#ArtsakhBlockade. #FactChecking. La narrazione azera che l’assedio dell’Artsakh abbia una motivazione ecologica è una TRUFFA

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.03.2023 – Vik van Brantegem] – È chiaro – per chi vuole osservare e comprendere – che motivi e scopi del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) non solo hanno niente a che fare con la preoccupazione per l’ambiente, ma non sono neanche solo politici (pulizie etnica degli Armeni dall’Artsakh… e poi dall’Armenia, con il sistema del salame di Aliyev) e militare (l’occupazione del resto dell’Artsakh… e poi dell’Armenia), ma hanno soprattutto una determinante componente economica (lo sfruttamento delle risorse minerarie in Artsakh, a vantaggio della dinastia Aliyev).

Da una parte è accertato e documentato, che le credenziali come attivisti ambientali degli Azeri, che bloccano il Corridoio di Berdzor (Lachin) ininterrottamente dal 12 dicembre 2022, sono tutt’altro che convincenti, mentre emergono sempre più prove che dimostrano che sono state inviate e sostenute dal regime autocratico dittatoriale dell’Azerbajgian.
Dall’altre parte è chiaro che la loro protesta per le attività minerarie in Artsakh non hanno niente a che fare con preoccupazioni ambientali, visto che Aliyev vuole sfruttare le risorse naturali dell’Artsakh a proprio vantaggio.

Tutto questo viene ancora una volta dimostrato dai due articoli che riportiamo di seguito, come abbiamo fatto già più volte in passato.

Per non lasciare alcun dubbio, la Anglo-Asian Mining PLC ha scritto sul proprio sito: «Il governo [dell’Azerbajgian] farà tutto il possibile per garantire che la Compagnia abbia accesso fisico alla regione [Artsakh] per intraprendere l’esplorazione mineraria [dei giacimenti di Drmbon e di Kashen, sul territorio ancora sotto controlla del governo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh]».

La miniera di Drombon (oro-rame) è la principale risorsa della area di Kyzlbulag, che comprende una parte della regione di Martakert dell’Artsakh (a sud del bacino idrico di Sarsang) e una parte della regione di Askeran.

La miniera di Kashen (rame-molibdeno) si trova a Demirli, nella parte orientale della regione di Martakert dell’Artsakh.

Ieri abbiamo riferito che nella riunione trilaterale del Comandante del contingente di mantenimento della pace russo di stanza in Artsakh, con i Rappresentanti dell’Azerbajgian e dell’Artsakh, le parti hanno anche parlato delle due miniere di Drmbon e di Kashen e che, secondo i media azeri, i Rappresentanti dell’Azerbajgian (Ramin Mammadov. membro del Milli Mejlis, l’Assemblea Nazionale dell’Azerbajgian, Responsabile dei rapporti con i Rappresentanti della Repubblica di Artsakh e Masim Mammadov, Capo del gruppo di monitoraggio sullo “sfruttamento illegale delle risorse naturali”) hanno visitato la miniera di Kashen.

Ieri abbiamo anche condiviso il link al documento con i dati dettagliate di intelligence sul blocco azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh: i partecipanti (nome, organizzazione, messaggi dalla parte bloccata del Corridoio di Berdzor (Lachin) e video/dichiarazioni anti-armene), i partecipanti con una foto in uniforme militare (nome, affiliazione e informazioni aggiuntive) e le organizzazioni coinvolti (nome, ulteriori informazioni e altro). In questo documento si può verificare che siano coinvolte nel blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) solo persone vicine al regime dittatoriale di Ilham Aliyev: membri del partito al governo, organizzazioni finanziate dallo stato e così via [QUI].

Mentre il 21 dicembre 2022 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riuniva per discutere della chiusura illegale da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Berdzor (Lachin), con il pretesto di chiudere delle miniere in Artsakh per preoccupazioni ecologiche, il partner minerario dell’Azerbajgian, Anglo-Asian Mining PLC (che di inglese ha solo la parte del nome, anche se è registrata a Londra, per il resto è azerbajgiano), il 20 dicembre 2022 ha rilasciato una dichiarazione dal titolo “Estrazione illegale di risorse minerarie in Karabakh”, pubblicata alla Borsa di Londra, notificando agli investitori di aver contattato alti funzionari delle Nazioni Unite, del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, del Ministero degli Esteri del Regno Unito e dell’Unione Europea, chiedendo “sostegno” per “accedere” alle miniere nella regione di Martakert dell’Artsakh, “attualmente sfruttate da altri”, e “per il ripristino dei suoi legittimi diritti commerciali e dell’accesso fisico sicuro per i dipendenti di Anglo Asian alle miniere di Kyzlbulag e Demirli e al territorio di esplorazione circostante in Karabakh”: «Anglo-Asian Mining PLC (“Anglo Asian” o la “Società”) ha scritto a rappresentanti di alto livello di una serie di organizzazioni e governi internazionali, tra cui le Nazioni Unite, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, il Ministero degli Esteri del Regno Unito e l’Unione Europea in merito ai diritti commerciali e minerari di Anglo-Asian su proprietà attualmente sfruttate da altri. La Società richiede il supporto di queste autorità per il ripristino dei suoi legittimi diritti commerciali e l’accesso fisico sicuro per i dipendenti di Anglo Asian alle miniere di Kizlbulag e Demirli e al territorio di esplorazione circostante nel Karabakh. In precedenza, nel 2006, Anglo-Asian ha inviato lettere simili a ciascuno di questi enti governativi per confermare formalmente il suo diritto di proprietà. Oltre ai suoi asset principali in Azerbajgian, Anglo-Asian Mining PLC ha anche la titolarità legale di due aree contrattuali in Karabakh, che ospitano la miniera di rame-oro di Kyzlbulag e la miniera di rame-molibdeno di Demirli. Queste aree contrattuali si trovano all’interno della regione controllata dalle forze di pace russe, ma la Società ritiene che attività minerarie illegali da parte di compagnie armene siano state e continuino ad essere condotte in queste aree di concessione».

Quindi, il contenzioso vero dietro il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) non si trova in una preoccupazione ambientale, ma risiede innanzitutto nel impedire lo sfruttamento delle principali risorse dell’Artsakh, il giacimento d’oro di Kizlbulagh [miniera di Drombon] e il deposito di rame-molibdeno di Demirli [miniera di Kashen], ma soprattutto nel impedire il trasporto fuori dall’Artsakh, senza il quale l’estrazione dei minerali non ha senso. Quindi, il fake dell’accusa azera che il Corridoio di Berdzor (Lachin) viene usato per rifornire armi all’Artsakh in realtà è impedire i trasporti industriali, come si nota da quanto scritto dall’agenzia di stampa statale azerbaigiana Azernews, nell’attaccare Ruben Vardanyan, l’allora Ministro di Stato (Primo Ministro) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, perché come imprenditore «si impegna in un business illegale: l’estrazione e l’esportazione di oro azero [secondo la logica che tutto quello che si trova nel territorio di Artsakh non è proprietà della sua popolazione ma dell’Azerbajgian] attraverso il Corridoio di Lachin».

Sul ruolo della Anglo-Asian Mining ha scritto in modo più approfondito il giornalista Sossi Tatikyan nel suo articolo di fact checking Armare il blocco con l’intento di pulizia etnica su EVN Report del 20 dicembre 2022: «Obiettivi a breve termine dell’Azerbajgian. Lo sfruttamento delle miniere senza il consenso degli Armeni locali – Nel luglio 2022, l’Azerbajgian avrebbe venduto due miniere nella regione di Martakert del Nagorno-Karabakh a una società britannica chiamata Anglo-Asian Mining PLC, che afferma di essere il principale produttore di oro e rame in Azerbajgian. Pertanto, l’obiettivo tattico a breve termine della chiusura del corridoio è stabilire il controllo sulle miniere e privare gli Armeni locali della loro principale fonte di reddito, quindi di sostentamento. È importante notare che sono stati privati della maggior parte delle altre risorse naturali e fonti di sostentamento dalla guerra dell’Artsakh del 2020, come le risorse idriche e i terreni agricoli catturati dall’Azerbajgian e concessi in linea con la dichiarazione di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. L’esame del sito web dell’azienda non indica nulla di britannico al riguardo, tranne il nome e la registrazione. Non ha alcuna attività al di fuori dell’Azerbajgian, e la maggior parte dei suoi azionisti sono Azeri, fatta eccezione per l’ex governatore americano John Sununu, che è stato anche capo dello staff di George W. Bush e suo figlio.
Il diritto internazionale non consente agli Stati di concludere accordi sull’estrazione delle risorse naturali di un territorio conteso con un conflitto irrisolto e rivendicazioni di autodeterminazione senza il consenso della popolazione locale. Nel 2016 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha revocato gli accordi Unione Europea-Marocco ratificati dal Parlamento Europeo in materia di commercio agricolo e pesca, che consentivano al Marocco di esportare merci dal territorio del conteso Sahara occidentale e dalle acque ad esso adiacenti».

In conclusione e riassumendo. Come abbiamo già riferito più volte in precedenza, dai primi giorni del blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin), non si tratta di preoccupazioni ambientale ma delle pretese della compagnia mineraria (solo formalmente inglese ma in realtà azerbaigiana e quindi di diretto interesse economico della dinastia Aliyev) Anglo Asia Mining, che sta richiedendo il sostegno di Baku per il ripristino dei suoi “legittimi diritti commerciali e l’accesso fisico sicuro per i dipendenti di Anglo Asian Mining alle miniere di Kyzlbulag (oro) e Demirli (rame-molibdeno) e al territorio di esplorazione circostante nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Questo è un esempio di colonialismo e saccheggio nella sua forma più pura delle risorse delle terre indigene armene (gli Armeni vivono lì da oltre 2000 anni) da parte degli aggressori azerbajgiani, con il sostegno di un altro regime coloniale, la Gran Bretagna. Un po’ di oro e di rame aiuta la Gran Bretagna a tacere su un genocidio in corso. Ecco la realtà sotto le rivendicazioni “ecologiste” delle ONG azeri che da 81 giorni tengono sotto assedio l’Artsakh (solo formalmente non governativa ma in realtà facendo parte dello Stato dell’Azerbajgian, organizzati e coordinati da governo di Baku).

Abbiamo riferito di questa retroscena dal decimo giorno del #ArtsakhBlockade [QUI, QUI, QUI e QUI].

La miniera di oro di Gedabek (Getabak il nome storico armeno), sfruttata dall’Azerbajgian.

L’Azerbajgian dà alla compagnia mineraria britannica tre nuovi siti come compensazione per la miniera di Sotk
di Vahe Sarukhanyan
Hetq.am, 19 dicembre 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Ad un esame più attento, i cosiddetti eco-attivisti azeri che hanno chiuso l’autostrada Stepanakert-Goris, l’unico collegamento via terra che collega l’Artsakh e l’Armenia, dal 12 dicembre sono semplici ingranaggi di un gioco più ampio ideato dal Presidente azero Ilham Aliyev per raggiungere il suo obiettivo politico e ambizioni economiche.

Gli attivisti affermano di voler accedere alla miniera di Kashen ad Artsakh, sostenendo che gli Armeni sono illegalmente impegnati in operazioni minerarie lì.

Baku tiene d’occhio la miniera di rame-molibdeno, una delle principali risorse economiche dell’Artsakh, che alimenta l’attuale politica di Aliyev per creare un Artsakh senza Armeni.

Baku dà i diritti sulle miniere di Artsakh alle società britanniche

Il governo azero ha fatto il suo primo passo il 5 luglio di quest’anno. Una modifica del contratto siglato con Anglo Asian Mining PLC, società britannica operante in Azerbajgian, ha comportato la consegna di tre nuovi siti minerari (aree contrattuali).

Una delle aree, che gli Azeri e la compagnia britannica chiamano Demirli, coincide con la parte orientale della regione di Martakert dell’Artsakh, questo secondo la mappa pubblicata dalla compagnia. Demirli è il nome con cui gli azeri chiamano il villaggio Martakert di Tsaghkashen, dove si trova la miniera di Kashen.

La miniera di Kashen è gestita da Base Metals CJSC, un filiale del Vallex Group. Un tempo questa società sfruttava anche la miniera di rame-oro di Drmbon, a circa 14 km da Kashen. Base Metals iniziò quindi a costruire il complesso minerario di Kashen. La miniera di Drmbon rimane sotto il controllo dell’Artsakh. Base Metals, con circa 2.000 dipendenti, è il più grande contribuente in Artsakh.

Anglo Asian afferma di aver originariamente avuto la concessione per sei aree contrattuali in Azerbajgian ai sensi di un accordo di condivisione della produzione (“PSA”) con il governo dell’Azerbajgian del 20 agosto 1997.
In realtà, non è stata Anglo Asian a firmare l’accordo del 1997 con l’Azerbajgian, ma la RV Investment Group Services LLC con sede negli Stati Uniti , di proprietà dell’iraniano Mohammad Reza Vaziri. Fondata nel 1996, si trova nel Delaware, considerato uno stato “paradiso fiscale” aziendale.

Le aree acquisite dalla società americana sono state Gedabek (Getabak il nome storico armeno), Gosha, Ordubad, Soyudlu (Sotk), Kyzlbulag e Vejnaly. Gli ultimi tre erano controllati dalla Repubblica del Nagorno Karabakh dopo la guerra dell’Artsakh degli anni ’90.

Dopo la guerra dell’Artsakh del 2020, solo una parte della miniera di Sotk rimane sotto il controllo degli Armeni. Quella parte è nella provincia orientale di Gegharkunik dell’Armenia. Il resto si trova oltre il confine, nella storica regione armena di Karvatchar, ora controllata dall’Azerbajgian. L’area di Kyzlbulag comprende una parte della regione di Martakert dell’Artsakh (a sud del bacino idrico di Sarsang) e una parte della regione di Askeran, ma la sua principale risorsa è la miniera di Drmbon. Vejnaly si trova nella storica regione armena di Kovsakan (Zangelan).

Reza Vaziri e i suoi soci hanno iniziato a scavare in Azerbajgian nella seconda metà degli anni 2000, con Anglo Asian Mining. Quest’ultima fino a luglio 2022 “possedeva” 6 aree contrattuali, in 3 delle quali era impegnata nell’estrazione o nell’esplorazione.

Nel 2007, Anglo Asian Mining ha ricevuto i diritti per l’esplorazione e l’estrazione mineraria nell’area contrattuale di Gedabek (più di 300 chilometri quadrati) per un periodo di 25 anni. L’attività di estrazione di oro, rame e argento è iniziata nel 2008.

Gedabek è la regione principale delle operazioni della compagnia britannica in Azerbajgian. Anche l’oro, il rame e l’argento estratti dalla vicina area contrattuale di Gosha (300 kmq) vengono lavorati nel complesso di Gedabek. Gosha opera dal 2014.

I lavori esplorativi sono ancora in corso nell’area contrattuale di Ordubad (462 chilometri quadrati) situata nella Repubblica Autonoma di Nakhijevan in Azerbajgian.

Travisando il contenuto della dichiarazione di cessate il fuoco della guerra dell’Artsakh del 9 novembre 2020, la compagnia britannica afferma che, grazie a questo accordo, un corridoio dall’Azerbajgian a Nakhijevan opererà attraverso la provincia armena di Syunik e faciliterà notevolmente il progetto di estrazione delle risorse di Ordubad da parte di Anglo Asian Mining . Vediamo così che il progetto del “Corridoio di Zangezur”, tanto voluto dal tandem turco-azerbajgiano (e dai loro noti e sconosciuti sostenitori), ha non solo una componente politica e militare, ma anche una componente economica.

Anglo Asian “ha ricevuto” tre nuovi territori in sostituzione della miniera di Sotk

Anglo Asian fa notare che nel 2022, con il cambio di contratto del 5 luglio, ha rinunciato alla miniera d’oro di Sotk. La miniera divisa dal nuovo confine tra Armenia e Azerbajgian è stata un grattacapo per la compagnia britannica. Al contrario, si dovrebbe anche considerare quali piani ha Aliyev riguardo alla miniera di Sotk. Dopotutto, Sotk è uno dei più grandi giacimenti d’oro della regione. La miniera di Sotk è gestita dall’Armenia con Geopromining Gold LLC, una società con radici russe.

In ogni caso, Anglo Asian non è rimasto a mani vuote e ha ottenuto Xarghar, Garadagh e Demirli al posto di Sotk.

Xarxar e Garadagh sono vicino a Gedabek e Gosha. Xarxar è una zona mineraria di rame, Garadagh è porfido, una roccia vulcanica che funge da materiale da costruzione, sebbene alcuni tipi di porfido includano metalli non ferrosi: rame, molibdeno, oro, palladio, renio.
Gli investitori britannici sono entusiasti di questa nuova acquisizione. Il sito web dell’azienda afferma che ci sono 300.000 tonnellate di rame nella miniera di porfido di Garadagh, per un valore stimato di oltre 3 miliardi di dollari.

La terza zona presumibilmente acquisita a luglio è Dimirli, la parte orientale della regione di Martakert dell’Artsakh, con la miniera di Kashen, che era e rimane sotto il controllo armeno. È rimasto un punto dolente per il regime di Baku e per la compagnia britannica che collabora con esso. Anglo Asian, parlando delle riserve di Kashen, cita il messaggio diffuso da Base Metals nel gennaio 2016 durante l’apertura del complesso di Kashen, secondo il quale le riserve di rame a Kashen sono stimate in 275.000 tonnellate, e 3.200 tonnellate di molibdeno. La società britannica osserva che si tratta di una valutazione priva di fondamento.Secondo Anglo Asian, l’area totale delle zone minerarie di Xarxar, Garadagh e Demirli è di 882 chilometri quadrati.

Così, invece delle precedenti sei, l’azienda britannica ha ora sulla carta otto aree contrattuali, la cui superficie totale, secondo Anglo Asian, è di 2544 metri quadrati. Come affermato, tre vengono estratti o esplorati

Aree minerarie “ripristinate”

Gli altri due territori, che la società britannica descrive come “ripristinati”, sono Vejnaly e Kyzlbulag, che furono ceduti dall’Azerbaigian all’americana “RV Investment Group Services” nel 1997.

Vejnaly è un sito di estrazione dell’oro nella storica area armena di Kovsakan (Zangelan). Dopo la guerra dell’Artsakh del 2020, l’Azerbajgian ha ripreso il controllo di Kovsakan e Anglo Asian considera i suoi diritti su Vejnaly “ripristinati”. La compagnia dice che durante l'”occupazione armena” qui c’era un’attività mineraria, che è stata poi interrotta (si intende nel 2020), e ora la regione è presumibilmente protetta dal governo azero, e loro hanno accesso alla miniera.

Secondo Anglo Asian, il minerale accumulato a Vejnaly (non dichiarato, ma logicamente, estratto dagli Armeni) è stato trasportato e lavorato nel complesso di Gedabek nel dicembre 2021. “Attualmente sta conducendo uno studio tecnico per determinare se sia economico ricominciare l’estrazione dalla miniera sotterranea esistente”, afferma il sito web di Anglo Asian.

Se Vejnaly è sotto il controllo degli Azeri e i diritti di Anglo Asian su di esso sono “ripristinati”, allora l’area contrattuale chiamata Kyzlbulag è attualmente inaccessibile all’impresa britannica, come Tsaghkashen (Demirli), ed è assurdo che lo faccia essere in qualche modo “ripristinato”. Tuttavia, questa area contrattuale che copre parte delle regioni di Martakert e di Askeran dell’Artsakh è un boccone gustoso per Anglo Asian, come indicano le informazioni sul sito web di quest’ultimo.

Di conseguenza, Kyzlbulag comprende diverse miniere e ha un grande potenziale di esplorazione. Si dice che qui ci siano una miniera di rame-molibdeno e una fabbrica [intendono la miniera e la fabbrica di Drmbon]. “Ci sono indicazioni che fino a 35.000 once [circa 1 tonnellata] di oro all’anno venivano estratte dalla miniera di rame-oro di Kyzlbulag, prima che la miniera venisse chiusa diversi anni fa”, osserva Anglo Asian sul suo sito web riferendosi all’operazione della miniera e della fabbrica di Drmbon da Base Metals.

“Le forze di mantenimento della pace russe sono attualmente presenti nell’area per garantire la sicurezza della regione. Il governo [dell’Azerbajgian] farà tutto il possibile per garantire che la Compagnia abbia accesso fisico alla regione [Artsakh] per intraprendere l’esplorazione mineraria  [dei giacimenti di Drmbon e di Kashen]”.

Greenwashing di un blocco
di Bashir Kitachayev
OCMedia, 1° marzo 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Quasi tre mesi fa, il Corridoio di Lachin è stato bloccato da Azeri che affermavano di essere attivisti ambientali. Ma le loro credenziali ambientali sono tutt’altro che convincenti, e sono emerse sempre più prove che dimostrano che sono state inviate e sostenute dal governo dell’Azerbajgian.

La mattina del 12 dicembre 2022, un gruppo di Azeri che si definiscono ecoattivisti ha bloccato la strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia.

La presunta base della loro protesta era “l’estrazione illegale” in corso nel Nagorno-Karabakh, con la loro richiesta che gli specialisti azerbajgiani potessero entrare nella miniera d’oro di Damirli (Kashen).

Hanno affermato che l’impresa stava estraendo oro illegalmente per esportarlo in Armenia, con il supporto delle forze di mantenimento della pace russe. Hanno sostenuto, tuttavia, che una preoccupazione fondamentale e motivo della protesta era il presunto impatto ambientale dell’attività mineraria.

Le autorità azere hanno affermato che i manifestanti sono attori indipendenti che usano il loro diritto alla disobbedienza civile e all’espressione pubblica e non sono collegati al governo.

Ma fin dall’inizio, c’erano chiari segni che questo era del tutto falso.

Nel corso dei mesi in cui il Nagorno-Karabakh è stato bloccato e con l’aggravarsi della crisi umanitaria, sono aumentate le prove che dimostrano chiaramente che questa “protesta” è stata interamente organizzata dal governo azero.

In primo luogo, per raggiungere il luogo della loro protesta, i manifestanti hanno dovuto attraversare le aree del Nagorno-Karabakh controllate dall’Azerbajgian; qualcosa che può essere fatto solo con il permesso ufficiale delle autorità azere.

Anche i presunti eco-attivisti sono stati ben assistiti durante tutto il blocco.

Coloro che si sono radunati all’ingresso del corridoio sono stati forniti di tende e cibo dal giorno in cui sono arrivati, e protetti dalle forze speciali e dalla polizia azera.

Agli attivisti viene anche data la possibilità di tornare a casa dopo aver fatto la loro parte: ancora oggi i manifestanti vengono regolarmente sostituiti da nuovi gruppi di persone che vengono portate all’ingresso del corridoio in autobus speciali.

Coloro che sono e non sono autorizzati a visitare il sito rendono anche evidente che la protesta si svolge esattamente come vorrebbe Baku.

Mentre i giornalisti dei media filogovernativi sono stati immancabilmente presenti alla protesta, agli attivisti e ai giornalisti indipendenti è stato impedito di partecipare.

Due giorni dopo l’inizio della protesta, tre giornalisti di Meydan TV, testata azerbajgiana indipendente, sono stati arrestati da persone non identificate in abiti civili e mascherati mentre cercavano di raggiungere il luogo della protesta, quindi costretti a tornare a Baku.

I media filogovernativi hanno affermato che ai giornalisti stranieri è stato permesso di visitare il luogo della protesta qualche tempo dopo l’inizio, ma ciò è stato fatto solo sotto stretta supervisione.

Mentre il governo dell’Azerbajgian continua a negare che la strada sia del tutto bloccata, la protesta che ha portato al blocco procede secondo le sue condizioni, mira a raggiungere i suoi obiettivi e, cosa sempre più preoccupante, rispetta il suo agenda.

“Partecipanti a uno spettacolo”

La protesta è stata nazionalista e patriottica nel suo tono dal giorno in cui è iniziata, nonostante i suoi principi ecologici dichiarati. Ciò era evidente nell’abbondanza di bandiere di Stato e negli slogan nazionalisti intonati dai manifestanti, come: “I martiri non muoiono, la madrepatria è indivisibile!”, “Il Karabakh è l’Azerbajgian!”.

Anche il loro atteggiamento nei confronti delle forze speciali azere e della polizia armata di fucili d’assalto vicino al luogo della protesta ha reso evidente il nazionalismo allineato al governo alla base delle loro azioni. Gli “eco-attivisti” hanno regolarmente iniziato ogni giornata cantando l’inno nazionale e hanno salutato il cambio della guardia con applausi e un canto di “il miglior soldato è un soldato azero!”.

Javid Gara, capo dell’organizzazione indipendente azera per la protezione ambientale, Ecofront, ha descritto la protesta come “falsa”, affermando che i manifestanti non erano altro che “partecipanti a uno spettacolo pre-orchestrato”. “Le loro richieste di fermare lo sfruttamento illegale e distruttivo delle miniere sono assolutamente giustificate, ma l’azione è chiaramente organizzata dalle autorità. Conosco diverse persone che hanno partecipato alla protesta. Nessuno di loro era eco-attivista’, mi ha detto Gara.

Tra le persone identificate che hanno partecipato alle proteste, tuttavia, figurano funzionari del Ministero dell’Ecologia, dipendenti pubblici di vari dipartimenti, membri di organizzazioni della società civile finanziate e affiliate allo Stato, ex militari, membri di associazioni sportive locali e, occasionalmente, lavoratori turchi dei cantieri vicini.

Le organizzazioni non governative i cui membri hanno partecipato alla manifestazione in corso sono tutte sostenute dai finanziamenti dell’Agenzia statale per il finanziamento delle ONG, creata con decreto presidenziale nel 2021. Le organizzazioni hanno anche pubblicato frequentemente sui social media elogi del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e sostegno alla guerra nel Nagorno -Karabakh.

Tra i partecipanti c’erano il capo e i membri della ONG Optimist allineata al governo e membri dell’Unione pubblica per il sostegno dei giovani, i cui dipendenti all’epoca includevano Taleh Mansurov, che in precedenza aveva ricoperto varie posizioni nel partito al governo del Nuovo Azerbaigian.

Molti dei presunti eco-manifestanti sono volontari dell’associazione pubblica per lo sviluppo regionale, creata con il sostegno della Fondazione Heydar Aliyev. Sul sito web dell’associazione, il “valore” principale dei loro volontari è elencato come “dimostrare sempre lealtà ai valori morali nazionali e alla statualità”. I social media del gruppo sono pieni di foto di giovani membri che protestano sulla strada di Lachin, insieme ai loro più “tradizionali” post pro-Aliyev.

Ma c’erano anche grandi nomi presenti.

Fariz Akbarov , un membro del Comitato statale per la famiglia, le donne e gli affari dei bambini, ha pubblicato una foto della protesta con il Viceministro dell’ecologia e delle risorse naturali dell’Azerbajgian, Firdousi Aliyev, che sembrava anche lui, almeno temporaneamente, diventato un “eco-attivista”.

Ma forse l'”attivista” più importante che ha bloccato l’ingresso del Corridoio di Lachin è stato Telman Gasimov, un capitano dell’esercito di riserva azero che ha preso parte alla seconda guerra del Nagorno-Karabakh. Le foto di Facebook mostrano Gasimov in uniforme militare durante la guerra in Nagorno-Karabakh. In una mostra in modo prominente un pezzo dell’organizzazione paramilitare turca di estrema destra, i Lupi grigi, un gruppo ultranazionalista che è stato dichiarato organizzazione terroristica da alcuni Paesi. Tra la sfilza di slogan nazionalisti e post anti-armeni sulla sua pagina, Gasimov ha anche pubblicato una foto in cui fa un gesto della mano caratteristico dei Lupi grigi, in piedi davanti a un manifesto che recita: “Il nostro obiettivo è Yerevan”.

Gasimov non era solo nelle sue inclinazioni politiche: la folla degli “eco-attivisti” è stata filmata mentre faceva lo stesso gesto il secondo giorno della protesta.

Un paio di settimane dopo, sono rimasti solo giovani membri di organizzazioni di volontariato e ONG finanziate dallo stato, molti dei quali indossavano giacche con l’emblema della Fondazione per la Gioventù dell’Azerbajgian gestita da Aliyev.

Problemi ecologici in Azerbajgian

Mentre i manifestanti si sono recati in Nagorno-Karabakh per protestare contro il presunto impatto ambientale della miniere d’oro di Demirli, l’Azerbajgian ha una serie di gravi sfide ecologiche interne, che hanno avuto molto meno successo nell’attirare l’attenzione delle autorità. Tra questi ci sono i problemi di lunga data dell’inquinamento atmosferico a Baku, l’abbattimento illegale di alberi, la caccia nelle riserve naturali e l’inquinamento del mare dovuto alla produzione di petrolio. Ecofront lavora per affrontare tutti questi problemi, afferma Javid Gara, ma le autorità sono per lo più disinteressate o ostili. Solo quando un problema attira l’attenzione del pubblico in generale, il governo intraprende un’azione. “Una volta siamo entrati in una zona di confine dove gli alberi venivano tagliati illegalmente. Siamo stati trattenuti dalle guardie di frontiera, perché abbiamo deliberatamente violato la legge e siamo entrati in un territorio proibito”, dice Gara. Gli attivisti sono stati multati e rilasciati, ma il disboscamento illegale nel distretto di Gusar si è interrotto dopo che hanno denunciato online ciò che stava accadendo.

In altre occasioni, Gara afferma che i manifestanti di Ecofront sono stati picchiati e hanno ricevuto minacce di morte dai responsabili del danno ecologico.

Ecofront non è presente alle proteste nel Corridoio d Lachin. “Non vogliamo far parte dei giochi politici”, ha detto Gara. “Inoltre, personalmente non penso sia giusto bloccare la strada e fare pressione su persone che non hanno nulla a che fare con l’estrazione illegale di risorse”.

Baku può continuare a promuovere le storie che si adattano ai suoi obiettivi, ma le crepe nelle sue narrazioni iniziano a mostrarsi.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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