Processo 60SA in Vaticano. Riflessione alla vigilia della ripresa delle Udienze

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.02.2023 – Ivo Pincara] – Alla vigilia della ripresa delle Udienze nel processo che viene celebrato al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato, in programma il 16 e 17 febbraio 2023, ritorniamo a riflettere su alcune questioni di non poca importanze, in riferimento a due dei dieci imputati nel procedimento in corso: il Cardinale Angelo Becciu che viene ricevuto da Papa Francesco in Udienza privata al Palazzo Apostolico e il Gip di Milano che dà ragione a Cecilia Marogna, dichiarando illegittimo il sequestro del suo telefono cellulare e la consequenziale consegna al Promotore di Giustizia vaticano, che ora dovrebbe restituirlo.

Dopo 44 Udienze il fine dell’epicedio non è ancora in vista

Il processo al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, che abbiamo denominato “processo 60SA” (in riferimento al filone principale della compravendita del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra) o “processo Becciu” (in riferimento al più illustre tra i 10 imputati), formalmente Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano – dopo due anni di istruttoria iniziato il 27 luglio 2021 con la 1ª Udienza, per più di sette mesi non è entrato in materia, poiché il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, non ha ottemperato agli ordini del Presidente del Tribunale Vaticano (consegnare il materiale probatorio integralmente, affinché la difesa abbia «una conoscenza completa degli atti»). Ciononostante, il Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, ha deciso di passare alla fase dibattimentale, che iniziata il 17 marzo 2022 con la 10ª Udienza, il 23 gennaio 2023 è arrivata alla 44ª (e non la 45ª, secondo l’errato conteggio fatto da qualche parte e puoi pedissequamente ripetuto da altri).

A questo punto, è opportuno anche osservare che sui social, prima di commentare (e di giudicare in modo improprio), sarebbe opportuno informarsi. Cosa che ovviamente è ardua, quando i media – con pochissime eccezioni – fanno di tutto per disinformare. Però, non è difficile informarsi correttamente, consultando quanto pubblicato su questo Blog dell’Editore dal 26 novembre 2019 (Indice – Caso 60SA) oppure quanto viene segnalato attraverso la Rassegna stampa SUL “CASO BECCIU” , aggiornata in modo certosino e meritevole da Andrea Paganini.

Tra gli altri, un grossolano errore da evitare, è scrivere che il Cardinal Becciu sia stato “scardinalato” o “sporporato” dal Papa, perché è sempre rimasto cardinale e ha conservato la “porpora”, poi invitato dal Papa a partecipare alle cerimonie pubbliche, ricevendolo pure in Udienze private, ultimamente al Palazzo Apostolico in modo formale.

L’ultima parola in questa faccenda ancora non è stata detta. Nel frattempo, riflettiamo sul monito della favola di Esopo sulla verità e la menzogna:
“Sono la Verità, e nel deserto m’han lasciata
Tanto tempo fa era di pochi la menzogna
Ma ora sono qua perch’essa è in tutti gli uomini”.

La verità è lenta, ma alla fine uscirà dal deserto e trionferà.

Sul perché della lentezza della verità, ci parla il libro favola di Luis Sepúlveda Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, con la lumaca, che decise di chiedere al gufo i motivi della lentezza. Lentamente, molto lentamente, si diresse verso il più vetusto dei faggi. “Voglio sapere perché sono così lenta”, sussurrò la lumaca. Allora il gufo aprì i suoi enormi occhi rotondi e la osservò attentamente. Poi li richiuse. “Sei lenta perché hai sulle spalle un gran peso”, spiegò il gufo.

Il Cardinal Becciu in Udienza privata dal Papa

Il Cardinale Angelo Becciu il 9 febbraio scorso è stato ricevuto in Udienza privata da Papa Francesco, con tutti gli onori previsti dal protocollo, cioè nella Biblioteca Privata sulla Seconda Loggia del Palazzo Apostolico, con la pubblicazione sul Bollettino N. 118 della Sala Stampa della Santa Sede. Era quindi una circostanza differente dai precedenti colloqui del Cardinal Becciu con il Papa al Domus Sanctae Martae. Becciu ha poi precisato all’ANSA: «Abbiamo avuto un colloquio molto cordiale e sereno. Il Papa mi ha rinnovato la Sua stima e fiducia come accade ormai da tempo. Ogni incontro con lui per me è motivo di grande gioia». Tutto questo nonostante il Cardinal Becciu è ancora imputato benché nel corso del dibattimento durante 44 Udienze davanti alla Corte siano crollate una dopo l’altra tutte le accuse che gli vengono mosse, e sia inoltre emerso che erano state costruite e suggerite ad arte. Questo fatto di cronaca vaticana è stato affrontato con una considerazione di fondo dal decano dei vaticanisti statunitensi, John L. Allen Jr., in un suo editoriale che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana dall’inglese.

Il dissequestro del telefono cellulare di Cecilia Marogna

Il pubblico ministero italiano non avrebbe dovuto innanzitutto sequestrare e poi consegnare al Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano il telefono cellulare di Cecilia Marogna. Secondo il Gip di Milano, il magistrato italiano sarebbe stato troppo «solerte e collaborativo» con le richieste che erano arrivate dal Tribunale vaticano «ma prive di adeguato supporto normativo». In pratica il Gip, dando ragione a Cecilia Marogna, che era stata arrestata nel 2020 a Milano su richiesta del Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, ha ordinato il dissequestro del dispositivo. Lo riferisce all’Adnkronos in un articolo (che di seguito riportiamo) il procuratore Riccardo Sindoca, spiegando che con l’ordinanza depositata il 6 febbraio 2023 è stato annullato il decreto di sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero di Milano nel gennaio 2021. In sostanza, visto che il pubblico ministero italiano non doveva consegnare il telefono cellulare, il Gip di Milano ordina al Tribunale vaticano di restituirlo a Cecilia Marogna.

La Santa Sede nel gennaio dell’anno scorso – ricorda Franca Giansoldati su Il Messaggero del 6 febbraio scorso [QUI] – aveva comunicato di rinunciare alla richiesta di estradizione per Cecilia Marogna, la collaboratrice della Segreteria di Stato arrestata ad ottobre a Milano su mandato delle autorità giudiziarie vaticane con l’accusa di appropriazione indebita (di aver utilizzato per comprare borsette e altri beni di lusso oltre 500 mila euro versati dalla Santa Sede per «missioni umanitarie riservate»), non avrebbe potuto essere estradata (come chiedeva il Promotore di Giustizia vaticano) visto che i Patti Lateranensi prevedono espressamente la possibilità di estradare un cittadino vaticano in Italia ma non viceversa. Lo scorso 17 dicembre, la Cassazione aveva tra l’altro disposto l’annullamento senza rinvio con perdita di efficacia della misura cautelare. «Uno smacco enorme per i magistrati del Papa al quale oggi si aggiunge il secondo», osserva Giansoldati.

I legali di Cecilia Marogna, gli avvocati Fabio Federico e Maria Cristina Zanni, avevano giudicato la mossa del Tribunale vaticano sconcertante. In un comunicato la avevano paragonata a «una fuga senza onore. Da parte del Vaticano anziché riconoscere i loro errori, i magistrati hanno revocato il mandato di cattura, sottraendosi al confronto con noi e al giudizio della Corte. Altrettanto certo è che la revoca non sia intervenuta per consentire a Marogna di partecipare libera al processo in Vaticano perché altrimenti l’infondato mandato di cattura non lo avrebbero emesso fin dall’inizio né avrebbero alimentato per tre mesi, con quattro diverse istanze, le loro pretestuose richieste di arresto e di estradizione. Paradossale è che i magistrati vaticani ora tentino di far ricadere sulla Marogna la causa della loro retromarcia per non essersi fatta interrogare a Cagliari».

Alla sbandierata pentola scoperchiata dall’interno, dall’interno ci hanno rimesso il coperchio

Il “Processo 60SA”, ovvero il mettere a sconquasso, buttare tutto all’aria, mandare a carte quarantotto, specchietti per le allodole, riforme da vetrina, operazione di marketing di un pontificato. «Una tempesta in un bicchiere d’acqua o il sassolino che diventa valanga. Più che giustizia è un massacro… Giustizia trash!» (Sergio Mercanzin, 30 novembre 2022).

Se davanti agli occhi di Dio siamo tutti uguali, in considerazione della misericordia di nostro Signore, saremo comunque giudicati singolarmente e inevitabilmente per il nostro singolo operato [QUI].

Il Tribunale vaticano ha deciso di non ascoltare come teste Papa Francesco. Non ci sarà neanche – come stabilito da una specifica ordinanza del Presidente Pignatone – il confronto in Aula tra Francesca Immacolata Chaouqui e Genoveffa Ciferri, auspicato dalle difese. Infine, la Chaouqui non è ammesso come teste [QUI].

Significativo il titolo del nostro primo articolo sul “caso 60SA”, il 26 novembre 2019 su questo Blog dell’Editore (citando Papa Francesco): È la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro non da fuori.

Il “processo evento” 60SA non è altro che l’ennesimo specchietto per le allodole targato Bergoglio. Dove le allodole sono coloro che non vogliono vedere la realtà che si cela dietro l’apparenza delle operazioni di facciata e delle riforme da vetrina targate Domus Sanctae Marthae. Naturalmente, le domande vengono poste dalle menti autonome, libere e indipendenti; il resto non fa domande e non si pone quesiti.

Quindi, abbiamo appreso che Bergoglio non ci sarà tra i testi del “processo 60SA”. Ovviamente, era inutile attendersi che, il 5 febbraio scorso, durante l’incontro con i giornalisti ammessi al Volo Papale in aereo di ritorno dal recente Viaggio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, ci fossero state delle domande e dei commenti papali in merito a tale processo.

Il Papa a bordo dell’aereo papale (in quello che indebitamente viene definita una “conferenza stampa”) risponde solo a domande preconfezionate, evitando di fatto un dialogo con i 75 giornalisti accreditati, che dovrebbero rappresentare la voce del Popolo di Dio, che pretende risposte dal Papa su temi attuali e delicati. Uno su tutti il “caso Becciu” divenuto “caso L’Espresso”. Noi abbiamo definito questo passaggio il punto di non ritorno comunicativo di Papa Francesco. Il popolo di Dio attende ancora le risposte a molteplici quesiti [QUI].

«Ancora una volta Bergoglio pare determinato a screditare l’immagine e il prestigio della Chiesa pur di emergere come moralizzatore e trarne vantaggio personale. Ma la Storia insegna che il culto della personalità, proprio delle dittature, si muta facilmente in damnatio memoriae» (Aldo Maria Valli [QUI]).

Il giornalista-gesuita (o gesuita-giornalista) Antonio Spadaro, dopo 8 anni di pontificato, generosamente ci ha illuminato, informandoci per tramite di un’intervista concessa a Vatican News, che Papa Francesco non farà le riforme, quindi non le attuerà. Probabilmente, le riforme resteranno nella vetrina di un pontificato, utile solo per un’operazione di marketing, rivolta all’esterno della Santa Sede. Alla luce delle affermazioni di Spadaro, al termine dell’anno VIII del pontificato bergogliano, possiamo dire che Papa Francesco non parla per il Popolo di Dio. Papa Francesco ha usato lo strumento delle riforme solo per avere consensi. Dopo otto anni di pontificato dobbiamo constatare, purtroppo, che questi sono fatti – non opinioni – e sono fatti che hanno il loro peso negativo. Le riforme devono inevitabilmente trovare una forma attuativa e se questa manca, le riforme non possono essere messe in pratica [QUI]. L’impressione è, che Papa Francesco soffre in modo significante delle critiche e abbia bisogno, non solo di avere, ma di creare un’opinione pubblica favorevole [QUI].

Osservazioni sul “processo da vetrina 60SA”

Le difese in Vaticano hanno un ruolo solo sulla carta. Non ci sono richieste sostanziali delle difese che sono state accolte dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Tutte le richieste sostanziali e di peso, formulate da parte delle difese, non sono state accolte e le eccezioni respinte. Facciamo riferimento soprattutto alla legittima richiesta di poter conoscere le “prove” che hanno portato ai capi d’accusa, e quando diciamo “prove” ci riferiamo a tutto il materiale che ha costituito l’apparato degli elementi utili che hanno portato alle contestazioni dei capi d’accusa, in particolare nei confronti del Cardinal Becciu. Purtroppo, questi elementi ancora non sono del tutto in possesso delle difese e questo è un fatto. Un fatto grave e non solo secondo il nostro modesto parere. Ricordiamo, che il giusto processo si basa su una adeguata difesa. La difesa deve essere messa in condizione di visionare ogni elemento utilizzato dall’accusa. Ci rincresce dire che in Vaticano questo, oggi, non accade. Questo rende bene l’idea di come sono considerate dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano le difese: “Al amigo, todo; al nemigo, ni giusticia” [QUI].

Sappiamo bene il perché di questo “processo 60SA”. Bergoglio vuole far vedere al mondo – a telecamere accese – che con lui la pentola viene scoperta dall’interno. In pochi hanno il coraggio di dire che – a telecamere spente – Bergoglio fa rimettere il coperchio sulla pentola e tiene protetti gli scandali al suo interno.

L’Udienza a Becciu solleva, ancora una volta, il caso della separazione dei poteri
di John L. Allen jr.
Crux, 10 febbraio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Nell’estate del 1971, nessuna questione davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti era controversa quanto il caso Pentagon Papers, in cui l’amministrazione Nixon cercò di impedire al New York Times e al Washington Post di pubblicare un rapporto riservato sulla guerra del Vietnam. In una decisione di 6 a 3, il tribunale ha infine confermato il diritto di pubblicare il materiale, in una sentenza considerata una pietra miliare per la libertà di stampa. Supponiamo che durante le discussioni orali davanti alla corte, fosse emerso che il Presidente della Corte Suprema, Warren Burger, avesse accettato di incontrare Katherine Graham, editrice del Washington Post e quindi parte in causa, senza che nessuno degli avvocati fosse presente e del tutto ufficiosamente. Sarebbe stato considerato un classico esempio di comunicazione ex parte proibita durante un processo, e probabilmente avrebbe comportato l’invalidazione dell’intero procedimento.

In un sistema di giustizia indipendente, la principale autorità giudiziaria deve mantenere una scrupolosa neutralità, rispettando rigorosi protocolli di non intervento volti a proteggere l’integrità del procedimento. Altrimenti, la gente presumerà che le decisioni legali siano semplicemente un’estensione della politica con altri mezzi. Il punto viene in mente alla luce della notizia che ieri Papa Francesco ha concesso un’udienza privata al Cardinale italiano Angelo Becciu nella Biblioteca Privata al secondo piano del Palazzo Apostolico, lo stesso spazio dove riceve i Capi di Stato e altri visitatori VIP.

Becciu è attualmente sotto processo davanti a un Tribunale vaticano. Secondo il codice legale dello Stato della Città del Vaticano, il Papa è sia la suprema autorità esecutiva che giudiziaria. In qualsiasi altro contesto, il tête-à-tête di ieri avrebbe innescato un immediato ricorso da parte degli avvocati coinvolti e avrebbe potuto benissimo rendere invalido il processo per un errore nel procedimento. In Vaticano, invece, non ha generato altro che sopraccigli alzati e scrollate di spalle rassegnate. In verità, il rapporto quasi indecifrabile di Francesco con Becciu ha fatto parte dell’identificazione nel presente processo prima ancora che iniziasse.

In settembre 2020 Francesco ha convocato Becciu nella sua residenza presso la Domus Sanctae Martae per informarlo che era stato licenziato da Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e privato dei suoi privilegi di cardinale, compreso il diritto di partecipare al prossimo conclave. Questo era 10 mesi prima che Becciu fosse incriminato dal Tribunale vaticano e, a molti osservatori, sembrava che il Papa avesse pregiudicato il caso. Questa è certamente l’impressione del Cardinale tedesco Gerhard Müller, ad esempio, l’ex alto funzionario dottrinale del Papa, che ha detto in un recente libro di interviste [QUI], che Becciu “è stato umiliato e punito di fronte al mondo senza che gli sia stata data alcuna possibilità di difesa”. “Ora si aspetta la fine del processo in corso al tribunale vaticano. Eppure dovrebbe valere per chiunque la presunzione di innocenza, un diritto sacrosanto dai tempi degli antichi romani”, ha detto Müller.

Da allora, il Papa ha avuto molti altri contatti con Becciu.

Il 1° aprile 2021 Francesco si è recato nell’appartamento di Becciu per celebrare la Messa del Giovedì Santo [QUI], gesto che all’epoca è stato interpretato, o come una riabilitazione di Becciu, o come un’ulteriore condanna, visto che il Giovedì Santo fa spesso visita ai carcerati.

Il Papa e Becciu si sono anche parlati più volte al telefono mentre era in corso il processo, inclusa una conversazione registrata da un membro della famiglia di Becciu e finita per essere ammessa come prova.

Quanto all’incontro di ieri, Becciu è apparso esuberante dopo. “Abbiamo avuto un colloquio molto cordiale e sereno”, ha detto ai giornalisti. “Il Papa mi ha rinnovato la Sua stima e fiducia come accade ormai da tempo. Ogni incontro con lui per me è motivo di grande gioia”, ha detto Becciu.

Dal punto di vista di una sana procedura legale, tali scambi tra un imputato e il capo della magistratura sono semplicemente indifendibili. Infatti, la dottrina sociale Cattolica esalta il principio dell’indipendenza della magistratura, ovunque, cioè, fuori dallo stesso Vaticano.

Certo, Francesco non è solo il capo dell’autorità giudiziaria, è anche il capo dell’autorità esecutiva della Chiesa Cattolica e deve governare. Ha perfettamente senso che, per ragioni di Stato, possa aver bisogno di parlare con una figura con una profonda conoscenza di molte delle questioni attualmente sulla scrivania del Papa. In altre parole, il fatto di essere sia capo dell’esecutivo che capo dell’autorità giudiziaria crea un inevitabile conflitto di interessi: o il Papa sembrerà di interferire nel processo legale, o le sue mani saranno legati nella gestione della Chiesa.

La soluzione, come ho suggerito in passato [il 15 gennaio 2023 [QUI]], è un’autentica separazione dei poteri, in cui il Vaticano avrebbe un proprio potere giudiziario indipendente con potere su questioni civili e penali (non, ovviamente, su questioni di fede e morale). Il Papa deve essere il Papa, il che significa che deve poter incontrare chiunque voglia. Tuttavia, deve anche ispirare la fiducia che quando il Vaticano emette verdetti legali, lo fa con integrità; e questo significa che potrebbe dover rinunciare volontariamente a una piccola parte del proprio potere, in cambio di un vantaggio molto maggiore in termini dell’autorità morale.

Vaticano, Gip Milano dà ragione a Cecilia Marogna: “Illegittimo il sequestro del cellulare”
Sindoca: “Ora il Promotore di Giustizia lo restituisca”
Adnkronos, 6 febbraio 2023


Il Gip dà ragione a Cecilia Marogna e ordina il dissequestro del telefono cellulare dell’imprenditrice sarda arrestata nell’ottobre 2020 a Milano su richiesta del Vaticano e attualmente imputata nel processo di Oltretevere nato dallo scandalo del palazzo di Londra. Lo riferisce all’Adnkronos il procuratore in atti della Marogna, Riccardo Sindoca, che spiega di aver già fatto richiesta al promotore di Giustizia Vaticano di restituzione dello smartphone. Annullando con l’ordinanza depositata oggi il decreto di sequestro probatorio emesso dal pm di Milano nel gennaio 2021, il gip Luca Milani rileva in particolare come il provvedimento sia “illegittimo” essendo “stato adottato dopo la pronuncia del dispositivo con il quale la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di convalida dell’arresto di Cecilia Marogna, disposto per fini estradizionali”.

“Appare del tutto evidente – si legge nell’ordinanza – come la richiesta di consegna del telefonino appartenente a Cecilia Marogna, inoltrata dall’Autorità giudiziaria vaticana alla magistratura italiana tramite lo strumento della rogatoria internazionale, si sia fondata su un presupposto rivelatosi poi insussistente, ovvero su un sequestro asseritamente legittimo”. Ma, sottolinea il gip, “il vincolo reale sul bene era stato imposto nell’ambito di una procedura illegittimamente instaurata, all’interno della quale – peraltro – l’interessata è stata privata della libertà personale”.

Tra l’altro, evidenzia il magistrato, in seguito alla sentenza della Cassazione del dicembre 2020, con la quale è stata annullata l’ordinanza di convalida dell’arresto della Marogna, “sarebbe stato opportuno, per l’autorità giudiziaria rogante interessata ad ottenere la consegna del telefonino dell’interessata trasmettere un’autonoma richiesta di assistenza giudiziaria, volta ad ottenere il sequestro probatorio del dispositivo, non la mera consegna” e il fatto che il pm di Milano, “allo scopo di rispondere all’originaria richiesta di assistenza”, abbia deciso “di disporre autonomamente il sequestro probatorio del telefonino, costituisce opzione indubbiamente solerte e collaborativa sul piano dei rapporti con l’autorità giudiziaria straniera, ma priva di adeguato supporto normativo”.

“Ritengo il provvedimento giudiziario de quo un’anticipazione in punto di diritto, anche e non di meno, per quanto attesta le doglianze già poste all’attenzione delle preposte autorità giudiziarie in ordine agli arresti patiti da Cecilia Marogna”, commenta Sindoca.

Indice – Caso 60SA [QUI]

Foto di copertina: specchietto per le allodole (inserto). La caccia alle allodole viene fatta usando uno strumento (proibito dalla legge) formato da una o più palette che girano, coperte da frammenti di specchio e mosse da un meccanismo a molla o da un motorino elettrico. Questo strumento, illuminato dal sole, inganna le allodole e le attira nella rete preparata dai cacciatori. In senso figurato, lo specchietto per le allodole è un’azione, un comportamento che ha lo scopo di ingannare le persone ingenue con lusinghe e prospettive interessanti. Nel 1905, nel Dizionario moderno di Alfredo Panzini, si legge: “Specchietto per le allodole. Trappola per i minchioni e per il pubblico“. Ingannare: far credere una cosa non vera, abusando della buona fede di qualcuno; indurre, trarre in errore.

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