Sinodo europeo: la Chiesa è bella

Domenica scorsa a Praga si è conclusa la tappa continentale del sinodo, nelle cui sessioni di lavoro sono stati presentati i 39 rapporti nazionali sulle domande del documento per la tappa continentale con un confronto libero e sereno tra i partecipanti, suddivisi in 13 gruppi, che hanno continuato la riflessione ‘sulle intuizioni che risuonano, sulle tensioni e divergenze che emergono, sulle priorità e gli appelli all’azione da condividere con le altre Chiese’, a cui si sono collegati anche 270 partecipanti online, delegati delle Conferenze episcopali nazionali, suddivisi in 12 gruppi, che hanno presentato all’Assemblea le sintesi dei loro lavori.
Il Comitato Redazionale ha presentato all’Assemblea una bozza di documento finale; si tratta di un documento che è stato redatto seguendo le indicazioni e le parole dell’assemblea, non preparato in anticipo, e questo ne fa un documento interlocutorio e ancora soggetto agli ‘emendamenti’ dell’assemblea e ad alcuni aggiustamenti redazionali. Il documento, che è stato approvato dall’Assemblea, sarà restituito a tutti i partecipanti, dopo le modifiche richieste, per una eventuale ulteriore revisione prima di essere consegnato alla Segreteria generale del Sinodo.
Il primo pensiero dei partecipanti è rivolto per chi soffre a causa della guerra e del terremoto: “Soprattutto ancora una volta abbiamo sentito il dolore delle ferite che segnano la nostra storia recente, a partire da quelle che la Chiesa ha inflitto attraverso gli abusi perpetrati da alcune persone nello svolgimento del loro ministero o incarico ecclesiale, per finire con quelle provocate dalla violenza mostruosa della guerra d’aggressione che insanguina l’Ucraina e dal terremoto che ha devastato Turchia e Siria”.
Sono stati giorni che hanno permesso una nuova visione della Chiesa: “Questo lavoro, che è stato ricco e appassionante, anche se non privo di problemi e difficoltà, ci ha permesso di guardare negli occhi la Chiesa che è in Europa, con tutti i tesori delle due grandi tradizioni latina e orientale che la compongono.
Con una consapevolezza accresciutasi durante lo svolgimento dell’assemblea, sentiamo oggi di poter affermare che la nostra Chiesa è bella, portatrice di una varietà che è anche la nostra ricchezza. Sentiamo di amarla ancora più profondamente, nonostante le ferite che ha inferto, per le quali ha bisogno di chiedere perdono per poter passare davvero alla riconciliazione, alla guarigione della memoria e all’accoglienza delle persone ferite”.
Questa nuova visione ha ‘invogliato’ ad uno stile sinodale: “Per questo desideriamo continuare a camminare in uno stile sinodale: più che una metodologia, lo consideriamo uno stile di vita della nostra Chiesa, di discernimento comunitario e di discernimento dei segni dei tempi.
Concretamente desideriamo che questa Assemblea Continentale non resti una esperienza isolata, ma diventi un appuntamento periodico, fondato sull’adozione generalizzata del metodo sinodale che permei tutte le nostre strutture e procedure a tutti i livelli.
In questo stile sarà possibile affrontare i temi su cui i nostri sforzi hanno bisogno di maturare e intensificarsi: l’accompagnamento delle persone ferite, il protagonismo dei giovani e delle donne, l’apertura ad apprendere dalle persone emarginate”.
Questo stile sinodale apre ad una prospettiva missionaria: “Lo stile sinodale consente anche di affrontare le tensioni in una prospettiva missionaria, senza rimanere paralizzati dalla paura, ma traendone l’energia per proseguire lungo il cammino. Due in particolare sono emerse nei nostri lavori. La prima spinge a fare unità nella diversità, sfuggendo alla tentazione dell’uniformità”.
Infatti l’accoglienza offre l’opportunità del dialogo: “Sappiamo che tutto questo è possibile perché lo abbiamo sperimentato durante questa Assemblea, ma ancor di più perché lo testimonia la vita delle Chiese da cui proveniamo. Pensiamo qui in particolare al dialogo ecumenico e interreligioso, la cui eco è risuonata con forza nei nostri lavori.
Ma soprattutto crediamo che è possibile perché c’è di mezzo la grazia: costruire una Chiesa sempre più sinodale, infatti, è un modo per dare concretezza all’uguaglianza in dignità di tutti i membri della Chiesa, fondata nel battesimo che ci configura come figli di Dio e membri del corpo di Cristo, corresponsabili dell’unica missione di evangelizzazione affidata dal Signore alla sua Chiesa”.
Quindi il messaggio finale è un invito ad amare la Chiesa: “Amare la Chiesa, la ricchezza della sua diversità, non è una forma di sentimentalismo fine a se stesso.
La Chiesa è bella perché così la vuole il Signore, in vista del compito che le ha affidato: annunciare il Vangelo e invitare tutte le donne e tutti gli uomini a entrare nella dinamica di comunione, partecipazione e missione che costituisce la sua ragion d’essere, animata dalla perenne vitalità dello Spirito.
Amare la nostra Chiesa europea significa allora rinnovare il nostro impegno per portare avanti questa missione, anche nel nostro continente, in una cultura segnata dalle tante differenze che conosciamo”.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva mons. Gintaras Grusas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa, ha sottolineato il valore della libertà: “Abbiamo la libertà di scegliere come vivremo e come cammineremo insieme in questa vita. P
er scegliere se accettare la guida che ci dà attraverso i comandamenti o cercare di vivere la vita alle nostre condizioni, di scegliere la nostra strada. Ma per nostro bene, vuole che non solo scegliamo, ma che lo facciamo con saggezza, secondo il suo Spirito e la sua volontà. Attraversiamo questa vita sia nelle nostre decisioni individuali, ma anche insieme, vivendo, discernendo e partecipando come comunità in una missione data da Dio”.
E’ un invita a camminare nella strada della vita: “Nel camminare con la nostra gente, dobbiamo assicurarci di camminare sul percorso che conduce alla vita. Essere a immagine del Buon Pastore, prendendosi cura di ciascuna delle pecore, se stanno tra il gregge o erranti, sani o ammalati, rispondendo al la voce del pastore o ignorando la chiamata.
Sappiamo che non fu facile per Mosè essere fedele trasmettere i dettami di Dio al popolo, né Gesù ebbe successo immediato nell’averli interessati a seguirlo accettano la totalità del suo insegnamento”.
Ma è possibile camminare sulla strada accompagnati dalla misericordia di Dio: “E’ stata data molta chiarezza mediante l’effusione dello Spirito Santo, ma anche attraverso i secoli, restando fedeli ai Suoi insegnamenti è sempre stata una sfida non solo per i membri del Suo Corpo, ma per coloro ai quali è affidata la pienezza dei tre munera.
La nostra missione non è facile, ma nemmeno lo è scegliere sempre la strada giusta. Dio ce l’ha richieste estreme al suo popolo e ai suoi pastori. La nostra speranza per il futuro è che lui bilancia quelle richieste estreme con la sua estrema misericordia”.
Quindi ha invitato a non interrompere il cammino: “Noi siamo chiamati a continuare insieme questo cammino, per essere confermati dalla Parola di Dio che possiamo scegliere prendere le decisioni apparentemente impossibili per rimanere fedeli alla Sua Sapienza, continuare a farlo scegli di osservare i suoi comandamenti, ma di farlo sempre confidando nella grande misericordia di Dio da portare riportarci sul cammino che Egli ha previsto per noi”.
(Foto: CCEE)