Qual è stato il modo di governare di Papa Francesco?

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.03.2023 – Andrea Gagliarducci] – Prima del più recente Motu proprio sull’attuazione del Vos estis lux mundi, l’ultima decisione di governo di Papa Francesco è stato il rinnovo della composizione del Consiglio di cardinali. Nove membri con l’inclusione del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, che ha partecipato a tutti gli incontri, ma che inizialmente non era incluso nel chirografo con cui il Papa ha istituito il Consiglio nel 2013.

Il rinnovo del Consiglio testimonia che la stagione delle riforme non è finita dopo dieci anni. Così come Papa Francesco ha voluto la Chiesa in un sinodo permanente [QUI] – tanto che nel suo pontificato sono stati celebrati due assemblee ordinarie e due straordinarie – la Curia è in permanente riforma.
Nei dieci anni del suo pontificato, Papa Francesco ha dapprima proceduto al rinnovamento degli uffici e delle responsabilità della Curia romana. Solo più tardi promulgò una Costituzione apostolica, la Praedicate Evangelium, che dava un’ampia lettura delle riforme compiute.

Ma non solo. Il Papa è intervenuto in diverse materie, dalla liturgia alla cosiddetta sanità cattolica, utilizzando forme decisionali più leggere, ovvero documenti come la Rescripta ex audientia Santissimi o Motu propri. Questi documenti sono stati utilizzati anche per chiarire alcune decisioni, a testimonianza che, nel pontificato di Papa Francesco, la legge non può essere applicata senza una corretta interpretazione definita dall’autorità superiore.

Papa Francesco, alla fine, ha dimostrato di essere un Papa che prende le decisioni in prima persona. Quando necessario, decide rapidamente, evitando documenti che richiederebbero più tempo per essere preparati. Papa Francesco ha dimostrato questo modus operandi proprio nel cammino verso la riforma della Curia. La promulgazione della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium risale al marzo 2022 ed è in vigore dal giugno dello stesso anno. Tuttavia, la Costituzione era già in vigore da tempo sotto molti aspetti.

Pertanto, più che rinnovare la Curia, la Costituzione ha fotografato una realtà esistente e ha aggiunto qualche altra unificazione dei dicasteri. Tra l’altro, la riforma è stata presentata al Concistoro dell’agosto 2022 come un fatto compiuto, senza possibilità di discussione. Papa Giovanni Paolo II convocò tre Concistori straordinari (nel 1979, 1982 e 1985) mentre svolgeva l’opera di riforma per poi promulgare la grande riforma della Curia nel 1988.

Papa Francesco ha usato i Rescripta ex audientia Santissimi, cioè, documenti da una nota dopo un’udienza con il Santo Padre, per spiegare come le riforme dovrebbero essere intese.

È un Rescritto che osserva che tutti i beni dei dicasteri e degli enti della Santa Sede devono essere gestiti dall’Istituto per le Opere di Religione, la cosiddetta banca vaticana.

È un Rescritto – tra l’altro mai formalmente pubblicato all’esterno – che stabilisce che non possono più esistere appartamenti di servizio o canoni di locazione calmati per i capii dei dicasteri della Curia.

È un Rescritto che dà la chiave interpretativa al Motu proprio Traditionis custodes, restringendo ulteriormente le possibilità per chi vuole celebrare la Messa secondo il rito antico [QUI].

Tuttavia, il Papa ha utilizzato anche mezzi indiretti per convalidare le interpretazioni nel corso degli anni. Ad esempio, rispondendo ad una lettera dei vescovi argentini sull’applicazione di Amoris laetitiae, stabilì che quell’approccio, che riteneva corretto, fosse inserito negli Acta Apostolicae Sedis ovvero la pubblicazione degli atti ufficiali della Santa Sede. Questa insolita decisione ha dato uno status ufficiale a un testo che sarebbe rimasto solo locale.

Papa Francesco ha usato la forma della Lettera apostolica 85 volte. L’ultima volta è stata quando ha pubblicato, nel dicembre 2022, una Lettera apostolica per celebrare i 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales. Ma, prima ancora, c’è stata la Lettera apostolica Desiderio desideravi, che ha segnato l’anniversario di Traditionis custodes, il Motu proprio con cui Papa Francesco aveva abolito la liberalizzazione del rito antico voluta da Papa Benedetto XVI.

La Lettera apostolica è la quarta in ordine di importanza dei documenti papali. La più importante è la Costituzione apostolica, seguita dall’Enciclica e dall’Esortazione apostolica.

La Costituzione apostolica, avendo il rango più alto, necessita anche di maggiore discussione, perché deve essere conforme anche alle norme del diritto canonico. Finora il Papa ne ha fatto uso in rari casi: per la riforma della Curia, con la Praedicate Evangelium; e per la riforma del vicariato di Roma, con la In Ecclesiarum comunione.

Anche l’Enciclica necessita di un ampio lavoro, perché vuole esprimere il magistero universale del Papa e non può essere legata solo a momenti contingenti. Finora, Papa Francesco ha promulgato tre Encicliche: Lumen Fidei, preparata principalmente da Papa Benedetto XVI; Laudato si, sul tema dell’ecologia; e Fratelli tutti, sul tema dell’amicizia sociale.

L’Esortazione apostolica è uno strumento personale del Papa. Nel caso dell’Esortazione apostolica post-sinodale, il Papa elabora un documento a partire dalle proposizioni che il Sinodo produce come frutto del suo lavoro. È uno strumento più leggero, e il Papa lo ha usato per delineare il suo “programma di governo”. Tutto questo è contenuto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che ha sostituito l’Esortazione apostolica post-sinodale attesa dopo il Sinodo sulla Parola di Dio nel 2012. Di quel Sinodo, l’ultimo celebrato da Papa Benedetto XVI, non è rimasta traccia.

Quando Papa Francesco deve legiferare, quasi sempre privilegia la Lettera apostolica in forma di Motu proprio (il sito vaticano ne ha attualmente 51) e Rescripta ex audientia Santissimi. Papa Francesco, infatti, con le sue scelte si mostra un uomo solo al comando. In caso di dubbio, l’interpretazione finale spetta sempre al pontefice. E solo il Papa può fare eccezioni.

In contrasto, il Papa diminuisce i poteri di coloro che collaborano nel governo. Il Vicario per la diocesi di Roma è definito come un ausiliare – ma sarebbe il rappresentante del Papa ed è sempre cardinale – mentre i capi dicastero ora hanno la loro autorità garantita solo dalla missione canonica, che il Papa conferisce. Questi sono i due esempi più recenti. Ma basti anche osservare che il Papa allarga i Consigli e le Commissioni con l’idea di aumentare la rappresentanza, ma allo stesso tempo prende sempre le sue decisioni in prima persona. Quando qualcosa va storto, torna indietro.

Tutto è anche controllato. Ci sono commissari inviati ad ogni cambio di guida di un dicastero (è successo con la Congregazione per il Culto Divino, con quella per il Clero, con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale) o quando il Papa vuole dare un nuovo orientamento alle cose, come è successo con Caritas Internationalis. Da non sottovalutare quanto accaduto con l’Ordine di Malta, dove Papa Francesco ha utilizzato tutte le sue prerogative per intervenire nei processi di riforma.

In genere il Papa interviene ogni volta che sospetta che qualcuno stia andando in una direzione diversa da quella che ha indicata. Ad esempio, di fronte alla possibilità di lunghe indagini per il processo del palazzo di Londra, il Papa è intervenuto approvando un processo sommario e conferendo vari poteri speciali ai magistrati vaticani con quattro Rescritti [QUI].

Anche la scelta di utilizzare documenti “leggeri”, per definire la legislazione, fa parte della lotta del Papa contro quella che ritiene essere una forma di corruzione all’interno della Chiesa. La strategia del Papa è quella dello “shock and awe” (colpisce e terrorizza). In questo modo, il Papa evita che chiunque possa fermare l’esecuzione della sua riforma.

A questo si aggiunge la necessità di bloccare quelli che il Papa considera circoli di potere. E così, Papa Francesco preferisce non considerare, salvo in alcuni casi specifici, sedi tradizionalmente cardinalizi per assegnare la berretta rossa, ma guarda invece al messaggio per il popolo e il Paese. Quindi, non esistono più diocesi cardinalizi né criteri riconoscibili neanche nell’assegnazione delle sedi episcopali.

Il Papa rimescola le carte, che è anche un modo di governare. Alla fine, tutto passa per Papa Francesco. Ed è il Papa che decide se approvare o meno le decisioni. Infatti, non è un progetto collegiale, né è un progetto sinodale. Si tratta di un uomo solo al comando, che comanda con tutti gli strumenti a sua disposizione.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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