Il Mediterraneo è un cimitero. Il Papa invoca soluzioni concrete

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Le immagini dei corpi senza vita dei migranti spiaggiati sulla costa di Cutro, in Calabria, hanno scosso l’opinione pubblica italiana e internazionale. 
Si tratta di una delle più gravi stragi di migranti nel Mediterraneo dal 2015, quando morirono oltre 800 persone nel naufragio di un barcone al largo della Libia.


Secondo le ultime informazioni fornite dalle autorità italiane, i morti sono almeno 71, tra cui 16 minori, mentre i sopravvissuti sono 22 e i dispersi sono ancora decine. 


I migranti provenivano dall’Iraq e dal Kurdistan iracheno e avevano pagato circa 10 mila euro a testa per raggiungere l’Europa attraverso la Turchia e la Grecia.


La tragedia di Cutro riapre il dibattito sul fenomeno delle migrazioni e sulle politiche da adottare per gestirlo in modo umano ed efficace. 
Da una parte ci sono le voci che chiedono una maggiore solidarietà e accoglienza verso chi fugge da guerre, povertà e persecuzioni.


Dall’altra ci sono quelle che invocano una maggiore sicurezza e controllo delle frontiere per contrastare l’immigrazione irregolare e lo sfruttamento dei trafficanti di esseri umani.


Tra le prime voci c’è quella di Papa Francesco, che anche durante l’Angelus di domenica scorsa ha espresso il suo cordoglio per le vittime e ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché si impegni a prevenire queste tragedie con soluzioni concrete. 


Il Pontefice ha ricordato che i migranti sono persone con una dignità inviolabile e con diritti fondamentali che vanno rispettati.


La politica italiana è attualmente impegnata in un dibattito molto acceso, legato al cosiddetto decreto flussi, che impone regole certe per quando riguarda le attività delle OnG. 


Una norma che a detta della maggioranza dovrebbe limitare lo sciacallaggio di scafisti senza scrupoli. Come ribadito  dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), il numero dei migranti morti in mare però, non dipende solo dalle politiche interne dell’Italia. 


Entrano in causa altri fattori come le condizioni meteo-marine, le rotte utilizzate dai trafficanti, la presenza o meno di soccorsi in acque internazionali.

Secondo l’OIM, nel 2021 si sono registrati 1.146 morti in mare tra gennaio e giugno, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2020 (614). 
La rotta del Mediterraneo centrale tra Libia e Italia è stata la più mortifera con 741 annegati. 


L’OIM sottolinea anche che molti casi non vengono segnalati o documentati adeguatamente. Se ampliamo il focus agli ultimi sei anni, da ottobre 2013 a ottobre 2019, secondo i dati OIM hanno perso la vita almeno 19 mila persone, inghiottite dalle acque del Mediterraneo. 


L’annus horribilis è stato senza dubbio il 2016, quando sono affogati in mare almeno 5.143 migranti. Queste cifre drammatiche ci impongono una riflessione seria e approfondita sul fenomeno delle migrazioni e sulle sue cause profonde. 


Non possiamo restare indifferenti davanti alla sofferenza di migliaia di esseri umani che cercano una vita migliore o semplicemente una vita degna di essere chiamata tale. 

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