Save the Children monitora il lavoro minorile in Italia

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“Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia nemmeno l’Italia e che mette a repentaglio i diritti fondamentali di bambine, bambini e adolescenti. Oltre al rischio per la propria salute ed il proprio benessere psicofisico, i bambini e gli adolescenti che iniziano a lavorare prima dell’età legale consentita, senza alcuna tutela giuridica, rischiano di vedere compromesso, o addirittura interrotto, il loro percorso di apprendimento e di sviluppo, alimentando notevolmente il circolo vizioso di povertà ed esclusione, anche in età adulta”.

Così inizia ‘Non è un gioco’, l’indagine sul lavoro minorile in Italia, secondo la quale quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita (16 anni). L’indagine, condotta a dieci anni di distanza dalla presentazione degli ultimi dati e delle ultime ricerche sul lavoro minorile in Italia da Save the Children ha l’obiettivo di definire i contorni del fenomeno, comprenderne le caratteristiche, l’evoluzione nel tempo e le connessioni con la dispersione scolastica, e vuole sopperire almeno parzialmente alla mancanza di una rilevazione sistemica di dati sul tema in Italia.

Dalla ricerca si stima che in Italia 336.000 minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali (il 6,8% della popolazione di quell’età, quasi 1 minore su 15).

Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure svolti in orari notturni o, ancora, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi. Dalle stime effettuate si tratta di circa 58.000 adolescenti.

I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%).

Ma emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile, più di 1 su 3, ha affermato di aver svolto attività lavorative prima dell’età legale consentita. Tra questi, più di un minore su 10 ha iniziato a lavorare all’età di 11 anni o prima e più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per lo sviluppo e il benessere psicofisico, come ha dichiarato Claudio Tesauro, presidente di Save the Children:

“Per molti ragazzi e ragazze in Italia l’ingresso troppo precoce nel mondo del lavoro, prima dell’età consentita, incide negativamente sulla crescita e sulla continuità educativa, alimentando il fenomeno della dispersione scolastica. Sono ragazzi che rischiano di rimanere ingabbiati nel circolo vizioso della povertà educativa, bloccando di fatto le aspirazioni per il futuro, anche sul piano della formazione e dello sviluppo professionale, con pesanti ricadute anche sull’età adulta”.

L’indagine è stata condotta su un campione probabilistico rappresentativo della popolazione di studenti iscritti al biennio della scuola secondaria di II grado. Tra dicembre 2022 e febbraio 2023 sono stati compilati 2.080 questionari da ragazze e ragazzi di età compresa tra 14 e i 15 anni, in 15 province italiane18 e 72 scuole campione.

Nella fascia d’età indagata con questo studio (14-15 anni), il 18,2% dei rispondenti ha lavorato durante l’anno precedente all’indagine, mentre l’1,8% ha affermato di non aver lavorato durante l’ultimo anno, ma di averlo fatto precedentemente, in passato. In totale, i 14-15enni che hanno lavorato prima dell’età legale consentita sono uno su cinque (il 20%).

La maggioranza dei minori che dichiara di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato ha iniziato a lavorare dopo i 13 anni (53,8%), il 23,8% a 13 anni, l’11,1% a 12 anni. Una percentuale non trascurabile, tra i minori che hanno svolto una forma di lavoro, ha iniziato a lavorare quando aveva 11 anni (4,7%) ed il 6,6% prima degli 11 anni.

Le esperienze di lavoro vengono o sono state svolte prevalentemente nel settore della ristorazione (25,9%), in particolare come barista, cameriere e, in alcuni casi, aiuto cuoco; nelle attività di vendita nei negozi e attività commerciali (16,2%), come commesso, cassiere, ma anche in uffici e magazzini; in campagna (9,1%).

Seguono l’attività in cantiere, come muratore, imbianchino, idraulico o elettricista (7,8%), il sostegno a casa nella cura di fratelli, sorelle o parenti (7,3%) (escludendo ‘l’aiuto a casa’ per brevi intervalli di tempo), babysitter (4,8%), vendita ambulante o servizi da asporto (4,3%) e in percentuali minori (sotto il 3%) attività nei laboratori artigianali, nelle officine e distributori di benzina.

Importante sottolineare, rispetto ai risultati dell’indagine del 2013, l’apparizione di nuove forme di lavoro online (ad esempio pubblicità, video, contenuti sui social a pagamento, compravendita online) che riguardano il 5,7% degli intervistati che hanno dichiarato di aver lavorato nell’ultimo anno.

Il 38,3% degli intervistati ha affermato di aver lavorato con i genitori, il 22,4% con amici, il 21,1% ha lavorato con altre persone, il 19,2% con parenti, il 7,6% con fratelli e sorelle, l’11,3% ha lavorato per conto suo e il 6,9% con altri ragazzi/e minori di 16 anni.

Rispetto al tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro, il 70,6% dei minori con esperienze di lavoro minorile dichiara di impiegare meno di 15 minuti, il 17% tra 15 e 30 minuti, il 7,3% tra 30 minuti e 1 ora e il 5,1% più di un’ora.

Il 31,8% si reca al lavoro in macchina accompagnato da parenti e familiari, mentre il 27% raggiunge il luogo di lavoro a piedi. Una percentuale rilevante, l’11,9%, lavora da casa e il 10,4% usa i mezzi pubblici. A seguire, l’8,9% va al lavoro in bici, il 5,7% in motorino, il 2,7% è accompagnato in macchina dal datore di lavoro e l’1,6% da amici o conoscenti.

Inoltre è interessante constatare che quasi la metà dei minori con esperienze di lavoro minorile (48%) ha dichiarato di aver trovato lavoro tramite i propri genitori, mentre il 10,2% tramite parenti.

Allo stesso tempo, più di un quarto (25,6%) afferma di aver trovato lavoro da solo e il 13,2% tramite amici e conoscenti, a testimonianza del fatto che anche le esperienze di lavoro prima dell’età legale consentita perseguite dai ragazzi in modo autonomo rappresentano un elemento non trascurabile.

Inoltre un dato estremamente rilevante è quello relativo alla frequenza del lavoro svolto, indice dell’intensità del lavoro stesso in termini di tempo dedicato a questa attività.

Il 28,6% lavora o ha lavorato tutti i giorni, il 27% qualche volta a settimana e l’8,1% una sola volta a settimana. Altri lavorano qualche giorno al mese (10,5%) o qualche mese durante l’anno (15,6%). Infine uno su dieci (10,2%) indica di lavorare/aver lavorato qualche volta durante l’anno. E, guardando al tempo giornaliero dedicato al lavoro, quasi la metà svolge o ha svolto attività lavorative per 4 o più ore durante la giornata. Il 32,9% lavora dalle 2 alle 4 ore giornaliere e il 19,1% per due ore o meno.

Importante anche considerare le fasce orarie nelle quali i minori affermano di lavorare: circa la metà, il 50,4%, dichiara di lavorare/aver lavorato al mattino dalle 7 alle 13, e il 49,9% al pomeriggio dalle 15 alle 20, ovvero in orari che coincidono con il tempo scuola e studio. Il 24,8% invece svolge o ha svolto attività lavorative dalle 13 alle 15.

Particolarmente preoccupante il dato relativo al lavoro durante le ore serali, con quasi un minore su cinque (19,9%) che afferma di lavorare/aver lavorato dalle 20 alle 22, e quasi un minore su dieci (8,9%) nelle ore notturne (dalle 22 alle 7 del mattino successivo) prevalentemente fuori casa:

“Questi dati illustrano quanto le esperienze di lavoro minorile non solo siano diffuse tra i minori con meno di 16 anni, ma anche particolarmente intense, con il rischio concreto di minare il loro sviluppo e benessere fisico e psicologico e ridurre il tempo dedicato alla scuola e allo studio”.

Un ulteriore dato utile a comprendere le condizioni del lavoro minorile è quello relativo al compenso ricevuto. Se gran parte degli intervistati ha dichiarato di essere stato pagato regolarmente ogni giorno (22,9%), ogni settimana (29,4%) o ogni mese (13,2%), fa riflettere che un intervistato su 3 dichiari di essere stato retribuito solo ogni tanto (15,6%) o di non esserlo stato affatto (18,9%).

Infine, dall’indagine risulta che il 25% dei minori intervistati con esperienze di lavoro minorile dichiara di lavorare o aver lavorato anche durante i giorni di scuola e il 4,9% di non andare a scuola o saltare le lezioni per lavorare.

Il restante (70,1%) afferma di lavorare o aver lavorato soltanto nei giorni festivi o durante i periodi di vacanza, un dato che, se interpretato congiuntamente alle evidenze sulla frequenza e continuità del lavoro, mostra come anche le esperienze lavorative nei giorni extrascolastici o di chiusura delle scuole possano essere continuative nel tempo e intense dal punto di vista delle ore dedicate al lavoro e sottratte ad altre attività.

A questo si aggiunge il dato relativo alla possibilità di studiare e lavorare allo stesso tempo. Mentre il 52,3% dei minori con esperienze di lavoro minorile ha affermato di poter studiare e lavorare insieme senza problemi, in quasi un caso su due (40,4%) gli intervistati dichiarano che il lavoro incide sulla possibilità di studiare: il 19,9% ha sottolineato che ci riesce sebbene sia stancante, mentre il 14% quando lavora non riesce a studiare e il 6,5% invece riesce a conciliare studio e lavoro solo alcune volte.

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