Beati i puri di cuore. 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. Nella pericolosa terra di Al-Shabaab, una nuova irrigazione dei campi del carcere di Garissa

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.03.2023 – Vik van Brantegem] – Il 10 marzo 2023 ho presentato l’inizio del 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina, che porta Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami in Kenya fino al 15 marzo, con l’imprevista sosta ad Addis Abeba, che ci ha raccontato nel Report N. 1 – Etiopia. Il diavolo è nei dettagli e nel Report N. 2 – Etiopia e la Chiesa Ortodossa. Dio è nei dettagli [QUI].

Poi, l’11 marzo ho proseguito con lo straziante (e molto istruttivo) Report N. 3 – Carbone rovente in una piccola mano e il divertentissimo (e altrettanto istruttivo) Report N. 4 – Il pollaio [QUI]. Due racconti che ci fanno capire come nella nostra vita spesso consideriamo il superfluo come l’essenziale e come è necessario di ricreare le ragioni più profonde del vivere. E ieri 12 marzo, ho continuato con il Report N. 5 – Rolando [QUI] di Don Gigi, con la domanda che gli scava dentro e lo ricolloca nei motivi più profondi del suo vivere. Oggi presento il Report N. 6 – Nella pericolosa terra di Al-Shabaab il progetto di una nuova irrigazione dei campi del carcere di Garissa. “Il progetto non è grande – dice Don Gigi -, ma nei tempi attuali è meglio dare qualche cosa di piccolo e significativo ma sicuro”.

Report N. 6 – Nella pericolosa terra di Al-Shabaab il progetto di una nuova irrigazione dei campi del carcere di Garissa

Siamo appena arrivati alla missione di Bura Tana da Garissa. Sono giornate intense che riempiono di infinita stanchezza ma anche di grandi e profonde soddisfazioni, che tonificano il cuore. Sto scrivendo sotto un cielo pieno di stelle che mi calma con il suo incanto. Il pensiero va a Bergamo e alle serate nella mia casa da solo. Guardo le stelle e una profonda pace mi inebria. Sento tutto il peso della stanchezza che sbrana il cervello. Ho le gambe indolenzite dalle lunghe camminate e una gran voglia di dormire. Le giornate che trascorro non sono belle giornate, ma buone giornate e le buone giornate riempiono di pace. Steve Jobs diceva: “Non voglio diventare il più ricco del cimitero, ma voglio addormentarmi ogni sera pensando di aver fatto qualche cosa di buono. Ed in effetti di cose buone con Jimmy e Suor Josephine in questi giorni ne abbiamo fatte tante.

Ieri qui a Bura Tana abbiamo visitato Joseph, l’anziano abbandonato che avevamo incontrato a settembre e gli abbiamo portato alimenti.

Poi è stata la volta di Beatrice alla quale abbiamo donato il libretto a lei dedicato. il numero 39 della nostra collana #VoltiDiSperanza.
Poi siamo partiti per Garissa e dopo pranzo siamo andati all’università, dove abbiamo incontrato gli studenti Cattolici. Ci hanno detto che ormai i Cristiani nell’università sono più della metà, circa due terzi, ben duemila. È proprio vero che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Il ricordo del 2 aprile 2015 è ancora forte davanti al memoriale con i 148 nomi scritti, tutti di giovani studenti universitari Cristiani massacrati dagli Al-Shabaab [*].

Dopo l’incontro con i ragazzi ci spostiamo a Madogo, un villaggio musulmano dove la mutilazione genitale femminile è prassi comune ed iniziamo la visita estenuante e meravigliose alle famiglie delle nostre dieci bimbe mutilate genitalmente. Ormai mi conoscono, entriamo in casa, chiedo di vedere i quaderni scolastici, chiedo della salute, prendo nota di qualche medicina, parliamo degli alimenti. Poi con WhatsApp chiamiamo l’Italia e la gente si commuove nel vedere la propria piccola e prende fiducia in noi. Il tempo purtroppo è brevissimo e dieci famiglie sono tante. Esausti finiamo le visite circa alle 9 di sera. Salutiamo Esha, saltiamo sulla jeep e facciamo ritorno a Garissa per la cena e poi sprofondo in un grande sonno disturbato dai 37 gradi di temperatura. Giornate piene di incontri e di vicende che segnano profondamente.

Questa mattina con Jimmy siamo andati a comperare a Garissa 160 pezzi di sapone da destinare ai nostri carcerati e poi siamo partiti per il carcere dove ci siamo fermati fino alle 4 del pomeriggio.

Con il direttore abbiamo lavorato sul nuovo sistema di irrigazione dei campi alla fattoria del carcere. Il Direttore Maurice mi accoglie festante. Ci sediamo nel suo studio e cominciamo a lavorare. Il carcere ha una estensione di circa 4 chilometri quadrati di terra e giunge fino al grande fiume Tana che attraversa Garissa. La terra è però tutta bruciata dalla siccità e i 160 prigionieri zappano polvere. Il direttore mi presenta uno schizzo. “Don Gigi, vedi questa terra avrebbe bisogno di un nuovo sistema di irrigazione: dalle acque del grande fiume potremmo aspirare acqua con una grande pompa e poi distribuirla con un piccolo sistema di irrigazione. La manodopera non la paghiamo perché prestata dai prigionieri e poi possiamo produrre alimenti sia per la prigione che per la vendita!” L’idea mi piace moltissimo, anche perché il tema dell’acqua sta molto a cuore alla Fondazione Santina, come ogni forma di rispetto dell’ecologia del nostro pianeta sbranata da abusi, che producono effetti drammatici come questa siccità che tutto brucia. Il caro amico direttore si mette al telefono e inizia a chiedere il costo di una pompa d’acqua, di un generatore di corrente e dei grossi tubi per il trasporto dell’acqua. Verso mezzogiorno abbiamo un’idea più precisa dei costi della nostra opera.

Ho chiesto a Maurice di vedere il luogo di cui parla e dove già oggi i prigionieri lavorano, per scattare alcune foto, fare un piccolo video che metteremo sui social per promuovere l’iniziativa. Maurice mi conosce bene e sa che non demordo. “Ok Gigi, ma per andare là si fa a modo mio: andiamo con la scorta dei militari. Lo sai che la nostra terra ha purtroppo anche la brutta fama di nascondere terroristi, pastori somali che possono vedere in voi ambite prede per riscatto e non vorremo che succedesse un altro caso alla Silvia Romano a Chakama, ricordi vero?”. “Certo che ricordo, ma non paragonarmi a Silvia Romano perché una cosa è certa se mi rapissero gli uomini di Al Shabaab mai e poi mai mi farei musulmano come la Romano”. Maurice sorride divertito e dice: no, no! Ti conosco bene, tu saresti capace di convertire al Cristianesimo i tuoi rapitori. Penso che ti lascerebbero immediatamente per la paura di tenerti troppo con loro!”. Rido divertito e salgo sulla jeep con un uomo dell’esercito a destra ed uno a sinistra che tengono in mano due fucili carichi. Devo dire che il fatto mi fa un po’ impressione. Per scendere dalla jeep il soldato mi chiede di tenere in mano il fucile. Provo una strana sensazione di freddo e di morte, ma subito mi riprendo.

Dopo la mezzora in macchina inizia poi un percorso nei boschi per giungere alle rive del fiume Tana. Maurice mi mostra un piccolo generatore ed una pompa.

Uno dei prigionieri che sta lavorando i campi fa partire il generatore a diesel e scoppiettando il vecchio motore si mette in funzione.

Da un grande tubo che entra nel fiume inizia a pompare acqua per il campo vicino. Guardo ammirato.

Maurice dice: “Don Gigi, vorremmo costruire un sistema ben più grande e congeniato con l’aiuto di Fondazione Santina”. Mi mostra dove metterebbe la pompa, il generatore e il tubo dell’acqua. Maurice ha preparato anche un disegno che acclude alla richiesta del denaro. Guardo con molta attenzione, il luogo è bellissimo e richiama per alcuni aspetti l’Amazzonia peruviana a Puerto Maldonado. Se vicino al fiume la natura è lussureggiante, pochi metri più in là la siccità rende aridi i campi della prigione. Mi fermo un momento in silenzio e poi dico a Maurice: “Questo progetto è bellissimo e oggi mi hai convinto ancora di più. Ne avevamo già parlato in Italia in un nostro Consiglio di Amministrazione della Fondazione Santina e i membri avevano dato un parere positivo. Ora tornando con questi dettagli ben definiti del programma di irrigazione, come il costo della pompa, del generatore e degli altri elementi, sono sicuro che lo realizzeremo. Mi rendo conto che il progetto non è grande, ma nei tempi attuali è meglio dare qualche cosa di piccolo e significativo ma sicuro. Parto per la Colombia e rientro l’11 maggio. Nella seconda metà di maggio ti invio i 273.000 scellini, tu inizia i lavori perché ad ottobre vogliono venire ad inaugurare e sarà con me anche il Vescovo George [Mons. George Muthaka, OFM Cap, Vescovo di Garissa]”. Maurice è felice e mi stringe forte la mano, dicendomi: “Vieni tu a dare la buona notizia ai prigionieri!” Scortati dai militari ripercorriamo la mezzora di auto e giungiamo nuovamente al carcere.

I giovani prigionieri mi stanno aspettando. Sorridono, mi chiamano: “Jambo Gigi!”, seduti per terra con le loro divise a strisce bianche e nere. Dico: “Questa volta non ruberò al carcere un’altra casacca, sono qui per dirvi un’altra cosa, molto bella: torno ad ottobre, faremo una bella e grande festa e sapete perché? Perché inaugureremo il nuovo sistema di irrigazione che aspira acqua dal fiume. Sono così felice di questo bellissimo progetto e voi?”. Scoppia un forte applauso. I ragazzi sono felici, con i loro occhi pieni di vita e di miseria nel caldo afoso. Un ragazzo prende la parola e mi domanda una chitarra per il carcere al mio ritorno. Sorrido e mi lascio sfuggire un sì. Tu che stai leggendo, proprio tu che pensi che questa sia una finzione letteraria e non riguardi te, perché non mi dai i soldi per regalare al carcere una chitarra? Abbiamo regalato al carcere di Acapulco uno specchio per la palestra e la ginnastica ritmica. La musica in un carcere potrebbe davvero fare tanto bene e guarire tante nascoste ferite.

Il Direttore ci accompagna alla porta un abbraccio cordiale. Promette che ci rivedremo presto e per fare una grande festa, una festa attorno a 160 giovani, che come dice Papa Francesco sono la carne di Gesù. Perché ero in carcere e siete venuti a visitarmi. Allora il carcerato è Gesù. Se non riesco a vedere Dio in un carcerato, come potrò vederlo in un pezzo di pane. E se non lo vedo in un pezzo di pane consacrato, come posso riuscire a vederlo in un carcerato?

La nostra scorta ci saluta e saliamo in macchina. Ci attende ormai il rientro alla missione di Bura Tana ed è meglio non viaggiare di notte da queste parti tanto pericolose. Rientrando a Bura Tana con Padre Julio recitò il rosario e prego per loro e per le piccole bambine mutilate genitalmente. Il tempo scorre veloce qui in Africa e non ho alcuna voglia di rientrare in Italia, poi penso alla Colombia e il pensiero va al dormitorio per tossicodipendenti che inaugurerò il prossimo 3 maggio. È la data che ho smesso di lavorare in Vaticano e ho iniziato a vivere una meravigliosa festa, quella della condivisione con i più poveri del mondo. E allora ogni anno festeggio. Il 3 maggio 2021 in Vietnam abbiano festeggiato il primo anno inaugurando la rete elettrica al villaggio povero di Khe Gnao, quest’anno invece nella stessa data inaugureremo un dormitorio per tossicodipendenti a Bogotà.

Che dire a conclusione di questo report? Viva il 3 maggio festa della liberazione e festa della condivisione. Jambo. Mi butto in branda, perché sto scrivendo troppo di getto e rischio di dire castronerie.

2 aprile 2015. All’Università di Garissa in Kenya, estremisti islamici massacrarono 148 studenti cristiani. Una strage caduta nell’oblio.

[*] Al-Shabaab (in italiano “i Giovani”, dall’arabo Ḥizb al-Shabāb, ovvero “Partito dei Giovani”), anche indicato come “Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni” (MRP), è un gruppo terroristico jihadista sunnita di matrice islamista attivo in Somalia, nato intorno al 2006. Il nome completo sarebbe Ḥarakat al-Shabāb al-Mujāhidīnal (Movimento dei Giovani Combattenti). Il 2 aprile 2015 militanti di al-Shabaab hanno fanno irruzione nel campus universitario a Garissa in Kenya compiendo una strage, con 148 morti e decine di feriti.

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