Il terremoto in Turchia ed in Siria nel racconto di mons. Gugerotti

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Nei giorni scorsi si è conclusa la visita del prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, mons. Claudio Gugerotti, in Siria e Turchia, a seguito del sisma che ha colpito le popolazioni della Turchia e della Siria. In particolare durante le due giornate trascorse ad Aleppo, l’arcivescovo ha incontrato le famiglie che, dopo il terremoto, hanno trovato accoglienza temporanea in spazi gestiti dalle comunità religiose, cristiane e musulmane, o in edifici pubblici come una scuola. A tutti è stato possibile esprimere la vicinanza e l’affetto del papa, che tutti hanno accolto con viva commozione.

Comune è emersa la testimonianza di quanta indicibile sofferenza sia stata vissuta in un contesto già stremato da 12 anni di guerra. Diversi sono stati i momenti particolarmente intensi, come quelli della visita a due mamme, ospitate in una scuola e in una moschea, che proprio nelle ore del dramma avevano dato alla luce i loro bambini, che sono stati presentati al prefetto avvolti in alcune coperte.

Oltre alla realtà di Aleppo (dove è stata attivata una commissione di emergenza che coinvolge tutte le confessioni cristiane della città ) è stato possibile approfondire quelle del litorale, e di Lattaquie in particolare, e della provincia di Idlib, che non è sotto controllo governativo e dove sono rimaste circa 210 famiglie cristiane assistite non solo pastoralmente da due frati della Custodia di Terra Santa, con quanto è possibile ricevere nonostante le enormi difficoltà di approvvigionamento.

In ciascuno di questi luoghi è stato diverso l’impatto del terremoto, il numero dei morti, e le possibilità di attivare risposte di emergenza con personale preparato, come diversa è l’accessibilità degli aiuti di ogni tipo, dai generi di prima necessità, come cibo, coperte, prodotti igienici e sanitari, a quelli finanziari per poter reperire quant’altro sia necessario.

E’ stato concordato che si dovrà pensare ad iniziative di formazione e accompagnamento della gioventù, favorendo microprogetti per aiutare gli abitanti, falcidiati da una drammatica disoccupazione e sprofondati in una indigenza che colpisce il 90% dei cittadini, perché si sostengano con il proprio lavoro che dia dignità e autosufficienza, evitando l’emorragia dell’emigrazione. Va posta attenzione anche all’assistenza sanitaria a livello ospedaliero o ambulatoriale, ora fatiscente, che venga in soccorso soprattutto dei più poveri, che ora ne sono sprovvisti in modo pressoché totale.

Ma per questo le Chiese hanno bisogno che siano garantiti gli aiuti da parte delle Agenzie caritative (sia quelle aderenti alla ROACO, come pure le diverse Caritas Nazionali ed altre), impegnandosi a garantire un lavoro coordinato nell’individuazione dei bisogni, nell’elaborazione dei progetti e nella loro adeguata rendicontazione ai benefattori.

In questo senso, d’intesa con la Nunziatura Apostolica a Damasco, la cui attività è instancabile ed essenziale per la concertazione degli interventi, si lavorerà per dare sostegno alla Commissione Episcopale per il Servizio della Carità, con inserimento di ulteriori figure di collaboratori qualificati.

Dopo il trasferimento a Istanbul lunedì sera, la mattina di martedì 21 febbraio è stata dedicata all’incontro con i membri della Conferenza Episcopale Turca, con i delegati delle Caritas delle diverse circoscrizioni e di un rappresentante di Caritas Internationalis.

Alla presenza del nunzio apostolico, mons. Marek Solczyński, sono state raccontate le notizie provenienti dal vicariato di Anatolia, il cui territorio coincide con quello più colpito dal sisma: la città di Antiochia è praticamente distrutta, come purtroppo accadde nel passato in altri terremoti, mentre altre zone hanno subito pesanti danni. I calcoli delle possibili vittime, oltre a quelle già recuperate, fa ipotizzare cifre raccapriccianti.

Le comunità cristiane si sono attivate per garantire la possibile ospitalità, progettando anche come accogliere coloro che sono rimasti senza casa, entro strutture comunitarie oppure pensando all’affitto temporaneo di unità abitative. Le attività di assistenza, salvo le prime ore dell’emergenza, devono costantemente monitorare le esigenze che si manifestano, e cercare il modo di venirvi incontro nel rispetto della normativa sullo stato di emergenza emanata dalle autorità civili.

A conclusione della visita mons. Gugerotti ha raccontato a Vatican News le sue ‘impressioni’ di viaggio: “La sensazione che ho avuto è che siamo ancora in mezzo al dramma perché non è affatto detto che le scosse siano finite. La gente è abituata alle difficoltà da sempre, tende a lasciare le case perché è indispensabile, altrimenti rischia la vita, poi ci torna ma deve scappare immediatamente appena arriva un’altra scossa forte.

E’ questa specie di stress emotivo che colpisce molto, legato poi alle differenti situazioni dei due Paesi. In Turchia la situazione è più delimitata, probabilmente avremo paura quando sapremo quanti sono veramente i morti, perché noi abbiamo il numero dei morti ritrovati, ma è sotto questi edifici assolutamente inconsistenti, con un cemento fatto in maniera approssimativa, che ci sono decine di migliaia di cadaveri.

La Turchia dispone degli aiuti internazionali, li centralizza attraverso una istituzione governativa che rende l’intervento da una parte più coordinato e dall’altra anche più difficile da gestire. Diversa la situazione della Siria. E’ un Paese distrutto. Dodici anni di guerra, e soprattutto i risultati di certi aspetti delle sanzioni, hanno reso la gente miserabile.

Io sono stato in Siria 25 anni fa, non la riconosco, è terzo mondo. Gli stipendi sono pressoché irrisori, non c’è lavoro, c’è una emigrazione enorme, le città sono distrutte dai bombardamenti; io non riesco a vedere la differenza tra il bombardamento e la caduta per causa del terremoto. La gente è sfiorita, non ha più speranza”.

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