Papa Francesco invita al dialogo tra scienza e fede

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Aprendo i lavori della plenaria della Pontifica Accademia per la Vita sul tema ‘Convergere sulle Persone. Le tecnologie emergenti per il bene comune’ papa Francesco ha delineato tre sfide che si devono necessariamente affrontare nel momento in cui le nuove tecnologie diventano sempre più pervasive e arrivano persino a toccare la natura stessa dell’essere umano con l’auspicio che il virtuale non sostituisca il reale:

“In questo senso la Chiesa non smette di incoraggiare il progresso della scienza e della tecnologia a servizio della dignità della persona e per uno sviluppo umano ‘integrale e integrante’. Nella lettera che vi ho indirizzato in occasione del venticinquesimo anno di fondazione dell’Accademia vi invitavo ad approfondire proprio questo tema; ora vorrei soffermarmi a riflettere con voi su tre sfide che ritengo importanti al riguardo:

il cambiamento delle condizioni di vita dell’uomo nel mondo tecnologico; l’impatto delle nuove tecnologie sulla definizione stessa di ‘uomo’ e di ‘relazione’, con particolare riferimento alla condizione dei soggetti più vulnerabili; il concetto di ‘conoscenza’ e le conseguenze che ne derivano”.

Ed ha delineato tre sfide, di cui la prima riguarda il cambiamento delle condizioni di vita dell’uomo nel mondo della tecnica, come aveva delineato papa Benedetto XVI:

“Sappiamo che è proprio dell’uomo agire nel mondo in modo tecnologico, trasformando l’ambiente e migliorandone le condizioni di vita… Essa ci aiuta a comprendere sempre meglio il valore e le potenzialità dell’intelligenza umana, e al tempo stesso ci parla della grande responsabilità che abbiamo nei confronti del creato”.

Oggi occorre capire il cambiamento per comprendere l’interdipendenza tra uomo e ‘casa comune’: “Anzi, la forza e l’accelerazione degli interventi è tale da produrre mutazioni significative, perché c’è un’accelerazione geometrica, non matematica, sia nell’ambiente che nelle condizioni di vita dell’uomo, con effetti e sviluppi non sempre chiari e prevedibili.

Lo stanno dimostrando varie crisi, da quella pandemica a quella energetica, da quella climatica a quella migratoria, le cui conseguenze si ripercuotono le une sulle altre, amplificandosi a vicenda. Un sano sviluppo tecnologico non può non tener conto di questi complessi intrecci”.

La seconda sfida riguarda l’impatto delle nuove tecnologie sulla definizione di ‘relazione’: “E’ evidente che la forma tecnologica dell’esperienza umana sta diventando ogni giorno più pervasiva: nelle distinzioni tra ‘naturale’ ed ‘artificiale’, ‘biologico’ e ‘tecnologico’, i criteri con cui discernere il proprio dell’umano e della tecnica diventano sempre più difficili. Perciò è importante una seria riflessione sul valore stesso dell’uomo”.

Il papa ha ribadito l’importanza della coscienza: “Occorre, in particolare, ribadire con decisione l’importanza del concetto di coscienza personale come esperienza relazionale, che non può prescindere né dalla corporeità né dalla cultura.

In altre parole, nella rete delle relazioni, sia soggettive che comunitarie, la tecnologia non può soppiantare il contatto umano, il virtuale non può sostituire il reale e nemmeno i social l’ambito sociale. E noi siamo nella tentazione di far prevalere il virtuale sul reale: è una tentazione brutta, questa”.

Quindi la terza sfida riguarda la definizione del concetto di conoscenza e le sue conseguenze nella complessità: “E’ riduttivo cercare la spiegazione dei fenomeni solo nelle caratteristiche dei singoli elementi che li compongono. Servono modelli più articolati, che considerino l’intreccio di relazioni di cui i singoli eventi sono intessuti.

E’ paradossale, ad esempio, riferendosi a tecnologie di potenziamento delle funzioni biologiche di un soggetto, parlare di uomo «aumentato» se si dimentica che il corpo umano rinvia al bene integrale della persona e che dunque non può essere identificato con il solo organismo biologico”.

E’ un rischio che il papa aveva segnalato nell’enciclica ‘Laudato sì’, in cui ‘il tutto è superiore alle parti’: “Credo che tali spunti possano favorire un rinnovato modo di pensare anche in ambito teologico; è bene infatti che la teologia prosegua nel superamento di impostazioni eminentemente apologetiche, per contribuire alla definizione di un nuovo umanesimo e favorire il reciproco ascolto e la mutua comprensione tra scienza, tecnologia e società”.

E’ un richiamo al dialogo: “La mancanza di un dialogo costruttivo tra queste realtà, infatti, impoverisce la fiducia reciproca che sta alla base di ogni convivenza umana e di ogni forma di ‘amicizia sociale’. Vorrei anche accennare all’importanza del contributo che offre a tale scopo il dialogo tra le grandi tradizioni religiose. Esse dispongono di una saggezza secolare, che può essere di aiuto in questi processi”.

Quindi la sfida consiste nelle esperienze condivise: “Si tratta di ripartire dalle esperienze che tutti condividiamo come esseri umani e di studiarle, assumendo le prospettive della complessità, del dialogo trans-disciplinare e della collaborazione tra soggetti diversi…

Vi siete impegnati in questi anni affinché la crescita scientifica e tecnologica si concili sempre più con un parallelo ‘sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza’”.

Ed anche ai membri della Fondazione dell’Ente dello Spettacolo il papa, a braccio, ha chiesto di raccontare l’armonia: “Quando noi vediamo l’opera dello Spirito, che è fare l’armonia nelle differenze, non annientare le differenze, non uniformare le differenze, ma armonizzare, allora capiamo cosa sia la bellezza. La bellezza è quell’opera dello Spirito Santo che fa di tutto l’armonia: dei contrari, degli opposti, di tutto…

Pensiamo alla mattina di Pentecoste, quando si crea tutto quel problema, tutti parlano, nessuno capisce che succede, un disordine grande… E’ lo Spirito a fare un’armonia di tutto questo: tutto è differente, tutto sembra contraddittorio, ma l’armonia è superiore a tutto. E il vostro lavoro va sulla strada dell’armonia”.

Mentre nel discorso consegnato aveva incentrato la riflessione sullo stupore, partendo dal capolavoro del regista russo, Tarkovskij, che è ‘Andrej Rublëv’: “Sembra che Dio stesso provi stupore, meraviglia davanti alla bellezza delle creature, specialmente quando contempla l’essere umano.

Vorrei dirvi: ripartiamo da qui, dall’arte come stupore, prima di tutto per chi la fa, per l’artista. Penso a quel capolavoro che è l’Andrej Rublëv di Tarkovski: l’artista rimane muto a causa del trauma della guerra.

Viene da pensare a ciò che sta accadendo anche oggi nel mondo. Rublëv non dipinge più, nemmeno parla più. Si aggira smarrito in cerca di un senso, finché assiste alla fusione di una campana”.

Per questo il mondo ha bisogno di bellezza: “In un mondo sempre più artificiale, dove l’uomo si è circondato delle opere delle proprie mani, il grande rischio è quello di perdere lo stupore.

Condivido con voi questa riflessione e, affidandovi il compito di ridestare la meraviglia, vorrei ringraziarvi per quello che fate in un aspetto essenziale per l’evangelizzazione, perché non c’è fede senza stupore”.

(Foto: Santa Sede)

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