Card. Cantalamessa: la morte è vinta
Nel pomeriggio papa Francesco ha presieduto nella Basilica Vaticana la celebrazione della Passione del Signore, ma non ha tenuto l’omelia, predicata dal Predicatore della Casa Pontificia, card. Raniero Cantalamessa, della Passione secondo Giovanni, proclamando la Resurrezione di Gesù:
“Un’altra morte di Dio, però, viene proclamata da un secolo e mezzo ad oggi, nel nostro mondo occidentale secolarizzato. Quando, nell’ambito della cultura, si parla della ‘morte di Dio’, è quest’altra morte di Dio (ideologica, non storica) che si intende. Alcuni teologi, per non rimanere indietro rispetto ai tempi, si affrettarono a costruirci sopra una teologia: la teologia della morte di Dio”.
Riprendendo Nietzsche il predicatore della Casa Pontifica ha evidenziato che senza Dio l’uomo è nulla: “Nella logica di queste parole (e, credo, nelle attese del loro autore) c’era che, dopo di lui, la storia non si sarebbe più divisa in Avanti Cristo e Dopo Cristo, ma Avanti Nietzsche e Dopo Nietzsche.
Apparentemente, non è il nulla che viene messo al posto di Dio, ma l’uomo, e più precisamente il ‘super-uomo’, o ‘l’oltre-uomo’. Di questo nuovo uomo si deve esclamare ormai – con un sentimento di compiacimento e orgoglio, non già di compassione: ‘Ecce homo!’. Ecco il vero uomo!. Non si tarderà, però, a rendersi conto che, rimasto solo, l’uomo è nulla”.
Ma Gesù di fronte all’umanità smarrita offre il perdono e non un giudizio sommario: “Non ci è lecito giudicare il cuore di un uomo che solo Dio conosce. Anche l’autore di quel proclama ha avuto la sua parte di sofferenza nella vita, e la sofferenza unisce a Cristo forse più di quanto le invettive separino da lui. La preghiera di Gesù sulla croce: ‘Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno’, non fu pronunciata solo per quelli che erano presenti quel giorno sul Calvario”.
Però sulle idee si può esprimere un giudizio: “Non giudichiamo, ripeto, la persona che solo Dio conosce. Il seguito, però, che quel suo proclama ha avuto, quello sì che lo possiamo e lo dobbiamo giudicare. Esso è stato declinato nei modi e con i nomi più diversi, fino a diventare una moda, un’atmosfera che si respira negli ambienti intellettuali dell’Occidente ‘post-moderno’.
Il denominatore comune di tutte queste diverse declinazioni è il totale relativismo in ogni campo: etica, linguaggio, filosofia, arte e, naturalmente, religione. Nulla è più solido; tutto è liquido, o addirittura vaporoso. Al tempo del romanticismo ci si crogiolava nella malinconia, oggi nel nichilismo”.
E continuando l’omelia il card. Cantalamessa ha ribadito che Gesù è realtà: “All’uomo moderno, tutto ciò non sembra che un mito eziologico per spiegare il male del mondo. E, nel senso positivo che oggi si dà al mito, tale esso è in realtà!
Ma la storia, la letteratura e la stessa nostra esperienza personale ci dicono che dietro questo ‘mito’ c’è una verità trascendente che nessuna narrazione storica o ragionamento filosofico potrebbe trasmetterci. Dio conosce il nostro orgoglio e ci è venuto incontro, annientandosi, lui per primo, davanti ai nostri occhi”.
Ma la morte di Gesù è per la resurrezione di molti: “Questa cosa tremenda si è, di fatto, realizzata una volta nella storia umana, ma in senso ben diverso da quello da lui inteso. Perché è vero, fratelli e sorelle: siamo stati noi (voi ed io) a uccidere Gesù di Nazareth! Egli è morto per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo!
Ma la sua risurrezione ci assicura che questa strada non va verso la disfatta, ma, grazie al nostro pentimento, porta a quella ‘apoteosi della vita’, invano cercata altrove. Perché parlare di questo durante la liturgia del Venerdì Santo? Non per convincere gli atei che Dio non è morto!”
E’un invito a non scoraggiarsi: “I più celebri tra essi l’hanno scoperto per conto proprio, nel momento in cui hanno chiuso gli occhi alla luce (meglio, alle tenebre) di questo mondo.
Quanto a quelli tra loro che sono ancora in vita, per convincerli occorrono ben altri mezzi che le parole di un predicatore. Mezzi che il Signore non farà mancare a chi ha il cuore aperto alla verità, come chiederemo a Dio nella preghiera universale che seguirà”.
Ha concluso l’omelia con un ammonimento che Dante Alighieri fa nella cantica del Paradiso: “Siate, Cristiani, a muovervi più gravi: non siate come penna ad ogni vento, e non crediate ch’ogni acqua vi lavi”.
(Foto: Santa Sede)