Per papa Francesco occorre una ‘ecclesiologia integrale’

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Con l’udienza di papa Francesco sabato scorso si è concluso il convegno internazionale ‘Pastori e fedeli laici chiamati a camminare insieme’, organizzato dal Dicastero Laici, Famiglia e Vita, in cui si è parlato di corresponsabilità dei laici alla vita della Chiesa, parlando del valore della sinodalità:

“In effetti, la strada che Dio sta indicando alla Chiesa è proprio quella di vivere più intensamente e più concretamente la comunione e il camminare insieme. La invita a superare i modi di agire in autonomia o i binari paralleli che non si incontrano mai:

il clero separato dai laici, i consacrati separati dal clero e dai fedeli, la fede intellettuale di alcune élites separata dalla fede popolare, la Curia romana separata dalle Chiese particolari, i vescovi separati dai sacerdoti, i giovani separati dagli anziani, i coniugi e le famiglie poco coinvolti nella vita delle comunità, i movimenti carismatici separati dalle parrocchie, e così via”.

Per il papa la Chiesa è un popolo unito nella missione: “E questa è l’intuizione che dobbiamo sempre custodire: la Chiesa è il santo Popolo fedele di Dio, secondo quanto afferma ‘Lumen gentium’; non populismo né élitismo, è il santo Popolo fedele di Dio. Ciò non s’impara teoricamente, si capisce vivendolo. Poi si spiega, come si riesce, ma se non lo si vive non si saprà spiegarlo. Un Popolo unito nella missione.

La sinodalità trova la sua sorgente e il suo scopo ultimo nella missione: nasce dalla missione ed è orientata alla missione. Pensiamo ai primordi, quando Gesù invia gli Apostoli ed essi ritornano tutti felici, in quanto i demoni ‘fuggivano da loro’:

era stata la missione a portare quel senso di ecclesialità. Condividere la missione, infatti, avvicina pastori e laici, crea comunione di intenti, manifesta la complementarietà dei diversi carismi e perciò suscita in tutti il desiderio di camminare insieme”.

Ed ha dato una definizione alla corresponsabilità dei laici nella Chiesa: “In effetti, l’esigenza di valorizzare i laici non dipende da qualche novità teologica, e neppure da esigenze funzionali per la diminuzione dei sacerdoti; tanto meno nasce da rivendicazioni di categoria, per concedere una ‘rivincita’ a chi è stato messo da parte in passato.

Si basa piuttosto su una corretta visione della Chiesa: la Chiesa come Popolo di Dio, di cui i laici fanno parte a pieno titolo insieme ai ministri ordinati. I ministri ordinati non sono dunque i padroni, sono i servitori: i pastori, non i padroni”.

Per questo il papa ha parlato di ‘ecclesiologia integrale’: “Si tratta di recuperare una ‘ecclesiologia integrale’, come era nei primi secoli, nella quale tutto viene unificato dall’appartenenza a Cristo e dalla comunione soprannaturale con Lui e con i fratelli, superando una visione sociologica che distingue classi e ranghi sociali e che si basa in fondo sul ‘potere’ assegnato ad ogni categoria.

L’accento va posto sull’unità e non sulla separazione, sulla distinzione. Il laico, più che come ‘non chierico’ o ‘non religioso’, va considerato come battezzato, come membro del Popolo santo di Dio, che è il sacramento che apre tutte le porte”.

Per il papa la corresponsabilità tra laici e pastori consente di superare le diffidenze: “E’ ora che pastori e laici camminino insieme, in ogni ambito della vita della Chiesa, in ogni parte del mondo! I fedeli laici non sono ‘ospiti’ nella Chiesa, sono a casa loro, perciò sono chiamati a prendersi cura della propria casa.

I laici, e soprattutto le donne, vanno maggiormente valorizzati nelle loro competenze e nei loro doni umani e spirituali per la vita delle parrocchie e delle diocesi. Possono portare, con il loro linguaggio ‘quotidiano’, l’annuncio del Vangelo, impegnandosi in varie forme di predicazione”.

E sono molti i compiti per i laici: “Possono collaborare con i sacerdoti per formare i bambini e i giovani, per aiutare i fidanzati nella preparazione al matrimonio e per accompagnare gli sposi nella vita coniugale e familiare. Vanno sempre consultati quando si preparano nuove iniziative pastorali ad ogni livello, locale, nazionale e universale.

Si deve dare loro voce nei consigli pastorali delle Chiese particolari. Devono essere presenti negli uffici delle Diocesi. Possono aiutare nell’accompagnamento spirituale di altri laici e dare il loro contributo anche nella formazione dei seminaristi e dei religiosi”.

In apertura del convegno il prefetto del dicastero per i laici, la famiglia e la vita, card. Kevin Joseph Farrell, la finalità del convegno: “Oltre a questi ambiti la presenza e l’azione dei fedeli laici è di grande beneficio nella Chiesa anche in attività più propriamente ‘ecclesiali’ come l’evangelizzazione e l’attività caritativa.

Anche in questi contesti i laici non di rado mostrano di avere uno zelo, una capacità di inventiva e un coraggio per esplorare nuove strade e tentare nuovi metodi per raggiungere chi è lontano che spesso mancano ai chierici, abituati a metodologie e prassi più tradizionali e meno scomode”.

(Foto: Santa Sede)

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