradizionale composta da un uomo ed una donna uniti in matrimonio. Tematiche sulle quali l’insegnamento di Papa Wojtyła è stato fin troppo chiaro, nel senso di difesa del vincolo matrimoniale, difesa della vita dal primo concepimento fino alla morte naturale. Per cui temo che nel mio Paese da quegli ambienti politici contrari a questi insegnamenti morali qualche gruppo non trova di meglio che attaccare ferocemente San Giovanni Paolo II con accuse infamanti, prive di fondamento. Ma la stragrande maggioranza della popolazione conosce bene Karol Wojtyła, tanto è vero che in tutte le città polacche migliaia di cittadini sono scesi in piazza con cortei e manifestazioni di solidarietà per San Giovanni Paolo II e di condanna per i suoi detrattori».

Preoccupato per chi, come il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, in Tv ha adombrato pesanti sospetti su un presunto accostamento di Papa Wojtyła e di altri alti prelati nella sparizione della sorella?
«Non ho parole. Preferisco non commentare, pur nel rispetto del dolore della famiglia. Purtroppo sembra quasi una moda attaccare i santi, ingiuriarli con pensanti accuse indimostrabili, ma che fatalmente vengono amplificate dai mass media o da qualche libro fresco di stampa scritto solo per infangare. È capitato a San Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI, ma anche Santa Madre Teresa di Calcutta e a quasi tutti i santi. E nemmeno Papa Francesco a volte viene risparmiato. Nella Chiesa, fin dalle sue origini, è sempre stato così. Gesù stesso è stato attaccato, calunniato, vilipeso mentre spendeva parole per gli ultimi».

Con tutte le dovute proporzioni, anche Wojtyła, Ratzinger e Bergoglio hanno speso e spendono parole in difesa degli ultimi, dei poveri, contro la guerra…
«Vuol dire che hanno lavorato e stanno lavorando egregiamente bene alla luce degli insegnamenti del Vangelo. Sulla pedofilia nella Chiesa San Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger, sia da cardinale che da Pontefice, sono stati i primi a varare norme severissime per i colpevoli e a fare della pedofilia un reato che per la Santa Sede non va mai in prescrizione. Papa Francesco è su questa linea. Se per questo vengono attaccati, anche con false ingiurie, significa che hanno colto nel segno. Sarebbe peggio se passassero inosservati tra l’indifferenza generale. Se attaccano Papa Francesco perché ogni giorno condanna l’invasione dell’Ucraina e tutte le altre guerre in corso nel mondo, vuol dire che dà fastidio ai signori della guerra, ai mercanti d’armi e di esseri umani che vedono negli appelli del Papa all’accoglienza degli immigrati un pericolo per i loro loschi affari. È il Vangelo!»

Le marce papali
I polacchi in strada per difendere la verità su Papa Wojtyla
di Włodzimierz Rędzioch
La Nuova Bussola Quotidiana, 13 aprile 2023


Alla campagna mediatica tesa a oltraggiare San Giovanni Paolo II sono seguiti atti vandalici verso i monumenti che lo raffigurano. Ma la gente non ci sta e sfida maltempo e menzogne pur di sventare l’ennesimo attentato alla memoria del santo pontefice.

È stato tutto ben organizzato e calcolato: prima un attacco concentrato di una vera coalizione mediatica composta dal quotidiano Gazeta Wyborcza, dal settimanale Newsweek Polonia, dalla televisione TVN e dal portale Onet per infangare la figura di Giovanni Paolo II e provocare le reazioni, spesso anche organizzate, della gente (ne abbiamo scritto QUI su La Bussola); dopo una campagna mediatica per “pubblicizzare” nel mondo gli atti di profanazione dei monumenti di Papa Wojtyła. Da anni certi ambienti in Polonia, ma anche nel mondo (vedi Brussel e Berlino) lavorano per “normalizzare” la Polonia, per secolarizzarla, per staccarla dalle sue radici cristiane, dalla sua identità nazionale, per indebolirla dividendo la società polacca. E tutto quello che stava succedendo alla vigilia dell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II ne era la prova.

La notte dal 1° al 2 aprile la statua di Giovanni Paolo II che si trova davanti alla cattedrale di Łodz è stata imbrattata di vernice e sul piedistallo è apparsa la scritta “Maxima culpa” (è il titolo del libro con le accuse contro Papa Wojtyła). La foto, come previsto e ben calcolato, ha fatto il giro del mondo. L’Arcivescovo di Łodz, Mons. Grzegorz Rys, era davanti al monumento già alle 7 di mattina: per un’ora ha pregato e ha recitato il Rosario e la coroncina della Divina Misericordia. «Quando si guarda questo monumento, si può constatare che non è stata un’azione emotiva, spontanea, un riflesso. No, chiaramente si tratta un’azione pianificata; qualcuno ha dovuto fare uno stampino per rendere chiare le iscrizioni su questo monumento. Le macchie della pittura sono un “programma”: sangue sulle mani, una maschera gialla sul viso», ha osservato il metropolita. Mons. Rys si è chiesto cosa avrebbe fatto lo stesso Giovanni Paolo II al suo posto. Pensava che avrebbe sicuramente pregato, e si è ricordato le parole del Santo Padre pronunciate il 17 maggio 1981, quattro giorni dopo l’attentato alla sua vita: «Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato. Unito a Cristo, Sacerdote e Vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e per il mondo».

Il grave fatto di Łodz, come si poteva prevedere, è stato seguito da altri: anche la statua del Papa a Stalowa Wola è stata sporcata con la pittura, invece a Wroclaw (Breslavia) è stato imbrattato un murale del Pontefice. Gli ambienti della sinistra liberal-libertina credevano che l’attacco a San Giovanni Paolo II fosse stato preparato così bene che i cattolici sarebbero stati sopraffatti da questo colpo finale, devastante. Ma, anche questa volta, hanno fatto male i loro conti: la maggioranza delle persone di retta coscienza e di retto pensiero non è cascata nella trappola. Per loro Giovanni Paolo II è un uomo santo: così è nei loro cuori, così rimarrà. Questa maggioranza che in pochi giorni è diventata un vero movimento sociale, nazionale, ha manifestato nelle città e villaggi polacchi il giorno dell’anniversario della morte del Papa, la Domenica delle Palme.

Malgrado il brutto tempo, il freddo, la pioggia la gente è uscita per le strade perché si sentiva in dovere di sostenere la verità: la verità sul Papa contro le manipolazioni e menzogne. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alle Marce Papali (in alto e qui sopra nelle foto di Krzysztof Staszewski): l’evento più grande è stato organizzato a Varsavia, decine di migliaia di persone (si parla addirittura di 50 mila) si sono presentate nel centro della capitale, a Cracovia c’erano 20 mila persone, a Stettino 10 mila, a Rzeszow e Danzica 4 mila. Gli organizzatori delle Marce hanno sottolineato che le manifestazioni volevano essere una testimonianza di attaccamento a san Giovanni Paolo II e, allo stesso tempo, anche una risposta ai tentativi di contestare la santità e i meriti del Papa polacco. «Partecipando alla Marcia, ringraziamo il grande polacco, Giovanni Paolo II per l’eredità di amore e di fede lasciata alle prossime generazioni» – hanno scritto gli organizzatori. Una di loro, Małgorzata Żaryn, ha sottolineato che la marcia papale doveva essere un’espressione di unità, non un elemento di divisione: «Vogliamo restituire alla nostra comunità la persona e l’insegnamento del Papa polacco e, allo stesso tempo, ricreare la nostra comunità grazie alla sua persona».

I partecipanti alle manifestazioni in tutto il Paese portavano croci, bandiere nazionali e vaticane, e tanti ritratti di San Giovanni Paolo II. Si vedevano spesso le tonache nere con lo stemma del Papa polacco dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni Paolo II. Alla fine delle marce venivano celebrate le Messe: a Varsavia la Messa è stata celebrata nella cattedrale della capitale polacca da Mons. Jozef Michalik, Arcivescovo emerito di Przemysl.

La reazione della società polacca sembra aver sventato questo ennesimo attentato contro San Giovanni Paolo II. Ma non ci illudiamo: non sarà l’ultimo. Perché Giovanni Paolo II, un uomo santo, rimane sempre segno di contraddizione per la nostra “modernità” anticristiana.

COMUNICATO
a proposito delle recenti dichiarazioni
sul caso di Emanuela Orlandi


Nei giorni scorsi sono state diffuse le dichiarazioni di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente della Prefettura della Casa Pontificia, scomparsa nel 1983. Questa dolorosa vicenda esige che la verità sulla fine di Emanuela sia portata alla luce da rigorose indagini: lo impongono il rispetto per i familiari e la giustizia.

Ma se la richiesta di verità da parte della famiglia è del tutto legittima, suonano totalmente inaccettabili e inaudite le gravissime insinuazioni del fratello Pietro su Giovanni Paolo II, che a suo dire sono basate sulle dichiarazioni del Dott. Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il quale avrebbe detto a Pietro Orlandi «di aver ricevuto il mandato, dal Segretario di Stato e da Papa Francesco, di fare chiarezza al cento per cento e di indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice».

In questo modo Bergoglio insinua che anche i suoi Predecessori sarebbero coinvolti nella scomparsa di Emanuela Orlandi, che sarebbero implicati e avrebbero coperto crimini abominevoli, mentre accredita se stesso come persona integerrima e determinata a fare giustizia.

Se le dichiarazioni del fratello di Emanuela Orlandi corrispondono al vero, il Promotore di Giustizia ha commesso una gravissima violazione dei propri doveri di riservatezza a cui è tenuto ogni Magistrato. Dinanzi a tali deprecabili esternazioni la Santa Sede avrebbe dovuto intervenire prontamente, e la rimozione del Dott. Diddi avrebbe dovuto essere immediata. Il fatto che ciò non sia avvenuto dimostra che il Promotore di Giustizia agisce in esecuzione di ordini ricevuti «dal Segretario di Stato e da Papa Francesco» e che gode dell’appoggio di Bergoglio.

Non si spiegherebbe altrimenti la divulgazione di accuse infondate e vili insinuazioni sul conto di Papa Wojtyła, accompagnate da farneticanti ricostruzioni fatte da criminali pluripregiudicati.

Scaricando ogni responsabilità sui propri Predecessori, Bergoglio intende evidentemente deviare l’attenzione dei media dagli orribili scandali che lo vedono coinvolto insieme a indegni personaggi presenti in Vaticano o da lui promossi nelle sedi episcopali.

L’assordante silenzio della Santa Sede e della Conferenza Episcopale Italiana dimostra una inquietante complicità a questa vergognosa operazione da parte di chi, aldilà dei proclami, si è circondato di personaggi spregevoli e moralmente compromessi, garantendo loro protezione e impunità.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
14 aprile 2023

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