Papa Francesco: l’evangelizzazione è un servizio ecclesiale

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Nell’udienza generale di oggi in piazza san Pietro papa Francesco, continuando il ciclo di catechesi ‘La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente’, ha incentrato la sua meditazione sul tema: ‘Il Concilio Vaticano II. L’evangelizzazione come servizio’ per sottolineare l’importanza dei Concili nel’evangelizzazione missionaria, proseguendo le precedenti catechesi:

“Nella scorsa catechesi abbiamo visto che il primo ‘concilio’ nella storia della Chiesa – concilio, come quello del Vaticano II, il primo concilio, fu convocato a Gerusalemme per una questione legata all’evangelizzazione, cioè l’annuncio della Buona Notizia ai non ebrei (si pensava che soltanto agli ebrei si doveva portare l’annuncio del Vangelo). Nel XX secolo, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha presentato la Chiesa come Popolo di Dio pellegrino nel tempo e per sua natura missionario”.

Ed ecco il nesso: “C’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo. Oggi ci mettiamo in ascolto del Concilio Vaticano II, per scoprire che evangelizzare è sempre un servizio ecclesiale, mai solitario, mai isolato, mai individualistico. L’evangelizzazione si fa sempre in ecclesia, cioè in comunità e senza fare proselitismo perché quello non è evangelizzazione”.

La fede si trasmette perché si è ricevuta: “L’evangelizzatore, infatti, trasmette sempre ciò che lui stesso o lei stessa ha ricevuto. Lo scriveva per primo san Paolo: il vangelo che lui annunciava e che le comunità ricevevano e nel quale rimanevano salde è quello stesso che l’Apostolo aveva a sua volta ricevuto. Si riceve la fede e si trasmette la fede.

Questo dinamismo ecclesiale di trasmissione del Messaggio è vincolante e garantisce l’autenticità dell’annuncio cristiano. Lo stesso Paolo scrive ai Galati: ‘Se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema’. E’ bello questo e questo viene bene a tante visioni che sono alla moda”.

Però ha messo in guardia da alcune tentazioni: “La dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico. Una verifica necessaria, perché la tentazione di procedere ‘in solitaria’ è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno.

Altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle ‘relazioni che contano’. Questo non va, questo deve aiutare un po’ ma fondamentale è la forza che lo Spirito ti dà per annunciare la verità di Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo. Le altre cose sono secondarie”.

Riprendendo il documento conciliare ‘Ad Gentes’ il papa ha sottolineato che l’evangelizzazione è compito di tutti: “Lo zelo apostolico non è un entusiasmo, è un’altra cosa, è una grazia di Dio, che dobbiamo custodire.

Dobbiamo capire il senso perché nel Popolo di Dio pellegrino ed evangelizzatore non ci sono soggetti attivi e soggetti passivi. Non ci sono quelli che predicano, quelli che annunciano il Vangelo in un modo o nell’altro, e quelli che stanno zitti”.

Evangelizzare è testimoniare: “Se tu non evangelizzi, se tu non dai testimonianza, se tu non dai quella testimonianza del Battesimo che hai ricevuto, della fede che il Signore ti ha dato, tu non sei un buon cristiano. In virtù del Battesimo ricevuto e della conseguente incorporazione nella Chiesa, ogni battezzato partecipa alla missione della Chiesa e, in essa, alla missione di Cristo Re, Sacerdote e Profeta…

Questo ci invita a non sclerotizzarci o fossilizzarci; ci riscatta da questa inquietudine che non è di Dio. Lo zelo missionario del credente si esprime anche come ricerca creativa di nuovi modi di annunciare e testimoniare, di nuovi modi per incontrare l’umanità ferita di cui Cristo si è fatto carico. Insomma, di nuovi modi per rendere servizio al Vangelo e rendere servizio all’umanità”.

Ed ha concluso l’udienza con l’invito a non disperdere questo ‘dono’ vocazionale: “Risalire all’amore fontale del Padre e alle missioni del Figlio e dello Spirito Santo non ci chiude in spazi di statica tranquillità personale.

Al contrario, ci porta a riconoscere la gratuità del dono della pienezza di vita alla quale siamo chiamati, questo dono per il quale lodiamo e ringraziamo Dio. Questo dono non è soltanto per noi, ma è per darlo agli altri.

E ci porta anche a vivere sempre più pienamente quanto ricevuto condividendolo con gli altri, con senso di responsabilità e percorrendo insieme le strade, tante volte tortuose e difficili della storia, in attesa vigilante e operosa del suo compimento”.

(Foto: Santa Sede)

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