Proporre, accogliere e diffondere patacche e fake news non è informazione seria, non è giustizia di verità

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Nel talk show DiMartedì su La7 dell’8 aprile 2023, in riferimento alla sparizione di Emanuela Orlandi sono state riproposte “testimonianze” già screditate in passato e “documenti” già smascherato come falsi. Niente di nuovo, il “giallo” Orlandi ritorna ciclicamente con le stesse “prove” e “piste”.

Ho dedicato alla questione delle patacca e delle fake news in riferimento al caso Orlandi molto attenzione nel tempo, più recentemente nel tempo con 6 puntate di un dossier Sua Riverita Eccellenza dopo 5 anni ci riprova con la sua pataccata, tra il 6 e l’11 novembre 2022 (e ogni volta è come non avessi scritto niente e tutto ritorno a capo):

Riporto qui l’introduzione dell’ultima puntata:

«Con Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi, la miniserie diretta da Mark Lewis, con l’accompagnamento di Andrea Purgatori e diffusa da Netflix, è stato riscaldato (male) anche una patacca vecchia diffusa il 18 settembre 2017 da Emiliano Fittipaldi. “Quattro appuntamenti per mettere insieme i pezzi di un mosaico impossibile” (ANSA). Tanto clamore mediatico a livello internazionale fondato sul nulla, creato con il disordine informativo.
Già cinque anni fa, in occasione dell’uscita del suo libro Gli impostori, scritto su quella falsa-riga, ho scritto tanto – come anche in generale sul “giallo” della scomparsa di Emanuela Orlandi in generale – sul mio diario Facebook (non avevo ancora aperto il mio Blog dell’Editore). Prendendo spunto dal clamore succitato da Calenda per le pataccate riciclate, riporto quanto ho pubblicato su Facebook cinque anni fa, sulla patacca “regina” di Fittipaldi, in ordine cronologico di pubblicazione, concludendo con la mia Nota Facebook La “pataccata” di Fittipaldi. Se vero o falso pari sono… un punto di svolta (o di non ritorno) per il giornalismo italiano, che riassume un po’ tutto. Come fanno i pataccari, anche uno smascheratore di patacche può riciclare il suo lavoro del passato, non vi pare? Ci saranno un po’ di ripetizioni, ma repetita iuvant (e anche il pataccaro si ripete sempre).
Infine, concludiamo questa serie dal passato, con un Postscriptum: Caso Emanuela Orlandi, parla l’avvocatessa Laura Sgrò: “Bisogna indagare anche sulla pedofilia tra le mura del Vaticano”. Intervista alla legale che da anni aiuta la famiglia della quindicenne scomparsa da Roma il 22 giugno del 1983 nella ricerca della verità di Tamara Ferrari su Vanity Fair, 7 novembre 2022».

Ricordo inoltre l’articolo del 29 novembre 2021 Torna il giallo Orlandi. Giancarlo Capaldo: «Dal Vaticano ci fu disponibilità a trovare il corpo». La famiglia di Emanuela chiede alla magistratura vaticana di riaprire il caso e di sentire l’ex magistrato [QUI]:

«La storia umana è piena di misteri, composti di fatti ed eventi famosi e non che sono a prima vista incomprensibili. Ma poi con il tempo vengono alla luce elementi che permettono di capire le cause di quanto accaduto e risolvere i casi. Invece, ce ne sono altri che nonostante le ricerche, le analisi e gli approfondimenti sviluppati nel corso del tempo rimangono misteri incomprensibili e per questo inquietanti, talvolta terribili, che sembrano sfidare le leggi della fisica, della logica e della razionalità. E finché un mistero resta tale, il giallo costruito sopra continua a riproporsi ad intervalli regolari. Finché non arriva un elefante, che sfonda il mura di omertà e di segreti, che fa sgretolare il mistero e risolve l’arcano. “(…) sarà un altro di quei piccoli calci. Che, per l’appunto perché piccoli, sono i più fastidiosi e prima o poi porteranno qualcuno ad averne abbastanza e a tirar fuori l’unico, vero fascicolo che conta. Quello che può portare verità e giustizia” (Ugo Barbàra, 10 aprile 2019).
Potrebbe essere pure vero, che nel giallo intorno a Emanuela Orlandi, scomparsa nel nulla a Roma il 22 giugno 1983, all’età di 15 anni, è arrivata la (ennesima) svolta “storica”, con la frase di Giancarlo Capaldo: «il Vaticano si disse disponibile a ritrovare il corpo della ragazza»? O sarà soltanto un elefante che sfonda il muro come nel murales? Intanto, l’ex magistrato Giancarlo Capaldo ha rivelato quel elemento nel corso della presentazione del suo nuovo libro, ispirato proprio ad uno dei più oscuri e irrisolti gialli d’Italia, dal titolo La ragazza scomparsa (Chiarelettere 2021, 192 pagine). Sempre sperando che non finisca come nel caso della “patacca” (parola di del presunto dossier sul “caso Orlandi” di Emiliano Fittipaldi nel settembre del 2017.
Poi, come scrisse Ugo Barbàra il 10 aprile 2019 nel suo articolo La tentazione di credere alle svolte nel caso Orlandi per AGI, in occasione della “ennesima segnalazione sulla scomparsa di Emanuela”, che “non crea più nemmeno illusioni”: “All’idea di una nuova svolta si deve credere, ma non si deve cedere”».

Quindi, non ci sarebbe niente di speciale vedere riproporre le patacche e le fake news del passato su La7, se non fosse per il fatto che adesso il Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, Alessandro Diddì, trovandosi impantanato con il processo 60SA, intendo ripulirsi la reputazione con un fascicolo sul caso Orlando, distraendo l’attenzione del fiasco del suo “processo del secolo”. E peggio, l’11 aprile 2023 ha dato ascolto al fratello di Emanuele Orlandi, che sembra gli abbia rifilato le stesse patacche e fake news ammuffiti come “prove nuove”.

La novità scandalosa è che San Giovanni Paolo II viene accusato delle peggiori nefandezze collegate al caso Orlandi, che anche Pietro Orlandi rilancia voci calunniose quanto inattendibili su San Giovanni Paolo II e dalla Santa Sede non sale una parola di protesta e di difesa di un Papa santo, e di cardinali di Santa Romana Chiesa, vivi e defunti. Sulla questione ha scritto oggi Nico Spuntoni in modo encomiabile su La Nuova Bussola Quotidiano, in un articolo che riportiamo di seguito.

Come osserva Nico Spuntoni su La Nuova Bussola Quotidiana, le voci allusive su San Giovanni Paolo II riportate su La7 da Pietro Orlandi – e si può presumere anche a Diddi – non possono che essere derubricate a insulto alla sensibilità dei credenti di tutto il mondo e anche all’intelligenza, vista l’evidente assurdità della ricostruzione. Il vaticanista di lungo corso e giornalista RAI in pensione, Lucio Brunelli, ha scritto in un post su Twitter: «Quindi il Vaticano non solo avrebbe organizzato il rapimento di Emanuela ma conserva pure la nota- spese dell’operazione. Quindi Wojtyła la sera usciva per Roma con due monsignori in cerca di ragazzine. Il Vaticano sarà pure il luogo del Male ma questa non è un’informazione seria».

Il Cardinale Stanisław Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia e Segretario Particolare di San Giovanni Paolo II, ha rilasciato una durissima dichiarazione su quelle che definisce «avventatissime affermazioni – ma sarebbe più esatto subito dire ignobili insinuazioni – profferite dal Signor Pietro Orlandi sul conto del Pontefice San Giovanni Paolo II, in connessione all’amara e penosa vicenda della sorella Emanuela».

«È appena il caso di dire – sottolinea il Cardinal Dziwisz – che suddette insinuazioni, che si vorrebbero all’origine scaturite da inafferrabili ambienti della malavita romana, a cui viene ora assegnata una parvenza di pseudo-presentabilità, sono in realtà accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi esse stesse criminali».

Mentre ricorda che «un crimine gigantesco è ciò che è stato fatto a Emanuela e alla sua famiglia», il Cardinal Dziwisz afferma che «criminale è lucrare su di esso con farneticazioni incontrollabili, volte a screditare preventivamente persone e ambienti fino a prova contraria degni della stima universale». Questo non toglie che «il dolore incomprimibile di una famiglia che da 40 anni non ha notizie su una propria figlia meriti tutto il rispetto, tutta la premura, tutta la vicinanza», prosegue il Cardinal Dziwisz. «Così come non ci si può, in coscienza, non augurare che la verità su questa angosciante vicenda finalmente emerga dal gorgo dei depistaggi, delle mitomanie e degli sciacallaggi. «Come Segretario particolare del Papa Giovanni Paolo II – aggiunge il Cardinal Dziwisz – posso testimoniare, senza il timore di smentite, che fin dal primo momento il Santo Padre si è fatto carico della vicenda, ha agito e fatto agire perché essa avesse un felice esito, mai ha incoraggiato azioni di qualsiasi occultamento, sempre ha manifestato affetto, prossimità, aiuto nei modi più diversi alla famiglia di Emanuela. A questi atteggiamenti io continuo ad attenermi, auspicando correttezza da parte di tutti gli attori e sperando che l’Italia, culla universale del diritto, saprà con il suo sistema giuridico vigilare sul diritto alla buona fama di Chi oggi non c’è più, ma che dall’alto veglia e intercede».

SCIACALLAGGIO
Caso Orlandi, un pretesto per colpire San Giovanni Paolo II
di Nico Spuntoni
La Nuova Bussola Quotidiana, 13 aprile 2023


Riproposte nel talk show di La7, DiMartedì, testimonianze già screditate che accusano san Giovanni Paolo II delle peggiori nefandezze collegate alla sparizione di Emanuela Orlandi. E anche il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, rilancia voci calunniose quanto inattendibili sul Papa polacco. Pesante anche il silenzio del Vaticano.

Nella Roma dei nostri nonni si tramandava una leggenda metropolitana appiccicata addosso di volta in volta a ciascun Pontefice. Infarcita con qualche dettaglio diverso a seconda di chi ne fosse il protagonista, la storiella era più o meno sempre questa: di notte, il Papa aveva l’abitudine di uscire dal Vaticano o da Castel Gandolfo in abiti borghesi ed andare ad ubriacarsi nelle osterie dei Castelli Romani.

L’altra sera, nella trasmissione televisiva DiMartedì è stato riproposto questo canovaccio popolaresco in toni decisamente meno bonari, tirando in ballo voci provenienti da presunti ambienti vaticani secondo cui «Wojtyła ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case». Insinuazioni gravissime, specie perché collegate ad una fantomatica rivelazione sulla scomparsa di Emanuela Orlandi fatta da un uomo vicino alla Banda della Magliana e contenuta in un audio trasmesso poco prima.

La fonte, col tono meopatacchesco di chi vuole dare l’idea di saperla lunga e che ormai è un marchio di fabbrica della pletora di autodichiarati “ex membri” della banda resa famosa da “Romanzo Criminale”, l’aveva sparata grossa con il giornalista Alessandro Ambrosini che lo registrava, arrivando a parlare di un omicidio ordinato ad Enrico De Pedis dal segretario di Stato dell’epoca tramite due cappellani nelle carceri. Non contento, l’uomo ha mirato più in alto fino ad affermare che quest’iniziativa sarebbe servita a coprire le malefatte di Giovanni Paolo II.

L’audio non è nuovo e la fonte è già conosciuta: si tratta di uno dei nomi che compaiono nella lunga lista dei rinviati a giudizio nell’ambito dell’indagine del gip di Roma Otello Lupacchini sulla famigerata Banda della Magliana. Di lui emerse all’epoca dell’inchiesta una presunta frequentazione con personaggi legati ai Servizi, sebbene venisse considerato un esponente minore del gruppo, e successivamente accreditato dalle cronache come operativo nel gioco d’azzardo.

Nel film Il Divo, Paolo Sorrentino fa dire al “suo” Giulio Andreotti/Toni Servillo messo a confronto col pentito Baldassare Di Maggio/Domenico Centamore che lo accusa del famoso “bacio” col boss Totò Riina: «Pur riconoscendo che tutti gli uomini sono uguali, mi sento profondamente umiliato, nell’essere messo a confronto con un uomo di mafia».

L’accusatore di Wojtyła, pur volendo ammettere la sua appartenenza alla Banda della Magliana, non può essere considerato uomo di mafia perché la Cassazione fece cadere l’accusa di associazione mafiosa per il sodalizio criminale capitolino, ma non c’è dubbio che vedere una televisione nazionale dare risalto senza battere ciglio al racconto assurdo di un santo pedofilo rappresenti un’umiliazione per i credenti.

La registrazione è tornata in auge perché fa parte degli elementi in suo possesso che Pietro Orlandi, fratello dell’adolescente scomparsa nel 1983, avrebbe consegnato al Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, durante il loro incontro di martedì in Vaticano.

Il dolore di un familiare che non rivede più sua sorella da 40 anni merita rispetto, ma le voci allusive su Giovanni Paolo II riportate ed esplicitate in tv da Pietro Orlandi non possono che essere derubricate ad insulto alla sensibilità dei credenti di tutto il mondo ed anche all’intelligenza, vista l’evidente assurdità della ricostruzione.

La ricerca della verità, specialmente a 40 anni di distanza e con il flusso interminabile di depistaggi, mitomanie, sciacallaggi che su questa vicenda c’è stato, dovrebbe indurre a un’attenta valutazione delle piste a cui dare credito. Non si può rilanciare qualsiasi “voce” di fronte a milioni di persone, a maggior ragione se essa contiene accuse così gravi ed infondate su una figura come Giovanni Paolo II. Ancor più grave che a DiMartedì non si siano posti il problema dell’opportunità di trasmettere quella registrazione dal contenuto, come è ovvio che sia, privo di qualsiasi riscontro nella realtà.
E la Santa Sede cosa fa? Finora nessuna presa di posizione in difesa del Santo polacco nonostante le parole andate in onda su La7 abbiano fatto il giro dei mezzi d’informazione, provocando anche tristi commenti tra chi – giustamente – solidarizza con la causa della ricerca della verità sul caso Orlandi.

Così come nulla è stato detto in difesa della memoria del Cardinale Agostino Casaroli, il Segretario di Stato che secondo la fonte di Ambrosini sarebbe il mandante di omicidi. Un porporato, peraltro, molto stimato dall’attuale Pontefice che di lui ama ricordare anche l’abitudine ad aiutare i detenuti minorenni del carcere di Casal del Marmo. Un’esperienza umanitaria da cui è partito l’uomo vicino alla Banda per costruire la sua fake news.

A smentire anche la narrativa di una Santa Sede reticente fino ad oggi sulla scomparsa di Emanuela, lo stesso Cardinal Casaroli non si tirò indietro di fronte alle domande sul caso e durante la presentazione della videocassetta Gli anni che cambiarono il mondo spiegò di non conoscere in alcun modo l’identità del telefonista passato alla storia come l'”amerikano” e che riuscì ad ottenere una linea telefonica riservata con l’allora Segretario di Stato durante il depistaggio più famoso, quello relativo allo scambio per ottenere la liberazione dell’attentatore del Papa, Alì Agca.

L’unica voce dall’interno dello Stato di Città del Vaticano che si è fatta sentire in questi giorni – prima della puntata di DiMartedì – è quella del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, che ha riaperto le indagini sull’adolescente residente Oltretevere ma scomparsa in territorio italiano. Diddi ha detto al Corsera di aver ricevuto dal Papa in persona l’incarico di occuparsi del caso. Nell’intervista, il Promotore ha ridimensionato il ruolo della Banda della Magliana nella vicenda Orlandi aggiungendo «sebbene esistano alcune evidenze». Ad oggi, però, non esiste alcuna evidenza nota sul collegamento tra le azioni del gruppo criminale romano e la scomparsa di Emanuela.

Al contrario, tutte le supposizioni circolate – a cominciare dalla famosa tomba in cui era sepolto Enrico De Pedis all’interno della Basilica di Sant’Apollinare e di cui si parlò per la prima volta nel 1997 con tanto di interrogazione parlamentare del leghista Mario Borghezio per poi essere collegata alla sparizione del 1983  in una telefonata anonima alla trasmissione Chi l’ha visto nel 2005 – sono sfociate in un nulla di fatto.

Non essendoci alcuna evidenza nota del ruolo della Banda della Magliana nella scomparsa di Emanuela Orlandi, come si può dare credibilità e spazio alle sparate di una fonte – considerata già all’epoca della prima indagine esponente minore – che non esita a parlare di un Papa pedofilo e di un cardinale omicida?

Attacchi vomitevoli anche alla memoria di San Giovanni Paolo II. L’indagine vaticana sul caso Orlandi è davvero insensata
di Salvatore Izzo
Faro di Roma, 13 aprile 2023


“L’indagine su Emanuela Orlandi, anche i dubbi su Wojtyła”, intitola l’ANSA uno dei suoi servizi sulle deliranti dichiarazioni ai media di Pietro Orlandi, che dice di aver consegnato al Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, un audio in cui a parlare sarebbe un uomo vicino alla banda della Magliana: “Papa Giovanni Paolo II se le portava in Vaticano quelle, era una situazione insostenibile. E così il Segretario di Stato a un certo punto è intervenuto decidendo di toglierle di mezzo. E si è rivolto a persone dell’ambiente carcerario”. Il Papa polacco insomma viene dipinto come un poco di buono, dalla condotta delinquenziale e dalle amicizie malfamate, mentre il Segretario di Stato Agostino Casaroli, un genio della diplomazia oltre che un ecclesiastico impeccabile, come mandante di delitti.

Ma stiamo scherzando? Sono calunnie inverosimili oltre che vomitevoli e vederle trasmesse dalla maggiore agenzia italiana fa male.

“Penso che una delle possibilità – ha spiegato Pietro Orlandi che non ha più alcun freno nel suo delirio, approvato dall’avvocatessa Sgrò, la legale di fiducia anche di Francesca Immacolata Chaouqui – è che Emanuela possa aver magari anche subito un abuso, ma che quell’abuso sia stato organizzato. È stata portata da qualcuno per creare l’oggetto del ricatto e siccome il Vaticano da quarant’anni fa di tutto per evitare che possa uscire la verità… Certo, se nel ’93 si parlava normalmente della pedofilia dei cardinali come se fosse una cosa normale e accettata, uno può pure pensare che la pedofilia sia anche più su di quei cardinali”. Pietro ha pure aggiunto di avere esposto questo pensiero “qualche giorno fa ad un vescovo”, il quale avrebbe commentato: “beh, probabilmente…”. “Forse non ha capito, se parlo di qualcuno più su dei cardinali mi riferisco a Wojtyła”, ha ribattuto. “Probabile”, è stata la risposta.

Buon Dio! Orlandi, che ha certamente sofferto un grave trauma ed è vittima, andrebbe aiutato a ragionare e invece il Promotore di Giustizia Diddi e un vescovo anonimo gli danno corda.

“Ho percepito la volontà di fare chiarezza. Lo stesso Diddi mi ha detto: ‘Io ho avuto mandato dal Segretario di Stato e da Papa Francesco di fare chiarezza al 100%, di indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice’, e quello per me già è una cosa positiva”.

“Depositando la sua memoria – informa ancora l’ANSA come se tutto ciò fosse normale – Pietro ha potuto far inglobare negli atti dell’inchiesta le acquisizioni delle indagini private promosse dalla famiglia insieme all’avvocata Laura Sgrò, oltre a quelle già inoltrate tramite le precedenti varie denunce che hanno contribuito alla clamorosa apertura del fascicolo d’Oltretevere”.

“Certo, tu ci hai aperto dei mondi nuovi con le cose che ci racconti”, gli avrebbe detto chiaramente Diddi, assicurandogli che “non ci saranno intoccabili”. Tra i “nomi eccellenti” fatti dal fratello di Emanuela al magistrato, quello del Cardinale Giovanni Battista Re, attuale Decano del Collegio cardinalizio e all’epoca della scomparsa della quindicenne cittadina vaticana Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato.

Tra le documentazioni prodotte da Orlandi, i quattro fogli di una chat, risalente ai primi anni del pontificato di Francesco, in cui si parla (forse) del caso di Emanuela. Tra gli interlocutori di questa chat ci sarebbe il Cardinale Santos Abril y Castellò, Presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza dello IOR e Arciprete emerito della basilica papale di Santa Maria Maggiore. In un’ulteriore documentazione si parla della permanenza di Emanuela in Inghilterra, ha riferito l’avvocata Sgrò, spiegando comunque che “va analizzata, anche per capire se è attendibile” [che è un falso, una patacca, è già stato accertato, come abbiamo riferito. V.v.B.].

L’unica frase sensata. Sembra davvero un incubo dover assistere a tutto questo come credenti e persone che hanno conosciuto, stimato e amato, come ancora lo amano e venerano, quel grande campione delle virtù cristiane che è stato San Giovanni Paolo II.

Postscriptum

1. «HO SEMPRE RISPETTATO IL DOLORE della famiglia Orlandi e soprattutto quello di Pietro, il fratello di Emanuela. Da ieri però lo rispetto un po’ meno, ad essere sincero. Esiste un principio di civiltà giuridica che dice che l’onere della prova spetta comunque a chi accusa. Questo principio, che dovrebbe non solo nei tribunali, non va d’accordo con gli atteggiamenti e le dichiarazioni ultime di Pietro: andare in TV a diffondere maldicenze su un Papa e un santo venerato in tutto il mondo non gli fa onore, e neanche la vicenda sofferta dalla sua famiglia e da lui stesso lo giustifica. Se sa davvero qualcosa di concreto e circostanziato (ma personalmente ne dubito proprio) delle presunte “uscite serali” di Wojtyla ” non per benedire le case”, allora lo dica chiaro e tondo, non si lasci andare a mezze allusioni gettando solo fango. Perché allo stato attuale questo ha fatto. Se poi ci sono sviluppi, ma non altro fango ancora, li attendo con ansia» (Paolo Fucili).

2. «Ricordo che la famiglia Orlandi ha sempre inseguito qualsiasi pista anche la più sconclusionata. Hanno aperto più tombe loro (ottenendo meno di zero) che un archeologo in Egitto. Non sono mai stati particolarmente lucidi, lui in primis. Io al posto loro sarei stato molto più aggressivo e minaccioso una trentina di anni fa (se mi toccassero mio figlio arriverei tranquillamente ad ammazzare) ma anche più razionale. Queste uscite di oggi rimangono in linea con la sconclusionata impostazione di sempre. Ma se un genitore può farlo per disperazione in tempi in cui più ragionevolmente può ottenere la verità, un fratello che lo fa dopo quarant’anni dà molto da pensare» (Filippo Giorgianni).

3. «Nulla mi toglie dalla testa che sia stata messa in moto un’altra gigantesca macchina mediatica per riversare sulla Chiesa e su Giovanni Paolo II, che ad alcuni continua a dare fastidio anche da morto e da santo, una montagna di fango gratis. Basta, per favore! Niente, neanche il dolore più sacrosanto, di fronte al quale tutti ci inchiniamo, può giustificare questa follia. Non mi renderò complice involontario, restando silenzioso, di fronte a simili operazioni. È ora di finirla. La verità non si cerca screditando i santi con i “sentito dire”» (Mimmo Muolo).

4. «Ha consegnato screenshot di messaggi di cui è entrato in possesso, rapimento del 1983, i primi smartphone sperimentali sono del 1993, in commercio alcuni anni dopo. Di cosa stiamo parlando? Di uno che sono 40 anni che campa rilasciando interviste fumose nelle quali dice nulla ma sparge dubbi su chiunque?» (Luciano D’Andrea).

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