Papa Francesco: la Croce è un albero che germoglia

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“In questa Santa Settimana della passione di Cristo, commemorando la sua morte ingiusta, ricordo in modo particolare tutte le vittime dei crimini di guerra e, mentre invito a pregare per loro, eleviamo una supplica a Dio affinché i cuori di tutti si convertano. E guardando Maria, la Madonna, davanti alla Croce il mio pensiero va alle mamme: alle mamme dei soldati ucraini e russi che sono caduti nella guerra. Sono mamme di figli morti. Preghiamo per queste mamme”:

così al termine dell’udienza generale ancora una volta papa Francesco ha rivolto un pensiero alle mamme ucraine e russe, che soffrono per la perdita dei propri figli in guerra, invitando a pregare per la conclusione della guerra.

Mentre nell’udienza generale in piazza san Pietro, prima del Triduo pasquale, papa Francesco ha incentrato la meditazione sul Crocifisso come sorgente di speranza, dopoché domenica scorsa il Vangelo metteva la parola conclusiva alla vita di Gesù:

“Per i discepoli di Gesù quel macigno segna il capolinea della speranza. Il Maestro è stato crocifisso, ucciso nel modo più crudele e umiliante, appeso a un patibolo infame fuori dalla città: un fallimento pubblico, il peggior finale possibile – a quell’epoca era il peggiore”.

E’ uno sconforto che percorre anche l’uomo contemporaneo, indifferente di fronte a Dio: “Ora, quello sconforto che opprimeva i discepoli non è del tutto estraneo a noi oggi. Anche in noi si addensano pensieri cupi e sentimenti di frustrazione: perché tanta indifferenza verso Dio? E’ curioso, questo: perché tanta indifferenza verso Dio? Perché tanto male nel mondo? Ma guardate, che c’è male nel mondo! Perché le disuguaglianze continuano a crescere e la sospirata pace non arriva? Perché siamo attaccati così alla guerra, al farsi del male l’uno all’altro?”

Ma il papa ha chiesto di ridestare la speranza, oltre le delusioni: “E nei cuori di ognuno, quante attese svanite, quante delusioni! E ancora, quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta…

Insomma, anche oggi la speranza sembra a volte sigillata sotto la pietra della sfiducia. E invito ognuno di voi a pensare a questo: dov’è la tua speranza? Tu, hai una speranza viva o l’hai sigillata lì, o l’hai nel cassetto come un ricordo? Ma la tua speranza ti spinge a camminare o è un ricordo romantico come se fosse una cosa che non esiste? Dov’è la tua speranza, oggi?”

Infatti la Croce segna un nuovo inizio: “Ma di lì a poco avrebbero scoperto proprio nella croce un nuovo inizio. Cari fratelli e sorelle, la speranza di Dio germoglia così, nasce e rinasce nei buchi neri delle nostre attese deluse; ed essa, la speranza vera, invece, non delude mai.

Pensiamo proprio alla croce: dal più terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell’amore. Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini. Così Egli ama operare meraviglie”.

E’ un invito a guardare la croce come albero che germoglia: “Oggi, allora, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza: quella virtù quotidiana, quella virtù silenziosa, umile, ma quella virtù che ci mantiene in piedi, che ci aiuta ad andare avanti. Senza speranza non si può vivere. Pensiamo: dov’è la mia speranza? Oggi, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza: per essere guariti dalla tristezza – ma, quanta gente triste”.

Il papa ha sottolineato che la speranza aiuta a guarire dalla tristezza: “Ci vuole un po’ di speranza per essere guariti dalla tristezza di cui siamo malati, per essere guariti dall’amarezza con cui inquiniamo la Chiesa e il mondo. Fratelli e sorelle, guardiamo il Crocifisso. E che cosa vediamo? Vediamo Gesù nudo, Gesù spogliato, Gesù ferito, Gesù tormentato. E’ la fine di tutto? Lì c’è la nostra speranza”.

Infatti nell’umiltà di Dio, che si è abbassato fino alla croce, nasce la speranza: “Dio spogliato: Lui che ha tutto si lascia privare di tutto. Ma quella umiliazione è la via della redenzione. Dio vince così sulle nostre apparenze.

Noi, infatti, facciamo fatica a metterci a nudo, a fare la verità: sempre cerchiamo di coprire le verità perché non ci piace; ci rivestiamo di esteriorità che ricerchiamo e curiamo, di maschere per camuffarci e mostrarci migliori di come siamo.

E’ un po’ l’abitudine del maquillage: maquillage interiore, sembrare migliore degli altri … Pensiamo che l’importante sia ostentare, apparire, così che gli altri dicano bene di noi.. E Gesù spogliato di tutto ci ricorda che la speranza rinasce col fare verità su di noi (dire la verità a se stesso) – col lasciar cadere le doppiezze, col liberarci dalla pacifica convivenza con le nostre falsità”.

Sulla croce Cristo è ferito: “La croce mostra i chiodi che gli forano le mani e i piedi, il costato aperto. Ma alle ferite del corpo si aggiungono quelle dell’anima: ma quanta angoscia! Gesù è solo: tradito, consegnato e rinnegato dai suoi, dai suoi amici, anche dai suoi discepoli, condannato dal potere religioso e civile, scomunicato, Gesù prova persino l’abbandono di Dio.

Sulla croce compare inoltre il motivo della condanna, ‘Costui è Gesù: il re dei Giudei’. E’ un dileggio: Lui, che era fuggito quando cercavano di farlo re, viene condannato per essersi fatto re; pur non avendo commesso reati, è messo in mezzo a due malfattori e gli viene preferito il violento Barabba. Gesù insomma è ferito nel corpo e nell’anima”.

La sfida è quella di far diventare le ferite quali ‘fori di luce’: “Le nostre ferite possono diventare fonti di speranza quando, anziché piangerci addosso o nasconderle, asciughiamo le lacrime altrui; quando, anziché covare risentimento per quanto ci è tolto, ci prendiamo cura di ciò che manca agli altri; quando, anziché rimuginare in noi stessi, ci chiniamo su chi soffre; quando, anziché essere assetati d’amore per noi, dissetiamo chi ha bisogno di noi. Perché soltanto se smettiamo di pensare a noi stessi, ci ritroviamo. Ma se continuiamo a pensare a noi stessi non ci ritroveremo più.

Ed è facendo così che, dice la Scrittura. la nostra ferita si rimargina presto, e la speranza rifiorisce. Pensate: cosa posso fare per gli altri? Sono ferito, sono ferito di peccato, sono ferito di storia, ognuno ha la propria ferita. Cosa faccio: lecco le mie ferite così, tutta la vita? O guardo le ferite altrui e vado con l’esperienza ferita della mia vita, a guarire, ad aiutare gli altri? Questa è la sfida di oggi, per tutti voi, per ognuno di voi, per ognuno di noi. Che il Signore ci aiuti ad andare avanti”.

(Foto: Santa Sede)

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