Francesco: 10 anni posson bastare?

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Sono ormai dieci anni da quando Francesco è salito al soglio pontificio. Possiamo tentare di fare un timido e, pertanto, parziale bilancio di questi dieci anni. Attorno a tre nuclei possiamo raccogliere il significato e l’importanza di questo pontificato.

Lo stile. Se c’è una novità da quando Francesco è papa, questa è costituita dallo stile comunicativo, espressivo. Bergoglio usa uno stile semplice, incentrato sul registro degli affetti. La sua forza sta nel mostrarsi per così come è, per non fingere, per non indossare un maschera, anche quando si tratta di piangere, come è accaduto più volte in questi anni.

Francesco è un papa che si commuove e commuove. Per questo si fa comprendere da tutti. Egli comunica in modo semplice, spesso spontaneo, distaccandosi dai testi scritti e andando a braccio. In particolare colpisce le sue parole di buon senso, non accademiche, lontane da raffinati ‘teologismi’.

I poveri. Con il pontificato di Francesco l’opzione preferenziale per i poveri è tornata al centro della pastorale della Chiesa. Non che prima, nei precedenti pontificati, non lo fosse, ma questo papa incarna e testimonia a tutti che i poveri devono essere al centro della Chiesa; di essi dobbiamo prendercene cura perché essi sono il vero tesoro.

Così facendo Bergoglio suscita simpatie all’esterno della Chiesa, in quella parte di uomini e donne di buona volontà che da tempo si sono posti a fianco dei poveri e per essi combattono, lottano e sperano.

La riforma. Con Francesco è tornata con forza e potenza l’esigenza di riformare la Chiesa. Seppure tra molte resistenze, egli ha avviato una riforma della Curia che sta iniziando a dare i suoi frutti. Molto resta da fare, ma a questo papa interessa avviare processi.

Pertanto la riforma della Chiesa è un processo che richiede tempo, pazienza e costanza. Significativo è il fatto che egli, intercettando l’esigenza di una maggiore partecipazione, stia procedendo sulla strada della sinodalità.

Accanto a questi tre aspetti, estremamente positivi, in questi anni sono emersi diverse problematiche problemi che sono due.

La resistenza. Una parte, all’interno della Chiesa, non si ritrova nella figura di Francesco e ha cercato in Benedetto XVI un protettore, arrivando a contrapporre i due papi. La resistenza è sia di carattere ideologico, cioè teologico, sia di carattere pratico.

Detta in altri termini c’è chi ha manifestato e manifesta avversità a Francesco alimentando una teologia che fa a meno del Concilio Vaticano II, ripresentando una teologia che è nella sostanza e nella forma pre-conciliare.

Inoltre, come è capitato in Italia, di fronte al papa che chiedeva l’avvio di un sinodo nazionale, l’episcopato dapprima ha fatto finta di non aver inteso e, poi, successivamente, ha avviato con timidezza e tepore, contro voglia, un sinodo dagli esiti scontati.

Di fronte ad un papa che chiede di riformare la Chiesa, l’episcopato non solo non risponde, ma continua a fare come ha sempre fatto, come se il mondo non fosse cambiando o non stesse cambiando.

Scelte discutibili. Un papa, per quanto infallibile possa essere, può fare scelte discutibili, in particolar modo quando va a nominare un vescovo o quando dà incarichi importanti ad alcune persone.

Sulla carta quella persona può apparire la migliore che ci sia, ma, messa alla prova, si rivela un’estrema delusione e così il processo riformatore subisce intoppi, rallentamenti, perfino intralci. Casi del genere ce ne sono stati molti in questi dieci anni e non è giusto fare nomi.

Tuttavia occorre più cautela, più prudenza. Andrebbe riformato il processo che porta alla nomina di vescovi o quello con cui si concede incarichi di responsabilità a determinate persone.

Facendo il verso ad una nota canzone, ci possiamo chiedere: dieci anni posson bastare? No, probabilmente ce ne vorranno altri dieci. Sta di fatto che ogni pontificato presenta delle luci e delle ombre.

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