La Resurrezione non è euforia, ma rivelazione

“La gioia di Pasqua non è l’esteriorità di una euforia, ma la rivelazione che nella camera più segreta, dove nessuno può entrare, abita la presenza amica del risorto. La nostra verità profonda non è la solitudine, l’abisso del nulla che insidia la vita, ma la comunione amorosa che rende vivi della via del Figlio di Dio. La nostra verità profonda è che siamo dimora dello Spirito Santo”: con queste parole l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha concluso l’omelia nella Messa Pontificale di Pasqua presieduta in Duomo.
Facendo riferimento alla tristezza e allo smarrimento dei discepoli dopo la morte in croce del Signore, mons. Delpini ha riflettuto: “L’intimità desolata è così insopportabile che molti distolgono lo sguardo e l’attenzione. Meglio vivere di esteriorità, di apparenze piuttosto che sostare sull’orlo dell’abisso spaventoso; meglio recitare una parte, investire in un ruolo, adeguarsi alle aspettative altrui, piuttosto che fare i conti con la propria verità nell’intimità angosciante dove forse abitano mostri invincibili, incubi insostenibili; meglio vivere nella frenesia, nel rumore, nelle chiacchiere, piuttosto che restare nel silenzio opprimente di una buia solitudine. Meglio vivere fuori di sé, piuttosto che dover fare in conti con sé stessi”.
Ma la Presenza c’è e Maddalena la sente: “Maria invece sta presso il sepolcro, sosta nella sua desolata solitudine e la domanda dello Sconosciuto le rivela che c’è una presenza che bussa alla porta della camera segreta dove è custodita la sua intimità. Maria percepisce in modo confuso che la sua verità profonda non è una nera solitudine: c’è infatti, proprio là, nella stanza segreta una presenza indecifrabile, una voce inattesa”.
E’ una Rivelazione che diventa realtà: “Lo Sconosciuto del giardino si rivela l’Amato che si credeva perduto per sempre, la voce che sa parlare nell’intimità profonda è proprio la sua voce, è proprio la parola che pronuncia la verità unica della donna in lacrime, è proprio la parola che sa dire l’indicibile e dare nome alla stanza segreta.
La parola dello Sconosciuto raggiunge quella che sembrava solitudine inaccessibile ed abisso angosciante e si rivela invito alla comunione, capace di accendere nelle tenebre la luce beatifica, lieta, che le tenebre non possono spegnere.
Maria non sa dire l’indicibile, l’esperienza esaltante della gioia pasquale, non sa descrivere l’incontro con Gesù, che consegnato agli inferi, ne esce glorioso, che inghiottito nella morte vince la morte. Può solo portare un messaggio che invita all’incontro: ho visto il Signore! Gesù è risorto, è vivo, mi ha parlato. Parla anche a te, a voi. Chiama anche voi, è il Signore di tutti”.
La resurrezione è annuncio di una perenne Presenza: “La grazia di Pasqua è l’incontro che chiama alla gioia della risurrezione. E’ la rivelazione che nell’intimità profonda dove facciamo fatica a sostare per timore dell’abisso angosciante e dei mostri invincibili c’è invece la presenza amica di Gesù. E’ morto per i nostri peccati: cioè non è estraneo a quell’abisso di male, a quella minaccia di morte che ci spaventa, ma in quell’abisso ha vinto il male, la morte e lo spavento.
La gioia di Pasqua non è l’esteriorità di una euforia, ma la rivelazione che nella camera più segreta, dove nessuno può entrare, abita la presenza amica del risorto. La nostra verità profonda non è la solitudine, l’abisso del nulla che insidia la vita, ma la comunione amorosa che rende vivi della via del Figlio di Dio. La nostra verità profonda è che siamo dimora dello Spirito Santo”.
E nella veglia mons. Delpini, impartendo il battesimo a 9 catecumeni, ha sottolineato il valore del passaggio: “Se la Pasqua è il grande passaggio che apre finalmente una strada al popolo che il deserto ha bloccato, ciascuno, allora, è chiamato alla conversione, al cammino che, con il battesimo, entra nella sua svolta decisiva. Così come i catecumeni compiono il grande definitivo passaggio nell’acqua del battesimo.
Ciascuno di coloro che compiono questa notte l’iniziazione cristiana, come mi hanno raccontato, ha la sua storia, talora drammatica come un esodo, talora entusiasmante come la scoperta di un amore, talora rassicurante come la promessa di appartenere al popolo di Dio. La gioia dei catecumeni è diventata la gioia di coloro che li hanno accompagnati e la gioia delle comunità cristiane che li hanno accolti”.
E da Macerata mons. Nazzareno Marconi ha ripercorso nella veglia pasquale il cammino della liberazione: “n questa Veglia abbiamo fatto un cammino di ascolto di tante letture, il loro contenuto è una sintesi della storia della salvezza, quel percorso storico che va da Adamo a Gesù in cui Dio si è sempre meglio fatto conoscere all’uomo, ma così anche l’uomo si è meglio conosciuto, nei suoi lati luminosi ed in quelli più oscuri. Incontrando Dio, infatti, l’umanità si rispecchia e si comprende nel profondo…
La storia della salvezza, come disse san Paolo VI nella Veglia pasquale del 1966 (57 anni fa): ‘è la storia spirituale del mondo, che presenta il dialogo educativo, costante e paziente di Dio con l’umanità. Un dialogo pieno di contrasti: fra le tenebre esteriori e la luce, fra la morte e la vita, fra il peccato e la grazia, fra la beatitudine di chi è in contatto con la vita stessa, Dio, e l’oscurità di chi non lo è’. Il percorso di queste letture ci racconta l’uomo, un essere piccolo e fragile in un universo immenso, che però può fare grandi cose sia nel bene che nel male”.
(Foto: Arcidiocesi di Milano)