Il Vaticano andrà sotto processo nel Regno Unito. Il caso penale vaticano 60SA va visto ad ampio spettro, più che nei dettagli. Da soap opera a film horror

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.04.2023 – Vik van Brantegem] – Riportiamo nostra traduzione italiana dell’articolo pubblicato ieri dal quotidiano londinese The Telegraph, con la notizia che il Vaticano andrà sotto processo nel Regno Unito per la prima volta nella storia, a seguito di una causa legale intentata dal finanziere Raffaele Mincione per riabilitare il suo nome dopo le accuse a suo carico nel “processo del secolo” al Tribunale vaticano. Seguono stralci da un articolo di Andrea Gagliarducci per l’agenzia ACI Stampa, che invita a considerare le notizie delle ultime due udienze del processo 60SA al Tribunale vaticano ad ampio spettro, più che nei dettagli. Concludiamo con stralci da un articolo di Silere non possum, che evidenzia che «l’incompetenza del Tribunale vaticano calpesta i diritti delle persone coinvolte».

Prof. Avv. Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano.

Il Vaticano andrà sotto processo nel Regno Unito

The Telegraph, il prestigioso quotidiano di Londra, ha pubblicato il 2 aprile 2023 un articolo a firma di Charles Hymas [QUI], dando la notizia che il Vaticano andrà sotto processo nel Regno Unito per la prima volta nella storia, a seguito di una causa legale intentata dal finanziere Raffaele Mincione per riabilitare il suo nome dopo le accuse a suo carico nel “processo del secolo” al Tribunale vaticano:

«Un finanziere britannico al centro del “processo del secolo” del Vaticano ha iniziato una causa legale per riabilitare il suo nome. Gli avvocati di Raffaele Mincione hanno affermato che il procuratore capo del Vaticano potrebbe aver pervertito il corso della giustizia a causa delle accuse fuorvianti mosse contro di lui nei tribunali britannici. Le accuse costituiscono una parte centrale del “processo del secolo” del Vaticano e si riferiscono a un affare immobiliare in cui il Vaticano ha investito 124 milioni di sterline in un ex magazzino Harrods a Chelsea che era destinato alla conversione in appartamenti di lusso.
Il Vaticano sostiene che il Sig. Mincione l’abbia truffato gonfiando il prezzo quando le sue società hanno venduto la proprietà nel 2018. I pubblici ministeri hanno accusato il Sig. Mincione e altri dieci di reati tra cui frode, appropriazione indebita e abuso d’ufficio. Tutti e dieci, compreso Angelo Becci, l’ex braccio destro di Papa Francesco, negano illeciti. Tuttavia, il Sig. Mincione sostiene di non aver fatto nulla di male e che la valutazione dell’immobile da parte di esperti indipendenti era appropriata. Sostiene che il Vaticano non ha mai rivelato prove per dimostrare di aver perso denaro né di un suo presunto comportamento illegale o disonesto. Di conseguenza, il Sig. Mincione ha intentato un’azione civile nei tribunali del Regno Unito come “contrattacco” alla pubblicità e per proteggere la sua reputazione dopo aver subito “pregiudizi” a seguito delle accuse. Ora la Corte d’Appello ha stabilito che il Vaticano dovrebbe essere processato nei tribunali inglesi per la prima volta nella sua storia per le accuse che ha mosso contro Sig. Mincione.
Nella più recente mossa, gli avvocati di Sig. Mincione hanno scritto al procuratore capo del Vaticano, Alessandro Diddi, accusandolo di “errori di fatto e omissioni” nei procedimenti nel Regno Unito. Nella lettera, Nick Vamos, l’ex capo del crimine speciale e capo di estradizione presso il Crown Prosecution Service (CPS) [è un’istituzione statale che opera in Inghilterra e Galles, che funge da pubblico ministero nei procedimenti penali], ha affermato che queste dichiarazioni potrebbero significare che Sig. Diddi potrebbe aver “commesso il reato di perversione del corso della giustizia”. Il Sig. Vamos, che faceva parte del team legale a sostegno di Boris Johnson alla sua recente apparizione in commissione per l’affare Partygate, ha chiesto a Sig. Diddi, un ex avvocato difensore della mafia, un incontro per “capire la sua posizione su quanto accaduto, e perché”.
Il Sig. Vamos ha condiviso la sua lettera con varie agenzie tra cui il CPS, il Ministero degli Interni e la National Crime Agency [un’agenzia di polizia britannica].
Nella lettera, ha contestato le affermazioni secondo cui i fondi per gli investimenti provenivano dall’Obolo di San Pietro, donazioni cattoliche di beneficenza destinate ai bisognosi, piuttosto che dal Credit Suisse. “Lei ha affermato che i fondi per l’investimento da parte del Vaticano provenivano dall’Obolo di San Pietro, quando in realtà sapeva che erano forniti dal Credit Suisse… e quindi ha erroneamente definito l’affare un uso improprio di fondi di beneficenza”, ha scritto Sig. Vamos. “Ha affermato che il Vaticano… era il sottoscrittore, quando in realtà il sottoscrittore era il Credit Suisse… e quindi ha caratterizzato erroneamente l’investimento”. “Ciò solleva una serie di potenziali problemi per quanto riguarda la legge inglese… le inesattezze dei fatti e le omissioni nelle sue prove sollevano la questione se lei abbia commesso il reato di perversione del corso della giustizia contrario alla legge inglese”.
Il Vaticano è stato contattato per un commento. In precedenza un portavoce vaticano ha commentato: “La legittimità delle indagini e la rispondenza del sistema giudiziario vaticano ai principi del giusto processo è stata riconosciuta da diversi tribunali stranieri”».

Il processo penale vaticano 60SA va visto ad ampio spettro, più che nei dettagli

In un articolo per ACI Stampa del 1° aprile 2023 [QUI], Andrea Gagliarducci scrive, che le notizie delle ultime due udienze del processo 60SA al Tribunale vaticano [QUI], devono essere considerate ad ampio spettro, più che nei dettagli. Perché l’Avv. Shantanu Sinha, che era nello studio legale Mishcon de Reya quando la Segreteria di Stato rilevò le quote da Mincione e poi l’immobile intero Torzi, ha fatto luce sul perché la Segreteria di Stato avesse deciso di compiere quelle operazioni, arrivando a spiegare in che modo riteneva che il broker Gianluigi Torzi fosse un pericolo. E l’Arch. Luciano Capaldo, che, dopo aver collaborato con Torzi è diventato consulente della Segreteria di Stato, ha preso una posizione che difende la posizione dell’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato.

Poi, illustra i tre tronconi del processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato:
«Il primo riguarda l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, di un immobile di lusso a Londra. L’investimento fu affidato prima al broker Raffaele Mincione, poi al broker Gianluigi Torzi, che però tenne per sé le uniche azioni con diritto di voto. Alla fine, per salvare l’investimento, la Segreteria di Stato decise di rilevare l’intero palazzo, cosa che fece pagando a Torzi una buonuscita per la rilevazione delle quote. L’architetto Luciano Capaldo, già collaboratore di Torzi da cui si sarebbe distaccato perché non ne condivideva i metodi, aveva agito per conto della Segreteria di Stato nelle discussioni che hanno portato a rilevare il palazzo. L’avvocato Shantanu Sinha aveva assistito le operazioni per conto dello studio legale Mishcon de Reya, e aveva consigliato alla fine di non adire a vie legali, ma piuttosto a trovare un accordo con Torzi. Da questi ruoli, la rilevanza delle loro testimonianze.
Il filone “Sardegna” del processo vede il Cardinale Angelo Becciu sotto accusa per un presunto peculato che avrebbe avuto luogo quando questi era sostituto della Segreteria di Stato, con l’erogazione di denaro ad una cooperativa, la SPES, diretta dal fratello e braccio della Caritas di Ozieri, diretta da don Mario Curzu. Sono stati implicati anche in una indagine della Guardia di Finanza, ed è questo il motivo per cui non si sono presentati a testimoniare.
E poi c’è il filone Cecilia Marogna, la sedicente esperta di intelligence che si offrì di lavorare con la Santa Sede prestando i suoi servizi anche per la liberazione di ostaggi, come suor Cecilia Narvaez, rapita in Mali. Il pagamento di un riscatto è effettivamente avvenuto, ma non per conto di Marogna, accusata di essersi appropriata dei fondi vaticani per uso personale».

In riferimento alla testimonianza dell’Arch. Capaldo, Gagliarducci scrive: «A grandi linee, Capaldo nella sua testimonianza ha voluto ribadire, come già aveva fatto nel primo troncone di dichiarazioni il 23 novembre scorso, che secondo lui la Segreteria di Stato non avrebbe fatto un buon affare, che il valore dell’immobile secondo lui era inferiore e che dunque sarebbe stato un investimento con valutazioni erronee. Vero è che Capaldo, da collaboratore di Torzi, aveva però compilato brochure e valutazioni di possibile sviluppo dell’immobile su cui la Segreteria di Stato stava investendo (gli ex magazzini Harrod’s a 60 Sloane Avenue) con valori che superavano i 300 milioni, ma ci ha tenuto a sottolineare che non erano valutazioni vincolanti ma stime, che le stime erano espressamente richieste ma che comunque non le faceva nella sua attività di valutatore e che comunque erano valutazioni che gli erano state chieste da Gianluigi Torzi. È stato evidenziato più volte il rapporto che legava Capaldo a Torzi prima che diventasse consulente della Segreteria di Stato, e Capaldo stesso ha poi parlato di aver portato sul tavolo della Segreteria di Stato due manifestazioni di interesse per l’immobile, uno dell’allora ministro della pace dell’Afghanistan. Altro tema è quello della sorveglianza che sarebbe stata fatta sugli studi di Torzi a Londra. Capaldo ha detto che aveva mantenuto una app collegata alle telecamere di sorveglianza dello studio di Torzi, e che l’arcivescovo Pena Parra (“Per cui sarei pronto a morire”) gli aveva chiesto aprire quella app per vedere chi sarebbe andato a fare visita a Torzi. Capaldo ha anche confermato di aver contattato Giovanni Ferruccio Oriente, per lui solo un tecnico informatico (era l’autista del capo del SISDE) per risalire a dalle informazioni, cosa della quale però non si fece niente».

Il processo penale vaticano 60SA, da soap opera a film horror

Silere non possum in un articolo del 31 marzo 2023 [QUI] sostiene che «l’incompetenza del Tribunale vaticano calpesta i diritti delle persone coinvolte»:

«Se inizialmente il procedimento penale, denominato Sloane Avenue, poteva essere definito una soap opera, oggi si parla di un vero e proprio film horror.
In questi anni è emerso chiaramente che le persone alla guida di questo processo sono completamente incompetenti. È sufficiente guardare i curriculum di Giuseppe Pignatone e Alessandro Diddì, rispettivamente il Presidente del Tribunale ed il Promotore di Giustizia, per appurare che non vi è alcuno studio in ambito canonistico e vaticano.
I diritti fondamentali delle persone coinvolte, a vario titolo, in questo processo, sono stati ampiamente calpestati. Differentemente da quanto affermato da alcuni, però, non si tratta di una “falla del sistema vaticano” ma di una vera e propria incompetenza di questi soggetti. (…) Non si può pensare di occuparsi del diritto vaticano senza avere alcuna competenza in ambito canonistico. È pura fantasia. Come si può pensare di mettere a capo di questo Tribunale, una persona come Giuseppe Pignatone che non ha mai letto neppure una sentenza di nullità matrimoniale. Il Tribunale Vaticano ha un compito importantissimo che è quello di interpretare le norme utilizzando, come primo criterio di riferimento, l’ordinamento canonico. Come può farlo senza avere competenze in tale materia? Il Tribunale vaticano e l’Ufficio del Promotore di Giustizia, in questi anni hanno commesso gravi violazioni delle norme vigenti anche all’interno della Città Stato. (…)».

Indice – Caso 60SA [QUI]

Foto di copertina: Giuseppe Pignatone, Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.

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